Treno ad orologeria...


Cosa sia successo in realtà non lo so, però so una cosa, visto e considerato che praticamente tutti i giorni sono gentilmente portato in giro dai non proprio comodi sedili di Trenitalia, e cioè che qui c'è qualcosa che non torna. Ma andiamo per gradi.

Ho appena sentito al tg Moretti - a.d. di Trenitalia - dire che i carrelli su cui erano ospitate le cisterne erano di una ditta estera. E secondo lui questo dovrebbe in qualche modo farmi stare più sicuro? No perché se i carrelli erano stranieri i controlli che devono essere fatti prima e durante il viaggio dei convogli sono italianissimi!! Dicono che abbia ceduto uno dei carrelli, a parte che da fonti certe so che è impossibile che un carrello parta in perfette condizioni e si sfasci via via - vabbè che viaggiamo su carri buoi, ma così è troppo - e poi comunque ci deve essere qualcuno che - ripeto - sia alla stazione di partenza che a tutte le stazioni di sosta del treno gli va vicino e lo controlla nei minimi dettagli. Quindi facendo il conto della massaia mi verrebbe da dire che qualcuno non ha fatto bene il suo lavoro, vuoi per poca voglia, per incompetenza o per non so cosa, fate un pò voi.

Altro punto: il treno è deragliato e poi è esploso. A meno che non ci sia una deformazione dei binari - perché può anche essere, in alcuni tratti è così - talmente grave che se ne accorge persino un rimbambito penserei che c'era qualcosa sui binari. O no? Ed anche in questo caso: visto che siamo in una stazione deve esserci qualcuno che controlla la sicurezza delle vie transitorie. Dov'era questo? Che stava facendo?

Non ci dimentichiamo, signori, che stiamo parlando di cisterne trasportanti GPL, che per il bombarolo di De André sarebbe stato un regalino stupendo, non avrebbe nemmeno dovuto perder tempo a costruirsela la bomba, ci aveva già pensato da sé!

Ma torniamo al punto che meno mi torna: deragliamento-esplosione. Non so perché ma a me questa sequenza non torna. Per niente. E se fosse successo il contrario? Se il deragliamento fosse effetto - e non causa - dell'esplosione? Ipotizzo: i controlli sono stati "allegri", diciamo così. Nessuno si è accorto, o si è accorto ma ha fatto finta di nulla per non avere beghe di una cisterna che perdeva, azzardo lì: magari si era a fine turno, era quasi mezzanotte e la voglia di rompersi i coglioni con i soliti controlli era minore del solito. Continuando nelle ipotesi direi che è possibile che qualche scintilla proveniente dai freni ci sia stata. Devo spiegarvelo io come va a finire questa ipotesi?

Io ho solo ipotizzato - da viaggiatore e "semi-informato" del dietro le quinte di Trenitalia - quindi potrebbero anche essere una serie di cavolate in fila. Però a questo punto perché sottolineare tanto il fatto che il convoglio era estero? Che Trenitalia non ci dica poi tutta la verità sugli standard di sicurezza?
Una cosa è certa: qualcuno non ha svolto i controlli che avrebbe dovuto, o comunque li ha svolti male. Che si palesi la figura del bombarolo di cui cantava Faber?

Grano all'antica

di Roberta Calafiura per Carta
Fino a pochi decenni fa la coltivazione del grano, in Sicilia, rappresentava un momento di forte socializzazione e un’occasione per condividere valori comuni e tradizioni. Oggi accade che un’associazione locale, i «Colllunatici di Demenna», si sta muovendo perché vengano riscoperte le antiche tecniche di coltivazione e riportati all’antico splendore terreni abbandonati nei comuni del Parco dei Nebrodi. Fondata a Longi,un piccolo paese in provincia di Messina, l’associazione prende il nome innanzitutto dalla città, Demenna appunto, che circa mille anni fa sorgeva nel luogo in cui oggi si trova Longi. La denominazione Colllunatici deriva dalla volontà del fondatore, Angelo Pidalà, e degli altri promotori dell’associazione,di considerarsi «collaboratori della luna»: chiunque partecipi ai loro progetti collabora appunto a prendersi cura del mondo, dell’ambiente, ma soprattutto del territorio locale. La scelta della luna come fonte d’ispirazione è una scelta personale che riguarda la vita privata di Angelo. Già gli antichi pagani sostenevano che durante le notti di piena la luna emanasse una forte energia capace di influenzare il lato emotivo della nostra vita, oltre che i cicli naturali; e proprio le profonde emozioni suscitategli in una notte di piena, hanno dato ad Angelo la carica necessaria per cominciare una nuova fase della sua vita e la grinta per portare avanti un progetto d’amore per la sua terra e per se stesso. Lasciata Roma, la città in cui si era trasferito e nella quale aveva avviato con successo un'attività da parrucchiere, ha deciso di tornare al suo paese natale, Longi. Qui,raccolto un gruppo di giovani che condividevano il suo progetto, ha fondato un’associazione apartitica e senza finalità religiose, dedicandosi alla promozione di spettacoli e convegni con l’obiettivo di rivalorizzare la cultura tradizionale ma anche quella sociale, ambientale e alimentare locale.
L’obiettivo principale è ricreare il ciclo della vita di un territorio quasi abbandonato, com’è quello di Longi oggi, e di migliorare il rapporto tra l’uomo e la natura utilizzando in modo razionale le risorse, consumando prodotti biologici e comunque coltivati senza utilizzo di sostanze chimiche, diffondendo una cultura del vivere nel rispetto dell’ecosistema, garantendo la salute di produttori e consumatori. Il gruppo si batte a difesa dei valori quali l’eticità, la nonviolenza, la legalità e la collaborazione a fini sociali e non di lucro. I Colllunatici portano avanti i loro obiettivi grazie alla passione e all’aiuto dei soci, ma anche della popolazione, dell’amministrazione comunale e di enti, privati o singoli cittadini che condividono con Angelo e i suoi ragazzi il sogno di migliorare se stessi e il mondo. Tra le iniziative che ha promosso, l’associazione – insieme al comune - ha organizzato delle giornate di mietitura,pesatura e trebbiatura tradizionali. Il grano raccolto è maturato da semi di qualità antiche, piantati su terreni incolti e abbandonati messi a disposizione dai proprietari; i semi sono stati prelevati da una banca di conservazione del seme grazie alla collaborazione dell’Istituto sperimentale di cerealicoltura di Caltagirone. Restituita poi all’Istituto le quantità di sementi donate, una parte di raccolto è stata destinata a coloro che hanno manifestato l’intenzione di imitare l’iniziativa, la parte restante è stata destinata ai processi di trasformazione. Ciò che i Colllunatici vogliono dimostrare è che anche se i metodi tradizionali, rispetto a quelli industriali, offrono raccolti minori, i semi ottenuti sono riutilizzabili [non essendo ibridi] e il prodotto finito è molto più sicuro per la salute umana. Le sostanze chimiche invece non fanno altro che intossicare i terreni rendendoli sempre meno fertili nel tempo, costringono i contadini a costosi trattamenti chimici per combattere le malattie causate dalle stesse manipolazioni genetiche, e a lungo andare riducono le produzioni e forniscono frutti senza alcun sapore e sicuramente poco salubri. Evitando l’utilizzo di prodotti chimici risulta evidente, nel medio periodo, come le piante siano in grado di curarsi da sole; con poco dispendio di denaro è possibile ottenere frutti più salubri e gustosi; in particolare le varietà più antiche, e quindi meno manipolate dall’uomo, risultano più resistenti all’attacco delle malattie poiché conservano intatto il loro patrimonio genetico. A Longi è inoltre possibile provvedere alla macinazione del grano per mezzo di un antico mulino a pietra del Settecento, rimesso in funzione da Umberto Russo nel 1996. Dopo aver lavorato per molti anni in una multinazionale petrolifera, spinto dalla nostalgia per la sua terra, e affascinato dal mestiere degli antichi mugnai, Umberto decise di intraprendere l’impresa: tornare a Longi, acquistare con la sua liquidazione l’antico mulino a pietra e rimetterlo in funzione. Il vantaggio della macinazione a pietra, rispetto alla macinazione industriale, è di mantenere inalterate tutte le sostanze originarie del chicco, fibre purissime, proteine, vitamine, germe di grano e sali minerali. È stato dimostrato infatti che le farine macinate a pietra possono prevenire o combattere malattie molto diffuse, come l’obesità, i calcoli biliari, le malattie del fegato e del pancreas, l’ictus ischemico,il colesterolo, malattie cardiovascolari, alcuni tipi di tumori, il diabete e molte altre. I rulli delle macine industriali, invece, surriscaldando il chicco, possono irrancidirne alcune parti privandolo del suo naturale contenuto vitaminico. La scelta di Umberto, come quella di Angelo, di abbandonare il posto di lavoro che avevano, e che era sicuro e remunerativo, non è stata di certo una decisione guidata da una logica economica e di mercato. È invece un esempio di come sia possibile proporre delle risposte locali al disastro globale; portare avanti dei modi di vita alternativi a quelli dominanti, che mirano al rispetto dell’ambiente, dell’uomo e della salute di tutto il pianeta invece che agli obiettivi imposti dal profitto; e che si possono ottenere, nel lungo periodo, delle gran soddisfazioni e raggiungere traguardi che diano un senso alla propria esistenza e che garantiscano allo stesso tempo condizioni di vita soddisfacenti. Tutto questo in contrapposizione ai successi immediati e alle gioie effimere garantite dal sistema che oggi regna nella nostra società.



Lettera di Moussavi al popolo iraniano


Un punto cruciale della storia si svolge in questi giorni e in queste notti. La gente si chiede cosa debba fare o dove debba andare. Ritengo che sia mio dovere dirvi ciò in cui credo- dirvelo, ascoltandolo da voi e imparandolo. Ci ricordiamo tutti il nostro dovere storico, e non fuggiamo dai compiti sui quali dipende il destino dei nostri figli e il futuro.

Trenta anni fa, una rivoluzione fu vittoriosa nel nostro paese, una rivoluzione in nome dell'Islam. E 'stata una rivoluzione per la libertà, per l'umanità, per l'onestà e la dignità. Nel corso di questi anni, specialmente quando l'imam [Khomeini], era vivo-abbiamo speso tante risorse umane, finanze e il duro lavoro per creare questa santa struttura. E abbiamo avuto così tanto -una vita spirituale che non avevano mai avuto prima. E la gente ha assaggiato un nuovo modo di vita che, indipendentemente da tutte le avversità, era dolce per loro. Ciò che la gente ha guadagnato è la grazia di Dio, la libertà, e le indicazioni di una vita santa. Sono certo che coloro che hanno visto questi giorni non saranno mai soddisfatti di niente di meno.

Che cosa ci è successo in questi giorni? Perché non percepiamo più la felicità spirituale? Ci manca qualcosa, cosa ci tiene lontano da questo spazio spirituale? Sono venuto a dire che non è troppo tardi, e che non siamo lontani da quel luogo brillante. Sono venuto a dimostrare che siamo ancora in grado di avere una vita spirituale nel mondo di oggi. Sono venuto a parlare delle convinzioni circa il radicalismo dell'Imam [Khomeini's]. Sono venuto a dire quanto sia pericoloso correre dalla legittimità alla dittatura. Sono venuto a ricordare alla gente che il rispetto dei diritti umani non indebolisce il nostro regime, ma piuttosto rafforza le sue fondamenta. Sono venuto a dire che le persone cercano la verità e la dignità nel loro leader, e che molti dei nostri problemi sono il frutto di menzogne. Sono venuto a dire che non meritano la povertà, la corruzione e la cattiva gestione. Sono venuto a invitare altre persone a partecipare alla rivoluzione islamica nel suo onore, nella forma originale, e di ri-forma a ciò che in essa deve essere.

Anche se io non sono riuscito a trasmettere questo messaggio in modo eloquente, il nobile messaggio della Rivoluzione è stato a sua volta trasmesso alla giovane generazione -che è ben lontana da quei giorni rivoluzionari, e non si è sentita scollegata dal suo patrimonio- ha creato delle scene che ricordano i primi giorni della rivoluzione e la Santa Difesa [contro l'invasione di Saddam Iran]

Questa generazione di giovani ha scelto come simbolo il verde. E confesso che li ho seguiti solo in questa scelta. Una generazione accusata di nichilismo ha scelto di "Allah Akbar o" e "ya Hussein", come i loro slogan. Essi sono tornati al nome di Khomeini per dimostrare che questo santo albero di frutta è lo stesso in qualsiasi momento esso fiorisce. Nessuno che non fosse la Natura ha insegnato loro questi slogan. Come sono ingiuste le credenze di quei piccoli uomini che dicono che questi sono il lavoro degli stranieri, dei nemici, e la chiamano una "rivoluzione di velluto".

Come sapete, abbiamo sempre dovuto far fronte al tradimento e alle bugie in questo senso. Quello che avevo previsto essere il risultato di by-passare la legge è venuto a noi, prima di quanto mi aspettassi, e in una forma più evidente di quello che pensavo. La stragrande partecipazione delle persone alle elezioni sono state a causa di tutti gli sforzi che ho fatto per dare loro una speranza per il futuro, nonostante tutta la cattiva gestione che hanno visto e tutta la miseria che hanno provato. Abbiamo cercato di rispondere a quelle esigenze che, se rimaste insoddisfatte, può portare instabilità per l'intero regime. Se il popolo ha fiducia in noi e il loro voto non può essere difeso, o non possono difendere i loro diritti civili in un modo non-violento, essi sceglieranno pericolosi modi per farlo. E tutta la responsabilità resterà sulle spalle di coloro che non consentono un comportamento civile.

Se l'immensità del tradimento e della frode viene utilizzato come prova per dimostrare che non avrebbe potuto effettivamente aver luogo, la repubblica del nostro regime sarà corrotta per sempre, e proverà l'argomento secondo cui l'Islam e il governo repubblicano sino incompatibili. Questa sorte soddisferà solo due gruppi: 1) coloro che erano fin dall'inizio di fronte all'imam [Khomeini] e gli dissero che il regime islamico è una dittatura e che la gente deve essere trascinata in paradiso; e 2) quelli che credono che l'Islam non può essere miscelato con la libertà repubblicana e governance. La grande arte dell'Imam è stata di sconfiggere entrambi questi gruppi, e neutralizzare le loro convinzioni errate. Sono venuto a immobilizzare questi gruppi, una volta di più.

Ora, i leader del paese detengono l'autorità per approvare i risultati delle elezioni, e limitare tutte le future indagini, e hanno vietato l'annullamento della elezione o anche di cambiare il risultato finale. Questo anche dopo aver visto che, in più di 170 caselle sondaggio, il numero di voti ha superato il numero di residenti. Essi ci hanno chiesto di portare le nostre denunce al Consiglio dei Guardiani. Ma possiamo vedere che questo Consiglio ha dimostrato la propria distorta posizione prima, durante e dopo le elezioni. Sappiamo che il primo requisito per una buona sentenza sta nell'avere un giudice neutrale.

Insisto sul fatto che annullare l'elezione -e ricontare i voti-è un diritto non negoziabile, e deve essere controllata da un soggetto neutro, da affidabile comitato nazionale. Questo diritto non deve essere dichiarato fuori discussione, come il diritto alla protesta non deve essere vietato a causa del rischio di violenza e di eventi sanguinosi.

Inoltre, invece di minacciare noi e mettere la colpa sulle nostre spalle, il Consiglio di sicurezza nazionale devono darci risposte ragionevoli per quanto riguarda le forze in borghese che hanno attaccato le persone e dei beni pubblici, e creata la violenza.

[...]

Per quanto guardi la scena, la vedo costruita per promuovere una nuova agenda politica che si estende oltre l'obiettivo di installare un governo indesiderato. Come un compagno che ha visto le bellezze della vostra onda verde, io non permetterò mai che la vita di qualcuno si estingua a causa delle mie azioni. Allo stesso tempo, rimango imperterrito sulla mia domanda di annullamento delle elezioni e impegnato a favore dei diritti delle persone. Nonostante la mia limitata capacità, credo che la vostra motivazione e la vostra creatività possano proseguire le loro legittime richieste in modi civili. State sicuri che sarò sempre con voi. Quello che questo vostro fratello raccomanda, in particolare ai cari giovani, nei termini di trovare nuove soluzioni è quella di non consentire a bugiardi e a imbroglioni di rubare la bandiera della difesa della Stato islamico, a stranieri di strappare i tesori della Repubblica islamica, che sono la vostra eredità del sangue dei vostri padri dignitosi. Con la fiducia in Dio, e di speranza per il futuro, e pendendo sulla forza dei movimenti sociali, far valere i propri diritti nel quadro della vigente Costituzione, basata sul principio della non-violenza.

In questo, non siamo in lotta contro le Basij. Basiji è nostro fratello. In questo non siamo in lotta contro le guardie rivoluzionarie. La guardia è la custode della nostra rivoluzione. Noi non siamo per affrontare l'esercito, l'esercito è il custode dei nostri confini. Questi organi sono i custodi della nostra indipendenza, della libertà e della nostra repubblica islamica. Stiamo affrontando l'inganno e la menzogna, vogliamo riformarle, una riforma del ritorno al puro principio della rivoluzione.

Consigliamo le autorità, per calmare le strade. In base all'articolo 27 della Costituzione, non solo di fornire lo spazio per la convivenza pacifica di protesta, ma anche incoraggiare simili riunioni. La TV di Stato dovrebbe smettere di parlare male prendendo le parti. Prima che le voci si trasformino in grida, lasciate che siano ascoltate in dibattiti ragionevoli. Lasciate la stampa criticare, e scrivere le notizie, come si verificano. In una parola, create uno spazio libero per esprimere i loro accordi e disaccordi. Permettete a coloro che vogliono di dire "takbeer" e non riteneteli di opposizione. E 'chiaro che in questo caso, non ci sarà bisogno di forze di sicurezza sulle strade, e non si devono affrontare le immagini e ascoltare le notizie che rompono il cuore di chi ama il Paese e la rivoluzione.

Il vostro fratello e compagno

Mir Hossein Mousavi



si ringrazia per la traduzione
Mirko Duradoni de La Foresta di Sherwood

Il cinguettio verde di Teheran


Vince Moussavi. Anzi no, vince Ahmadinejad.
Questo è quel che deve aver sentito ogni cittadino iraniano nei giorni scorsi, quando dopo le elezioni - la cui affluenza, secondo le tendenze iraniane, è stata altissima (85%) qualcuno ha deciso di riconfermare lo "spazzino del popolo".
Che ci siano stati brogli ed imbrogli è ormai chiaro ed internazionalmente riconosciuto.

Il malumore creato dalla politica portata avanti durante il suo primo mandato è indice dell'impossibilità di una nuova vittoria di Ahmadinejad, e la tiepida reazione dei governi occidentali è assolutamente vergognosa. O meglio: è vergognoso come i governi "democratici" occidentali, sempre pronti e prodighi di esportazioni del "loro" mondo non stiano muovendo un dito in questa occasione. Tanto meno lo sta facendo "sant'Obama", che probabilmente ancora non ha capito se comportarsi da falco come il suo predecessore Bush o colomba. L'unica cosa che ha capito, evidentemente, è che fare la voce grossa con chi in poco tempo può costruire la bomba atomica - o già ce l'ha come gli israeliani, non per nulla "amici per la pelle" degli yankee - non è poi così conveniente.

Laddove manca la "voce del Potere", però, arriva la voce del contro-potere. O meglio, il cinguettio. Eh sì, perché laddove è stata tappata la bocca - o rotta la penna, fate un pò voi - ai giornalisti, i giovani iraniani si sono attrezzati con quell'opera di citizen journalism che noi in occidente ancora stentiamo realmente a capire.
Twitter (che Google Translate mi traduce - quando si dice i casi della vita - sia con "cinguettio" che con "agitazione") infatti si sta rivelando la vera "arma" in mano all'opposizione. Un'arma talmente potente da sfuggire anche alla censura della rete. Come? Beh, semplicissimo: Twitter permette di pubblicare piccoli post tramite sms! Geniale vero? E' l'unico modo che i giovani iraniani - i cespugli come hanno voluto ribattezzarsi prendendo nome dall'epiteto con il quale Ahmadinejad li aveva apostrofati alcuni giorni fa - hanno per far capire al mondo intero che loro un secondo mandato dello "spazzino del popolo" non lo vogliono. A patto che di là - o meglio di qua, in occidente - ci sia qualcuno disposto ad ascoltarli e, perché no, ad aiutarli. La rete oggi può arrivare laddove i media classici non possono, ed è per questo che noi blogger occidentali "impegnati" dovremmo diventare cassa di risonanza delle manifestazioni. Io tenterò - quando possibile - di pubblicare aggiornamenti e notizie, ma se volete veramente un'esperienza live andate sul blog di Andrew Sullivan, il quale pubblica i post da Twitter.

Ma chi e perché ha iniziato la protesta? Chi c'è dietro? Dietro Moussavi non saprei, molti commentatori filogovernativi parlano di Rasfanjani - l'ex presidente sconfitto 4 anni fa proprio da Ahmadinejad. Dietro Ahmadinejad c'è l'ayatollah Khamenei, vero leader del paese da oltre 20 anni. Qualcuno potrebbe anche pensare che la questione sia esclusivamente iraniano. Invece - come giustamente fa notare Lucio Caracciolo su Repubblica di oggi - il vincitore di queste elezioni sarà colui che siederà allo stesso tavolo con Obama per spostare le pedine sul tavolo medio-orientale. Ed Ahmadinejad - o per meglio dire, il suo burattinaio Khamenei - non poteva lasciare questa ghiotta possibilità al suo arcinemico Mossavi (o Rafsanjani).


Speciale: i video sfuggiti alla censura.

La protesta silenziosa del popolo iranianoBilal.

Diversa Normalità

Quando io ero piccolino il mercoledì c'era un appuntamento fisso a casa: Topolino. Su quel giornaletto - che è una vita che non leggo più, quindi non saprei se ci sono ancora - spesso c'erano quei giochi "trova le differenze". Li avete presenti vero? Bene. Perché è proprio quel che vi propongo oggi. Guardate queste due foto e ditemi quali sono le differenze:














Ok, tralasciamo che la seconda è tratta da una pubblicità (o almeno credo, visto quel che c'è scritto sotto).
Dovete sapere che io ogni tanto sono un pò duro di comprendonio, come si suol dire.
Sarà che io ho una mentalità un pò strana (qualcuno, probabilmente a ragione, la definisce "instabile"), ma a differenza del sentir comune la prima foto non vedo perché debba fare così scalpore. Capisco che possa non essere d'accordo con me qualche signor* over70, perché quando erano giovani loro "certe cose" erano impensabili. Però poi ci penso: qual'è la differenza - di nuovo - tra queste due foto:




Indipendentemente dai soggetti ripresi, è il contesto che mi interessa analizzare. Mi chiedo qual'è la differenza che intercorre tra chi ad esempio, Sabato 13 era a Roma al Gay Pride e quelle ragazze che quasi tutte le sere "allietano" il pubblico maschile di Mediaset?
Qualcuno sicuramente starà pensando o che io stia esagerando o che sono uno completamente fuori di testa, e forse forse non ha - nel secondo caso - neanche tutti i torti (a sentire le mie amiche in quel di Bologna...), ma prendendo le due cose - il velinismo e la manifestazione del gay pride - secondo voi alla radice non c'è la medesima volontà? Certo, fondamentale dopo questa domanda - onde evitare le invettive del mondo lgbtq - è il fatto che alla base esistono delle necessità differenti. Ma alla fine non sono ambedue modi di utilizzare il corpo - e gli atti che con esso si fanno - per veicolare un messaggio che potremmo codificare come: "Guardami, esisto anch'io"?
Per le veline è più semplice, perché in un mondo machista e maschilista - ed il nostro paese in questo è portabandiera - basta muovere un pò il culo, far vedere un pò di carne in più e l'eccitato macho italiano - tra un rutto post-cena e l'altro - è già caduto ai loro piedi, indipendentemente che queste ragazze sappiano usare o meno l'unico organo al quale dovrebbero veramente tenere: il cervello.
Moltissime 14-15enni, traviate dal modello televisivo del "canto ballo recito quindi esisto" della de Filippi - e che sento tutte le mattine in treno - hanno come massima aspirazione quella di diventare velina. Forse sostiuendolo al caro vecchio posto fisso a cui tanto aspiravano i nostri padri ed i nostri nonni.
Per chi invece si trova ad innamorarsi delle persone del suo stesso sesso (scrivo così per brevità) è diverso. Stramaledettamente diverso.
Perché se una coppia etero si bacia in strada sotto la pioggia al massimo si incazza la nonnina che sta portando il cane fuori a fare i bisognini, se lo fanno due uomini o due donne come minimo si fa la faccia disgustata, quando non si chiamano le forze dell'ordine o qualche "mazziere" perché "certe cose non sono normali". Questa poi - oltre ad essere una delle parole più stupide che abbia mai sentito - è una frase più brutta di "Luca era gay e adesso sta con lei", canzone (?) con cui Povia è arrivato secondo - se non sbaglio - a SanRemo. Vabbè che vincono e ci vanno cani e porci mentre prima era una cosa seria, ma a tutto credo ci sia un limite no?
Comunque, non divaghiamo. Dicevo dell' espressione "normalità sessuale": a parte che, da quel che so anche un popolo come quello greco - sul quale credo ci sia poco da eccepire in termini culturali - sosteneva che "omo-" fosse prefisso decisamente più normale di "etero-". Ma poi mi spiegate cosa cavolo vuol dire che essere gay, lesbica, transgender o comunque non etero (ho scoperto che c'è una miriade di sfaccettature in tal senso...) non è normale? In base a cosa? Chi lo decide che l'etero è normale e l'omo no? Ed ancor più importante: cosa vuol dire il termine normalità? Perché una cosa deve essere "normale"?

Io ho imparato, col tempo, che a questo termine - normalità - va spesso aggiunta un'altra piccola ma significante parola: bigotta. Eh sì, perché io spesso vedo che tutto ciò che il modello dominante - deciso da chi ancora non l'ho capito - definisce normale in realtà è qualcosa di bigotto, di intollerante.
Fateci caso: questo modello ci ha insegnato che un etero, magari vestito di tutto punto, è più "normale" di un queer o di uno tutto tatuato o pieno di piercing. indipendentemente dalla caratura umana e culturale degli esseri umani (e dunque delle vite, delle storie dietro a quelle mere maschere) in questione.

pecché ’o strano songh’io e nun è strano nu cadetto
o nu tipo in doppiopetto o ’o banchiere c’ ’a valigetta.
Chi cazzo te l’ha detto che ’o stabbilisce tu chi fosse stuorto e chi diritto?

cantava Zulù in "Lettera al Presidente" ormai parecchi anni fa. Ha forse torto? Io credo di no, e non voglio addurre pro domo mea il detto che l'abito non fa il monaco. Ma andiamo avanti.
Torniamo qualche riga più su. Torniamo a quando dicevo che il corpo - non è certo un mistero - è veicolo e contenitore. Niente di filosofico o "pesante", state tranquilli. E' solo una delle mie tante domande: avete presente quando a voi va di cambiare look? Quando vi va di prendere e cambiare molte delle cose che fino a quel momento pensavate, facevate? Come dimostrate questo cambiamento? Magari tagliandovi i capelli, cambiando modo di vestire etc etc... Anche questo è "tutto normale" no? Chi potrebbe mai considerarvi "stran*" per un diverso taglio di capelli o per una diversa camicia?
Tutti questi cambiamenti li facciamo perché non ci sentiamo più a nostro agio con il nostro corpo, con il nostro "contenitore". Ecco: non è la stessa cosa che fa chi si ritrova a nascere in un contenitore sbagliato, magari del sesso opposto a quello che sente "dentro"?

Con infamia e lodo


Incredibile a dirsi, ma non riesco a trovare la parola esatta per definire l'oggetto di questo nuovo post. Perché se uso "cazzata" mi sembra di prendere il problema sottogamba; "porcata" non posso usarlo perché il copyright ce l'ha il Ministro della Semplificazione (a proposito: esiste ancora 'sto ministero? E' in vacanza/cassa integrazione/sciopero il ministro? Perché io continuo a sentire il nulla eterno provenire da quella sede...). Forse con "zozzeria" riesco a rendere l'idea. Ma nemmeno quello riesce a definire quella schifezza che ieri è avvenuta alla Camera dei Deputati - o, visto alcuni dei soggetti che la frequentano - la Camera degli Imputati. Lo sapete no? Hanno approvato - con 318 voti a favore e 224 contro - l'emendamento "ammazzainformazione" con cui si rendono impossibili sia le intercettazioni che - ovviamente - la loro pubblicazione. Non sto qui a descrivervi i tecnicismi dell'emendamento, tanto basta acquistare un quotidiano come Repubblica - uno dei pochi mezzi di informazione non servo dello Psicopedonano - per capirci qualcosa.

Ci sono due punti però che voglio analizzare: 1. Ciò che ora attende il Presidente Napolitano, 2. i franchi tiratori.

  • Punto primo: chi di voi ha masticato un pò di diritto pubblico sa che l'ultima parola, seppur non proprio "pesante" su qualunque legge spetta al Presidente della Repubblica mediante l'apposizione della sua firma sull'atto in questione, così da far diventare quest'ultimo legge effettiva dello Stato. Ora, io voglio sperare che il sig. Napolitano abbia coscienza di cosa voglia dire far divenire legge una cosa di questo tipo. Ok - obietterà qualcuno - può non firmare l'atto ma la seconda volta che gli viene ripresentato deve firmarlo, anche se identico. Avete ragione, ma con un ritorno al Parlamento noi società civile, noi popolo degli incazzati, coadiuvato da quelle forze parlamentari a cui questo paese sta a cuore - praticamente solo l'IdV - avremmo un pò più di tempo per organizzare una qualche controffensiva o comunque per trovare un modo per far saltare il banco. Qualora firmasse - e vista la sua dichiarazione sembra essere questo ciò che vuol fare - a mio modo di vedere si renderebbe correo di questa schifezza, che qualcuno ha iniziato a chiamare "Lodo Alfano-bis";

  • Punto secondo: i franchi tiratori. Per chi non lo sapesse, i franchi tiratori sono quei signori che - forti della segretezza del loro voto - votano in maniera differente da quel che dovrebbero, per la gioia degli avversari. Nel Parlamento nostrano questi loschi figuri ci sono sempre stati, e solitamente vengono osannati o "fanculizzati" (passatemi il termine) a seconda che il loro operato sia a favore o contro la nostra idea in merito a ciò che è stato votato.
    Indipendentemente da ciò io chiedo una cosa: per quale motivo devono esserci votazioni segrete? No perché io ora quei 17 signori che hanno ucciso la libertà d'informazione in questo paese - si dice siano dell'UdC, ma secondo me c'è anche qualcuno del PD - vorrei vederli in faccia, vorrei conoscerne nome, cognome e carica. Così, per mandarli a quel paese dalla pubblica piazza(virtuale). Così, con infamia e lodo.

Piccoli Impastato crescono...


di Davide Pecorelli per NarcoMafie

La famiglia, l’onore, l’osservanza dei dogmi religiosi. La mafia vive anche grazie all'immagine che è riuscita a costruirsi attorno. Fa leva su questo elemento per far proseliti. Valori piegati ai propri interessi, dunque vissuti in modo distorto. Eppure la malavita è riuscita a ritagliarsi, oltre a fette considerevoli dell’economia legale e non, un posto d’onore tra i falsi miti del malcostume italiano. Timore reverenziale e sacralità vengono smontati da Giulio Cavalli punto per punto con picconate di ironia pungente e raffinata. Cavalli è autore e attore teatrale, nonché mente e voce narrante di Radio Mafiopoli, trasmissione radio-fonica diffusa via web. La satira è la sua arma. Uno sgarro mai digerito dalla malavita e pagato in prima persona dall’attore: minacce, intimidazioni e il peso di vivere sotto protezione. Il metodo stupisce per la semplicità con cui raggiunge l’ascoltatore-spettatore e per la capacità di raccontare i fatti, sempre ben documentati. Si parte dal dato, giudiziario o di costume, e lo si smitizza riconducendolo a un fenomeno umano. Portando in scena lo spettacolo “Do ut des”, prodotto dai comuni di Gela e Lodi, l’attore racconta la storia di Totò Nessuno, giovane non troppo sveglio alle prese con la ricerca di un lavoro. Totò vive a Mafiopoli e trova impiego nel campo “delle 5 lettere”, settore in cui poi farà carriera. La storia fantasiosa del protagonista si intreccia con la realtà che, a volte, risulta più assurda della finzione stessa. Due scenari opposti, palco e web, utilizzati da Cavalli per narrare la mafia in chiave fiabesca. Ma non sono favole prive di fondamenta. È solamente la cronaca della Repubblica di Mafiopoli. Eppure suona come una vera e propria novità.
Come sei nato artisticamente e quando hai focalizzato la tua attenzione su progetti antimafia?
Ho studiato teatro e ho avuto la fortuna di incrociare persone che mi hanno insegnato e dato tanto. Non ho mai scelto di fare antimafia, tutt’oggi non ho preso questa decisione. Ho invece deciso di credere nel valore della legalità come unica via percorribile per un sano e reale sviluppo economico-culturale del nostro paese. La mafia ne sta bloccando la crescita perché radicata, avvolgente, credibile politicamente. Opera un racket culturale ed è giusto che noi operatori culturali rispondiamo. Qualcun altro ha poi chiamato tutto questo mio essere e questo mio lavoro antimafia.
L’antimafia a volte viene strumentalizzata rischiando di assumere la forma dell’istituzione. Altro rischio della lotta alla mafia è quello di riempirsi di retorica. Credi che l'utilizzo dell’ironia possa aiutare ad aggirare questo ostacolo?
Non prendersi sul serio significa spolverare quella coltre, molto spesso costituita da fumo, che sta sopra i contenuti. Per farlo è necessario scoprirsi, rischiare moltissimo. Il problema è che esiste un’antimafia strumentalizzata dalla politica, quella utilizzata come un mercato delle indulgenze e quella che è diventata un marchio di mercato. Ma tutte queste dinamiche negative non sono proprie dell’antimafia. Evidentemente esistono delle pessime persone che hanno bisogno di utilizzarla. Non vedo quindi il movimento quello sano, quello pulito, quello reale colpevole di questa deriva verso la retorica. Infatti ho ricevuto un appoggio umano enorme da alcuni movimenti antimafia. Io vedo il movimento di contrasto alla malavita come un gruppo di persone che stanno insieme perché accomunate da valori e non certo perché si riconoscono per un logo su una maglietta, una tessera o per un tipo di pasta. L’istituzionalità, molto spesso, non è nient’altro che il cristallizzarsi di diritti acquisiti. Qualsiasi associazione, quando assume proporzioni importanti, ha bisogno di preservare sé stessa, togliendo di conseguenza energia alla lotta.
Cos’è Mafiopoli, quali sono i pilastri che la tengono in vita e quali caratteristiche hanno i mafiopolitani?
Mafiopoli è la città dove tutto è rovesciato e tutto è possibile. Una “città” silenziosa, diversa da quella degli anni Novanta, dove le “armi” costano meno e fanno meno rumore. La Costituzione ne impedisce l'utilizzo, ma i mafiopolitani sono proprio tutti coloro che riescono a utilizzarle aprendo una breccia nella democrazia. Possono così diventare degli eroi e come tali vivono di consenso e, a Mafiopoli, il consenso diventa un’incoronazione.
Come è nata l'idea di dar vita a Radio Mafiopoli?
Quando “Do ut des” è diventato portatore di eventi gravissimi, violentissimi che hanno coinvolto la mia persona abbiamo dovuto cercare d’urgenza un sistema per arrivare a tutti. Una rete in Sicilia mi ha appoggiato e ha creduto in me, mentre internet è stato scelto perché è il mezzo più fruibile e accessibile. Radio Mafiopoli ha centrato l’obiettivo che c’eravamo posti in quanto non è altro che quello sbuffo del camino dopo lo spettacolo che, in realtà, contiene molto più dello spettacolo stesso. Naturalmente è nata in onore di Peppino Impastato, dipinto da molti come un comico che ha scontato la sua ironia con la vita. Una falsità: Peppino era un militante e con la comicità ci ha insegnato che non è necessario prenderci sul serio.
Peppino Impastato utilizzava il canale della radio per produrre un’informazione critica e libera. Oggi tu utilizzi internet. Credi sia il web il veicolo adatto per raggiungere un vasto pubblico?

No, credo sia il mezzo per spingere la gente ad avere un contatto diretto. Molto è cambiato, la localizzazione dell'informazione e soprattutto l’intimità della comunicazione sono diventate il vero valore aggiunto. Internet è un ottimo canale per comunicare l’appuntamento privato e intimo di lotta autentica contro la mafia. Non si potrà mai sostituire al nostro lavoro. Il mio è un lavoro fatto di facce, alito, sputacchi addosso alle prime file, puzza di piedi e aspetto tattile. Il mio mondo rimane sempre e comunque il teatro. È proprio questo che fa loro paura. Al contrario, il web spersonalizza ed è per loro molto meno pericoloso. La criminalità organizzata è terrorizzata dal messaggio di Scarpinato che ha l’originalità di ripetere con forza un concetto, per me innovativo e da molti considerato abusato e vecchio, come quello dell'educazione alla legalità nelle scuole. La battaglia per la legalità deve partire dal pensiero di Pippo Fava che non è vecchio e non ha bisogno di essere sostituito. La rottamazione della memoria è una delle più profonde ferite di un’antimafia che vuole prostituirsi al marketing.
Nel tuo spettacolo è evidente il puntuale riferimento a fatti di cronaca. Che rapporto hai con la notizia e l’informazione?
Io sono al servizio dell’informazione. Non potrei fare il lavoro che faccio se non avessi un rapporto simile con la notizia. Mi auguro di non cadere mai nel delirio di onnipotenza che mi convinca di poter essere in grado di creare notizia. Non è il mio lavoro, non lo so fare e sarebbe una castrazione delle mie dinamiche. Il mio lavoro è raccontare la realtà in modo diverso, sul binario teatrale, garantendo l’onestà intellettuale della notizia.
Che cos’ha la satira in più rispetto all'informazione pura e semplice?

Sono due cose complementari, ma la satira non si può sostituire all’informazione. La satira è un modo di fare informazione. Io credo in uno stato democratico libero in cui ci sia un’informazione pluralista e una satira artisticamente e culturalmente valida. Questo tipo di ironia, che pone le basi sull’informazione, procura un prurito insopportabile alla mafia perché la gente ride di pancia, ma questa risata ha il merito di dar vita a un piccolo cambiamento. Il pubblico ride di Matteo Messina Denaro che viene chiamato Matteo Messina Soldino, raccontato mezzo strabico con i Rayban fuori moda. Questa è sì massa, magari non informata, ma è una massa che può favorire il cambiamento. La mafia vive sull’onore e la risata uccide l’onore. Credo in una risata figlia di una informazione intellettualmente onesta. Proprio per questo tutti i miei spettacoli sono scritti con l'ausilio di giornalisti e magistrati.
Qual è il percorso che segui per riuscire a ironizzare sulle dinamiche della mafia?

Raccontandoli senza rispetto, sono ridicoli di loro. Hanno una forma ridicola, hanno una mentalità medioevale, un grado culturale imbarazzante e, soprattutto, hanno intorno delle sovrastrutture che cercano goffamente di rivenderci come miti. Il re è completamente nudo. Ha ragione Scarpinato quando definisce la mafia come un fenomeno osceno, nel senso che è fuori scena, per cui se prendiamo l'osceno e lo mettiamo sul palco, presentando Provenzano per i suoi pizzini, l'oscenità diventa reale. Si riesce in questo modo a presentare al pubblico una vera e propria sagra dell'ignoranza.
Recentemente sei stato oggetto di minacce di chiaro stampo mafioso. Ti aspettavi una reazione di questo genere? Cosa si prova a vivere con l'angoscia di essere un possibile bersaglio della malavita e hai mai pensato di smettere di denunciare?

Non mi aspettavo potessero essere così pittorescamente banali. La sensazione che si vive è banalissima paura, la vera violenza è rappresentata dallo stupro della tranquillità, elemento fondamentale per chiunque lavori usando la testa. Nonostante le difficoltà, non ho mai pensato di fermarmi perché non avrebbe alcun senso dato che porto in scena uno spettacolo in cui chiedo alla gente di non prostituirsi alla paura. E non è un peso, né sento l'obbligo di continuare a farlo, ma ne provo piacere con la vertiginosa sensazione di non aver mai pensato di poter provare una soddisfazione così sofferente.
Le minacce ti sono arrivate a Lodi, piccola provincia lombarda, considerata dai più tranquilla e lontana dalle logiche mafiose. Ti ha stupito ricevere minacce proprio dal Nord?

Certo che no. Lodi è regina della mafia finanziaria. Non vedo nulla di diverso della mafia della cicoria del sud. Strano è invece che, in una città dalle radicate dinamiche mafiose dei bonifici a più zeri, tema discusso a messa e dal parrucchiere, ci sia ancora qualche barbaro incontrollato in giro, probabilmente di un'altra stirpe e di tutt'altro timbro, capace di gesti del genere. Me lo aspettavo perché la mafia d'aperitivo, quella del “sentito dire”, ferisce molto di più di quella delle minacce esplicite. Lodi, come tutte le città del Nord,è assolutamente favorevole alla mafia. Questa cittadella lombarda è come Partinico. Anzi, è peggio, perché in Lombardia ci sono persone che si possono permettere di negare l'esistenza della malavita, quando in Sicilia affermazioni di questa portata sono impensabili da almeno trent’anni.
Quali sono le differenze tra Mafiopoli del settentrione e quella del meridione?

Al Nord la stanza dei bottoni si installa sempre lontano da dove c'è rumore. Meglio: nel piano regolatore approvato da tutti i partiti intelligenti che appoggiano queste dinamiche. La Sicilia è rumorosa, nel bene e nel male. Il grave peccato del Nord è quello di essere presuntuoso. Ma questa è una guerra che pretende unità.
Cos'è per te il teatro civile?

Non esiste perché non esiste quello incivile. Qualsiasi forma d'arte e di cultura, o qualsiasi gesto che abbia una tensione verso un obiettivo è un gesto civile. C'è stato il bisogno di dargli questa etichetta perché c'è promiscuità tra civile e incivile. L'unico vero teatrante civile era colui che smascherava il re 500 anni fa essendo quasi certo di rimetterci la testa. Siamo tutti dei privilegiati, ci pagano per fare una cosa che prima rappresentava una condanna a morte certa.
Perché hai deciso di non portare più in scena “Do ut des”?
Il motivo è da ricercare nella definizione che mi hanno dato di teatrante antimafia. Questa etichetta porta ai miei spettacoli persone interessate alla tematica e non la massa. Io vorrei raggiungere il maggior numero di persone per portare avanti il messaggio dell'antimafia.
Progetti in cantiere?
Sto portando in giro uno spettacolo con Gianni Barbacetto che è una ninna nanna per svegliare il Nord dalla presunzione che qui la mafia non esista. Uno spettacolo che non girerà in ambienti teatrali, ma che sarà un'orazione civile pensata come era nelle agorà. Ho invece un progetto prettamente teatrale con Carlo Lucarelli e Cisco dei Modena City Ramblers. La prima è in cartello per ottobre, racconteremo uno dei processi più chiacchierati degli ultimi anni di politica in Italia:”L'innocenza di Giulio”.E Giulio non sono io.

Laurea DisHonoris Causa...

Oggi iniziamo senza giri di parole. Per me il sig. Mu'ammar Abū Minyar al-Qadhdhāfī - noto anche con il nome, ben più corto e ricordabile, di Muammar Gheddafi -poteva anche evitare di far visita al nostro paese. D'accordo che il premier usa accompagnarsi con personaggi strampalati: voglio dire, dopo essersi accompagnato a mafiosi, veline, ragazze dai facili costumi e minorenni un terrorista cosa vuoi che sia. Certo, se pensiamo che il disegno del premier sembra essere quello di creare un nuovo regime dittatoriale in questo paese - basta guardare il Lodo Alfano, tanto per dirne una - presumo abbia invitato uno dei suoi maestri [l'altro è Putin, ma da lui si sta facendo insegnare come ci si comporta con i giornalisti...].
Dopo Arafat - che si presentò addirittura armato - anche al leader libico è stato concesso presentarsi al Parlamento. Da che ho conoscenza di questioni di natura istituzionale ho sempre saputo che il Parlamento in ogni paese democratico sia l'espressione della volontà del popolo.
Non so a voi, forse io non avevo il telefono raggiungibile, ma a me non è stato chiesto se volevo Gheddafi al Parlamento. O forse non me l'hanno chiesto perché sapevano già che avrei risposto che chi ha le mani sporche di sangue non ha il diritto - e con questo non mi riferisco solo a lui - di entrare in una istituzione come il Parlamento.
Può entrare a Villa Certosa - magari prima spiegategli che ci si va in costume adamitico come Silvio comanda - ma non certo in una istituzione.
Ma non dilunghiamoci troppo sulle considerazioni personali e veniamo alla materia del contendere.
Questo viaggio - dice - è stato fatto per sancire la definitiva "amicizia ritrovata" tra il nostro paese e la Libia che, per chi non lo sapesse, ha visto il suo territorio violentato dai nostri militari nel 1939.
Non so se il regalo di 5 miliardi di dollari (che al cambio attuale, fanno 7.042.650.000 euro) oltre alla costruzione da parte di nostre aziende di una fantomatica "autostrada mediterranea", forse prolungamento italo-libico del ponte sullo Stretto di Messina, possano considerarsi "amicizia". Anche perché noi cosa ci guadagnamo? Non ci guadagnamo certo, come invece dice il Ministro dell'Interno Maroni, in diminuzione degli sbarchi, visto e considerato che da quando questi accordi sono stati firmati gli sbarchi non solo non si sono arrestati, ma anzi, sono aumentati [una volta avevo letto del 173%, ma, non avendo ritrovato la fonte, date a questo dato il beneficio del dubbio...].
Ma andiamo avanti, perché la questione principale non è nemmeno questa, ma ci voglio arrivare pian piano.
Non so quanti di voi abbiano mai sentito parlare di Al Gatrun. Io ne ho letto - e tanto - in quel meraviglioso libro che è "Bilal" di Fabrizio Gatti (consiglio a chi ancora non l'avesse letto di colmare questa lacuna al più presto, perché il libro merita...). Ad Al Gatrun c'è un'aberrazione della mente umana, il cui nome mi sfugge, ma che è una sorta di Centro di Identificazione ed Espulsione come quello che noi abbiamo a Lampedusa. Per chi non sapesse cosa sono andate su un vocabolario e cercate la parola "lager". Ecco: quello è un cie, ex cpt.
Per chiudere la "perla" che vi avevo annunciato. Reggetevi bene alle sedie, perché a qualche geniale mente di questo paese - se non sbaglio i componenti del Senato Accademico dell'Università degli Studi di Sassari - è venuta l'idea di dare la laurea honoris causa al leader libico. All'inizio credevo avessero ideato una laurea in "violazione dei diritti umani" o cose simili, è solo in un secondo momento che ho scoperto trattasi di laurea in Diritto Internazionale!! Sissignori. Il violatore dei diritti umani dovrebbe tornarsene a casa sua - leggo or ora che qualcuno è rinsavito quindi probabilmente non si farà - diventando Dottore in Diritto!! Sinceramente non so se mettermi a piangere o a ridere...Una cosa però la so:

p.s....vedete che ogni tanto Destra e Sinistra [ah, queste vetuste classificazioni...] riescono anche ad avere qualche punto di vista comune?!

La verità Vi fa(rà) male...



"Siete vecchi, antistorici, dimettetevi finché siete in tempo"
[Beppe Grillo]

Con infamia e lodo...capitolo successivo

Mamma la Ronda(Nera)!

Una volta i matti li rinchiudevano nei manicomi.
Oggi, quando non li fanno ministri o Presidenti del consiglio te li ritrovi nelle più disparate vesti. Tra le quali quelle color kaki (o grigio, dipende dai casi...) della fantomatica "Guardia Nazionale Italiana".
Questo meraviglioso corpo di nazionalisti, reso possibile dal decreto sicurezza dicono di essere tra i 2.000 ed i 2.500 elementi - dipende evidentemente da quanti di loro si vergognano di giocare ai soldatini vista la loro età - tutti volontari e tra i quali 1/3 costituito da ex appartenenti alle forze dell'ordine.
Sono legati all'ex MSI - oggi Partito Nazionalista Italiano - del sig. Gaetano Saya, rinviato a giudizio nel 2004 per un sito "dal contenuto razzista" e coinvolto un anno dopo a Genova nelle indagini sulla presunta costituzione di un servizio segreto parallelo (una sorta di Gladio de noantri insomma...) chiamato Dssa (dipartimento Studi Strategici Antiterrorismo) e che ha delle idee decisamente molto confuse sulla sua collocazione politica [leggete qua].

Dicono di essere "apolitici". Guardando l'aquila imperiale ed il sole nero (simbologia delle SS) ed il saluto romano


non so a voi, ma a me qualche perplessità sulla loro apoliticità mi viene...Ma andiamo avanti.
Io, che sono un tipo decisamente curioso, sono andato a guardare un pò il loro sito: ora, a parte la musichetta modello shining ci sono delle cose che scrivono sulla homepage che non so se definire interessanti o esilaranti. Io propendo per questa seconda ipotesi, ma giudicate voi: non posso riportare le frasi in quanto è fatto severo divieto di copiatura, ma farne un sunto non è vietato e dunque:

Il Partito Nazionalista Italiano è autonomo ed indipendente sorto per salvaguardare l'integrità e la sicurezza italiana al riparo dei vincoli burocratici (che vorrebbe dire?); come ogni buon esercito che si rispetti sono organizzati gerarchicamente, anche se qualche riga più tardi ci viene detto che loro - ritendendo ogni volontario uguale agli altri - non vi è all'interno alcuna diversificazione gerarchica. L'importante è avere le idee chiare, come direbbe qualcuno. Ma proseguiamo...Tralasciamo il fatto che per farne parte bisogna sempre assecondare quel vecchio - ed un pò stantio - trittico del "Dio, patria e famiglia", tra i compiti della G.N.I. c'è quello - oltre al potenziamento ed alla difesa dello Stato - dell'educazione politica del popolo italiano. Scusate, ma qui ci vuole un applauso da standing ovation!! Prima ti dichiari apolitico e poi vuoi l'educazione politica, presupponendo che per educare in modo politico tu debba avere un'idea (o ideologia?) da perseguire. O sbaglio?


Il programma politico del Pni, di stampo statalista e collettivista, prevede tra l'altro la pena di morte per "gli usurai, i profittatori e i politicanti". E forse forse qui potrei anche avere qualche punta di vicinanza nei loro confronti, ma una cosa che mi fa davvero ridere è che tra le varie stramberie - tanto per usare un termine "carino e dolce"- presenti nel loro programma vi è l'espulsione immediata di tutti gli immigrati - precisamente tutti i "non-italiani"- arrivati nel nostro paese dopo il 31 dicembre 1977. Ohibò. Il 31 dicembre 1977?? E cos'è successo di così scioccante in quella data?? Allora perché non si rimandano a casa loro tutti quei non italiani arrivati prima del 15 agosto 1967? Oppure del 27 gennaio 1989?

Per ora - ma è solo questione di tempo - non ci sono reati da parte di questi figuri. Al massimo una violazione delle legge Scelba, che punisce la ricostituzione e l’apologia del fascismo. Io ci aggiungerei anche la violazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana (sulla quale questi signori dicono di aver giurato, mi chiedo se ne abbiano mai vista una...).

A me leggendo le "meravigliose avventure della Guardia Nazionale" mi sono venute alcune domande, che ripropongo visto che non sono riuscito a trovare risposta:

  1. A che titolo queste persone si ergono a paladini della giustizia?
  2. Esistono dei test (psicologici, attitudinali...) per queste cose? Questi signori vi sono stati sottoposti? Con quali risultati?
  3. Chi sono questi 2500? Come sono le loro fedine penali?
  4. Come vengono inquadrati giuridicamente (forze dell'ordine, liberi cittadini)? Nel caso in cui si classifichino come forze dell'ordine, quali sono le competenze specifiche che le differiscono dalle altre già presenti ed operanti sul territorio?
  5. Qual'è la differenza con le "nuove" Brigate Rosse?
In conclusione vi faccio vedere il video di presentazione di questo movimento: prendete pop-corn e patatine e mettetevi comodi. Il delirio inizia (ah, tra l'altro ci sono anche delle non tanto sottili minacce a Fini...)

PCdL (Popolo Comunista delle Libertà)?

Ho sempre creduto che le parole avessero una certa importanza. Oggi invece scopro – in realtà l'ho scoperto un po' di tempo fa ad esser sinceri – che in Italia non è così.
Qui due sono i fatti: o qualcuno in questi 15 anni ha adottato dizionari della lingua italiana diversi da quelli in uso al popolo, oppure quelli che hanno la tesserina con scritto “Popolo delle Libertà” non hanno la minima idea del significato dell'ultimo termine.
Perché se ti chiami Popolo delle Libertà e fai un emendamento a quella zozzeria chiamata “pacchetto sicurezza” dove limiti la libertà della rete secondo me c'è qualcosa che non torna. O no?
Ma partiamo dai fatti. Anzi, visto che si parla di parole, partiamo dalle definizioni.
Prendo il mio caro vocabolario della lingua italiana (Zanichelli '07 per la precisione), trovo il termine “libertà” e leggo, tra le altre:

«Condizione di chi (o di ciò che) non subisce controlli, costrizioni, coercizioni, impedimenti e sim,;[...] »

Ordunque, qui mi si demolisce il significato delle parole!
Ma veniamo al secondo fatto: ho sempre pensato che in questo paese il comunismo in quanto tale fosse finito con la fine di quella cosa che una volta si chiamava Sinistra [oggi non so, anche qui, cambiano il senso alle parole e non si sa cosa sia la Sinistra oggi...]. Mai pensiero fu più erroneo, visto che mi ritrovo in un paese che ha dei punti in comune nientepoodimenoché con Birmani, Cuba e Cina. Non proprio dei paesi “fascisti”. O sbaglio?
Qualcuno si chiederà: come si integrano questi due fatti?
Questi due fatti si integrano molto bene se guardiamo al Parlamento italiano (che finché nessuno lo abolisce per decreto, teniamocelo stretto). Sponda PdL, esattamente sig.ra Carlucci Gabriella – ennesima “faticatrice del tubo catodico” purtroppo prestata alla politica (ah, che tempi quando c'erano Berlinguer e Almirante, che per lo meno erano politici “veri”...)- e sig. D'Alia Gianpiero, sponda UDC [evito ogni commento, altrimenti divento l'unico blogger a farsi arrestare prima dell'entrata in vigore della legge].
Le due “menti diaboliche” hanno ben pensato di prelevare da quei regimi comunisti citati in precedenza, una piccola questione: la censura di Internet. Ma entriamo nei tecnicismi...

« Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell'interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.»

Questo è il comma 1 della Proposta di modifica n. 50.0.100 al DDL n. 733, noto ai più come “ddl D'Alia”. Di per sé l'intento non sarebbe da condannare, in quanto dovrebbe fare in modo di non vedere più su Facebook quelle cazzate inneggianti ai mafiosi e combattere la pedofilia [che dite, facciamo finta di niente e stendiamo un velo pietoso?]. In realtà è il modo con cui – dopo l'intensa attività economica – ci avviciniamo alla Cina, perché la censura della rete è l'ultimo atollo di libertà rimanente all'informazione seria di questo paese. Sì perché la televisione è ormai serva del Re di Arcore – in particolare quando si parla di una condanna chiamandola “assoluzione” o quando si tenta una patetica difesa delle preferenze sessuali del premier dicendo che i giornali esteri sono in mano alla sinistra (sigh). A proposito di televisione – visto che ormai l'ho citata – per la serie “che fine ha fatto” in questi giorni è entrato nella vigilanza Rai Totò “Vasa vasa” Cuffaro che per chi non lo ricordasse è quello che festeggiò con i cannoli una condanna per favoreggiamento alla mafia...
Il testo ora dovrebbe ritornare – visto che questo è il terzo passaggio dell'iter legislativo – alla Camera, dove già in precedenza noi blogger abbiamo avuto alcuni difensori (tra tutti l'On. Cassinelli, anch'egli PDL ed anch'egli blogger...), e spero vivamente che venga nuovamente bloccato in quella sede in quanto – qualora diventasse legge – prevederebbe la carcerazione del blogger – esattamente come in Cina – da 1 a 5 anni per istigazione a delinquere od una carcerazione tra i 5 ed i 6 mesi per istigazione alla disobbedienza o all'odio tra classi sociali [avete presente quel velo pietoso di prima? Ecco, prendetelo e allungatelo anche su questa faccenda va...].
Se questa puttanata – scusate il francesismo – passasse, i blog, siti come Facebook e YouTube (con il quale Mediaset ha un contenzioso in corso...quando si dice i casi della vita eh?) verrebbero chiusi.
Non possiamo far finta di nulla, ne va non solo dell'attività di blogger e della libertà d'informazione (Art.21 della Costituzione Italiana), ma anche della Democrazia in questo paese, perché senza un'informazione libera il cittadino non può informarsi su ciò che accade davvero, e se non conosce ciò che non va non è in grado di protestare, non è in grado di applicare il suo diritto al dissenso. E poter dissentire è alla base di qualsiasi democrazia. Ma democrazia vera.

Vandana Shiva: alla riscoperta dell'oro verde


«L'Amazzonia non appartiene solo al Brasile, ma al mondo intero. E la necessità di proteggerla dovrebbe essere una questione che riguarda il mondo intero. I governi ma anche i consumatori finali. Per questo quello che ha scoperto Greenpeace è così importante e chiama in causa tutti. Me che sono indiana così come voi che siete italiani».

Vandana Shiva nasce nel 1952 a Dehra Dun, nel nord dell'India da una famiglia progressista. Ha studiato nelle università inglesi ed americane, laureandosi in fisica. Per chi – come me – si schiera dalla parte contraria al fenomeno della globalizzazione (una volta ci chiamavano “no global”, ma dice che questo termine non esista più) è un mito: è a capo del movimento per la protezione della biodiversità e ha rischiato anche il carcere, nel Punjab, per aver guidato migliaia di contadini in collera con le multinazionali. Nel 1991 ha fondato Navdanya, un movimento per proteggere la diversità e l' integrità delle risorse viventi, specialmente dei semi autoctoni in via di estinzione a causa della diffusione delle coltivazioni industriali. Come ognuno di noi, anche a Vandana Shiva è capitato quel famoso “episodio che cambia la vita”. Al ritorno in India dopo gli studi - infatti - rimase traumatizzata rivedendo l'Himalaya: aveva lasciato una montagna verde e ricca d'acqua con gente felice, poi era arrivato il cosiddetto "aiuto" della Banca Mondiale con il progetto della costruzione di una grande diga e quella parte dell'Himalaya era diventato un groviglio di strade e di slum, di miseria, di polvere e smog, con gente impoverita non solo materialmente. Decise così di abbandonare la fisica nucleare e di dedicarsi all'ecologia, fondando nel 1982 il «Centro per la Scienza, Tecnologia e Politica delle Risorse Naturali». I suoi primi risultati vanno a formare “Sopravvivere allo sviluppo”, con il quale inizierà una lunga serie di saggi – e di conferenze che la portano in giro per il mondo, e spesso anche nel nostro paese – tutti estremamente critici verso la «globalizzazione neoliberista». Questa che vi propongo è l'intervista rilasciata a Francesca Caferri per Repubblica, edizione odierna.
Signora Shiva, perché questa è una questione globale?
L'Amazzonia non è solo una foresta. Non è solo del Brasile. E', prima di tutto, il più grande deposito di biodiversità del mondo. Il più importante contributo alla stabilità climatica e idrogeologica che ci sia rimasto sulla terra. Per questo è una questione mondiale. E posso dire, per averlo visto con i miei occhi, che la distruzione che sta avvenendo lì e la lotta impari degli indigeni contro le imprese che vogliono legno e materie prime e a cui non importa nulla di loro, è una questione globale e come tale andrebbe trattata. Dai governi per primi.
Cosa dovrebbero fare?
Dovrebbero innanzitutto dimenticare la parola profitto quando si parla di questa zona del mondo. Gli unici investimenti in Amazzonia dovrebbero essere diretti a garantirne la sopravvivenza e la protezione. Questo da solo dovrebbe essere considerato un guadagno, in termini di stabilità. Quello che mi aspetto concretamente è la formazione di un'alleanza globale fra i paesi in nome della conservazione dell'Amazzonia.
Il G8 che si svolgerà fra qualche settimana in Italia ha la tutela dell'ambiente e il cambiamento climatico fra i punti principali della sua agenda. Crede che il discorso sull'Amazzonia potrebbe essere affrontato lì?
Francamente non mi aspetto molto dal G8. Mi aspetto molto di più dal G20, il vertice allargato a cui prendono parte i paesi cosiddetti emergenti e, in questo caso, il Brasile. E' quella la sede per spingere verso un cambiamento. Quello che è successo dal settembre dello scorso anno ad oggi avrebbe dovuto insegnarci qualcosa. Che il modello di sviluppo cieco, che distrugge tutto intorno a sé, che punta solo al profitto, non funziona. Non funziona più. Eppure questo è il modello di sviluppo che sta distruggendo l'Amazzonia. Per guardare al futuro dobbiamo pensare a un modello diverso, illuminato lo definirei. Dove l'idea di futuro e quella di sviluppo convivano.
In questo modello che ruolo hanno i consumatori finali? Come lei sa bene il rapporto di Greenpeace li chiama in causa direttamente, mettendo sul patibolo marchi che sono fra i più conosciuti al mondo...
I consumatori possono molto. La prima cosa da fare sarebbe stabilire una moratoria internazionale su qualunque bene che sia collegato in qualche modo alla distruzione dell'Amazzonia. Questo spetta ai governi, ma poi devono scendere in campo anche i consumatori. Pensiamo a quello che è accaduto con l'influenza suina in Messico: colti dal panico, i consumatori hanno imposto ai supermercati di tutto il mondo di non vendere più carne arrivata dal Messico. Le esportazioni sono crollate nel giro di qualche giorno. O pensiamo al movimento che si è sviluppato in molti paesi d'Europa contro gli organismi geneticamente modificati: le proteste hanno imposto alle catene di distribuzione di essere OGM free, almeno in parte. Ora, lo stesso si può fare per l'Amazzonia: i consumatori possono fare pressioni sui negozi perché non vendano nessun prodotto che non sia “Amazon free”. Rispettoso dell'Amazzonia, non derivato dalle sue materie prime. E poi dovrebbero chiedere di consumare solo carne locale: in questa maniera le importazioni dal Brasile crollerebbero.
Tutto questo però creerebbe un danno grave all'economia del Paese: e non possiamo dimenticare che parliamo di uno stato in cui buona parte della popolazione vive ancora in povertà...
La maggior parte delle coltivazioni e degli allevamenti in Amazzonia sono illegali. Da questa economia guadagna solo chi commercia in modo illegale, non il paese.
Parliamo delle popolazioni indigene: come lei sa, molti sostengono che la vicinanza con la “civiltà” sia per loro un bene. Qual'è la sua opinione?
Io non sono d'accordo. Se guardiamo al futuro e a quello che ci serve per andare avanti, capiremo che l'elemento fondamentale è una relazione bilanciata con la terra. Un sistema di conoscenza e di vita che non sia basato sullo sfruttamento ma sull'armonia. In questa maniera gli indigeni hanno molto da insegnarci, non sono certo dei primitivi. Primitivi mi sembrano piuttosto quelli che li vogliono cacciare.

Un altro ambiente è possibile

5 Giugno - Giornata mondiale dell'Ambiente.

Molti credono che parlare dei problemi ambientali, parlare della lenta ma costante morte del nostro pianeta, sia una cosa da "estremisti".
Non è la prima volta che si verificano dei cambiamenti climatici nel percorso della Terra. Usando una metafora si potrebbe dire che ciò è ovvio, in quanto tutti gli esseri viventi subiscono delle modifiche con la crescita. Dall'ultima estinzione di massa - quella dei dinosauri avvenuta 66 milioni di anni fa - la Terra è riuscita a risollevarsi solo dopo qualcosa come 10 milioni di anni. Non so voi, ma io di certo non ho 10 milioni di anni per aspettare un mondo diverso (e non è un mero modo di dire in questo caso...).
«Ma i dinosauri»- come ricorda Peter Raven in un'intervista su Repubblica di oggi -« non avevano il dono della ragione, mentre il cervello umano è il prodotto più complesso e meraviglioso dell'evoluzione.»
Noi siamo l'imputato principale nel processo per l'omicidio del pianeta. Ed abbiamo un unico modo per scagionarci: modificare il modo con cui concepiamo il nostro rapporto con l'ambiente.
L'80% dell'anidride carbonica (Co2) che produciamo - che è poi l'arma con cui stiamo commettendo questo omicidio - è prodotta per colpa del "progresso". Detta così sembra uno di quegli slogan - questo sì da "estremista"- con cui si portano avanti le campagne di sensibilizzazione. Però pensateci un attimo: in quella percentuale c'è il petrolio che utilizziamo per i nostri spostamenti. Pensate a quanto petrolio serve, trasformato in carburante, per ogni automobile che incrociate girando per la vostra città o per tutti gli aerei che transitano quotidianamente nei nostri aeroporti. Io ho notato una cosa: nella maggior parte delle autovetture che incrocio c'è solamente il guidatore. Ora immaginate che 4 guidatori debbano andare in uno stesso luogo. 4 guidatori che magari si conoscono, mettiamo siano colleghi di lavoro. Non vi sembra più logico prendere un'automobile per tutti e 4 ( tagliando sia la spesa per la benzina, perché i costi verrebbero divisi equamente tra tutti i passeggeri, sia l'inquinamento causato dalla circolazione di 4 autovetture quando ne basterebbe una sola)? Non è certo un'idea astrusa: si chiama covoiturage ed è ormai pratica usata ovunque, da qualche anno anche qui da noi.
Il nostro omicidio del pianeta possiamo tranquillamente definirlo un attentato "globale", perché non riguarda esclusivamente la nostra mobilità. Tutti quanti ormai siamo abbastanza informati sui danni che fa l'indifferenziazione dei rifiuti (certo, se poi capita come davanti a casa mia, che passa un solo camion e carica indifferentemente tutta l'immondizia che trova...). Pensate anche ad un altro problema, la cui soluzione fino a qualche anno fa era considerata una moda mentre oggi è considerata una delle poche soluzioni - se non l'unica: quanti di voi non hanno mai addentato un hamburger? magari gustandoselo dopo una faticosa giornata di lavoro. Ecco, pensate che quel panino (evito ogni commento su quelli del McDonald's per ovvi ed "anti-multinazionalistici" motivi) equivale a 6 metri quadrati di alberi abbattuti e a 75 kg di gas responsabili dell'effetto serra. Per non parlare delle tonnellate di grano e soia usate per dar da mangiare all'animale da cui deriva quel piccolo pezzo di carne situato tra le due fette del panino. Guardate un pò questi dati:

  • 1 miliardo 300 mila: le persone che potrebbero essere nutrite con grano e soia destinati ai bovini.
  • 20%: la quota di grano coltivato per nutrire persone.

  • 38%: la quota coltivata per nutrire bestiame nel mondo.

  • 260 milioni: acri di foresta distrutta per fare spazio a pascoli.

  • 40 mila: i bambini che muoiono di fame ogni giorno.
  • 10 mila: i chili di patate che si ottengono da 1 acro di terra.

  • 63: i chili di manzo che si ottengono da 1 acro di terra.

Il Protocollo di Kyoto (quel documento da cui saremmo dovuti partire per tentare di riportare in vita questo pianeta) è - come gran parte dei trattati internazionali - carta straccia, si pensi che paesi come Stati Uniti, India e Cina non lo hanno ratificato e noi siamo riusciti addirittura a negare che esista il problema. I governanti sono in mano a lobby e multinazionali alimentari - come la Monsanto (che si occupa della produzione di tutti quei veleni chimici che ci permettono di avere cibo fuoristagione e consimili...)- e dei trasporti che non gli permettono di fare nulla.
Per questo è importante - anzi, fondamentale - che il cambiamento venga da noi comuni cittadini. E' importante che il cambiamento provenga - questo davvero - dal basso.
Perché un altro pianeta da sfruttare ed uccidere non lo abbiamo. Quindi dobbiamo riprenderci quello che ci hanno dato in gestione, altrimenti la prossima estinzione di massa riguarderà l'unico essere vivente con il dono della ragione...

Bilal.