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C'è, ci sarebbe, come prima cosa, da chiedersi quanto durerà il cordoglio per Stefania, vittima di chi con troppa faciloneria viene definito “pazzo” ma che pazzo non lo è, così come non lo era Gianluca Casseri, il militante di Casapound che due settimane fa, a Firenze, ha ucciso Samb Modou e Diop Mor, la cui unica colpa è stata quella di essere migrati in uno dei paesi più ignoranti e retrogradi dell'intero globo.
Ma lo sappiamo, “pazzia” - espressione-contenitore che può voler dire tutto come può voler dire assolutamente niente – è un ottimo appellativo da affibbiare quando non si vuole, o non si può, addentrarsi in approfondimenti che richiedono un livello minimo di studio e comprensione. Non esattamente quello che richiede chi ti vende “Il Grande Fratello” ed altre dabbenaggini simili.
137(in aumento), il numero della bestia. Un'altra delle parole più utilizzate in questi casi è “bestia”, che forse è anche più pericolosa del classico “pazzo” o del “raptus”. Perché la “bestia” rimanda ad una cosa giocoforza diversa da chi quella parola l'ha usata, qualcosa di “diversamente umano”, “disumano”. È per compensare le “bestie” – perché in ogni storia che si rispetti, se c'è il “cattivo” deve esserci anche il “buono” che lo sconfigge – che si è allora creata la figura dell'”eroe”, quel soggetto grazie al quale ci “sgraviamo” le coscienze, «nel momento in cui ci abbandoniamo all'idea che ci sia l'eroe che con la sua parola cambierà il mondo abbiamo creato un fatto di specie ma commesso un errore enorme», come disse il magistrato Raffaele Cantone in un'intervista di un paio di anni fa.
Mentre a Catania “la passione” uccideva Stefania, a Chieti quella stessa cosa che qualcuno ha definito in questi termini (ma “passione” e “amore” sono cose ben diverse) uccideva Silvia Elena, 20 anni, rumena. Il suo assassino, Luca D'Alessandro, di anni ne ha 18. L'ha uccisa per un bacio negato, forte del fatto che Silvia Elena si prostituisse per professione (o forse per costrizione professionale, che è un'altra cosa anch'essa) e che quindi, nell'ottica del “maschio”, certe cose non c'era nemmeno bisogno di chiederle.