tag:blogger.com,1999:blog-35720150186203630142024-03-13T03:03:52.514+01:00SEÑOR BABYLONAndrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comBlogger791125tag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-28958512833034250232015-04-22T12:58:00.000+02:002015-04-22T12:58:08.869+02:00<div style="text-align: center;">
Da oggi tutti gli articoli, le inchieste e la content curation di questo blog la trovate qui</div>
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<a href="http://andreaintonti.tumblr.com/" target="_blank"><b>http://andreaintonti.tumblr.com/</b></a></h3>
Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-38889587200898211332014-04-23T19:10:00.000+02:002014-04-23T21:45:52.532+02:00Somalia: dall'altro lato della pirateria<p align="center"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNrk4oRBMQnfiSUMgw8h7lZ_aBo5GmVonYPr_uJpTEssfj8yqH20fvKP7fGfQXUMlyoFoBxQmAoMV4FLV7oVus9U1WWvQqTkGvv6WOWJ4lKvZL2lh-NHv_GQgUfL84Wa3kAvVgGyO2Hvo/s1600/1937524_594323323994301_1369971544_o.jpg" imageanchor="1" ><img width="480px" border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNrk4oRBMQnfiSUMgw8h7lZ_aBo5GmVonYPr_uJpTEssfj8yqH20fvKP7fGfQXUMlyoFoBxQmAoMV4FLV7oVus9U1WWvQqTkGvv6WOWJ4lKvZL2lh-NHv_GQgUfL84Wa3kAvVgGyO2Hvo/s320/1937524_594323323994301_1369971544_o.jpg" /></a></p>
<p align="justify">Un appunto su un pezzo di carta, una nave mercantile ed un uomo, rinchiuso in uno stanzone anonimo arredato solo con una sedia, le corde che gli legano mani e piedi al pavimento e al soffitto e qualche telo appoggiato al muro.<br>La storia recente della <b>Somalia</b>, “Stato fallito” dal 2010, può essere raccontata partendo da uno qualsiasi di questi tre elementi. Il punto di arrivo sarà comunque uno di quei velocissimi skiff a motore che i <b>pirati</b> usano per attaccare le navi delle grandi compagnie mercantili che nel Golfo di Aden, Oceano Indiano, hanno trovato una rotta fondamentale per i propri affari. Mettendo in collegamento l’Europa all’Asia attraverso il corridoio che lo lega al Canale di Suez, il Golfo permette di non circumnavigare il continente africano abbattendo così i costi del <b>commercio mondiale</b>, che al 90% viaggia via mare. Nel 2009, per far fronte alla minaccia della pirateria somala, è stato creato nell’area l’International Recommended Transit Corridor, il corridoio di transito consigliato e controllato dalle forze militari della coalizione internazionale.</p>
<p>Qui le due parti, per <b><a href="http://www.theblazonedpress.it/">The Blazoned Press</a></b><br>
<a href="http://www.theblazonedpress.it/website/2014/02/13/somalia-storia-delle-due-piraterie-parte-1/105175">La minaccia dell'1%</a><br>
<a href="http://www.theblazonedpress.it/website/2014/02/14/somalia-storia-delle-due-piraterie-parte-2/105199">Le opportunità nascoste dietro la pirateria somala</a></p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-1794258070956379232014-04-23T19:05:00.000+02:002014-04-23T21:45:26.781+02:00La scelta - e tu cosa avresti fatto?<p><a href="https://www.youtube.com/watch?v=9h02Sg_pytE" target="_blank">Il passaporto</a><br /><iframe frameborder="0" height="315" src="//www.youtube.com/embed/9h02Sg_pytE" width="500"></iframe></p>
<blockquote>
<p><em>Ci sono spettacoli che nascono per intrattenere. Spettacoli che nascono per intrattenere. Spettacoli che nascono per emozionare. Questo spettacolo - a noi piace definirlo questo documentario in formato teatrale - nasce unicamente solo con uno scopo: quello di ricordare, di fare memoria.<br />Ascolterete quattro storie vere provenienti da uno dei conflitti più assurdi e sanguinosi ed allo stesso stesso tempo più dimenticati che l'essere umano abbia mai combattuto. Cosa ha provocato la morte di 350.000 persone nel cuore dell'Europa e perché questo potrebbe accadere ancora?</em></p>
</blockquote>
<p>(dal <a href="https://www.youtube.com/watch?v=VbHJsmEJurA">trailer di presentazione</a> dello spettacolo)</p>
<p><strong>La scelta - e tu cosa avresti fatto?</strong> di <strong>Marco Cortesi</strong> e <strong>Mara Moschini</strong> porta in scena quattro storie vere - riprese dal libro <em>"I giusti nel tempo del male</em>" di Svetlana Broz - di coraggio provenienti da uno dei conflitti più atroci dei nostri tempi: la <strong>guerra civile</strong> che ha insanguinato l'<strong>ex Jugoslavia</strong> tra il 1991 e il 1995.</p>
<p>Altri estratti:<br /><a href="https://www.youtube.com/watch?v=w_JO5EOi_1A">Il massacro</a>;<br /><a href="https://www.youtube.com/watch?v=9YT5JkevMj8">Una madre</a></p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-60937442838118238722014-04-23T19:02:00.000+02:002014-04-23T19:02:30.455+02:00Il cimitero delle navi tossiche? Le spiagge dell'Asia meridionale<p align="center"><img alt="image" width="500" src="https://31.media.tumblr.com/44d025642e0ae5045ab79bf918ae18d3/tumblr_inline_n0wbbvPm2k1syd0vb.jpg" width="400" /></p>
<p align="justify">Amianto, metalli pesanti, PCB, rifiuti organici. Sono alcuni dei <strong>materiali tossici contenuti nelle navi che alcune compagnie marittime europee mandano allo smantellamento sulle coste</strong> di paesi come l'India, il Bangladesh o il Pakistan.</p>
<p align="justify">A denunciarlo, pubblicando la <a href="http://www.shipbreakingplatform.org/press-release-ngos-publish-2013-list-of-toxic-ship-dumpers-german-and-greek-shipping-companies-amongst-the-worlds-worst/" title="Ngos publish 2013 list of toxic ship dumpers: german and greek shipping companies amongst the world's worst" target="_blank">lista di navi e compagnie</a> è la <strong>NGO Shipbreaking Platform</strong>, una coalizione che si occupa di ambiente, diritti umani e diritti dei lavoratori e che lotta contro questo modo di rottamare le navi.</p>
<p align="justify">Nessun paese sviluppato, dicono dall'organizzazione, consentirebbe di smantellare le navi sulle sue spiagge. Dalla sola <strong>Europa</strong> arriva circa il <strong>40%</strong> delle navi che vengono smantellate sulle coste dell'<strong>Asia Meridionale</strong>, diventata uno degli snodi nevralgici di questo tipo di traffico per i bassissimi standard ambientali e nella sicurezza sul lavoro rispetto all'Europa.</p>
<p align="justify">I costi non sostenuti per le tecnologie, la formazione professionale e la tracciabilità delle navi contribuiscono agli alti profitti generati dallo smantellamento illegale, realizzato attraverso lo <strong>sfruttamento di lavoratori</strong> - spesso migranti e bambini - senza alcuna forma di protezione dalle sostanze tossiche, tanto che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la rottamazione delle navi uno dei lavori più pericolosi al mondo. <br />Una diversa declinazione dell'etica su cui si basa lo smaltimento dei rifiuti tossici. Così come accade per i rifiuti infatti, anche per le navi i costi di smaltimento sono imparagonabili. Secondo un'<a href="http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/157710/pelazza-smaltimento-illegale-di-navi.html" title="Pelazza: Smaltimento illegale di navi" target="_blank">inchiesta realizzata da Luigi Pelazza per le Iene</a> smaltire queste legalmente costerebbe in Italia circa 500.000 euro, lo smaltimento illegale costa invece solo 300 dollari</p><a name='more'></a>
<p align="justify">A guidare la classifica dei "<strong>global dumpers</strong>" le società greche Danaos ed Euroseas e le tedesche Conti, Hapag-Lloyd e Leonhardt&Blumberg, che hanno inviato alla rottamazione illegale circa l'80% delle loro navi. Altre società - l'ong fa il nome della danese <strong>Maersk</strong>, la più importante società proprietaria di navi cargo al mondo - utilizzerebbero cavilli come i contratti di noleggio (<em>chárter</em>) per aggirare le responsabilità.<br />Anche l'<strong>Italia</strong> - nella lista compaiono società come Ignazio Messina, Tirrenia Compagnia Italiana di Navigazione o Augusta Offshore Spa - è coinvolta nel traffico, con 27 navi inviate verso l'Asia meridionale nel 2012.</p>
<p align="justify">A dicembre l'Europa ha pubblicato sulla gazzetta ufficiale un nuovo regolamento sulla rottamazione, che però non si applica a navi battenti <a href="http://www.fiscooggi.it/analisi-e-commenti/articolo/la-bandiera-navale-da-simbolo-distintivo-elemento-elusivo" title="La bandiera navale, da simbolo distintivo a elemento elusivo" target="_blank"><strong>bandiere ombra</strong></a> come quelle del Comoros, di Tuvalu, Togo, Liberia o Panama. Circa due terzi delle navi europee rottamate, si legge nel comunicato stampa della NGO, non aveva bandiera di uno Stato membro. Insieme all'organizzazione, peraltro, il Parlamento europeo sta lavorando ad un meccanismo finanziario - un fondo finanziato dai canoni pagati dagli armatori, un'assicurazione o un conto di risparmio - che aiuterebbe le società armatrici ad internalizzare i costi di smaltimento dei materiali pericolosi presenti nelle navi.</p>
<p align="justify">Ma gli accordi ufficiali, come evidenzia la questione delle bandiere di comodo, possono essere ignorati. È il caso della <strong>Cina</strong>, altra importante destinazione per le navi europee da rottamare, che con l'UE è tra i paesi firmatari della <a href="http://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19890050/index.html" title="Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi e sulla loro eliminazione" target="_blank">Convenzione di Basilea del 1989</a>, che vieta qualsiasi movimento transfrontaliero di rifiuti pericolosi tra paesi OCSE e non-OCSE. Almeno sulla carta.</p>
<p><small>(foto: <a href="http://www.greenreport.it/" target="_blank">greenreport.it</a>)</small></p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-34381927049467854642014-04-23T18:55:00.000+02:002014-04-23T18:55:24.612+02:00The Insider Traders<p><iframe frameborder="0" height="315" src="//www.youtube.com/embed/5I4823bx0So" width="560"></iframe></p>
<p>Andato in onda ad inizio gennaio, <strong><em>To catch a Trader</em></strong> racconta i sette anni di indagine che sono stati necessari all'FBI per l'"Operazione Perfect Hedge", il più grosso scandalo di <a href="http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/100-parole/Diritto/I/Insider-trading.shtml?uuid=060592fe-58b8-11dd-9534-b5e47a9a4888&DocRulesView=Libero" title="Insider trading" target="_blank"><strong>insider trading</strong></a> a <strong>Wall Street</strong> che la storia americana ricordi, portando alla condanna di 78 persone. Nell'inchiesta sono stati per la prima volta utilizzati intercettazioni e agenti infiltrati, solitamente impiegati per indagini anti-mafia.</p>
<p>Nell'operazione sono entrati nomi di peso tra le stanze di Wall Street come quello di "King" <strong><a href="http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/salutame-cohen-il-peggior-speculatore-di-wall-street-rischia-di-essere-cacciato-dal-mondo-59997.htm" title="Salutame Cohen! Il peggior speculatore di Wall Street rischia di essere cacciato dal mondo della finanza" target="_blank">Steve Cohen</a></strong>, fondatore dell'<strong>hedge fund SAC Capital Advisors</strong> o <a href="http://live.wsj.com/video/who-is-raj-rajaratnam/2EA02808-54D3-4F3A-92A9-934C7D284722.html#!2EA02808-54D3-4F3A-92A9-934C7D284722" title="Who is Raj Rajaratnam?" target="_blank"><strong>Raj Rajaratnam</strong></a> del <strong>Galleon Group,</strong> la cui ricchezza personale si è basata sulla capacità delle loro società di ottenere informazioni riservate, poi rivendute - non prima di averle utilizzate a proprio favore - a media company come Bloomberg o Reuters, utilizzate dagli investitori per delineare le proprie strategie di investimento. </p>
<p>Qui l'<a href="http://www.pbs.org/wgbh/pages/frontline/to-catch-a-trader/" target="_blank">intera inchiesta giornalistica</a> (52') per<strong> Frontline</strong>, storica trasmissione della statunitense <strong>Pbs</strong>.</p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-26580507074989811562014-01-07T12:37:00.000+01:002014-04-23T22:53:59.637+02:00VelenItaly: storia (parziale) del traffico di rifiuti tossici italiano (The Blazoned Press)<p align="right"><i>Gli uomini che cercano, finché continuiamo a farci le loro domande, non muoiono mai.</i><br>
[Carlo Lucarelli]</p>
<img width="500" height="300" src='http://img593.imageshack.us/img593/3816/hv0i.jpg' border='0'/>
<p align="justify">C’è un filo rosso che segue la storia del <b>traffico di rifiuti tossici</b> di questo Paese. Un filo rosso che si sviluppa intorno a nomi, contratti, soldi e accordi e che lega indissolubilmente <b>mafie, politica, imprenditoria e massoneria</b>.<br>Dagli anni ’70 ad oggi.</p>
<p align="justify">Le <a href="http://leg13.camera.it/_bicamerali/rifiuti/resoconti/Documento_unificato.pdf">dichiarazioni recentemente desecretate</a> dell’ex boss casalese <b>Carmine Schiavone</b> hanno creato un momentaneo interesse – giornalistico, soprattutto – per quella previsione di morte di vent’anni fa e rivelatasi corretta. Poi tutto è tornato nell’ombra, l’humus perfetto affinché il traffico di rifiuti possa dare i suoi frutti. Non solo al mondo criminale.</p>
<p align="justify">Il 3% del territorio nazionale è infatti “<b>Paese dei veleni</b>”, come scrivono Andreina Baccaro e Antonio Musella in un <a href="http://www.spouterinn.it/di-lotta-e-di-veleni/">libro-inchiesta di recente uscita</a> per Round Robin. Aree industriali come <b>Taranto</b>, <b>Gela</b>, <b>Porto Marghera</b> sono solo tre dei 57 siti che il decreto Ronchi 22/1997 definisce di interesse nazionale (Sin) e che formano i 15.000 siti potenzialmente contaminati individuati nel 2012 dall‘Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra). 6 milioni i cittadini italiani esposti a rischio di malattie mortali come tumori, malattie neurologiche o respiratorie secondo i dati ufficiali pubblicati dal ministero della Salute.</p>
<p align="justify">Di questi 57 siti, allo stato attuale, solo due – Bolzano e Fidenza – sono stati bonificati. Le operazioni di bonifica, peraltro, stanno diventando sempre più il nuovo business su cui puntare.</p>
<p align="justify">Per decenni il traffico di rifiuti – tossici o meno che fossero – è stato possibile non tanto per l’attività criminogena delle consorterie mafiose quanto per il coinvolgimento del livello politico, diretto o meno che fosse.</p>
<p align="justify">Personalità di diversa caratura che sapevano ed hanno taciuto in nome della ‘<b>ragion di Stato</b>’, come chi ha tenuto segreti i veleni campani per quasi vent’anni; ma anche personalità con un piede sul palcoscenico politico e l’altro dietro le quinte e che hanno materialmente agito, trafficando in Italia e all’estero. Dalle coste della Somalia passando per l’”emergenza rifiuti” italiana fino alle discariche della Romania, partendo dal 10 luglio 1976, quando il Nord Italia si risvegliò sotto la nube della “madre di tutti i disastri ambientali”.</p>
Leggi l'inchiesta su <b><a href="http://www.theblazonedpress.it/website/">The Blazoned Press</a></b>:<br>
<a href="http://www.theblazonedpress.it/website/2014/01/07/velenitaly-storia-parziale-del-traffico-di-rifiuti-tossici-italiano-seveso-nascita-di-un-traffico-internazionale/92621">Seveso, nascita di un traffico internazionale</a>;<br>
<a href="http://www.theblazonedpress.it/website/2014/01/07/velenitaly-storia-parziale-del-traffico-di-rifiuti-tossici-italiano-la-spezia-storia-di-discariche-e-navi-dei-veleni/92629">La Spezia: storia di discariche e navi dei veleni</a>;<br>
<a href="http://www.theblazonedpress.it/website/2014/01/07/velenitaly-storia-parziale-del-traffico-di-rifiuti-tossici-italiano-somalia-il-vaso-di-pandora-dei-misteri-ditalia/91106">Somalia, il vaso di Pandora dei misteri d’Italia</a>;<br>
<a href="http://www.theblazonedpress.it/website/2014/01/07/velenitaly-storia-parziale-del-traffico-di-rifiuti-tossici-italiano-campania-e-rifiuti-camorra-secondo-estratto/92162">Campania e rifiuti. Camorra secondo estratto</a>;<br>
<a href="http://www.theblazonedpress.it/website/2014/01/07/velenitaly-a-chi-fa-comodo-il-silenzio-sulle-navi-dei-veleni-intervista-a-massimiliano-ferraro/92666">A chi fa comodo il silenzio sulle navi dei veleni? Intervista a Massimiliano Ferraro</a>;<br>
<a href="http://www.theblazonedpress.it/website/2014/01/07/velenitaly-rifiuti-segreti-di-stato-e-immobilismo-legislativo-intervista/92667">Rifiuti, segreti di Stato ed immobilismo legislativo. Intervista ad Alessandro de Pascale</a>;<br>
Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-69026066197826602552013-11-29T09:00:00.000+01:002013-11-29T09:00:16.343+01:00Traffico di minori contesi, sgominato gruppo internazionale a Palermo (BlogLive.it)<small>Questo articolo è uscito su <a href="http://www.bloglive.it/traffico-di-minori-contesi-sgominato-gruppo-internazionale-a-palermo-132401.html">Bloglive.it</a> 13 novembre 2013</small>
<img width="500" height="300" src='http://img841.imageshack.us/img841/4102/3y4j.jpg' border='0'/>
<p align="justify">29 maggio 2012. A Villagrazia di Carini (Palermo) è appena stato spento l’incendio dell’Hotel Portorais quando i carabinieri scoprono che sotto la cenere cova un “incendio” ben più grave: un <b>traffico di minori contesi</b> su scala internazionale.</p>
<p align="justify">
Al centro della vicenda la compagna del titolare dell’albergo, l’ex campionessa olimpionica di vela (bronzo a Seul 1988) <b>Larysa Moskalenko</b>, a Palermo da oltre vent’anni. È lei, secondo le indagini, a tessere le fila dell’intera ragnatela, al cui vertice c’era <b>Martin Vage</b>, presidente della <b>Abp World Group</b>, società norvegese di sicurezza privata, finito in manette a fine ottobre. Tra i <a href="http://www.abpworld.com/child-recovery/">servizi offerti</a> dalla società “<i>un vero e proprio sodalizio di contractors, per la maggior parte veterani dei corpi speciali delle Forze Armate di mezzo mondo</i>” sottolineano gli inquirenti, c’è anche il “recupero” dei bambini contesi da genitori di nazionalità diverse, realizzato attraverso le imbarcazioni messe a disposizione dalla “Sicily rent boat” di proprietà dell’ex campionessa.</p>
<p align="justify">
Il recupero poteva costare fino a 200mila euro. L’inchiesta – coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo con la collaborazione dei Comandi Provinciali di Brescia e Trapani – è partita da Capaci, dove è stata trovata la sede centrale di un’organizzazione, i cui tentacoli si dipanano in tutto il mondo tra Tunisia, Egitto, Russia, Ucraina fino ad arrivare alla Norvegia.</p>
<p align="justify">
<b>Cronologia di un traffico internazionale</b><br>
Il 26 settembre 2012 <b>Peter Ake Helgesson</b>, detto “Per”, 54 anni, ex veterano svedese della Legione straniera, contatta la Moskalenko per un’operazione da svolgersi in Tunisia. Dopo due giorni l’ex legionario ricontatta la campionessa olimpica avvertendola di avere i 13.000 euro pagati da una coppia scandinava per l’affitto della barca con cui realizzare il recupero. La Moskalenko avverte Helgesson della necessità di dotarsi di quattro giubbotti di salvataggio, uno per un bambino.<br>
Il 3 ottobre Helgesson chiama da Port el Kantaoui: missione compiuta e ritorno previsto a Marsala quella stessa notte.</p>
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Per un’altra operazione – da realizzarsi tra Cipro, l’Egitto e il Libano – il gruppo si dota di medicinali, spray urticante e armi, “<i>un paio di pistole</i>” per la precisione. Per reperirle la Moskalenko chiama un numero russo, intestato ad un certo <b>Arkadij</b> – secondo le ricostruzioni appartenente all’Fsb, il servizio segreto russo – al quale l’ex campionessa chiede di un “<em>generale conoscente</em>” dal quale ottenere le armi.<br><a name='more'></a>
La Moskalenko poteva inoltre contare anche su un magistrato ucraino, padre di una sua amica, che avrebbe potuto “accomodare” l’affidamento di un’operazione da svolgersi in Ucraina.</p>
<p align="justify">
Un secondo “recupero”, avvenuto il 10 novembre 2012 in Tunisia, finisce con l’arresto di Hegelsson e il suo sodale <b>Jens Daniel Bakke</b>. Larysa Moskalenko si adopera fin da subito per il loro rilascio, contattando varie personalità politiche italiane, tra cui <b>Fabrizio Romano</b> – ambasciatore italiano in Ucraina, al quale la donna chiede se sia il caso di far intervenire Silvio Berlusconi – e <b>Rosario Mondino</b>, vice-responsabile Circoscrizione Sicilia di Amnesty International. Infine – come riporta in un <a href="http://livesicilia.it/2013/10/31/intrigo_396296/">recente articolo su LiveSicilia.it Riccardo Lo Verso</a> – la donna contatta tale “Luca” ad un’utenza intestata all’Italia dei Valori. Secondo Vittorio Teresi, Maurizio Scalia e Calogero Ferrara, i tre pubblici ministeri che si stanno occupando del caso, quel “Caro Sindaco” con il quale inizia l’sms non lascia dubbi sull’identità di quel “Luca”, identificato nell’attuale primo cittadino di Palermo, <b>Leoluca Orlando</b>. Né lui né gli altri contatti mossi dalla Moskalenko, però, sembrano essere in grado di far liberare i suoi sodali.</p>
<p align="justify">
<b>Il “silenzio assenso” di Svezia e Norvegia sulle “operazioni umanitarie”</b><br>
Le indagini hanno per ora accertato almeno quattro recuperi, ed altri erano in corso di progettazione. Data la – letterale – potenza di fuoco del gruppo, fatta di contatti con politici e appartenenti ai servizi segreti, elicotteri, potenti gommoni e armi, gli inquirenti si chiedono come sia stato possibile che ben due governi, quello norvegese e quello svedese, non solo abbiano tollerato l’operato della Abp, ma abbiano addirittura dato il loro “<b>silente avallo</b>”, come lo definiscono i pm.</p>
<p align="justify">
In manette, oltre alla Moskalenko – che ha definito l’attività del gruppo “operazioni umanitarie” – sono finiti Luigi Cannistraro, Antonio Barazza e Sebastiano Calabrese, questi ultimi due skipper delle navi con le quali sono stati realizzati i due blitz in Tunisia. Vero Per Ake Helgesson, Elisabeth Wenche e Martin Vage sono invece state emanate ordinanze da eseguire all’estero attraverso rogatorie internazionali.<br>
Tra le accuse mosse contro il gruppo <b>tratta e sequestro di persona</b> nonché <b>sottrazione e trattenimento di minore all’estero</b>.</p>
<p align="justify"><small><i>[Foto: dailymail.co.uk]</i></small></p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-34683800285259339122013-11-28T09:00:00.000+01:002013-11-28T09:00:11.631+01:00Dal Sahara a Lampedusa, quel traffico di migranti tra criminalità e violenze (Bloglive.it)<small>Questo articolo è uscito su <a href="http://www.bloglive.it/dal-sahara-lampedusa-quel-traffico-di-migranti-tra-criminalita-e-violenze-132047.html">Bloglive.it</a> il 12 novembre 2013</small></p>
<img width="500" height="300" src='http://img31.imageshack.us/img31/7353/bllh.jpg' border='0'/>
<p align="justify">
La Direzione distrettuale antimafia di Palermo è riuscita ad arrestare <b>Elmi Mohamud Muhidin</b>, cittadino somalo di 34 anni riconosciuto dai superstiti eritrei del naufragio dello scorso 3 ottobre come l’organizzatore del loro viaggio, terminato con 366 vittime. L’uomo è accusato di <b>sequestro di persona</b>, <b>tratta di esseri umani</b>, <b>associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina</b> e <b>violenza sessuale</b>. Insieme a lui è stato fermato anche uno scafista di nazionalità palestinese, tale Attour Abdalmenem, 47 anni, non legato allo sbarco del 3 ottobre.<br>
Grazie all’identificazione di Muhidin, gli investigatori sono riusciti a fare un passo avanti nelle indagini, venendo a conoscenza dell’identità di uno dei capi dell’organizzazione transnazionale che gestisce il <b>traffico di migranti</b> tra Corno d’Africa, Sahara, Libia e coste italiane.</p>
<p align="justify">
<b>L’amico degli italiani “che contano”.</b> Le vittime del naufragio erano tutte di nazionalità eritrea, in fuga dal regime di <b>Isaias Afewerki</b>, in carica dal 1993 e una lunga lista di amici “<i>che contano</i>” in Italia (come Gianfranco Fini e Carlo Giovanardi, che nel 2004 <a href="http://gatti.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/10/24/solomon-2-anni-cosi-muore-un-bambino/">accompagnarono Afewerki a conoscere gli alpini a Trieste</a>, mentre nel suo Paese <a href="http://www.cub.it/article/?c=&id=2447">faceva massacrare gli studenti</a>) sono state intercettate nel deserto al confine tra Sudan e Libia da un gruppo di somali. Qui sono stati caricati a bordo di pick up armati di mitragliatrici e portati in un campo di prigionia – un vero e proprio “<i>campo di concentramento</i>”<a href="http://video.corrieredelmezzogiorno.corriere.it/torture-lager-la-tratta-migranti/cm-180713">secondo il procuratore aggiunto di Palermo Maurizio Scalia</a> – dove sono stati torturati con manganelli e scariche elettriche. Alcuni di loro, raccontano i migranti sopravvissuti, sono stati legati dai trafficanti con delle corde collegate tra piedi e collo, “<i>in modo che anche il minimo movimento creava un principio di soffocamento</i>”. Si tratta di campi illegali come quello di <b>Agedabia</b>, a sud di Bengasi o di <a href="http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/niger-chiusi-campi-migranti.aspx"><b>Agadez</b> (Niger)</a> dove i migrati vengono letteralmente parcheggiati in attesa delle migliori condizioni – atmosferiche ed economiche – per continuare il viaggio.</p>
<p align="justify">
<b>I campi di concentramento del terzo millennio.</b> In questi centri, le donne vengono violentate, quando non vengono date “<i>in dono a gruppi paramilitari, armati di mitragliatori Ak-47</i>”. “<i>Una sera</i>”, ha raccontato una <a href="http://palermo.repubblica.it/cronaca/2013/11/08/news/noi_eritree_violentate_dai_miliziani_i_racconti_dell_orrore_nel_deserto-70502272/">giovane vittima delle violenze</a> agli inquirenti italiani, “<i>dopo essere stata allontanata dal mio gruppo sono stata costretta con la forza, dal somalo [Muhidin, ndr] e da due suoi uomini, ad andare fuori.<a name='more'></a>Gli stessi dopo avermi buttata a terra e successivamente bloccata alle braccia e alla bocca mi hanno buttato in testa della benzina provocandomi un forte bruciore al cuoio capelluto, al viso e agli occhi. Successivamente, non contenti, i tre, a turno, hanno abusato di me</i>”. Tutte e venti le ragazze di quel viaggio, ha precisato la giovane, hanno subito lo stesso trattamento. Talvolta i migranti subiscono una seconda carcerazione una volta arrivati in Italia, come ha scoperto la polizia nel settembre 2011, individuando il primo di questi <a href="http://senorbabylon.blogspot.com/2013/11/scoperto-il-primo-carcere-della-mafia.html">“<b>carceri” nella tonnara di Santa Panagia</a></b> (Siracusa) e scoprendo la <b>co-gestione del traffico tra gruppi criminali egiziani e la mafia siciliana</b>. Una volta arrivati in Italia, però, quasi mai il viaggio può dirsi davvero concluso. Molti dei migranti, infatti, vogliono arrivare alla loro meta effettiva – che non è quasi mai il nostro Paese – ma vengono fermati all’interno del circuito dei <b>Cie</b>.</p>
<p align="justify">
<b>“Malaburocrazia”: la miglior alleata dei trafficanti.</b> Altri, invece, si trovano a fare i conti con la burocrazia italiana. Se l’operazione Raìs aveva permesso di individuare il sodalizio siculo-egiziano, un’altra operazione – denominata <a href="http://www.gdf.it/GdF/it/Stampa/Ultime_Notizie/Anno_2012/Luglio_2012/info1294929017.html">Caronte</a> – ha portato lo scorso anno all’arresto di 22 persone e a denunciarne in tutto 54 in tutta Italia. La riuscita di quest’operazione si deve anche e soprattutto alla <a href="http://www.terrelibere.org/4630-la-giovane-nigeriana-che-ha-fatto-arrestare-70-criminali">testimonianza di una giovane ragazza nigeriana</a> che, testimoniando dinanzi alla Direzione distrettuale antimafia, aveva confermato nomi e ruoli del gruppo criminale, riferibile alla <b>mafia nigeriana</b>. Il traffico gestito da questa organizzazione, la cui “capitale” è stata identificata nella città di Benin City, Stato di Edo, si basa – oltre che sulla coercizione e l’uso del debt-bondage – anche di una pratica vodoo nota come “<a href="http://www.independent.co.uk/news/world/europe/the-curse-of-juju-that-drives-sex-slaves-to-europe-2264337.html">juju</a>”. Una pratica che non aveva impedito alla ragazza di rendere un fondamentale apporto all’operato delle forze dell’ordine. Nonostante questo, però, lo Stato italiano ha deciso di non sostenere il coraggio di queste testimoni tagliando l’<b>articolo 18 del <a href="http://www.meltingpot.org/Circolare-Permesso-di-soggiorno-per-le-vittime-della-tratta.html#.UoEEQHPuLZc">decreto legislativo 286/1998</a> che permette alle vittime di tratta che denunciano di ottenere un permesso di soggiorno</b>, “<i>un sistema che costa 8 milioni di euro l’anno e che finora ha permesso di contrastare in modo serio le mafie internazionali</i>”, secondo Alberto Mossino dell’associazione PIAM. Un sistema che per il 2014 è stato finanziato con soli 3 milioni di euro.</p>
<p align="justify"><b>Il grande occhio del regime.</b> Per i migranti eritrei, inoltre, il nostro Paese costituisce anche un altro pericolo: a Lampedusa e ad Agrigento è stata <a href="http://www.repubblica.it/solidarieta/profughi/2013/11/08/news/profughi_a_lampedusa_il_sospetto_che_fra_gli_interpreti_ci_siano_spie_del_regime_eritreo-70537449/">accertata la presenza di <b>personalità direttamente collegabili allo Young People’s Front for Democracy and Justice (YPFDJ)</a></b>, la sezione giovanile estera del partito di <b>Isaias Afewerki</b>, l’unico presente in Eritrea, che si sarebbero offerti come interpreti o mediatori culturali secondo la denuncia di Padre Mussie Zerai, presidente dell’<a href="http://habeshia.blogspot.it/">Agenzia Habeshia</a> e responsabile per la Pastorale migranti eritrei e etiopi in Svizzera. Tra questi, denuncia Padre Zerai, personalità di spicco dell’organizzazione come Tedros Goytom, leader del movimento o Astier Tesfamariam, “<i>vicina all’ambasciata eritrea e al YPFDJ</i>” fino al 2009 tra i soci della società privata Interpreti e traduttori in Cooperativa srl che fornisce il servizio di traduzione all <a href="http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/asilo/sottotema0021/Le_Commissioni_Territorialix_funzioni_e_composizione.html">Commissioni Territoriali</a>, incaricate di esaminare le domande dei richiedenti asilo e consulente esterna del <a href="http://www.unhcr.it/news/dir/168/view/1312/il-progetto-praesidium-131200.html">progetto Praesidium</a> II della Croce Rossa Italiana nel 2004. Inoltre, i familiari delle vittime eritree dei naufragi nel Mediterraneo hanno dovuto subire l’affronto dell’invito dell’ambasciatore Zemede Tekle ad una commemorazione di chi fugge “<i>proprio dal regime che quell’ambasciatore rappresenta</i>”, così come qualche giorno prima il ministro per l’integrazione Cécile Kyenge aveva ricevuto Deres Araya, definito da Padre Zerai “sedicente capo della comunità eritrea in Italia. Quella parte di comunità molto vicina al governo di Asmara”.</p>
<p align="justify"><small><i>[Nella foto: l'arresto di Elmi Mohamud Muhidin; fonte: palermo.repubblica.it]</i></small></p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-84761528569399345502013-11-27T09:00:00.000+01:002013-11-27T09:00:15.463+01:00Scoperto il primo “carcere” della mafia, la tonnara di Santa Panagia (BlogLive.it)<small>Questo articolo è uscito su <a href="http://www.bloglive.it/scoperto-il-primo-carcere-della-mafia-la-tonnara-di-santa-panagia-130549.html">Bloglive.it</a> il 9 novembre 2013</small>
<img width="500" height="300" src='http://img27.imageshack.us/img27/5453/h5os.jpg' border='0'/>
<p align="justify">
23 settembre 2011: 80 migranti di nazionalità egiziana sbarcano a Rutta e Ciauli, nel siracusano. Ventidue di loro verranno ritrovati dalla Polizia di Stato otto giorni dopo nella <b>tonnara di Santa Panagia</b>, territorio controllato dall’omonimo gruppo mafioso e dagli Attanasio, “<i>non inseriti organicamente in cosa nostra</i>” come si legge nella <a href="http://www.interno.gov.it/dip_ps/dia/semestrali/sem/2012/1sem2012.pdf">relazione del primo semestre 2012 della Direzione Distrettuale Antimafia</a>. È la prima volta che la Polizia scopre un “<b>carcere della mafia</b>”.</p>
<p align="justify">
Quei 22 migranti sono infatti sequestrati da un sodalizio italo-egiziano in attesa di saldare il loro debito di viaggio (“<b>debt-bondage</b>”, in gergo). Funziona così: una prima parte del viaggio si paga prima di partire, il resto una volta giunti a destinazione, saldando il tutto attraverso il sistema delle rimesse, sfruttando per esempio società apposite come la <b>Western Union</b>. Se i migranti non possono pagare vengono utilizzati come <b>manovalanza</b> nei settori dell’agricoltura o dell’edilizia o sfruttati in quello della <b>prostituzione</b>, mentre il debito rimanente viene traslato alla famiglia.</p>
<p align="justify">Se neanche i familiari riescono a coprire la somma, scatta la detenzione sotto la custodia di <b>carcerieri</b> fidati, come la coppia vicina ai clan di Cassibile e Avola scoperta lo scorso febbraio a fare la guardia ad un garage dove erano sequestrate 25 persone, tutte di nazionalità egiziana.</p>
<p align="justify">
Alla tonnara la Polizia ci arriva per circostanze casuali: l’<b>arresto di uno dei carcerieri</b> a seguito di uno scippo e la fuga di due migranti carcerati, trovati a frugare nei cassonetti in cerca di cibo.</p>
<p align="justify">
Il ritrovamento del “carcere” ha permesso inoltre la conferma di quanto gli investigatori avevano scoperto tra il 19 ed il 20 marzo 2011, quando la Guardia di Finanza aveva intercettato al largo della costa di Fondachello il trasbordo di 132 migranti egiziani da una <b>nave-madre</b> – modalità nota fin dagli anni Novanta, quando veniva utilizzata dagli scafisti provenienti dalla ex-Jugoslavia – alla “Fenice”, di proprietà di <b>Massimo e Giuseppe Greco</b>, affiliati alla <b>cosca Brunetto</b> di Fiumefreddo di Sicilia, alleati storici del <b>clan catanese dei Santapaola</b>.</p>
<p align="justify">
Questo episodio permette di aprire una pista nuova nei rapporti tra mafie italiane e straniere: l’<b>esistenza di un sodalizio italo-egiziano</b> interno al traffico di esseri umani, in cui agli italiani spetta il compito di sostegno logistico ed assistenza a terra.</p>
<p align="justify">
Sull’altra sponda del Mediterraneo, emissari delle organizzazioni criminali – secondo gli investigatori non è possibile definire quella egiziana una vera e propria “mafia” strutturata – si recano nei villaggi egiziani prospettando la possibilità di arrivare in Italia e, da lì, nel resto d’Europa, sulla falsariga di quanto avviene con il sistema delle <b>“<a href="http://gnosis.aisi.gov.it/Gnosis/Rivista3.nsf/servnavig/15">madame</a>” nigeriane</b>. Definiti i dettagli del viaggio, i migranti vengono privati di soldi e documenti ed inviati – nei modi che spesso le immagini televisive hanno mostrato – in Europa. Una volta sbarcati vengono poi portati nelle regioni del Nord Italia e, dopo una telefonata di conferma, la seconda parte del debito passa dalle famiglie dei migranti ai trafficanti.</p><a name='more'></a>
<p align="justify">
Tra questi, noti sono il <b>clan Amro</b> – e il gruppo legato al <b>multimiliardario egiziano Abu Yussef</b> scoperto <a href="http://www.stampalibera.it/2012/05/messina-tutti-i-retroscena-delloperazione-della-ps-rais-finiscono-in-manette-dieci-mercanti-di-uomini-custodia-cautelare-in-carcere-per-sette-nordafricani-e-tre-catanesi-tariffa-di-8mila/">nell’ambito dell’”<b>Operazione Raìs</b></a>” del 2010, scattata in seguito al ritrovamento di 81 migranti stipati nel cassone di un tir intercettato lungo l’autostrada Messina-Catania.</p>
<p align="justify">
Se è dunque comprovata la collaborazione tra mafie italiane e straniere, la stessa cosa non può dirsi sul <b>piano investigativo</b>. A lanciare l’allarme è il sostituto procuratore della Direzione distrettuale di Napoli <b>Giovanni Conzo</b>, che nei mesi scorsi evidenziava come il primo problema per penetrare le mafie straniere venga dall’<a href="http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/06/mafie-straniere-proliferano-in-italia-e-procure-non-hanno-soldi-per-indagare/647871/">impossibilità di tradurre le intercettazioni</a> per mancanza di fondi.</p>
<p align="justify">
<a href="http://newsagenda.it/2013/news-1/tratta-di-esseri-umani-lonu-ammonisce-litalia/">Gli fa in parte eco l’avvocatessa nigeriana <b>Joy Ngozi Ezeilo</b></a>, inviata speciale dell’Onu sul problema della tratta, che in una <a href="http://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=13759&LangID=E">relazione della sua visita nel nostro Paese</a> ha evidenziato come “<i>il fenomeno e la portata del traffico di persone in Italia resta enorme ed il problema evidentemente è molto più grande di quanto non ufficialmente documentato.</i>”</p>
<p align="justify">
Nonostante una legiferazione anti-tratta all’avanguardia, evidenzia Ezeilo, le autorità tendono a chiedere solo informazioni di base ai migranti, rendendo <b>impossibile la loro identificazione</b> e – non fornendo informazioni su diritti e modalità per richiedere protezione – impedendo l’identificazione dei trafficanti. “<i>Metodo che, stando ai risultati, non ha scalfito per nulla le organizzazioni criminali ed ha portato alla incriminazione di immigrati che con il traffico non avevano nulla da fare</i>“, <a href="http://www.terrelibere.org/4695-cosa-sono-gli-scafisti">scriveva in un articolo dello scorso 1 ottobre</a> il professor <b>Fulvio Vassallo Paleologo</b>.</p>
<p align="justify">
Quei migranti non identificati diventano poi le <a href="http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/10/16/news/clandestini_il_grande_business_da_lampedusa_a_roma-68743833/">“proteste” nei <b>Centri di Identificazione ed Espulsione</b></a> o quelli che, riusciti ad arrivare negli Stati del Nord Europa, devono tornare indietro per colpa del <b><a href="http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2011/11/20/news/rifugiatiuno_rifugiatidue-25154916/">Dublino II</a></b>. Mentre gli scafisti usano il sistema dei rimpatri per poter tornare nei loro Paesi, pronti a comandare un’altra “carretta”.</p>
<p align="justify"><small>
<i>[foto: statoquotidiano.it]</i></small></p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-79716299742857575482013-11-26T09:00:00.000+01:002013-11-26T09:00:10.869+01:00La politica del land grabbing crea una crisi umanitaria globale (BlogLive.it)<small>Questo articolo è uscito su <a href="http://www.bloglive.it/la-politica-del-land-grabbing-crea-una-crisi-umanitaria-globale-128690.html">Bloglive.it</a> il 4 novembre 2013</small>
<img width="500" height="300" src='http://img15.imageshack.us/img15/5933/vut9.jpg' border='0'/>
<p align="justify">
Uscire da una crisi generandone altre, anche più gravi. È questo, in sintesi, quanto avviene con il <b>land grabbing</b>, la politica di accaparramento delle terre portata avanti – soprattutto in Africa – dai Paesi sviluppati o in via di sviluppo per far fronte alla crisi economica. Una risposta che porta con sé la <b>distruzione di interi ecosistemi sociali ed ambientali</b>, migrazioni e violenza, in quella che in molti definiscono una nuova forma di <b>colonialismo</b>.</p>
<p align="justify">
In questo sistema, evidenzia un dossier dell’associazione Re:Common – figlia della Campagna per la riforma della Banca Mondiale – a giocare un ruolo di primo piano c’è l’<b>Italia</b>, superata solo dalla Gran Bretagna tra quelli che il rapporto realizzato lo scorso anno da Giulia Franchi e Luca Manes definisce senza mezzi termini gli <a href="http://www.recommon.org/gli-arraffa-terre/"><b>arraffaterre</b></a>.</p>
<p align="justify"><b>Jatropha: il nuovo corso del Made in Italy</b><br>
Al centro degli affari italiani, soprattutto in Africa, la <b>Jatropha Curcas</b>, un arbusto velenoso considerato per anni “la nuova frontiera della sostenibilità”. I fautori del suo utilizzo, infatti, sostengono che la sua coltivazione non crei alcun tipo di ostacolo o pericolo per la <b>sicurezza alimentare</b>. I semi di questa pianta producono un olio che, pur non commestibile, può essere utilizzato come combustibile o trasformato in <b>biodiesel</b>. È questo il business che fa gola ai governi, Italia inclusa.</p>
<p align="justify">
Negli anni varie ricerche hanno però ridimensionato il potere “sostenibile” della Jatropha, le cui aspettative di rendimento sono fortemente disattese per il forte uso di acqua, pesticidi e fertilizzanti per la coltivazione industriale. Un mercato dal segno spesso negativo influenzato anche dalla <b>speculazione</b>.</p>
<p align="justify">
Inoltre, la coltivazione di questa pianta porta all’emissione di <b>alti livelli di anidride carbonica</b> – rendendo di fatto nulli risparmi economici e vantaggi ambientali – nonché alla violazione di diritti umani dei quali, però, ben poche tracce si trovano nei media, nonostante il land grabbing porti ad <b>economie locali distrutte</b>; <b>comunità indigene sfollate</b> nei campi di reinsediamento, arresti arbitrari, torture e governi che stringono accordi migliori con gli investitori stranieri che con le proprie popolazioni.</p><a name='more'></a>
<p align="justify"><b>Paradigma Etiopia: come si crea una crisi umanitaria</b><br>
3,6 milioni di ettari. È la superficie di terreni che l’<b>Etiopia</b> ha concesso a società straniere tra il 2008 ed il 2011. In pratica una parte del suo territorio grande più o meno come l’Olanda – nella quale ricadono alcune tra le <a href="http://www.survival.it/notizie/7521">zone più fertili del Paese</a> – è stato espropriata alla popolazione per la produzione di agro-carburanti o cibo destinato all’esportazione in un’area che soffre di una grave <b>crisi umanitaria</b>, in cui 12 milioni di persone si ritrovano senza cibo né acqua.</p>
<p align="justify">Il processo di rilocazione (o “villagizzazione”) del governo di Adis Abeba è entrato addirittura in due rapporti dell’ong statunitense Human Rights Watch dello scorso anno (<a href="http://www.hrw.org/sites/default/files/reports/ethiopia0112webwcover_0.pdf"><i>Waiting Here for Death. Forced Displacement and “Villagization” in Ethiopia’s Gambella Region</i></a> e <a href="http://www.hrw.org/sites/default/files/reports/ethiopia0612webwcover.pdf"><i>What will happen if hunger comes? Abuses against the indigenous peoples of Ethiopia’s Lower Omo Valley</i></a>). Sono infatti almeno <b>70.000 nella sola regione occidentale di Gambella gli etiopi scacciati dalle proprie terre</b> per far posto agli interessi delle società straniere.</p>
<p align="justify">
“<i>A causa delle caratteristiche ambientali</i>“, scriveva l’antropologo Marco Bassi sul <a href="http://www.corriere.it/ambiente/11_agosto_05/etiopia-antropologo_8ed370c6-bdf3-11e0-99fd-c37f66002d24.shtml">Corriere della Sera nel 2011</a>, “<i>le terre vengono dichiarate «vuote» o «inutilizzate» dal governo, e messe a disposizione degli investitori. La negoziazione avviene solo con le autorità governative, senza nessuna consultazione con la popolazione indigena e senza tenere in alcun conto le forme consuetudinarie d’uso, che comunque garantiscono la sopravvivenza di queste face deboli della popolazione rurale</i>“.</p>
<p align="justify">
Tra le società coinvolte – si legge ne <a href="http://www.recommon.org/gli-arraffa-terre/">Gli Arraffaterre</a> – l’italiana <b>Fri-El Green Power S.p.a.</b>, operante nel settore delle energie rinnovabili dalla fase di ricerca a quella di vendita e nel portafogli circa 80.000 ettari di terreno utilizzabili tra <b>Etiopia</b>, <b>Nigeria</b> (concessione di 11.292 ettari nello stato meridionale di Abia con diritto di espansione fino a 100.000 ettari) e <b>Repubblica Democratica del Congo</b>, dove nel 2008 la società ha rilevato due imprese statali – <a href="http://archivio-radiocor.ilsole24ore.com/articolo-696691/congo-brazzaville-fri-el-acquista/">Sangha Palm e Congo National Palm Plantations Authority</a> – che gli permettono l’uso di una piantagione di palma da olio di 4.000 ettari, estendibile a 40.000 in trent’anni.</p>
<p align="justify">
Nel 2006 la società ha inoltre investito 85 milioni di euro nella <b>centrale termoelettrica di Acerra</b>, secondo stabilimento più importante in Europa per la produzione energetica da oli vegetali, fortemente contrastato dagli ambientalisti per la presenza di <b>policlorobifenile (pcb)</b> nell’olio di palma usato per la combustione proveniente da suoli contaminati, come <a href="http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2011/24-ottobre-2011/polo-acerra-veleni-industrie-finiscono-direttamente-regi-lagni-1901917582342.shtml">denunciato già due anni fa</a> dai comitati di residenti e Forum Ambientalista.</p>
<p align="justify">
Di poche settimane fa, inoltre, la <a href="http://www.ilmediano.it/apz/vs_art.aspx?id=7122">prima concessione comunale alla Ecodrin</a> per l’<b>apertura di un impianto per il trattamento di rifiuti pericolosi</b>, amianto, batterie al piombo ed altre sostanze tossiche in un territorio <a href="http://www.ilmediano.it/apz/vs_art.aspx?id=7145">già fortemente provato dal punto di vista ambientale</a>. Una situazione che, a lungo andare, potrebbe far impallidire persino quanto avviene a Taranto con l’<a href="http://www.bloglive.it/?s=ilva"><b>Ilva</b></a>.</p>
<p align="justify">
I 30.000 ettari nella zona sud-occidentale di Omorate, si legge nel rapporto, sono stati ottenuti “<i>in concessione dalla compagnia tramite un contratto di affitto siglato con il governo del valore di 1,7 milioni di birr l’anno (ovvero <b>2,5 euro l’ettaro l’anno</b>) e della durata di 70 anni</i>“.<br>
Tra i dettagli della concessione, non è stato inserita alcuna forma di <b>risarcimento</b> per le popolazioni coinvolte.</p>
<p align="justify">
In quella stessa zona, peraltro, fin dal 2006 il governo di Addis Abeba ha appaltato per 1,4 miliardi di euro all’italiana Salini Costruttori la costruzione della <a href="http://www.survival.it/popoli/valleomo/gibedam"><b>diga Gibe III</b></a>, che produrrà circa 6.500 GWh all’anno sbarrando la strada al fiume Omo, il cui bacino è stato inserito nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco, mettendo a rischio la sicurezza alimentare di almeno 200.000 persone e creando le premesse per future <b>guerre inter-etniche</b> per l’accaparramento delle risorse rimaste a disposizione.</p>
<p align="justify">
Poco più di 3 euro è quanto il <b>Gruppo Finanziario Tampieri</b>, attraverso la controllata <b>Senhuile SA</b> voleva pagare per la coltivazione di patate dolci e girasoli nei 20.000 ettari di terreno nella vallata del fiume <b>Senegal</b> prima che l’ex-primo ministro Souleymane Ndéné Ndiaye bloccase tutto a seguito delle proteste portate avanti dal <i>Collectif pour la défense des terres de Fanaye</i>, che hanno portato alla <a href="http://farmlandgrab.org/post/view/19528">morte di tre persone nell’ottobre 2011</a>.</p>
<p align="justify">
Come in Etiopia, anche il governo del Senegal non ha previsto alcuna forma di risarcimento né di vantaggio dalla concessione per 99 anni di alcune delle sue terre al <b>Gruppo Tozzi</b>, presente nel paese con la TRE-Tozzi Renewable Energy e la società di diritto JTF Senegal SARL. Anzi, nell’accordo – si legge nel <a href="http://www.notiziariofarnesina.ilsole24ore.com/archivio_newsletters/Newsletter_07082009.pdf">numero 9/2009 della newsletter della Diplomazia Economia Italiana</a> realizzata dalla Farnesina e da Il Sole24Ore-Radiocor – è previsto che la società possa importare materiali e attrezzature “<i>senza alcun dazio</i>” rivendendo il prodotto al governo senegalese “<i>a prezzo di mercato</i>“.</p>
<p align="justify"><b>
Unione Europea, spettatrice interessata</b><br>
A fronte della situazione etiope, paradigmatica dell’intero sistema di sfruttamento, gli eurodeputati Silvia Costa, Sergio Cofferati e Patrizia Toia del Pd ed Elisabetta Gardini del Pdl il 12 febbraio 2012 hanno presentato un’<b>interrogazione parlamentare a Catherine Ashton</b>, Alto rappresentante per gli affari esteri dell’Unione Europea. La sua risposta è stata che i dati in suo possesso <a href="http://www.euractiv.it/it/news/sociale/5382-etiopia-ashton-risponde-a-eurodeputati-italiani-nega-furto-terre.html"><b>non avvalorano le tesi</b></a> portate dai rapporti di Human Rights Watch. Sembra dunque essere meno casuale il fatto che proprio l’UE sia <b>tra i principali donatori di aiuti internazionali</b> all’Etiopia.</p>
<p align="justify"><small><i>[immagine di apertura: farmlandgrab.org]</i></small></p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-37203803057379282762013-11-25T09:00:00.000+01:002013-11-25T09:00:08.935+01:00Chevron-Ecuador, a dicembre il caso davanti alla Corte de L’Aja (BlogLive.it)<small>Questo articolo è uscito su <a href="http://www.bloglive.it/chevron-ecuador-dicembre-il-caso-davanti-alla-corte-de-laja-127570.html">Bloglive.it</a> il 30 ottobre 2013</small>
<img width="500" height="300" src='http://img707.imageshack.us/img707/1152/szk5.jpg' border='0'/>
<p align="justify"><b>9.510 milioni di dollari</b>. È quanto dovrà pagare la <b>Chevron-Texaco per il disastro ambientale perpetrato tra il 1964 ed il 1990 in Ecuador</b>, che a fine anno dovrà presentare la documentazione contro la multinazionale alla Corte Penale Internazionale dell’Aja.</p>
<p align="justify"><b>680.000 barili di greggio sversati</b> nei fiumi, nella flora e nella fauna delle province amazzoniche di Orellana e Sucumbios, per un totale di 15.834 milioni di galloni di acqua tossica altamente cancerogena versata nell’ecosistema nonostante la Texaco – acquisita dalla Chevron nel 2001 ed oggi terza più grande impresa degli Stati Uniti -avesse la tecnologia adatta per evitare il disastro ambientale, una spessa membrana necessaria ad evitare che il petrolio estratto contaminasse l’ambiente, brevettata dalla stessa società.<br>
In Ecuador vennero invece usati dei tubi di evacuazione, che drenavano le acque tossiche verso i fiumi, abbattendo così i costi.</p>
<p align="justify">Secondo il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, il disastro è superiore di <b>ben 85 volte</b> alla fuoriuscita di petrolio della British Petroleum nel Golfo del Messico.</p>
<p align="justify">Al danno ambientale vanno aggiunti gli effetti del disastro sulla popolazione, dove si registra una <b>percentuale di malati di cancro tre volte superiore al resto del paese</b>. Stessa percentuale registrata nei bambini di età compresa tra 0 e 4 anni affetti da leucemia. Nelle zone direttamente colpite, uno studio del 2008 definisce in 6 a 1 il rapporto tra cittadini malati e sani. Uno studio dell’Istituto della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Guayaquil ha evidenziato come in un raggio di 200 metri dalle installazioni petrolifere le donne registrino il <b>147% in più di aborti</b> rispetto a chi vive in zone del territorio nazionale non contaminate.</p>
<p align="justify">I focolai epidemici rappresentano peraltro una delle poche possibilità concrete di individuare i pozzi. Fin dal 1972, infatti, la Texaco li copre, nascondendoli alla popolazione e ad eventuali indagini. Secondo la Corte di Sucumbios, la cifra ufficiale è di <b>356 pozzi</b>, ciascuno dei quali collegati a quattro o cinque piscine per eliminare i rifiuti tossici, per un totale di 820 buche. 157 quelle coperte attraverso bastoni, terra e cemento dalla Chevron. Un procedimento che permette ancora oggi al petrolio di fuoriuscire e continuare a contaminare.</p>
<p align="justify">Per qualche anno, la multinazionale ha usato come bracciante anche <b>Pablo Fajardo, oggi principale avvocato dei querelanti in Ecuador</b>, laureatosi nelle aule del tribunale prima che in quelle universitarie. Quando è iniziata la causa nel suo paese, la Chevron si è presentata in aula con ben otto avvocati, pagandone in totale 39 solo per questo procedimento. “<i>Io avevo un vantaggio. Non dovevo inventarmi niente. Dovevo solo raccontare una storia</i>“, raccontava nel 2011 Fajardo a Pablo Ximénez de Sandoval del quotidiano spagnolo El País (<a href="http://www.peacelink.it/ecologia/a/39229.html">qui la traduzione</a> di Beatrice Ruscio per Peacelink).</p>
<p align="justify">
Nonostante questo, però, la causa giudiziaria va avanti tra singolari giustificazioni della multinazionale – passata nel corso degli anni a sostenere che <b>il petrolio non inquini e sia addirittura biodegradabile</b> ad <b>imputare il cancro alla scarsa igiene degli indigeni</b> – e veri e propri tentativi di mettere a tacere i querelanti, come la richiesta di applicare la RICO (Racketeer Influenced and Corruption Organization) una legge federale statunitense contro il crimine organizzato richiesta dalla Chevron-Texaco in quanto, a suo parere,<b> i malati farebbero parte di una associazione criminale</b>formatasi allo scopo di estorcergli denaro.</p>
<p align="justify">
Inoltre, a fine aprile 2003, otto giorni prima dell’inizio del processo a Sucumbios che ha dato origine alla storica sentenza di colpevolezza, <b>viene torturato ed ucciso William Fajardo Mendoza</b>, fratello di Pablo, il quale ha sempre ripetuto di non poter affermare con certezza che dietro a ciò ci sia la Chevron.</p>
<p align="justify">
Lewis Kaplan, giudice del Distretto Sud di New York – dove nel 1993 la Texaco venne querelata per la prima volta – ha dichiarato <b>non applicabile la sentenza negli Stati Uniti</b> finché non avrà deciso sulla competenza dei tribunali. L’indennizzo però può essere riscosso in uno qualsiasi dei 50 paesi dove la multinazionale investe e possiede beni. In attesa del nuovo procedimento che si aprirà davanti ai giudici de L’Aja a dicembre.</p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-48427453682871614432013-10-23T16:56:00.000+02:002013-10-23T16:56:07.567+02:00I cattivi maestri del Messico<p align="center"><img width="500" height="300" src='http://img27.imageshack.us/img27/4853/i2tw.jpg' border='0'/><br><small>(foto: <a href="http://www.reporteindigo.com/">Reporte Indigo</a>)</small></p>
<p align="justify"><b>Ciudad de México (D.F., Messico) - </b><i>Ni un paso atrás</i>. Nonostante <i>Ingrid</i> e <i>Manuel</i>, le due tempeste che hanno <a href="http://www.zic.it/messico-piove-sul-bagnato-uragani-e-abbandono/ ">devastato un'ampia parte della República messicana</a>, non arretra di un millimetro la protesta dei maestri della <b><i>Coordinadora Nacional Trabajadores de la Educación (CNTE)</b></i> contro la <i><a href="http://www.dof.gob.mx/nota_detalle.php?codigo=5313843&fecha=11/09/2013">Ley General del Servicio Profesional Docente</a></i>.<br>
Da circa due mesi insegnanti, studenti, genitori con figli in età scolare occupano piazze e strade per protestare contro la riforma neoliberista dell'istruzione pubblica e del lavoro dei docenti travestita da riforma educativa, alla quale si aggiunge la protesta contro la privatizzazione di uno dei pochi asset strategici rimasti al paese: l'industria petrolifera <b>Pemex</b>.</p>
<p align="center"><iframe width="420" height="315" src="//www.youtube.com/embed/y3Z8HDoVMWQ" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></p>
<p align="justify"><b><u>La “malariforma”</u></b><br>
Mentre i giovani dei tre partiti principali – il <i>Partido Revolucionario Institucional</i> oggi al governo, il <i>Partido de la Revolución Democrática</i> ed il <i>Partido de Acción Nacional</i> – <a href="http://www.jornada.unam.mx/2013/10/14/politica/002n1pol">chiedono il rinnovamento della classe dirigente</a>, i loro leader si uniscono nel “<a href="http://embamex.sre.gob.mx/italia/images/pdf/PATTO_MESSICO.pdf"><b>Patto per il Messico</b></a>”, voluto per una nuova “transizione democratica” del paese. Parte fondamentale di questa alleanza transpartitica, la riforma dell'istruzione è stata imbastita fin dal contestato arrivo di <b>Enrique Peña Nieto</b> al governo a dicembre, con la modifica degli articoli costituzionali riguardanti l'educazione (<a href="http://www.diputados.gob.mx/LeyesBiblio/pdf/1.pdf">il 3 ed il 73</a>) già conclusa prima di Natale.<br>Nel concreto, la riforma vede i docenti diventare “soggetti amministrativi” sottoposti ad una <b>valutazione</b> che, qualora risultasse negativa per tre volte, vedrebbe la riassegnazione ad altra funzione non docente. In questo processo, però, non sono stati previsti spazi per la partecipazione di sindacati e associazioni dei docenti né per il contraddittorio in caso di riassegnazione. In più scompare il diritto di inamovibilità per chi decide di svolgere un'attività che gli impedisca di insegnare, tra le quali l'attività sindacale. Per la valutazione è stata poi pensata una apposita istituzione, l'<b>Istituto Nazionale per la Valutazione dell'Educazione</b> (INEE, nella sua sigla in spagnolo) con il quale le decisioni in merito a promozioni, permanenza nel posto di lavoro e questioni legate al reddito dei docenti passano al Ministero della Pubblica istruzione federale, scavalcando <i>de facto</i> l'autonomia degli Stati federali.</p>
<p align="justify">Insieme ai maestri, ad occupare scuole e strade ci sono anche i <b>genitori</b> degli studenti, soggetti anche loro alla riforma, che li obbligherà a «pagare parte delle spese e tutti i costi dei servizi» delle scuole, tra le quali luce, acqua, tasse di proprietà, materiale didattico. Ciò costituisce un pesante aggravio per le tasche delle famiglie, come per i genitori degli alunni della Secundaria número 31 “Independencia”, che si sono visti recapitare, tra le altre, una <b>bolletta</b> bimestrale di circa 500 euro per la luce, una di 2.200 euro per l'acqua per un totale di circa 6.700 euro. </p>
<p align="justify">Ad ottobre molti docenti hanno abbandonato i piantonamenti per tornare nelle regioni di appartenenza, portando a 26 (su 32) gli Stati dove si registrano le proteste e facendo scendere in piazza anche quei maestri che all'inizio erano rimasti in disparte. Molti di loro preferirebbero stare in classe «piuttosto che accampati sotto il Monumento a la Revolución» di Ciudad de México, ha raccontato una maestra dello stato di Veracruz – uno degli stati più poveri dove più forti sono le proteste - intervistata da <i><a href="http://desinformemonos.org/2013/10/desconocimos-a-los-dirigentes-ningun-sindicato-nos-representa-maestros-del-snte/">Desinformémonos.org</a></i> «ma questa lotta è a beneficio di tutti e vinceremo».
Una lotta che non è solo contro le riforme previste dal governo, ma contro un sistema che lo scrittore Paco Ignacio Taibo II (nelle scorse settimane allo <b>Zócalo</b>, la piazza principale di Ciudad de México, a <a href="https://www.youtube.com/watch?v=IWDTMZhhqgM">regalare libri ai poliziotti</a>) ha definito come un «<a href="http://www.jornada.unam.mx/2013/10/16/cultura/a04n1cul">avanzamento di un <b>capitalismo selvaggio</b>, neoliberale, al quale non importa un accidente della nazione e dei cittadini. È solo la ricerca del bottino</a>».</p><a name='more'></a>
<p align="justify">Le proteste si instaurano in un sistema che, volutamente incapace di sconfiggere i <b>narcos</b>, ha deciso di lasciar partire i propri cittadini verso gli Stati Uniti. Secondo Carlos Spector, rappresentante legale di richiedenti asilo negli U.S.A. e fondatore di <i>Mexicanos en exilio</i>, questa situazione, una vera e propria “<b>catastrofe umanitaria</b>” acutizzatasi sotto Calderón dal 2008, preoccupa le ong dei diritti umani di entrambi i paesi. Nel 2004 il Messico era al ventunesimo posto in materia di rifugiati, passando al settimo tre anni dopo, preceduto da Iraq, Russia, Cina, Serbia, Pakistan e Somalia.</p>
<p align="center"><img height="300" src='http://img33.imageshack.us/img33/7572/hzhm.jpg' border='0'/></p>
<p align="center"><b>Per approfondire:</b><i> <a href="http://www.seg.guanajuato.gob.mx/Comunicacion/Revisa%20Proceso/PROCESO-07%20de%20octubre.pdf">Amenazados, miles de mexicanos buscan asilo en Estados Unidos</i></a> - Emilio Godoy, Proceso, 6 ottobre 2013;</p>
<p align="justify"><b><u>El Día de la Indignación</u></b><br>Centinaia di detenuti (tra cui circa una ventina di giornalisti) decine di feriti – aggrediti anche dai commercianti, come successo a Tepito (<a href="http://www.jornada.unam.mx/ultimas/2013/10/17/1233818-comerciantes-de-tepito-agreden-a-maestros-a-su-paso-por-eje-1-norte">qui</a> e <a href="http://www.jornada.unam.mx/ultimas/2013/10/17/133330633-maestros-se-retiran-de-san-lazaro-ataque-de-vendedores-de-tepito-estrategia-del-gobierno">qui</a>) - un uomo in coma (<a href="http://efektonoticias.com/nacional/rodrigo-kuykendall-habla-de-la-situacion-de-su-padre-juan-francisco-kuykendall-entrevista">Juan Francisco Kuykendall</a>) e almeno due maestri uccisi. È questo il bilancio – in continua evoluzione – delle proteste di questi mesi.
Il 28 settembre è stato trovato il cadavere di <b>Tirso Cruz Yuca</b>, 46 anni, insegnante presso le scuole elementari della zona 18 di Frontera Comalapa, nello Stato del Chiapas, dove è stato ritrovato anche il corpo di <b>Rodolfo López Toledo</b>, insegnante presso la scuola di San Fernando. Entrambi avevano partecipato alla marcia dei maestri nella capitale dello Stato, Tuxtla Gutièrrez. Ignoti, al momento, il “come” e il “perché” di entrambi gli omicidi, secondo i <a href="http://www.proceso.com.mx/?p=355361">risultati presentati</a> dalla <i>Procuraduría General de Justicia del Estado</i> (PGJE) Cruz Yuca sarebbe morto per problemi respiratori e sul corpo non sarebbero presenti lesioni visibili. Nessuna notizia, invece, per quanto riguarda López Toledo.<br>
Il dubbio è che entrambe le morti debbano inscriversi all'interno delle proteste contro la riforma educativa, come ha evidenziato Pedro Gómez Bámaca, uno dei portavoce del CNTE.</p>
<blockquote><small><b>Per approfondire:</b><br>Nato nel 1979 in Chiapas, il <b>CNTE</b> è una corrente che «raccoglie gli insegnanti che hanno un pensiero critico nei riguardi del sindacato ufficiale (il <i>Sindicato Nacional de Trabajadores de la Educación</i> o SNTE, ndr) praticamente un apparato governativo», «ciò che resta dei cosiddetti “coordinamenti di massa”, un tentativo di democratizzare i sindacati a partire dalle basi, in cui ogni sezione arriva ad acordi assembleari solo quando esiste un punto generale su cui si possono programmare azioni»<br>[Fabrizio Mejía, Proceso, 1 settembre 2013]</small></blockquote>
<p align="justify">Il CNTE è, allo stato dei fatti, un oppositore tanto ostico per il governo da costringere il Presidente Enrique Peña Nieto a resuscitare uno degli elementi che avevano caratterizzato i 71 anni (1929-2000) del precedente governo <i>priista</i>: la <b>polizia segreta</b>.</p>
<p align="justify">I nuovi “falchi” (“<i><b>Halcones</b></i>” in spagnolo, dal nome del gruppo paramilitare usato durante il regime <i>priista</i>) hanno dato prova delle loro capacità già in quattro occasioni da dicembre ad oggi – come scrive Arturo Rodríguez García su Proceso del 6 ottobre scorso (<a href="http://www.proceso.com.mx/?p=354724">qui</a> un estratto) - da quando cioè Peña Nieto è riuscito a battere, non senza polemiche, il governo <i>panista</i> di <b>Felipe Calderón Hinojosa</b>, passato alla storia per una “<b>guerra al narcotraffico</b>” che ha fatto più vittime tra la popolazione civile e tra i giornalisti (<a href="http://atlasweb.it/2013/02/28/messico-i-desaparecidos-dellera-calderon-in-migliaia-senza-giustizia-579.html">26.121 i <i><b>desaparecidos</b></i> "accertati"</a>) che tra i narcotrafficanti.</p>
<p align="justify">L'episodio più grave si è registrato il <b>2 ottobre</b>, quando i cittadini hanno aggiunto alle proteste anche la commemorazione della <b>Strage di Tlatelolco del 1968</b>, quando gli elicotteri militari spararono contro i leader del “Sessantotto messicano” in Piazza delle Tre Culture, ferendo tra gli altri la giornalista fiorentina <b>Oriana Fallaci</b>.</p>
<blockquote><small><i>Mercoledì alle cinque era stata indetta una manifestazione nella piazza delle Tre Culture a Città del Messico. Questa piazza, che credo sia una delle più grandi di Città del Messico e anche una delle più note, si chiama delle Tre Culture perché riunisce in un certo senso, simbolicamente, le tre culture del paese: quella azteca, quella spagnola, quella moderna: c'è una chiesa spagnola del 1500, c'è la base di una piramide azteca e ci sono gli edifici moderni, quelli costruiti ora. Gli studenti l'hanno sempre scelta per le loro manifestazioni, non soltanto perché si trova nel quartiere di Tlatelolco, vale a dire abbastanza vicino alla loro università, ma anche perché è molto grande, ha molte vie d'accesso e molte vie di fuga: è facile arrivarci ed è facile uscirne. E in questo paese è sempre meglio riunirsi in luoghi dove fai presto ad arrivare e fai presto a scappare.</i><br><br>(<i><a href="http://www.oriana-fallaci.com/numero-42-1968/articolo.html">La notte di sangue in cui sono stata ferita</a>.</i> Oriana Fallaci, L'Europeo, 1968)</small></blockquote>
<p align="justify">La manifestazione, solitamente pacifica, ha visto quest'anno un cambio di tendenza, con una <b>militarizzazione</b> degna più di un incontro del G8 che di proteste cittadine, con lo Zócalo – dove si sta tenendo anche la <a href="http://www.animalpolitico.com/2013/10/el-miercoles-inicia-feria-del-libro-del-df/#axzz2i9bJIEsG">Fiera Internazionale del Libro</a> – recintato da reti metalliche ed un dispiegamento di 7.000 poliziotti in assetto antisommossa ai quali si aggiungono i poliziotti a cavallo e tre elicotteri. Il tutto contro <b>insegnanti</b>, <b>genitori</b>, <b>studenti</b>, <b>elettricisti</b>, militanti del <b><a href="http://www.sdpnoticias.com/local/ciudad-de-mexico/2013/09/27/comite-68-realizara-actividades-para-conmemorar-45-aniversario-del-2-de-octubre">Comité68</a></b> e del Movimento per la rigenerazione nazionale di <b>Andrés Manuel Lopez Obrador</b>, uscito dal PRD in disaccordo con il “Patto per il Messico” e dopo la sua denuncia della “<b>frode elettorale</b>” che ha portato Peña Nieto al governo. E contro i giornalisti.</p>
<p align="center"><iframe width="420" height="315" src="//www.youtube.com/embed/-d197yvrCy4" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></p>
<p align="justify">Mentre la stampa filo-governativa – con le “solite” <a href=”http://aristeguinoticias.com/3008/mexico/cruzada-contra-la-cnte-en-medios-y-redes-sociales/”><b>Televisa</b> e <b>Tv Azteca</b></a> in testa – davano la colpa degli scontri di piazza agli “<b>anarchici</b>” arrivando persino ad inventare notizie sul vice-ispettore della polizia metropolitana <a href=”http://www.jornada.unam.mx/2013/10/15/opinion/022a2pol”>dato in coma a seguito degli scontri</a>, i giornalisti liberi si interrogavano sulla possibilità che vi fosse un nesso di causalità tra l'entrata in scena degli “anarchici” da dicembre e il fatto che proprio in quelle settimane Peña Nieto – e dunque il PRI – prendeva le chiavi della República e <b>Miguel Ángel Mancera</b> (anch'egli <i>priista</i>) quelle di Ciudad de México.<br>Quest'ultimo si trova a dover aggiungere le critiche alla gestione militare dello Zócalo il 2 ottobre - alla quale ha partecipato in prima persona - allo scandalo per aver minimizzato il sequestro e l'omicidio dei giovani del <b>Bar Heaven</b>, episodio che si inscrive nell'ambito di una <a href=”http://aristeguinoticias.com/1309/mexico/la-union-pago-a-sicarios-para-asesinar-a-jovenes-del-heaven/”>guerra tra bande per il controllo della locale piazza di spaccio</a> nella quale sarebbe coinvolto il <b>Cártel de Sinaloa</b> di <b>Joaquín “El Chapo” Guzmán</b>. <a href=”http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/centralamericaandthecaribbean/mexico/10260627/Mexico-police-find-mass-grave-thought-to-be-linked-to-bar-kidnapping.html”>I corpi dei giovani uccisi furono poi ritrovati in una fossa comune</a>.</p>
<p align="center"><b>Per approfondire:</b><i> <a href="http://homozapping.com.mx/2013/10/el-2-de-octubre-de-mancera/ ">El 2 de octubre de Mancera</i></a> - Jenaro Villamil, Homo Zapping, 8 ottobre 2013;</p>
<p align="justify"><b><u>255 motivi per fare il giornalista</u></b><br>Alcuni dei giornalisti che hanno tentato di fare luce sui “nuovi <i>halcones</i>” sono finiti in carcere.</p>
<p align="center"><img height="300" src='http://img9.imageshack.us/img9/237/k81x.jpg' border='0'/><small><br>(foto: <a href=”http://articulo19.org/”><i>Artículo 19 Mexico</i></a>)</small></p>
<p align="justify">Minacce, arresti preventivi, sparizioni, incendi, omicidi. È questo lo scenario in cui i <b>giornalisti messicani</b> si trovano a lavorare quasi quotidianamente. 255 dall'inizio del 2013 – da quando Enrique Peña Nieto è salito al governo – le aggressioni subite secondo l'organizzazione <a href=”http://articulo19.org/”><i>Artículo 19 Mexico</i></a>, organizzazione internazionale fondata nel 1987 a Londra per la difesa della libertà di espressione. Non solo casi internazionalmente noti come le giornaliste d'inchiesta <a href=”http://lineadifrontiera.com/lettera-di-anabel-hernandez/”><b>Anabel Hernández</b></a> e <a href=”http://impunidadmata.articulo19.org/c http://senorbabylon.blogspot.it/2012/10/memorie-di-uninfamia-storia-di-una.html”><b>Lydia Cacho</b></a>, entrambe minacciate – e nel caso di Lydia Cacho sequestrate – dalle autorità ma anche giornalisti chiamati a fare il loro lavoro di cronaca quotidiana come Pavel Alejandro Noriega Primo (<i>Multimedia Cronopios</i>), Estela Morales (<i>Regeneración Radio</i>), <a href="http://vimeo.com/73590423"><b>Gustavo Ruiz</b></a> (fotografo dell'agenzia indipendente <i>Subversiones</i>) arrestati durante la manifestazione del 1 settembre per aver mostrato il modo in cui venne gestita la piazza, o come <b>Alberto López Bello</b>, giornalista specializzato in sicurezza pubblica di <i>El Imparcial</i>, ucciso il 17 luglio dopo essere stato vittima di una detenzione arbitraria da parte della polizia statale il 18 maggio per aver fotografato dei <i>narcomantas</i>.</p>
<p align="center"><iframe width="420" height="315" src="//www.youtube.com/embed/JiuxIb5mEh8" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></p>
<p align="justify">Negli ultimi tre mesi la situazione è letteralmente esplosa. Secondo i dati di <i>Artículo 19</i>, dei <b>67 attacchi registrati contro giornalisti e mezzi di informazione ben 36 sono stati commessi da funzionari pubblici</b> per i quali, evidenzia l'organizzazione, <a href=”http://www.reporteindigo.com/reporte/guadalajara/el-delito-de-grabar”>non c'è alcuna forma di punizione</a>. Per aver documentato l'operato delle forze dell'ordine ed aver filmato il suo arresto, Gustavo Ruiz ha passato quattro giorni in carcere e, nonostante le prove della sua innocenza e dell'abuso di potere esercitato, il giudice ha fissato in 126.476 pesos (circa 7.000 euro) la cauzione.<br>L'organizzazione chiede che le autorità adottino protocolli che permettano il pieno esercizio della libertà di espressione e, soprattutto, che i funzionari pubblici responsabili di <b>abuso di potere</b> vengano puniti. L'incremento delle aggressioni nel passaggio dal governo <i>panista</i> a quello <i>priista</i> – 207 le aggressioni registrate nel 2012, 172 l'anno precedente - sembra però portare la realtà da un'altra parte.</p>
<p align="center"><b>Per approfondire:</b><br><a href=”http://subversiones.org/archivos/12911”>Fotógrafos independientes y el periodismo para cambiar la sociedad</a> - Subversiones, Agencia Autónoma de Comunicación;<br>
<a href=”http://www.agenciasubversiones.org/?p=8227”>Las agresiones a la libertad de expresón en el contexto de violencia</a> - Jorge Luis Sierra, Knight International Jornalism Fellow, Centro Internacional para Periodistas</p>
<p align="justify"><b><u>Do ut des</b></u><br>Peña Nieto è riuscito a diventare presidente del Messico con poco più del 38% dei voti, tra i quali ci sarebbero quelli acquisiti attraverso un <a href=”http://www.theguardian.com/world/interactive/2012/jun/08/mexico-media-scandal-televisa-pena-nieto-claims ”>accordo di promozione elettoral-commerciale con Televisa</a>.</p>
<p align="center"><iframe width="420" height="315" src="//www.youtube.com/embed/HxrenFkhEVI" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></p>
<p align="justify">A questi - come ha denunciato l'opposizione guidata da López Obrador, arrivato secondo con il 31% - vanno aggiunti i circa 5 milioni di voti <a href=”http://www.lajornadadeoriente.com.mx/columna/puebla/economia/uso-electoral-de-la-cruzada-contra-el-hambre_id_24386.htm”>ottenuti sfruttando il programma sociale contro la fame</a> (la “<i>Cruzada contra el Hambre</i>”) ed attraverso il cosiddetto “<b>Monexgate</b>”.</p>
<p align="justify">Come scrive Jesusa Cervantes lo scorso 6 ottobre sulla rivista Proceso (<a href=”http://www.proceso.com.mx/?p=354878”>qui</a> un estratto dell'articolo) già durante la campagna elettorale López Obrador – aggiungendosi alle denunce penali presentate dal <i>panista</i> Gustavo Madero e da Jesús Zambrano del PRD – aveva denunciato come il PRI avesse utilizzato più di 10.000 carte di credito, per un totale di più di 160.000.000 di pesos (più di 9 milioni di euro), della <b>banca Monex</b> (come la suggestiva “<i>Monex Recompensa</i>”) e della <b>Bancomer</b> per la compravendita di voti, realizzata anche attraverso denaro di provenienza illecita triangolato per occultarne l'origine. Senza contare sistemi più “rudimentali” come la semplice sparizione di schede ed urne prima dello spoglio.<br>
Non bisogna infatti dimenticare che, così come accade in Italia, anche la <b>criminalità organizzata</b> ha denaro da dover ripulire investendolo in attività legali. Campagne elettorali incluse.</p>
<p align="center"><iframe width="420" height="315" src="//www.youtube.com/embed/eMIC-NhwDR4" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></p>
<p align="justify"><b><u>La madre di tutte le privatizzazioni</u></b><br>
Dietro Peña Nieto, è la denuncia, ci sarebbero <b>sistemi di potere non messicani</b>, come quello legato all'imprenditore statunitense-messicano <b>José Luis Ponce de Acquino</b> (al quale l'attuale presidente avrebbe offerto 56 milioni di pesos, circa 3 milioni di euro, ora <a href=”http://www.proceso.com.mx/?p=310880”>accusato di frode per quella stessa cifra negli Stati Uniti</a>). Quello stesso sistema che oggi vedrebbe di buon occhio la <b>privatizzazione</b> della principale compagnia petrolifera parastatale, la <i>Petróleos Mexicanos</i> (nota anche come <b>Pemex</b>, costituisce il 40% delle entrate fiscali del paese con i suoi 2,5 milioni di barili al giorno), che è ciò che il governo vuol fare attraverso la <b>riforma energetica</b>.</p>
<p align="justify">Fin dalla nazionalizzazione del governo Lázaro Cárdenas del 1938, la società – che più volte ha salvato l'economia messicana dal fallimento – è sempre stata vista come un modello di indipendenza, che verrà meno con la riforma degli <a href="http://www.diputados.gob.mx/LeyesBiblio/pdf/1.pdf">articoli 27 e 28 della Costituzione</a> e l'istituzione di un diverso regime fiscale, aprendo alle partnership tra settore pubblico e privato al fine di risollevare le sorti della società.<br>
<a href=”http://www.elmanana.com/diario/noticia/Nacional/Noticias/Uno-Dos%20contra%20Pemex/2253543”>Secondo il costituzionalista Diego Valadés Ríos</a>, fortemente critico verso la riforma, «quello che non si spiega dal punto di vista tecnico, amministrativo ed economico è perché un monopolio petrolifero fallisce. È un caso unico nel pianeta. Non è perché il paese non ha le capacità tecniche per la gestione, l'amministrazione, l'esplorazione o lo sfruttamento. Quello che ha fatto fallire l'industria petrolifera è il regime politico».<br>Le critiche alla riforma evidenziano come questa non veda come principale obiettivo assicurare una migliore salute finanziaria alla società, quanto attrarre investimenti privati stranieri. E già scatta l'allarme rosso verso le “<b><i>revolving doors</b></i>”. I primi due casi sono quelli dell'ex direttore di Pemex, <b>Jesús Reyes Heroles</b>, oggi “associato strategico” della multinazionale finanziaria Morgan Stanley e <b>Georgina Kessel</b>, Segretario all'Energia del governo Calderón oggi consulente esterna della corporation spagnola Iberdrola, leader mondiale nell'energia eolica. </p>
<p align="center"><b>I numeri di Pemex</b><br><a href="http://lopezobrador.org.mx/wp-content/uploads/2013/08/Expo-PEMEX-20121.pdf"><img height="350" src='http://img855.imageshack.us/img855/8239/edgo.jpg' border='0'/></a></p>
<p align="right"><small><b>**Glossario</b><br><a href="http://www.banxico.org.mx/SieInternet/consultarDirectorioInternetAction.do?accion=consultarCuadro&idCuadro=CF57§or=7&locale=es">Indice de Precios y Cotizaciones (IPC)</a>;<br><a href="http://www.finanze.net/news-Cos_e_il_MOL_margine_operativo_lordo-100.html">Margine operativo lordo</a></small></p>
<p align="justify">«Questa [<i>la riforma energetica, ndt</i>] è la più lesiva e la più grave contro gli interessi della patria. La riforma energetica pretende di restituire alle multinazionali petrolifere il controllo dei nostri giacimenti e smantellare l'impresa nazionale più importante che il Messico ha costruito per decenni» <a href=”http://www.rubenluengas.com/index.php/actualidad/item/262”>ha scritto</a> <b>Gerardo Fernández Noroña</b>, ex portavoce e fondatore del PRD oggi esponente di spicco del Movimiento de Izquierda Libertaria in una lettera aperta al presidente Peña Nieto lo scorso 19 settembre.</p>
<p align="center"><b>Per approfondire:</b><i> <a href="http://www.rubenluengas.com/index.php/contextos/item/271">Se vende un País</i></a> - Ruben Luegas;</p>
<p align="justify"><b><u>Intanto gli Zetas si danno al sociale.</u></b><br>
Presunti membri del cartello dei <b>Los Zetas</b> <a href=”http://www.proceso.com.mx/?p=354980”>hanno distribuito nei giorni scorsi</a> generi alimentari agli abitanti di diverse colonie di <i>Ciudad Victoria</i> (città controllata dal cartello), stato di Tamaulipas, Messico nord-orientale, colpiti dall'uragano <i>Ingrid</i>.
A bordo di furgoncini, i membri del gruppo hanno distribuito buste di plastica marchiate con il loro simbolo distintivo “Z” a chi si identificava come colpito dall'uragano davanti alle scuole elementari dei quartieri colpiti.<br>
I cittadini che hanno accettato questi aiuti hanno sostenuto che <b>non gli importava da chi provenissero gli aiuti</b>, essendo utili per correggere quello che hanno perso per il passaggio dell'uragano.<br>
L'operazione segue di qualche giorno quanto fatto dal Cártel del Golfo nella zona di Altamira, Madero e Tampico. <br>
Gli aiuti del governo – statale e federale - sono arrivati una settimana dopo il passaggio dell'uragano, quando i cartelli erano già passati portando aiuti e ricevendo in cambio un'ovvia “simpatia” da parte della popolazione.<br>
È anche, o forse soprattutto così che si permette alla criminalità organizzata di prendere piede tra la popolazione civile. Che si sia a Città del Messico come a Roma (o nel resto del mondo).</p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-6468141258907333322013-10-06T08:30:00.000+02:002013-10-10T11:49:27.138+02:00Shutdown America: una perturbazione che potrebbe colpire 48 milioni di americani<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0oYftfQZt0uQNJPZtAaFgRIMOY9kOEMr42FDvx-Xch1iee2z9xavY-ITWsYW0qiqyGch5sJv1LL1wnnYvLyXLKraxiRmSwVWWs3HIZRtKMW3CGoi2ImQRrpe6JWGDIWeizZLcWfav9do/s1600/REU-USA-FISCAL-13-760x511.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0oYftfQZt0uQNJPZtAaFgRIMOY9kOEMr42FDvx-Xch1iee2z9xavY-ITWsYW0qiqyGch5sJv1LL1wnnYvLyXLKraxiRmSwVWWs3HIZRtKMW3CGoi2ImQRrpe6JWGDIWeizZLcWfav9do/s640/REU-USA-FISCAL-13-760x511.jpg" width="500" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">foto: <span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, sans-serif; font-size: 12px; text-align: justify;">darkroom.baltimoresun.com</span></td></tr>
</tbody></table>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Washington (Stati Uniti) - </strong>Secondo il Segretario di Stato John Kerry sarebbe solo una "perturbazione momentanea" lo <strong>Shutdown</strong>, il provvedimento di tagli ai servizi non necessari imposto dal governo statunitense. Per quanto momentaneo il provvedimento avrà comunque un «fortissimo impatto reale sulla vita quotidiana di tanti americani», come dichiarava un esasperato Barack Obama nei giorni scorsi.</p>
<p style="text-align: justify;">
Al centro della guerra tra il Senato a maggioranza democratica e la Camera, guidata dai repubblicani, c'è l'<strong>Obamacare</strong>, che questi ultimi vorrebbero sostanzialmente eliminare. La condizione lanciata al governo è, d'altronde, chiara: rinviare di un anno questa riforma – che i democratici danno ormai come legge intoccabile – è la condizione imprescindibile per l'approvazione del budget del nuovo anno fiscale, iniziato il primo ottobre.</p>
<p style="text-align: justify;">
Stando alle stime, tagliare i “<strong>servizi non essenziali</strong>” significa la sospensione dal lavoro per almeno 700.000 dipendenti pubblici, tra cui dipendenti del Pentagono o rangers che operano nei parchi nazionali. A rischio anche le pensioni ed i sussidi di disabilità per i veterani, che dopo aver servito la Patria potrebbero vedersi non ricambiato il favore. <br />
Inoltre, tra le attività che il governo federale non sarebbe più in grado di assicurare, il pagamento agli appaltatori del governo, che potrebbero far “pesare” la cosa al momento di rifinanziare la prossima campagna elettorale. È comunque difficile che uno stallo di qualche giorno possa creare danni rilevanti a società come la Lockheed Martin (principale contractor nel 2012 con circa 40.000.000 di dollari) o la Boing (seconda classificata con poco meno di 30.000.000) o la Raytheon Company, che con poco meno di 15.000.000 di dollari è la terza società che verrebbe danneggiata dal prolungarsi dello Shutdown (la lista completa è stata pubblicata da <a href="https://www.opensecrets.org/news/2013/10/which-donors-have-the-most-to-lose.html" target="_blank">OpenSecret.org</a>)</p>
<p style="text-align: justify;">
A pagare il prezzo più alto, <em>ça va sans dire</em>, saranno i cittadini comuni. A rischio infatti ci sarebbero anche i “<strong>Food stamps</strong>”, i buoni alimentari che rappresentano l'unica forma di salvataggio per circa 48 milioni di americani, soprattutto bambini e disabili. Taglio che – come scriveva ieri Monica Di Sisto <a href="http://comune-info.net/2013/10/il-popolo-ha-fame-dategli-buono/" target="_blank">su Comune-Info</a> «obbligherà gli adulti tra 18 e 50 anni senza figli minori a trovarsi un lavoro o ad inserirsi in un programma di formazione per mantenere il beneficio, di cui potranno godere, ad ogni modo, solo per tre mesi e solo sottoponendosi a test antidroga e alcol». Test che invece non sfioreranno le società destinatarie di una parte del Supplemental Nutritional Assistance Program (SNAP) nel quale sono inseriti i buoni alimentari e che rispondono a nomi come quello della Coca-Cola, della Kraft, della JP Morgan a cui il “<strong>Farm Bill Budget</strong>” destinava – nel 2008 – il 68% dei fondi.</p>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Due muri destinati a collidere?</strong> Da un lato la principale – per alcuni l'unica – medaglia attualmente appuntabile al petto di Obama, dall'altra la spinta delle forze più estreme dei repubblicani, soprattutto dei Tea Party. <br />
Il rischio che gli Stati Uniti d'America espongano fuori dalla Casa Bianca il cartello “<strong>Default</strong>” - che porterebbe al declassamento delle agenzie di rating, al crollo del valore del dollaro ed all'esplosione dei tassi di interesse – è più che concreto.</p>
<p>
<strong>Q&A: US shutdown: a new guide for non-Americans </strong>(in inglese): <a href="http://www.theguardian.com/world/2013/sep/30/us-shutdown-explainer-non-americans" target="_blank">http://www.theguardian.com/world/2013/sep/30/us-shutdown-explainer-non-americans</a></p>
<p align="center"><iframe width="500" height="315" src="//www.youtube.com/embed/ec6lrU5iW0w" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></p>
<p style="text-align: center;"><small>
Questo articolo lo trovate anche qui:<br /><a href="http://www.infooggi.it/articolo/shutdown-america-una-perturbazione-che-potrebbe-colpire-48-milioni-di-americani/50571/">http://www.infooggi.it/articolo/shutdown-america-una-perturbazione-che-potrebbe-colpire-48-milioni-di-americani/50571/</a></small></p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-72859554989719959862013-09-25T15:48:00.000+02:002013-09-25T15:50:14.698+02:00The Coltan Corporation of War<p align="center"><img width="450px" height="300px" src='https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6P5mcb06-2k6H4MDNTeAz_AdImF9MLe0AV_0HStMjos08J6eY9xDPwsTZMgohWssRTVzrN0T7g9ZprfORbxlNzfCYQ6rm0WUB2GGcbg39plqwmLXEs5tKmgFKc05Jb1pGo4WSojLd7kU/s1600/coltan-3892.jpg' border='0'/><br>foto:coltanproblemas.wix.com</p>
<div class="content_1">
<p align="right">La lotta contro il potere è la lotta della memoria contro la dimenticanza.<br>[Milan Kundera - Il libro del riso e dell'oblio]</p>
<p><small><i>(pagina 1 di 5)</small></i></p>
<p align="justify"><b>Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) -</b> Obbiettivo Damasco. È questo, oggi, il primo punto dell'agenda di media, governi e settore militare. Ma se quell'obbiettivo lo spostiamo - lungo la linea di quei "dieci centimetri di distanza dallo schermo televisivo" di cui parlava Bernardo Valli - ci rendiamo conto che, ad oggi, esiste una guerra tanto importante quanto volutamente ignorata, fatta di gruppi terroristici (pudicamente chiamati "ribelli") finanziati e guidati da governi e imprese nazionali straniere nel disinteresse quasi completo della sempre più inutile "comunità internazionale". Una guerra che tocca tutti: pacifisti, guerrafondai e disinteressati talmente importante da essere la base della società moderna: la <b>guerra per il coltan</b>.</p>
<p align="justify">Rubini dalla Birmania (300.000.000 di dollari guadagnati dalla giunta militare nel solo 2006 nonostante l'embargo); coltan dalla Repubblica Democratica del Congo (con un fiorente mercato illegale che si sta sviluppando tra Colombia, Brasile e Venezuela); bauxite - elemento base dell'alluminio - dalla Guinea; smeraldi dalla Colombia e litio - il "<a href="http://www.diocesipadova.it/s2ewdiocesipadova/allegati/5591/Dal%20coltan%20al%20litio%20-%20MOSAICO%20DI%20PACE%20febbraio%202012.pdf">petrolio del futuro</a>" - dall'Afghanistan.
Sono questi i nuovi "<a href="http://www.foreignpolicy.com/articles/2010/01/04/the_new_blood_diamonds"><b>diamanti insanguinati</a></b>", minerali il cui mercato si basa sullo sfruttamento, su rapporti economici più o meno legali con regimi non-democratici o sul diretto finanziamento di conflitti ormai più che decennali.
Tra tutti, ruolo paradigmatico spetta alla <b>Repubblica Democratica del Congo</b>, uno dei Paesi più ricchi di risorse naturali al mondo saccheggiato fin dai tempi di Leopoldo II (1885, dallo "Stato libero del Congo" il re belga preleva avorio, caucciù, olio di palma, cotone). Ad essere colpita principalmente è la regione orientale del Kivu, passata dall'essere il deposito del paese con i suoi rifornimenti di carne e verdure per Kinshasa (distante 1500 chilometri) a granaio degli sfruttatori, che hanno trovato in Goma – capoluogo della regione del Nord Kivu - un perfetto centro di raccolta ed esportazione.
Dei cinquanta conflitti attivi in Africa nel 2001, circa il 25% può essere inserito tra le "guerre per le risorse" che, come evidenziato dalla giornalista ed attivista britannica Katharine Ainger «<a href="http://newint.org/features/2004/05/01/keynote/">portano beneficio solo a piccole oligarchie, locali o internazionali, a uomini d'affari ed élite internazionali</a>».</p>
<p align="justify">«In questo momento ci sono più dipendenti da telefono cellulare o internet che da eroina, cocaina, alcol o tabacco. Ed è successo in meno di venti anni. Prova solo ad immaginare un mondo senza cellulari né computer». A dirlo è Peter Corckenham, fittizio presidente della altrettanto fittizia multinazionale statunitense Dall&Houston (dietro ai cui nomi in molti vedono l'ombra reale della Halliburton e dell'ex vicepresidente statunitense Dick Cheney) inventato dal giornalista e scrittore spagnolo Alberto Vázquez-Figueroa in "<a href="http://www.vazquezfigueroa.es/obras/por-mil-millones-de-dolares/">Por mil millones de dolares</a>" e ripreso poi nel successivo "<a href="http://www.vazquezfigueroa.es/obras/coltan/">Coltan</a>" che pone al centro, attraverso la finzione di un thriller narrativo, proprio il minerale su cui ruota quasi interamente il mondo moderno.</p>
<table width="20%" align="left" frame="above"><tr><td align="center"><i><font color="#777777">In un quarto dei circa 50 conflitti attivi nel 2001, le materie prime hanno giocato un ruolo chiave.<br>(Katherine Ainger)</i></font></td></tr></table><p align="justify"><p align="justify">Cellulari, computer portatili, elettronica per auto ma anche - per il suo contenuto radioattivo e di uranio - protesi per anca, ferri chirurgici, strumentazione per laboratori chimici, reattori nucleari e parti di missili sono solo alcune delle tecnologie che non esisterebbero senza il <b>tantalio</b>, un metallo resistente al calore, ottimo conduttore di corrente e resistente a quasi tutti gli acidi la cui polvere è il vero oggetto dei desideri delle società che utilizzano il coltan (il cui nome deriva dal composto tra la tantalite nella quale il tantalio è contenuto e la columbite) per realizzare condensatori ad elevato tasso di risparmio energetico. Un piccolo passo contro la crisi energetica che corrisponde ad un grande passo verso lo sfruttamento e la distruzione dell'ambiente.</p>
<p align="justify">Il suo valore dipende dalla percentuale in tantalite (di solito tra il 20 ed il 40%) e dal suo tenore in ossido di tantalio (solitamente tra il 10 ed il 60%). Nel 1999 il prezzo di questo minerale variava tra i 7 ed i 9 dollari al chilo. A gennaio 2000 era già salito ad un importo che variava tra i 65 ed i 90 dollari. A fine 2000, in concomitanza con lo sviluppo delle nuove tecnologie di massa (cellulari e Playstation 2) il coltan veniva venduto a 835 dollari al chilogrammo, tornando ad aggirarsi sui 90 dollari ad ottobre 2001.</p>
<p align="justify"><b>L'occhio cieco della "<a href="http://www.nytimes.com/2003/02/17/world/threats-and-responses-news-analysis-a-new-power-in-the-streets.html">Pubblica Opinione Organizzata</a></b>".<BR>La firma dei contratti delle <b>grandi multinazionali</b> però è possibile solo grazie alle migliaia di contadini che abbandonano le proprie terre, ai prigionieri a cui viene promesso uno sconto di pena ed ai tantissimi bambini - tra i 5.000 ed i 6.000 secondo il programma di aiuto dell'ong Save the Children - che formano il primo gradino della piramide dello sfruttamento commerciale.<br>Sono proprio questi ultimi a subire maggiormente gli effetti di questo sistema essendo nei fatti i veri "minatori". I loro corpi permettono di potersi muovere meglio degli adulti nei fori scavati nelle colline - vere e proprie miniere a cielo aperto - abbattendo i già bassissimi costi di estrazione per le società, che li pagano circa 2 euro a settimana rivendendo il coltan estratto a poco più di 450 dollari al chilo. Questo però non sembra bastare all'opinione pubblica occidentale concentrata sui bambini vittime delle armi chimiche del regime di Bashar al-Assad (le cui immagini sono state in alcuni casi prelevate direttamente <a href="http://www.presstv.ir/detail/2012/05/29/243579/bbc-uses-iraq-photo-for-houla-massacre/">dalla guerra in Iraq</a>) ma che non rivolge la stessa indignazione e condivisione verso le piccole vittime del turismo sessuale occidentale o di sfruttamento minorile, nel lavoro come nella guerra. Anche l'indignazione è diventata un fenomeno mediatico.</p>
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<p><small><i>(pagina 2 di 5)</small></i></p>
<p align="justify">I baby-minatori rappresentano un duplice problema sociale (e questo può dirsi anche di tutte le altre forme di sfruttamento del lavoro minorile): per lavorare nelle miniere molti abbandonano la scuola - circa 4.000.000 di bambini <a href="https://www.youtube.com/watch?v=wRgjUukjXGs">secondo Save The Children</a> - diventando, oltre che minatori, <b>bambini soldato</b> per gli eserciti, ribelli o regolari che siano e togliendo alle future generazioni di classi dirigenti la possibilità di trovare nuovi <b>Patrice Lumumba</b>, <b>Ken Saro-Wiwa</b> o <b>Thomas Sankara</b>, tutti e tre uccisi, guardacaso, con la partecipazione di stati o società occidentali.</p>
<p align="justify">Nonostante questo minerale si trovi anche in Australia, Canada, Nigeria, Portogallo o sul confine tra Brasile, Venezuela e Colombia, il principale luogo di interesse per il mercato del coltan è proprio la Repubblica Democratica del Congo, per un semplice motivo: nelle miniere della zona del Kivu, secondo le stime, si trova circa l'80% delle riserve mondiali di questo minerale. Chi controlla quella determinata zona controlla il mercato. Per estensione, chi controlla il mercato controlla una parte importante dello sviluppo della società moderna.</p>
<p align="justify"><blockquote>«<i>Alcuni partono da Luhwinja - una località del sud del Kivu - il lunedì, camminano tre giorni e tre notti prima di raggiungere i siti minerari dove lavoreranno meno di tre settimane e troveranno ciò che la buona stella avrà riservato loro. Sono obbligati a dare ai warugaruga ogni settimana una percentuale dei minerali trovati. Alle barriere sulla strada del ritorno a casa, dovranno rimettere 1 kg su 5, se hanno fortuna, lasciano il 10% a ogni barriera e possono arrivare a Bukavu (capitale del Sud Kivu, ndr) con il resto. Se gli scavatori trovano una piccola quantità di cassiterite </i>(minerale utilizzato nell'estrazione dello stagno, ndr) è meglio per essi venderla ai collaboratori dei rasta, che comprano in nome loro a basso prezzo. Se uno scavatore non ha la quantità di cassiterite richiesta dai rasta, viene ucciso sul posto. Due volte a settimana gli elicotteri per i carichi atterrano nella foresta di Muhunzi</i>»</blockquote></p><p align="right"><small>[Testimonianza di un abitante di Luhwinja, da "Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere", Klaus Werner-Lobo, Newton Compton Editori, giugno 2009, pag.114]</small></p>
<p align="justify"><b>Proxy rebels: se la guerra si combatte da lontano.</b><br>1997: Nell'allora Zaire finisce l'epoca di <b>Mobutu Sese Seko</b>, salito al potere attraverso un colpo di stato contro Joseph Kasa-Vubu trentadue anni prima. Così come nel 1965 - e come quattro anni prima per l'omicidio di Patrice Lumumba - a cambiare le pedine congolesi sono ancora Belgio e Stati Uniti, che per bocca di George Bush senior inseriva Mobutu nella <a href="http://whowhatwhy.com/2011/01/20/roads-nottaken-john-f-kennedy-patrice-lumumba-and-the-past-50-years/">lista dei suoi migliori alleati</a>. Diventato ormai impresentabile, al suo posto viene messo l'ex comunista ed ex commerciante di oro e avorio <b>Laurent-Désiré Kabila</b>, leader del gruppo ribelle dell'Alleanza di Forze Democratiche del Congo (AFDL). Il gruppo entra a Kinshasa nel maggio 1997 con il beneplacito delle diplomazie economiche occidentali - soprattutto degli Stati Uniti di <b>Bill Clinton</b> e del Regno Unito, da pochissimo guidato da <b>Tony Blair</b> - e dai due giocatori chiave dell'area: l'<b>Uganda</b>, guidato fin dal 1986 da un altro amico di Washington come <b>Yoweni Kaguta Museveni</b> ed il <b>Rwanda</b> di <b>Paul Kagame</b> (eletto nel 2000), <a href="http://www.zcommunications.org/paul-kagame-our-kind-of-guy-by-edward-herman.html">ex studente della base militare statunitense di Fort Leavenworth</a> (Kansas) e <a href="http://www.theguardian.com/commentisfree/2012/dec/12/rwanda-genocide-bloody-legacy-angloamerican-guilt">vincitore nel 2009 del "Clinton Global Citizen Awards"</a> per essere "uno dei più grandi leader di tutti i tempi".</p><table width="20%" align="right"><h3><tr><td align="center"><i><b><u>Multimedia</u></b></i></h3></td></tr><tr><td><iframe width="200" height="150" src="//www.youtube.com/embed/_uq9LC2Y1WI?list=PL4c4kZJ6VzwDwbpI79NFcq3llqA7LSDDV" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></td></tr></table>
<p align="justify">Nella capitale l'AFDL ci arriva anche con in tasca la firma su un contratto da circa un miliardo di dollari che assicura l'attività estrattiva alla American Mining Fields Inc. (oggi Adastra Minerals Inc.) e grazie all'appoggio di <blockquote><i>«funzionari delle ambasciate americane a Kinshasa, Kigali e Kampala e poi ancora della US Agency for International Development (UsAid) e della US Defence Intelligence Agency (DIA)[...]Parte di questo appoggio fu un programma ufficiale di addestramento americano, l'Enhanced International Military Education and Training (<a href="http://globalresearch.ca/articles/MAD111A.html">E-IMET</a>), condotto per conto del governo FPR (Fronte Patriottico Rwandese, ndr) a Kigali, prima dell'invasione del Congo/Zaire nell'ottobre 1996</i>»</p> <p align="right"><small>["Tutto quello che dovresti sapere sull'Africa e che nessuno ti ha mai raccontato", Giuseppe Carrisi, pag.160]</small></blockquote></p>
<p align="justify"><b>Ribelli Inc.</b><br>Quando i ribelli non stringono direttamente le mani dei grandi sfruttatori occidentali, lo fanno attraverso società da loro direttamente controllate ma affidate a persone di fiducia.
Durante la Seconda guerra del Congo, il Rwanda ha costituito la <b>Sonex</b>, diretta prosecuzione del “Congo Desk”, unità amministrativa i cui uffici avevano lo stesso indirizzo del Ministero della difesa rwandese. La società serviva ad amministrare i circa 20.000.000 di dollari al mese guadagnati attraverso il saccheggio e l'imposizione di una tassa sulle esportazioni (15.000 dollari per ottenere una licenza a scadenza annuale a cui andava aggiunto l'8% del totale delle esportazioni).<br>
Il <b>Victoria Group</b> era invece la struttura utilizzata dall'esercito ugandese, l'Uganda People's Defence Force. A dirigere il gruppo era <b>Khalil Nazzeem Ibrahim</b>, uomo d'affari libanese legato direttamente ai Museveni attraverso Jovia Akandwanaho e suo marito <b>Salim Saleh</b> (nato Caleb Akandwanaho), fratello del presidente e titolare della Saracen International, società di sicurezza privata sudafricana che ha <a href="http://www.globalresearch.ca/south-african-mercenary-outfit-training-troops-in-somalia/22609">addestrato le truppe del Puntland</a>, zona a nord-est della Somalia. Uomini della Saracen si occupavano inoltre della sicurezza di Van Arthur Brink, al secolo Gilbert Allen Ziegler, presidente della <b>First International Bank of Grenada Ltd (FIBG)</b> - fallita da qualche anno - che nel 2000 firmò tre contratti per un valore totale di 40.000.000 di dollari con i ribelli del <b>Rassemblement Congolais pour la Démocratie Mouvement de Libération</b>, dal 2003 diventato partito politico.</p>
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<p><small><i>(pagina 3 di 5)</i></small></p>
<p align="justify">L'accordo prevedeva lo sfruttamento delle miniere (soprattutto di oro e diamanti) in cambio della costruzione di strade e ospedali.
La FIBG salì agli onori della cronaca per aver applicato uno "<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Schema_Ponzi">schema Ponzi</a>" che fruttò ben 170 milioni di dollari negli anni '90 e per avere tra i propri correntisti persone riconducibili al terrorismo islamico.<br>In Congo, il Victoria Group si muoveva grazie ad una serie di personaggi come il <b>generale James Kazini</b>, braccio destro di Saleh, e società come la Navi Gems (che si occupava dell'attività finanziaria) e la Beldiam, con cui vendeva diamanti all'estero. Destinazione principale era il Belgio, entrato nel 2000 e nel 2003 nei rapporti delle Nazioni Unite per l'attività della Sabena Cargo, ex-compagnia di bandiera accusata di trasportare il coltan dall'aeroporto rwandese di Kigali ai compratori finali nel vecchio continente.</p>
<p align="justify">Per i loro affari Museveni, Kagame e Kabila si appoggiano - come risulta da una lettera del 2001 dell'allora Segretario Generale dell'Onu Kofi Annan - alla <b>Banque de commerce, du dévelopment et d'industrie (BCDI)</b>, dichiarata insolvente nel 2008 ed acquistata al 90% da uno dei più importanti istituti bancari dell'Africa occidentale: Ecobank Transnational Inc. La BDCI, con sede a Kigali, faceva poi transitare il denaro su un conto aperto presso la filiale newyorkese di Citybank.
A differenza dei leader di Uganda (27 anni) e Rwanda (13 anni), Kabila in carica ci rimane pochissimo. Il 16 gennaio 2001 nel pieno della "<a href="http://archiviostorico.corriere.it/2002/luglio/31/Congo_firma_pace_con_Ruanda_co_0_0207312086.shtml">Prima Guerra Mondiale Africana</a>" Kabila subisce un attentato da parte di un membro del suo staff, ucciso subito dopo. A succedergli è suo figlio Joseph, all'epoca Capo di Stato Maggiore ed oggi ancora in carica.
L'accordo di pace di Sun City firmato nel 2002 tra il governo congolese e il gruppo ribelle dell'epoca - il Movimento per la Liberazione del Congo (MLC) - pone fine al conflitto, ma non ai traffici.</p>
<p align="justify">Nella zona del Kivu l'<b>International Peace Information Center (<a href="www.ipisresearch.be/">IPIS</a>)</b> ha censito circa 200 miniere. 13 sono considerate quelle "maggiori". nel 2009 12 di queste erano sotto il controllo ribelle.
Una volta estratto, il miscuglio di terra e minerale viene inviato verso Bukavu e Goma, dove si trovano i "comptoir" (i primi acquirenti del coltan) molti dei quali lavorano senza licenza. È nelle "Maison d'achat" di queste due città che avviene la prima lavorazione del minerale. Le garanzie sulla compravendita a questo punto - come ha dimostrato il rapporto dell'ONU del 2008 - sono esclusivamente di tipo verbale. Non esiste alcuna forma oggettiva di garanzia, potendo così essere spacciato - allo stesso modo di quanto avveniva per i "<b>blood diamonds</b>" della Sierra Leone - come coltan "rwandese" o "ugandese", paesi dai quali passa comunque una parte del mercato legale in cambio del pagamento delle tasse di esportazione al governo congolese. Ultimo passaggio prima dell'entrata in gioco delle multinazionali dell'elettronica sono i "raffinatori", società spesso basate nell'Est Asia.
Uscito dalle mani dei raffinatori, non è più possibile distinguere tra il minerale legale e illegale, ed è solo a questo punto che entrano in scena i <a href="http://www.raisehopeforcongo.org/companyrankings">grandi nomi dell'industria dell'hi-tech</a>.</p>
<p align="justify">«Il coltan è il futuro. chi non lo avrà non avrà niente da fare nell'industria delle telecomunicazioni, così come in quella delle armi teleguidate» fa dire Vázquez-Figueroa a Peter Corckenham in "Coltan". Un'industria hi-tech senza coltan, oggi, non è immaginabile. Chi controlla la fonte di approvvigionamento principale - le miniere del Congo - ha dunque un potere di controllo sulla sfera economica, e di riflesso politica, fortissimo.</p>
<p align="justify"><b>Uomini (e donne) cerniera</b><br><b>Karl-Heinz Albers</b> e <b>Aziza Gulamali Kulsum</b>, nota anche come "Madame Gulamali" sono due dei personaggi chiave che collegano i baby-minatori alle grandi multinazionali. Sono, infatti, tra i principali - se non i principali - trafficanti di coltan.
Il primo, geologo tedesco, è titolare della <b>Masingiro GmbH</b>, che basa la sua posizione nel mercato sui 300.000 dollari al mese pagati ai ribelli (l'anno è il 2001) per la protezione delle sue miniere.
Proprietaria di una società di sigarette a Bukavu, Madame Gulamali - nazionalità congolese, passaporto americano - è stata per anni finanziatrice principale dei ribelli hutu e coinvolta nella guerra civile in Burundi. Appoggiandosi finanziariamente alla Bank Bruxelles Lambert (BBL, oggi ING Belgium) con la società <b>Shenimed Sprl</b> si occupa sia di acquistare sigarette che di comprare coltan, anche dai nemici dei suoi soci. La donna è all'epoca amministratrice della società <b>Somigl (Grand Lacs Company)</b>, braccio economico-finanziario del <b>Raggruppamento Congolese per la Democrazia</b>, a sua volta titolare della società al 75%. Insieme, Masingiro e Shenimed controllano la GBC, agli inizi del nuovo millennio la principale società di esportazione di coltan della regione del Kivu. Tra i suoi clienti società di raffinazione come la cinese Ningxia, la statunitense <b>Cabott Corporation</b> (il cui ceo, Sam Bodman, è stato segretario all'Energia per il governo di George W. Bush tra il 2005 ed il 2009) o la tedesca <b>H.C. Starck</b>, fino al 2006 proprietà del gruppo multinazionale chimico-farmaceutico <b>Bayer</b>. <a href="http://www.hcstarck.com/en/hc_starck_group/company_history.html">Fino al momento dell'acquisizione</a> la società era la prima ditta sul mercato del tantalio, esportando - sulla base delle informazioni del giornalista tedesco Klaus Werner-Lobo ["Il libro che le multinazionali non ti farebbero mai leggere", pag.56] - circa 200 tonnellate di tantalio grezzo al mese. Oggi la società è di proprietà dei fondi di private equity Advent International e <b>Carlyle Group</b>, noto principalmente per aver dato lavoro ai due ex presidenti Bush ed avere tra i fondi quelli della famiglia Bin Laden.</p><table align="center"><h3><tr><td align="center"><I><b>Multimedia</b></i></h3></td></tr><tr><td><iframe width="500" height="250" src="//www.youtube.com/embed/kR7Nd0jjmdE" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></td></tr></table>
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<p align="justify">George Bush sr, inoltre, aveva interessi nel commercio del coltan fin dai tempi della presa di Kinshasa da parte di Kabila attraverso la canadese <b>Barrick Gold Corporation</b>, più grande produttore di oro al mondo.</p>
<table width="20%" align="right" frame="above"><tr><td align="center"><i><font color="#777777">Il ruolo del settore privato nello sfruttamento delle risorse naturali e nella continuazione della guerra è stato vitale.<br>(UN Panel of Expert)</i></font></td></tr></table>
<p align="justify"><b>Variante kazaka</b><br>La <b>Ulba Mechanical Works</b> (oggi Ulba Metallurgical Plant, parte della Kazatomprom compagnia di Stato operante nel settore dell'energia nucleare e tra le società leader nella produzione di berillio, tantalio e niobio) è invece la società di raffinazione che collega la regione del Kivu con Astana, capitale del <b>Kazakistan</b>, mettendo in diretta relazione il mercato del coltan con il gruppo di potere del presidente kazako Nursultan Nazarbaev, in carica dal 1990. Il direttore generale della società è stato per anni <b>Vitaliy Mette</b>, genero del presidente ed ex vice-primo ministro.
Dalle informazioni in possesso delle Nazioni Unite si è scoperto che a capo del traffico kazako-congolese c'era proprio la figlia del presidente, che sfruttava sia i rapporti familiari che società di comodo come la "<b>Finmining</b>" di <b>Chris Huber</b>, cittadino svizzero-tedesco in affari con il Trans Aviation Network del trafficante d'armi <b>Viktor Bout</b>, che utilizzava i propri aerei per trasportare minerali in cambio di armi, allo stesso modo di quanto fatto tra il 1992 ed il 1993 in Somalia, quando i suoi aerei servirono anche per i trasporti interni all'operazione "Restore Hope" dell'<b>O.N.U.</b>, pesantemente criticate anche per il loro operato nella RDC. Nel 2005 scoppiò uno scandalo legato al contingente pakistano, distaccato nel paese per assicurare il buon esito delle elezioni.
Nella regione nord-orientale dell'Ituri dove erano dislocati, gli uomini del contingente internazionale si erano alleati con dubbi personaggi come <a href="http://www.un.org/News/Press/docs/2007/sc8987.doc.htm">Kambale Kisoni</a>, commerciante d'oro - interno al sistema dei comptoir del coltan - proprietario della Congocom Trading House e della compagnia aerea Butembo Airlines, i cui voli, oltre a supportare i ribelli del Fronte Nazionalista e Integrazionista (Fni), sono stati utilizzati in un'operazione "<a href="http://www.giovaniemissione.it/pub/index.php?option=content&task=view&id=1883">armi per oro</a>" in cui gli uomini dell'ONU hanno trafficato «una quantità compresa tra i due e i cinque milioni di dollari» secondo quanto denunciato da Anneke Van Woudenberg di Human Rights Watch.</p>
<p align="justify">Il sistema "armi per minerali" è oggi utilizzato anche dalle '<b>ndrine calabresi</b>, interessate al coltan quanto all'uranio congolese. Il denaro utilizzato per questo commercio viene poi fatto transitare in banche off-shore e "ripulito" attraverso investimenti in mercati legali. «Non c'è interesse a distruggere questo sistema, l'economia mondiale oggi più che mai vive quasi esclusivamente di proventi illecii» - ha raccontato il giornalista Antonio Nicaso, tra i massimi esperti internazionali di 'ndrangheta <a href="http://rotocalcoafricano.wordpress.com/2012/09/20/una-cupola-africana-la-mafia-congolese/">a Rotocalco Africano</a> - «Oggi nessuno riesce a fare a meno dei soldi del narcotraffico o di altri commerci illegali».</p>
<p align="justify"><b>Chi dopo "Terminator"?</b><br>Negli ultimi anni il traffico di coltan è stato gestito dall'esercito regolare della Repubblica Democratica del Congo (<b>FARDC</b>), alleato con gruppi criminali come il Mayi Mayi Sheka di <b>Sheka Ntabo Ntaberi</b>, accusato dalle Nazioni Unite di utilizzare bambini soldato.
Fino al 2009 a contendergli il controllo dello sfruttamento del coltan c'era anche il <b>Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP)</b> di <b>Laurent Nkunda</b>, arrestato dal governo rwandese - che fino a quel momento lo aveva sostenuto - anche in seguito alle accuse di essere stato armato direttamente dai caschi blu, <a href="http://www.peacelink.it/conflitti/a/27757.html">dei cui elicotteri ha usufruito per i propri spostamenti</a>. L'attività del gruppo di Nkunda era finanziata anche attraverso conti della moglie, Elisabeth Uwasse, presso la Commercial Bank of Rwanda (BCR), acquistata nel 2004 dal fondo privato britannico Actis e rivenduta a luglio dello stesso anno alla keniana I&M Bank Limited, alla Proparco (parte dell'Agenzia Francese allo sviluppo internazionale) ed alla German Investment Corporation, "braccio" del governo tedesco per il finanziamento di società private nei mercati emergenti e in via di sviluppo.<br>
Dopo Nkunda, il governo rwandese ha puntato su <b>Bosco "Terminator" Ntaganda</b>, leader del movimento ribelle "<b>Marzo 23</b>" (<a href="http://senorbabylon.blogspot.it/search/label/M23">M23</a>) <a href="http://www.narcomafie.it/2013/03/20/bosco-ntaganda-si-consegna-ma-per-il-congo-non-ce-pace/">consegnatosi spontaneamente all'ambasciata americana di Kigali il 18 marzo 2013</a> e da lì inviato quattro giorni dopo al Tribunale Penale Internazionale. Dalla guerra intestina all'M23 è uscito vincitore il "signore della guerra" congolese <b>Sultani Makenga</b>, che voci non confermate danno per morto in uno scontro con le FARDC avvenuto a luglio.</p>
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<p align="justify"><b>Quel destino comune che lega Kinshasa e Bogotà</b><br>Tutto questo, però, non è da circoscrivere solo al contesto neocoloniale africano. Lo stesso modello di sfruttamento applicato in questi ultimi decenni nella RDC si sta riproponendo al <b>confine tra Brasile, Colombia e Venezuela</b>, come ha dimostrato una <a href="http://www.icij.org/projects/coltan">inchiesta datata marzo 2012 dell'<b>International Consortium of Investigative Journalists</b></a>.
La miniera scoperta nella Riserva naturale di Puinawai, nel dipartimento di Guainía, Colombia orientale, è oggi lo snodo principale del traffico di coltan sudamericano, dietro al quale - come ha raccontato <a href="https://www.youtube.com/watch?v=pdCx1VRgElI">Mario Pulido, consulting engineer per lo Stato di Guainía</a>, ci sarebbero i tentativi di mettere le mani su altri minerali strategici presenti in quelle zone, soprattutto uranio, oro e tungsteno.
A capo del traffico - che sfrutta le stesse rotte battute dai narco-corrieri - ci sono le <b>Farc</b>, che utilizzano gli indiani nativi come manodopera e la famiglia di narcos <b>Cifuentes Villa</b>, accusati dall'antidroga statunitense di essere fornitori ufficiali di cocaina e prestanome del cartello messicano di Sinaloa, guidato dall'inafferrabile - soprattutto perché ben protetto dagli alti vertici dello Stato messicano <a href="http://www.theguardian.com/world/2013/sep/01/mexico-drugs-anabel-hernandez-narcoland">secondo la giornalista Anabel Hernández</a> - <b>Joaquín "El Chapo" Guzmán Loera</b>.</p>
<p align="justify"><b>Un Kimberley Process per il coltan?</b><br>Nel corso degli anni le istituzioni sovranazionali hanno tentato di arginare il meccanismo che lega le multinazionali ai baby-minatori congolesi. Tra questi lo <b>UN Global Compact</b>, una piattaforma basata su dieci principi riguardanti questioni come diritti umani, ambiente, lavoro e corruzione o come le <a href="http://www.oecd.org/daf/inv/mne/MNEguidelinesITALIANO.pdf"><b>Linee guida OCSE destinate alle imprese multinazionali</a></b>. Inoltre, la riforma di <b>Wall Street</b> ha previsto (con la legge 1502) l'obbligo di certificazione sulla provenienza del materiale utilizzato dai produttori di apparati tecnologici, sulla falsariga delle procedure messe in atto per contrastare il commercio illegale dei diamanti insanguinati, note come "<b>Kimberley Process</b>".<br>Il commercio illegale, però, può dirsi tutt'altro che concluso.</p>
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<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMAKEnTWF5wfr9HDcBJU26zTVgMuKjA_PpCFRCDljCbFX9coSr74gQXMl7INanYJh_nytl45E9vpnOfIJFP7R4zgRuv8tDrGUJ4Aip0CWSDbuNgrrW2SfuYgZHs9Yc8imGm-Mvti48Pg4/s1600/1311520964.png" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="220" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMAKEnTWF5wfr9HDcBJU26zTVgMuKjA_PpCFRCDljCbFX9coSr74gQXMl7INanYJh_nytl45E9vpnOfIJFP7R4zgRuv8tDrGUJ4Aip0CWSDbuNgrrW2SfuYgZHs9Yc8imGm-Mvti48Pg4/s320/1311520964.png" width="280" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Nella foto: la vera Katryn Bolkovac<br>fonte: bolkovac.com</td></tr>
</tbody></table>
<p align="justify">
<b>Hasan Nuhanović</b> ha trovato giustizia. Questa mattina la Corte suprema olandese - ribaltando quanto deciso dalla Corte d'appello due anni fa - ha definito la responsabilità dei Paesi Bassi per l'assassinio del padre, della madre e del fratello minore dell'ex interprete per i Caschi blu olandesi (ne avevamo parlato più approfonditamente qui: <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/srebrenica-se-il-genocidio-si-processa.html"><i>Srebrenica, se il genocidio si processa da una parte sola</i></a>), che vide - letteralmente - chiudere la porta della base Onu di Potočari in faccia ai propri familiari, lasciandoli così nelle mani del generale Ratko Mladić e rendendosi correi dell'omicidio di 8.372 persone (più di diecimila secondo le associazioni dei familiari) in quello che è passato alla storia come il più importante genocidio avvenuto in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: il <b>massacro di Srebrenica</b>.<br />Per i familiari delle vittime sarà ora possibile chiedere risarcimento all'Olanda per quanto accadde, in una "operazione umanitaria" che vide anche il <a href="http://www.alexanderlanger.org/it/778/3171">fiorire di traffici di droga, carburante e prostituzione proprio grazie al contingente olandese</a>.</p>
<p align="center"><iframe width="500" height="300" src="//www.youtube.com/embed/L0lW5_9MWtk" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></p>
<p align="justify">
Traffici che ieri erano al centro della serata di Sky Cinema Cult, che ha proposto <b>The Whistleblower</b>, film del 2010 diretto da Larysa Condracki con protagonista Rachel Weisz (nel cast anche Vanessa Redgrave e Monica Bellucci) che vanta un premio nobel come attrice non protagonista nel 2006 per un'altra storia vera riproposta in chiave cinematografica: le sperimentazioni di farmaci illegali in Africa da parte delle case farmaceutiche in "<a href="https://www.youtube.com/watch?v=TvVVDTcREbg"><b>The Constant Gardener - La cospirazione</b></a>", uscito nel 2005 per la regia di Fernando Meirelles.</p>
<p align="justify">
Al centro di "The Whistleblower" <a href="http://www.bolkovac.com/"><b>Kathryn Bolkovac</b></a> (nella foto), poliziotta del Nebraska che si ritrova a far parte del contingente Onu in Bosnia per guadagnare il denaro necessario per chiedere la custodia della figlia, affidata all'ex marito.<br />Qui si ritrova, in quella parte dimenticata della cronaca reale dei fatti, a tentare di eradicare un traffico di minorenni in cui sono coinvolti la polizia locale e gli uomini delle Nazioni Unite, spesso coinvolti in casi analoghi, come per il <a href="http://www.giovaniemissione.it/pub/index.php?option=content&task=view&id=1883">traffico "oro per armi" del contingente Monuc nella Repubblica Democratica del Congo</a>, anno 2005.</p>
<p align="justify">
Ma questa, come direbbe Carlo Lucarelli, è un'altra storia</p>
<p align="right">"<i>Non cerco uno scandalo. Faccio solo il mio lavoro</i>"<br>[Kathryn Bolkovac/Rachel Wesz]</p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-70492735075547575902013-08-11T08:30:00.000+02:002013-08-11T08:30:01.689+02:00F2i, i nomi di 37 gestori dell'attività strategica italiana non sono noti. Perché?<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNd2J7BN_aG0J2ExJl5yaC1XaFPV2k2JCpIvkkHUuBI5D4zoREjA3TDG9TabxNYZLaLVQ6eYAzaTT1IPDaNKj6YrlrtxhuL3YA4ceJ39f2KyQTZcj0M-arTDT8JEP2IxK2bHo-sm6kS-s/s1600/f2i.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNd2J7BN_aG0J2ExJl5yaC1XaFPV2k2JCpIvkkHUuBI5D4zoREjA3TDG9TabxNYZLaLVQ6eYAzaTT1IPDaNKj6YrlrtxhuL3YA4ceJ39f2KyQTZcj0M-arTDT8JEP2IxK2bHo-sm6kS-s/s320/f2i.jpeg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">foto: <span style="background-color: white; color: #333333; font-family: Arial, Helvetica; font-size: 12px; line-height: 21.600000381469727px; text-align: justify;">f2isgr.it</span></td></tr>
</tbody></table>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Roma -</strong> Necessità di <strong>trasparenza</strong>. Si chiede di rendere pubblici gli stipendi dei ministri, dei rettori delle università, dei manager delle società partecipate ma non si dice nulla su <strong>37 nomi occulti che gestiscono e finanziano l'attività strategica del nostro Paese</strong>.</p>
<p style="text-align: justify;">
17 luglio 2013: al Quirinale, per un incontro con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, arriva<strong> Vito Gamberale</strong>, 66 anni, amministratore di <strong>F2i</strong>, <strong>Fondi italiani per le infrastrutture</strong> con un passato in Telecom (direttore generale), Sip (amministratore delegato), gruppo Benetton ed Eni. <br />
Il fondo, una <a href="http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/100-parole/Diritto/S/Societa-di-gestione-del-risparmio.shtml?uuid=8d9834a6-58b8-11dd-9534-b5e47a9a4888&DocRulesView=Libero" target="_blank">società di gestione del risparmio (sgr)</a>, con una disponibilità di circa 2 miliardi di euro, detiene partecipazioni – e dunque influenza – in aziende attive in molti dei principali settori strategici italiani, tra cui <strong>rete idrica</strong>, <strong>gas</strong>, <strong>aeroporti</strong>,<strong> istituti bancari </strong>e <strong>telecomunicazioni</strong>. Settori, questi, che mentre si svolgeva l'incontro al Quirinale erano al centro del dibattito alla Camera dei Deputati, racchiusi nel c.d. “<strong>Decreto del fare</strong>” del quale, evidentemente, il Fondo era spettatore più che interessato.</p>
<p style="text-align: justify;">
In ambito bancario, quote di partecipazioni di F2i si trovano in Intesa-Sanpaolo; Unicredit, Monte dei Paschi di Siena. Tra le società commerciali si trovano quote del fondo in Enel Rete Gas, Infracris, Mediterranea delle Acque, <strong>Metroweb</strong>, acquistata a maggio 2011 per 436 milioni di euro, che gestisce la <strong>maggiore rete di fibra ottica d'Europa</strong> in consorzio con Intesa Sanpaolo – controllata e socia – amministrata fino a novembre 2011 da quel <strong>Corrado Passera</strong> che è stato ministro proprio alle infrastrutture. Il presidente di Metroweb è <strong>Franco Bassanini</strong>, più volte ministro della Repubblica, che è anche presidente di <strong>Cassa depositi e prestiti (Cdp)</strong> di cui F2i è, dal 2007, una delle diramazioni. L'azionista di maggioranza della Cassa con il 70% è direttamente il <strong>ministero del Tesoro</strong>.</p>
<p style="text-align: justify;">
Forti, per F2i, sono anche gli investimenti nel <strong>settore autostrade</strong>. Tra le partecipate, attraverso la holding Infracis, partecipata al 26%, l'Autostrada del Brennero (A22) e la Brescia-Verona-Vicenza-Padova (<a href="http://www.f2isgr.it/f2isgr/investimenti/portafoglio/infracis.html">qui</a> l'elenco completo). La Cdp nel 2011 ha concesso 765 milioni di euro alla BreBeMi per la costruzione dell'autostrada tra Brescia, Treviglio e Milano. <br />
Un interesse, quello autostradale, che ha una duplice valenza: se da un lato si persegue l'interesse pubblico, dall'altro fondo e Cdp perseguono un interesse più che privato. Nel consiglio di indirizzo di quest'ultimo, infatti, siede <strong>Carlo Colaiacovo</strong>, amministratore delegato di <strong>Colacem S.p.A., terzo produttore italiano di cemento</strong> e capofila del <strong>gruppo Financo</strong>, holding finanziaria di famiglia.</p><a name='more'></a>
<p style="text-align: justify;">
Il punto di forza del fondo è però il <strong>gas</strong>. F2i partecipa infatti sia a <strong>Enel Rete Gas</strong> che in <strong>Snam Rete Gas</strong>, società concorrenti sul mercato il cui presidente è Lorenzo Bini Smaghi. Suo fratello, Bernardo, fa invece il business development di Cdp. <br>
Quest'ultima è però un acquisto fatto dalla controllante del fondo, la Cdp, che dall'Eni ha acquistato l'89% della società Trans Austria Gasleitung GmbH in modo da evitare che la società del cane a sei zampe fosse accusata di violazione della concorrenza nella gestione dei gasdotti dall'Antitrust europea. Prezzo dell'operazione: 675 milioni di euro. Con l'acquisto di <strong>G6 Rete Gas SpA</strong> da Gdf Suez Energia Italia, il fondo diventa il secondo operatore nel mercato italiano del gas (17%). Al primo posto svettano le (sei) zampe dell'Ente Nazionale Idrocarburi, partecipata al 25,76% dalla Cdp. <br />
Infine, quando <strong>Finmeccanica</strong> – controllata per poco meno di un terzo dal ministero del Tesoro - si è trovata con un -2,3 miliardi a chiudere il bilancio 2011, la Cdp è intervenuta acquisendo Avio attraverso Fsi, il quarto “braccio” (l'altro è Cdp I, acronimo di Cassa depositi e prestiti Investimenti sgr) voluto da <strong>Giulio Tremonti</strong> per investire in imprese di rilevante interesse nazionale. (per avere un'idea della “ragnatela” Cdp-F2i, la rivista Altreconomia ha realizzato un'infografica, di seguito). “<strong>Rilevante interesse nazionale</strong>” che, dati i settori d'interesse, non può limitarsi ad una mera questione economica. </p>
<p align="center"><iframe src="http://prezi.com/embed/2j0yx--4_wqb/?bgcolor=ffffff&lock_to_path=0&autoplay=0&autohide_ctrls=0&features=undefined&disabled_features=undefined" width="550" height="400" frameBorder="0"></iframe> </p>
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Innanzitutto perché queste operazioni vengono finanziate per oltre il 90% con denaro proveniente da <strong>libretti postali</strong> o<strong> buoni fruttiferi del tesoro</strong>, permettendo così alla Cassa – nata allo scopo di garantire mutui per gli investimenti degli enti locali ed oggi trasformata in Società per azioni - di essere la banca con maggior liquidità disponibile (<a href="http://www.cassaddpp.it/media/comunicati-stampa/cassa-depositi-e-prestiti-il-cda-approva-il-bilancio-2012.html" target="_blank">139 miliardi di euro al 31 dicembre 2012</a>, anno in cui la Cdp è riuscita a mobilitare risorse pari all'1,5% del Prodotto Interno Lordo italiano). L'idea, dichiarava ad <strong>Altreconomia</strong> <a href="http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=2870" target="_blank">in un articolo del 2011</a> il professor Alessandro Volpi, titolare della cattedra di Geografia politica ed economica alla facoltà di Scienze politiche dell'Università di Pisa ed assessore al Bilancio del Comune di Massa di cui oggi è sindaco, è quella di trasformare la Cassa in un vero e proprio «<strong>fondo sovrano</strong>». «Nei Paesi emergenti questi fondi rispondono a<strong> logiche politiche</strong>, alla capacità di influenzare l'economia in settori strategici», concludeva il professore.</p>
<p style="text-align: justify;">
È evidente come una tale forza economico-finanziaria non possa prescindere da una altrettanto importante forza politica. Il presidente di Cdp e F2i, Bassanini, non è da intendersi esclusivamente come ex ministro chiamato oggi ad altro incarico ma come portatore di amicizie ed interessi sia industriali che politici maturati durante la sua carriera, così come sono da definirsi allo stesso modo le altre personalità che siedono nei consigli di entrambe le società. Tra questi <strong>Mario Sarcinelli</strong>, ex ministro al Commercio estero del sesto governo Fanfani (1987), il cui curriculum annovera la vice-direzione generale della Banca d'Italia o la presidenza della Banca Nazionale del Lavoro (BNL) oggi presidente di <strong>Gesac</strong>, società che gestisce l'aeroporto internazionale di Napoli “Capodichino” partecipata al 65% dal fondo. Altri nomi della “galassia” Cdp-F2i quelli di Cristina Coppola, vice-presidente Confindustria, <strong>Ettore Gotti Tedeschi</strong>, ex presidente dello Ior e <strong>Riccardo Conti</strong>, entrato nel fondo in “quota” Fondazione Monte dei Paschi di Siena nell'aprile 2010. Fino ad un mese prima Conti era assessore alle Infrastrutture e ai trasporti della Regione Toscana – dove gli aeroporti “Galileo Galilei” di Pisa e “Amerigo Vespucci” di Firenze sono per il fondo molto appetibili - mentre oggi è il responsabile nazionale infrastrutture per il <strong>Partito Democratico</strong>. A questo punto è lecito domandarsi se in ambito infrastrutture il partito segua più la linea dettata dal proprio elettorato o quella dettata da F2i.</p>
<p style="text-align: justify;">
È proprio in tal senso che diventa importante cercare di capire chi siano quei <strong>37 nomi ignoti dei “Limited Partners”</strong>. Anche perché la loro quota di partecipazione nel fondo è, con 906 milioni di euro sottoscritti, seconda solo ai tredici azionisti ed agli sponsor (tredici anch'essi), che partecipano con 938 milioni di euro. Altri 8 milioni, invece, sono stati sottoscritti dalle società dei manager e, ancora, dagli sponsor. La rivista Altreconomia, è riuscita ad individuare tre di questi quaranta nomi, cioè la «Cassa previdenziale dei periti industriali (Eppi), quella dei ragionieri e periti commerciali e la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense (avvocati), che ha sottoscritto 60 milioni di euro». Considerando che anche queste organizzazioni andranno a gestire aree ed aziende strategiche del Paese – tra cui i servizi pubblici locali - i loro nomi debbano rimanere segreti, soprattutto alla luce del fatto che il denaro che gestiscono viene raccolto tra quello depositato da circa 12 milioni di italiani.<br>
Così come non si capisce il perché di tutto questo riserbo su un incontro che ha, per motivi a questo punto evidenti, un forte interesse anche per i cittadini italiani, che non possono pretendere la sola “trasparenza delle briciole” di stipendi e dichiarazioni dei redditi.</p>
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<small>Questo post lo trovate anche su:<br /><a href="http://www.infooggi.it/articolo/f2i-i-nomi-di-37-gestori-dellattivita-strategica-italiana-non-sono-noti-perche/47661/">http://www.infooggi.it/articolo/f2i-i-nomi-di-37-gestori-dellattivita-strategica-italiana-non-sono-noti-perche/47661/</a></small></p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-78022146657459265722013-08-09T08:30:00.000+02:002013-10-10T10:52:16.113+02:00Gli interrogativi irrisolti dell'omicidio di Iendi Iannelli e Stefano Siringo<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiSaZonvURM5tjKT7VFWDz1bF8BL9ajw8UTQQApJEUTS_ZXqpl1zUy97-Jf5VLpcLi9LvPobYRSFCrFwZJAHRKC54UvGoP21QDRYfG2X8sjtZHNfe-NOm8g36DiGLFcm-7B6Gq-u9Jitc/s1600/Maidan+Shar-Bamyan.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiSaZonvURM5tjKT7VFWDz1bF8BL9ajw8UTQQApJEUTS_ZXqpl1zUy97-Jf5VLpcLi9LvPobYRSFCrFwZJAHRKC54UvGoP21QDRYfG2X8sjtZHNfe-NOm8g36DiGLFcm-7B6Gq-u9Jitc/s320/Maidan+Shar-Bamyan.jpeg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, sans-serif; font-size: 12px; text-align: start;">foto: strada Maidan Shar-Bamyan;<br>fonte: www.coopitafghanistan.org</span></td></tr>
</tbody></table>
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<strong>Kabul (Afghanistan) -</strong> Ricapitoliamo: <strong>Iendi Iannelli</strong> e <strong>Stefano Siringo</strong> sono due ragazzi romani, rispettivamente di 26 e 32 anni, che nel 2006 arrivano in <strong>Afghanistan</strong> per lavorare all'interno del “<strong><a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/la-cooperazione-in-afghanistan-oppio-e.html">Programma Giustizia</a></strong>”, il progetto portato avanti dalla <strong>cooperazione italiana</strong> per costruire il sistema giudiziario del paese “liberato”. Stefano arriva a Kabul come impiegato del ministero degli Esteri, contratto di quattro mesi, rinnovabile, ed un più che probabile spostamento definitivo in America Latina – sempre grazie alla Farnesina – dove lo aspetta Giulia, la sua fidanzata cubana che non vuole spostarsi dal suo paese. Iendi Iannelli, ex pilone del Torvaianica Rugby cresciuto in Sudafrica, arriva a Kabul come amministratore della <strong>International Development Law Organization (<a href="http://www.idlo.int/HomeIDLO/index.html">Idlo</a>)</strong>, l'organizzazione che gestisce gran parte dei fondi italiani destinati alla cooperazione, dove si occupa per lo più delle spese locali in quanto i cordoni della borsa rimangono alla sede centrale dell'organizzazione, a Roma.</p>
<p style="text-align: justify;">
Vengono rinvenuti privi di vita sul letto della camera di Iannelli presso la Guest House Idlo a Kabul il 16 febbraio 2006. Le prime ipotesi parlano di <strong>avvelenamento da monossido di carbonio</strong> (versione dell'ambasciatore Sequi) proveniente da una stufa a gas che in realtà è elettrica, dopodiché la causa della morte passa all'overdose o, come riferiscono le autopsie «<strong>intossicazione acuta da eroina</strong>». Nel corpo di entrambi i ragazzi vengono infatti ritrovate tracce di <strong>eroina pura all'89%</strong>. Un grado di purezza troppo alto per essere assunto anche dai tossicodipendenti, cosa che i due ragazzi non sono, come raccontano l'assenza di tracce fisiche – come i fori di siringa – e tutti i loro conoscenti. Tutti tranne uno. <strong>Ivano</strong>, il fratello di Iendi, è infatti l'unico a parlare apertamente di un fratello tossicodipendente.</p>
<p style="text-align: justify;">
Perché questa insistenza? Si scopre – in realtà non è un mistero – che Ivano lavora all'<strong>United Nation Office for Project Service</strong><strong> (<a href="http://www.unops.org/english/Pages/default.aspx">Unops</a>)</strong>, una delle due organizzazioni su cui Iendi stava indagando. Analizzando i conti della Idlo, infatti, si era reso conto di un<strong> giro di false fatturazioni tra le due organizzazioni per il valore di 1,5 milioni di dollari</strong>, come confermato anche dal suo successore, Rustam Ergashev, da Edgardo Buscaglia che dirige il lavoro di Iendi e, tra gli altri, da Antonella Deledda, ex vice coordinatrice dell'ufficio di giustizia a Kabul, che a Roma trova le prove dell'esistenza di <strong>due “protocolli” tra Idlo e Unops – rispettivamente di 900.000, 400-500.000 dollari</strong> – che accreditano l'ipotesi investigativa di Iendi, così come confermerà anche la giudice per le indagini preliminari, Rosalba Liso, che si è occupata del caso per la Procura della Repubblica di Roma.</p><a name='more'></a>
<p style="text-align: justify;">
È per questo che Iendi e Stefano vengono uccisi mischiando la droga nel cibo, un metodo “classico“ in Afghanistan. La purezza della droga è altissima, la morte praticamente immediata. Avviene tra le 20,15 e le 21,33 della sera prima, 15 febbraio, e non il giorno 16 come viene invece riportato nel certificato di morte. Dalle autopsie è risultato però che Stefano e Iendi quella sera non cenarono. I "residui carnei" parzialmente digeriti rinvenuti nello stomaco di Iendi risalgono infatti al pranzo delle 14, dopo il quale questi accusò forti dolori addominali che lo costrinsero a tornare alla Guest House, per poi uscire nuovamente per recarsi all'Idlo e passare a prendere Stefano. Da ciò è ipotizzabile che la morte avvenne per iniezione dopo aver stordito i due ragazzi: sul collo di Stefano - all'altezza della giugulare - venne infatti ritrovato un foro inflitto prima della morte (descritto per ben due volte nei referti autoptici). Dopodiché l'assassino - o gli assassini - adagiarono i corpi sul letto e sparsero l'eroina in giro per la stanza. «Questo "particolare"» - evidenzia Barbara Siringo - «non venne mai messo in evidenza dal pm malgrado le nostre insistenze».</p>
<p style="text-align: justify;">
<strong>La chiave.</strong> Allo stesso modo, chi ha preparato la camera aveva un unico scopo: mettere in piedi una scena da post “<strong>droga party</strong>”.<br />
I primi ad arrivare sul posto – almeno i primi ad arrivarci dopo chi ha creato la messinscena – sono Angelo Guadagni e Vincenzo Lattanzi, rispettivamente impiegato e capo del “Progetto Giustizia”, allarmatisi perché Stefano non si era presentato a lavoro, verso le 10 del 16 febbraio. Sono loro a dare origine, per certi versi, al dilemma della chiave: la porta della stanza era infatti in vetro, con telaio di legno, secondo le dichiarazioni chiusa dall'interno. Guadagni tentò prima di rompere la parte del vetro vicina alla toppa, in modo da poter semplicemente girare la chiave ed entrare. Ma la chiave non c'era, da qui la necessità di romperla completamente a colpi di sedia. La chiave, come risulta evidente dalle fotografie (di seguito, per gentile concessione di Barbara Siringo) è però vicinissima alla porta, quando la logica vorrebbe che un tale colpo l'avesse scaraventata più in là, verso il centro della stanza. A meno che anche la posizione della chiave non facesse parte della ricostruzione farlocca e la porta fosse stata precedentemente chiusa dall'esterno. Nessuno ha indagato sulla possibilità che ne fosse stata fatta una copia.</p>
<p align="center"><img style="width: 500px; height: 300px;" src='http://img593.imageshack.us/img593/1040/qe7w.jpg' border='0'/></p>
<p style="text-align: justify;">
Samira Manda, cooperante sudanese che abitava nel compound, dichiarò di aver visto un uomo, identificato come afghano, bussare a quella stessa porta la sera prima. Magari quel <strong>Tareq</strong>, autista fornito dalla Idlo a Iendi, scappato in Pakistan dopo due giorni, forse per paura o perché implicato nella vicenda e scomparso nel nulla dopo aver chiesto ed ottenuto dalla organizzazione l'anticipo sullo stipendio. O magari quel tal “<a href="http://img697.imageshack.us/img697/460/ilmessaggero06072010.pdf" target="_blank"><strong>Rudi</strong></a>” - identificato dal collega ed amico di infanzia di Stefano, Marcello Rossoni – logista segnalato alle Nazioni Unite con l'accusa di gonfiare le fatture rivendendo materiale da lui stesso precedentemente rubato.</p>
<p style="text-align: justify;">
<strong>I corpi.</strong> Quando Guadagni e Lattanzi entrano nella stanza, trovano i corpi di Iendi e Stefano distesi sul letto, ordinatamente e ancora vestiti, come se qualcuno li avesse presi e disposti in quella posizione. Dagli esami fatti dal tossicologo nominato dal pubblico ministero risulta che i due siano morti, intossicati dall'eroina, contemporaneamente. Ma ciò non è possibile data la differenza fisica dei due ragazzi. Sui corpi, o per meglio dire sulle autopsie, dei due esiste un altro dei troppi misteri di questa vicenda: La sera del 15 febbraio, infatti, Iendi accusò forti dolori addominali, ma il contenuto del suo stomaco non venne esaminato, allo stesso modo per Stefano, del quale vennero analizzate solo sangue e urine. Il corpo di Iendi venne frettolosamente cremato, chiudendo la possibilità ad ogni altra futura indagine.</p>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Il pc troppo pulito per essere nuovo.</strong> Per il suo lavoro, Iendi disponeva di due computer: un Sony Vaio ed un Compaq o Hp. Secondo quanto dichiarato da Rossoni, Edgardo Buscaglia chiese ai carabinieri di ispezionare quello dell'ufficio, che però risultò privo di qualunque accenno di attività. Troppo pulito per non pensare ad una formattazione o ad una qualche forma di intervento di mani terze, magari per cancellare proprio le prove che Iendi stava raccogliendo sull'operato delle due organizzazioni.</p>
<p style="text-align: justify;">
<strong>L'omicidio e la beffa.</strong> «La morte del signor Siringo non rientra nel perimetro di copertura del contratto assicurativo», scrivono i <strong>Lloyd's</strong> nella comunicazione fatta alla famiglia Siringo «non rientrando certamente l'omicidio nel concetto di infortunio».</p>
<p style="text-align: justify;">
Ci sono voluti ben sette anni per definire come “<strong>omicidio</strong>” quanto accaduto tra la sera del 15 e la mattina del 16 febbraio 2006. Sette anni dopo i quali, comunque, sono ancora troppi gli interrogativi a cui trovare risposta. «Era abituale» - ha dichiarato Samuel Gonzalez Ruiz nella sua deposizione del 9 febbraio 2011 - «che alcuni fondi che erano destinati ad un programma o ad un paese potessero essere destinati transitoriamente o permanentemente ad altri programmi o Paesi». Non è accettabile, però, che per questa “allegria” nella gestione dei fondi della cooperazione non solo debbano morire due ragazzi arrivati in Afghanistan per fare il loro lavoro ma che, soprattutto, la giustizia italiana non abbia potuto (con il gip Liso) né voluto (con l'insistenza del pm Palamara per una tesi evidentemente smantellata dai fatti) porre risposta a tutte le domande, che dopo sette anni sono tutt'altro che chiuse.</p>
<p style="text-align: right;">
<small>[4 - Fine]</small></p>
<p style="text-align: right;"><small>
<strong>Già pubblicati:</strong><br />
[1 - <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/08/voglio-la-verita-sullomicidio-di-iendi.html">"Voglio la verità sull'omicidio di Iendi Iannelli e Stefano". Intervista a Barbara Siringo</a>; 6 agosto];<br />
[2 - <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/08/distrazione-di-fondi-dalla-cooperazione.html">Distrazione di fondi dalla cooperazione italo-afghana: Iannelli e Siringo uccisi per averlo scoperto</a>; 7 agosto];<br />
[3 - <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/08/caso-iannelli-siringo-che-fine-hanno.html">Caso Iannelli-Siringo: che fine hanno fatto i soldi della cooperazione italo-afghana?</a> 8 agosto]</small></p>
<p align="center">
<small>Questo post lo trovate anche su:<br /><a href="http://www.infooggi.it/articolo/gli-interrogativi-irrisolti-dellomicidio-di-iendi-iannelli-e-stefano-siringo/47305/">http://www.infooggi.it/articolo/gli-interrogativi-irrisolti-dellomicidio-di-iendi-iannelli-e-stefano-siringo/47305/</a></small></p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-33815095977153553672013-08-08T08:30:00.000+02:002013-10-10T10:53:40.917+02:00Caso Iannelli-Siringo: che fine hanno fatto i soldi della cooperazione italo-afghana?<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUBmRTt2yCjc38b8R-H6AfIYS_ftIkJvLqex-VT0dbUk34LSjpNQg5DYU8An4TxBMa09cG7M2C3ognRq7UD4vE0YffebenHQ563Hu61sYdK4IU8VHUL0RAGk2AyhYQ2624Ks91RWZXXAo/s1600/cooperazione+italo-afghana.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUBmRTt2yCjc38b8R-H6AfIYS_ftIkJvLqex-VT0dbUk34LSjpNQg5DYU8An4TxBMa09cG7M2C3ognRq7UD4vE0YffebenHQ563Hu61sYdK4IU8VHUL0RAGk2AyhYQ2624Ks91RWZXXAo/s320/cooperazione+italo-afghana.jpeg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">foto: <span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, sans-serif; font-size: 12px; text-align: start;">afghanistan.cooperazione.esteri.it</span></td></tr>
</tbody></table>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Kabul (Afghanistan) -</strong> <em>Che fine hanno fatto i soldi della <strong>cooperazione occidentale in Afghanistan</strong>?</em> Una parte di quei <a href="http://temi.repubblica.it/limes/in-afghanistan-niente-pace-senza-soldi/28619?printpage=undefined">290 miliardi</a> – lo ha <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/mogadiscio-kabul-la-lunga-strada-della.html">denunciato</a> l'ex capogruppo in commissione Difesa <strong>Augusto Di Stanislao</strong> (qui <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/i-soldi-della-cooperazione-afghana.html">l'intervista</a> che ci ha rilasciato) – va a finire nelle tasche dei <strong>signori della guerra</strong> dell'una e dell'altra parte del fronte (come i soldi utilizzati dal governo italiano per <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/la-cooperazione-in-afghanistan-oppio-e.html">“comprarsi” la pace con i talebani</a> del distretto di Sarobi), un'altra parte – tra il 6 ed il 20 per cento della somma disponibile, secondo una stima dell'istituto di ricerca “<a href="http://www.corpwatch.org/">CorpWatch</a>” – si perde nei passaggi interni alle organizzazioni non governative coinvolte nei progetti di ricostruzione.</p>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Iendi Iannelli</strong> e <strong>Stefano Siringo</strong> lavoravano proprio per uno di questi progetti, il più importante della cooperazione italiana in Afghanistan: il cosiddetto “<strong><a href="http://www.coopitafghanistan.org/?costante_pagina=riabilitazione_giudiziario">Programma Giustizia</a></strong>” al quale – tra il 2002 ed il 2010 - il nostro Paese ha destinato 81 milioni di dollari destinati alla riorganizzazione del sistema giudiziario afghano. <br />
Tra queste organizzazioni c'è la <strong>International Development Law Organization</strong> (<a href="http://www.idlo.int/HomeIDLO/index.html">Idlo</a>), agenzia intergovernativa riferibile alle <strong>Nazioni Unite</strong>, sede centrale in viale Vaticano 106 a Roma e uffici in Afghanistan, Kenya, Kirghizistan, Sud Sudan, Somalia e Tajikistan. La sua attività principale è aiutare i Paesi nella ricostruzione del sistema giuridico-giudiziario attraverso la fornitura di competenze legali, strumenti e professionisti, come i magistrati messicani <strong>Samuel Gonzalez Ruiz</strong> ed <strong>Edgardo Buscaglia</strong>, incaricati dall'organizzazione di formare i pubblici ministeri del nuovo Afghanistan. È dalle casse della Idlo che passa la maggior parte dei fondi della nostra cooperazione nel progetto. Con una parte del denaro ricevuto, la Idlo pagava i servizi – acquisti, sicurezza e logistica – dei quali non poteva occuparsi direttamente e che erano invece appaltati allo <strong>United Nation Office for Project Service</strong> (<a href="http://www.unops.org/english/Pages/default.aspx">Unops</a>), organizzazione che supporta le Nazioni Unite negli aspetti logistici di operazione umanitarie, di pace e di sviluppo anche attraverso la costruzione di strutture sanitarie o la collaborazione alla riforma dei sistemi giudiziari e di sicurezza. <br />
Le decisioni, però, rimangono appannaggio degli uffici di Roma, tanto che – è lo stesso Buscaglia a raccontarlo nella sua deposizione del 28 maggio 2012 - negli uffici di Kabul non sanno neanche quanti soldi hanno realmente.</p>
<p align="justify">
È proprio per la possibilità di accedere ai conti della Idlo che Iendi Iannelli scopre quello che poi sarà il movente dell'omicidio: un <strong>giro di false fatturazioni tra le due organizzazioni</strong>, uno dei sistemi più noti per creare <strong>fondi in “nero”</strong><a name='more'></a>, lasciando il progetto di formazione di giudici e procuratori paralizzato per un anno pur continuando a finanziarlo. Egdargo Buscaglia viene assunto proprio per individuare la destinazione del denaro – che dicerie sostenevano essere stato dirottato verso <strong>Sudan</strong> o <strong>Indonesia</strong> – e far ripartire concretamente il progetto di formazione.<br>
Le indagini giudiziarie però non partono, perché la Idlo si trincera dietro l'<strong>immunità giurisdizionale</strong>, impedendo così di poter visionare la contabilità e facendo venir meno il fulcro delle accuse di Iendi. Tra i fondi dirottati anche una parte di quei 14 milioni destinati dal ministero per gli Affari Esteri al progetto “<strong>Strengthening the rule of Law in Afghanistan</strong>”, di cui 5 milioni arrivati a Kabul nel luglio 2005.<br>
Dalla documentazione contabile della Idlo a cui Iendi, in quanto dipendente amministrativo, aveva accesso, si era reso conto che attraverso le false fatturazioni con l'<strong>ufficio di Dubai della Unops</strong>, erano stati fatti sparire<strong> un milione e mezzo di dollari</strong> (i sospetti sarebbero però su cifre più alte: circa 15 milioni di dollari, scomparsi e riapparsi dopo la morte dei due giovani). <br />
È dall'Emirato che partivano materialmente gli acquisti, dopo che da Roma questi venivano autorizzati.</p>
<p style="text-align: justify;">
Non tutti gli acquisti erano però trattati allo stesso modo. Come si legge in un'<a href="http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/09/17/news/intervista_deledda-42565136/">intervista</a> rilasciata nel settembre 2012 al quotidiano Repubblica da <strong>Antonella Deledda</strong> – all'epoca dei fatti vicedirettore dell'ufficio italiano di giustizia a Kabul - «c'era questo famoso <strong>protocollo</strong> <strong>nel quale Idlo passava a Unops del denaro per avere servizi che non erano collegati al progetto</strong>, cioè soldi ulteriori rispetto a quelli che già riceveva per gli acquisti per il Progetto giustizia». A cosa servissero questi pagamenti extra non è ancora possibile saperlo con certezza, anche perché fin da subito «c'era una volontà di non dire come stavano le cose». Quel che è certo è che Iendi Iannelli era rimasto particolarmente sconvolto da quel protocollo, così come Edgardo Buscaglia, che di Iendi era il capo e che teneva informata Antonella Deledda, la quale parla di <strong>due protocolli</strong>, <strong>rispettivamente di 900.000 e 400-500.000 dollari</strong>, utilizzati dall'Idlo per coprire le spese di viaggio attraverso Unops. Ogni singolo centesimo di quel denaro – essendo donazione del ministero – poteva essere speso senza certificazione e dunque senza comparire in alcun documento ufficiale.<br>
Iendi, però, poteva essere stato sconvolto anche da un altro aspetto della vicenda. Tra i funzionari dell'ufficio di Dubai dell'Unops, infatti, c'era un nome che conosceva molto bene: quello di suo fratello<strong> Ivano</strong>.</p>
<p style="text-align: justify;">
I fratelli Iannelli erano contatti l'uno per l'altro all'interno delle organizzazioni. Il capo di Ivano Iannelli era lo statunitense <strong>Gary K. Helseth</strong> che, <a href="http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2009/03/27/AR2009032702406_2.html?hpid=topnews">secondo quanto scriveva il Washington Post nel 2009</a> – basandosi su un'indagine interna alle Nazioni Unite - nei quattro anni (2002-2006) passati come capo delle operazioni afghane di Unops avrebbe considerato l'organizzazione come il suo conto in banca personale, prelevando circa mezzo milione di dollari dai fondi destinati dall'Agenzia statunitense per lo Sviluppo Internazionale (UsAid) per cene di lusso, viaggi da Dubai a Las Vegas, New York o Firenze e ristrutturazioni che poco avevano a che fare con l'Afghanistan. Dal canto suo, naturalmente, Helseth ha sempre smentito ogni accusa, considerando queste come "<strong>spese di rappresentanza</strong>". </p>
<p align="justify">
È in quegli uffici, tra Roma e Dubai, dove si prendono le decisioni sui flussi di denaro, che probabilmente matura l'omicidio. «I meri sospetti di Iendi Iannelli» - ha scritto il gip Liso - «possono certamente, proprio perché manifestati pochi giorni prima della morte, aver determinato la necessità nei possibili accusati di “mettere a tacere eventuali voci”», esattamente come succede con la <strong>Task Force</strong> formata dalle Nazioni Unite per indagare sul caso-Helseth, che viene sciolta ufficialmente il 31 dicembre 2009 attraverso quello che appare come un vero e proprio cavillo: l'assenza di donne o candidati non americani nella lista per il ruolo di capo del gruppo investigativo, per il quale il nome più forte sembrava essere quello dell'ex pubblico ministero del Connecticut <strong>Robert M. Appleton</strong> – nel 2005 membro della commissione Volcker che ha indagato sullo scandalo “<a href="http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/10_Ottobre/27/oil_for_food.shtml">Oil for food</a>” - che ha citato in giudizio il Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon, per <a href="http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/northamerica/usa/7928675/American-prosecutor-suing-UN-chief-Ban-Ki-moon-for-discrimation.html">discriminazione sul luogo di lavoro</a>. Nei primi 18 mesi di attività, il <a href="http://espresso.repubblica.it/dettaglio/la-task-force-degli-intoccabili/2037318">gruppo</a> di 19 investigatori internazionali guidati da Appleton era riuscito ad individuare <strong>dieci casi di frode e corruzione</strong> – su 63 contratti ispezionati – relativi a forniture per un totale di <strong>610 milioni di dollari</strong> relative a missioni in Somalia, Haiti, Congo, Sudan, Liberia e Timor Est e 25 milioni di fondi indebitamente appropriati.</p>
<p style="text-align: justify;">
Nel corso degli anni, inoltre, sono venute alla luce altri due casi di "malacooperazione". Il primo riguarda la diversa destinazione di circa il 40% degli 890 milioni di dollari destinati alla strada tra Bamiyan e Kabul, la cui tratta <strong>Bamiyan-Maidan Shar</strong> è stata finanziata con oltre 110 milioni della cooperazione italiana dal 2003. Il secondo riguarda invece il <a href="http://www.tmnews.it/web/sezioni/top10/20120316_163105.shtml">milione e 600.000 euro</a> che la Guardia di Finanza ha individuato nell'ambito dell'operazione “Mi certifico italiano” fatti passare come “indennità di missione” attraverso false fatturazioni ai danni della Cooperazione allo Sviluppo del ministero degli Esteri tra il 2005 ed il 2012.</p>
<p style="text-align: justify;">
A Kabul, intanto, Iendi Iannelli sta portando avanti le sue indagini, parlando della pericolosità delle sue scoperte: ne parlò con Stefano – che sembra essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato – con Samuel Gonzalez Ruiz che ha riferito di aver visto il famoso protocollo e con i suoi superiori: Antonella Deledda ed Edgardo Buscaglia, il quale ha un'ulteriore conferma della fondatezza delle indagini di Iannelli lavorando con il successore di quest'ultimo, Rustam Ergashev il quale viene minacciato – lo dichiara la Deledda – direttamente da Ivano Iannelli.</p>
<p align="justify">
Gonzalez Ruiz; Deledda; Buscaglia; Ergashev. Tutte persone che avrebbero potuto fornire elementi importanti per indirizzare sulla strada giusta la giustizia. Se solo fossero stati ascoltati. È emblematico quanto avviene proprio a Gonzalez Ruiz, che il 18 febbraio 2006 – cioè due giorni dopo il ritrovamento dei corpi – scrive una <strong>mail</strong> al pubblico ministero, Luca Palamara, dichiarando se stesso ed il collega Buscaglia «a totale e completa disposizione per qualsiasi tipo di necessità o di informazione», lasciando anche i recapiti telefonici afghani di entrambi. L'audizione avverrà solo 1798 giorni dopo l'omicidio, come ha denunciato sulla pagina dedicata al caso su Facebook Barbara Siringo. D'altronde ce ne sono voluti 1.555 per arrivare alla prima udienza davanti al giudice per le indagini preliminari. Più di 2000, invece, i giorni necessari per scrivere quella verità: <strong>uccisi perché sapevano troppo</strong>.</p>
<div align="center">
<a href="https://www.facebook.com/groups/StefanoSiringo.IendiIannelli/"><img style="width: 500px; height: 150px;" alt="" border="0" src="http://img706.imageshack.us/img706/5941/v3vo.jpg" /></a></div>
<p style="text-align: right;"><small>
[3 - Continua domani]</small></p>
<p style="text-align: right;">
<small><strong>Già pubblicati</strong>:<br />
[1 - <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/08/voglio-la-verita-sullomicidio-di-iendi.html">"Voglio la verità sull'omicidio di Iendi Iannelli e Stefano". Intervista a Barbara Siringo</a>; 6 agosto];<br />
[2 - <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/08/distrazione-di-fondi-dalla-cooperazione.html">Distrazione di fondi dalla cooperazione italo-afghana: Iannelli e Siringo uccisi per averlo scoperto</a>; 7 agosto]</small></p>
<div align="center">
<small>Questo post lo trovate anche su:<br /><a href="http://www.infooggi.it/articolo/caso-iannelli-siringo-che-fine-hanno-fatto-i-soldi-della-cooperazione-italo-afghana/47306/">http://www.infooggi.it/articolo/caso-iannelli-siringo-che-fine-hanno-fatto-i-soldi-della-cooperazione-italo-afghana/47306/</a></small></div>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-88296286482075497712013-08-07T08:30:00.000+02:002013-10-10T10:55:41.160+02:00Distrazione di fondi dalla cooperazione italo-afghana: Iannelli e Siringo uccisi per averlo scoperto<p style="text-align: right;">
<em><small>"Io pretendo che la storia giudiziaria nel mio Paese abbia i "punto" e gli "a capo".
E non gli "omissis""<br>[Marco Paolini]</small></em></p>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOg72fDhzo9DcX5t97oebUl2aCoHyBQE9cVe12NJdjjMous0qB5EsxYt8UEP7mLkF-BskNutvB9s9SrqyDcuZAY30rteBxgYhuT4UIfxLZypwIZGGy5YRRJ4oSsrlVx2c705XWFQHUxxc/s1600/iannelli-siringo.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOg72fDhzo9DcX5t97oebUl2aCoHyBQE9cVe12NJdjjMous0qB5EsxYt8UEP7mLkF-BskNutvB9s9SrqyDcuZAY30rteBxgYhuT4UIfxLZypwIZGGy5YRRJ4oSsrlVx2c705XWFQHUxxc/s320/iannelli-siringo.jpeg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Stefano Siringo (a sinistra) e Iendi Iannelli (a destra);<br> foto: neversleep.it</td></tr>
</tbody></table>
<p style="text-align: justify;"><strong>Kabul (Afghanistan) -</strong> Milioni della <strong>cooperazione italiana</strong> scomparsi, due morti ed una verità che non arriva dopo anni di carte e procedimenti giudiziari. No, non è la <strong>Somalia del 1994</strong>, della “<a href="http://www.unita.it/italia/taormina-choc-su-ilaria-alpi-br-macche-lavoro-era-in-vacanza-1.443809">vacanza</a>” di <strong>Ilaria Alpi</strong> e <strong>Miran Hrovatin</strong> ma l'<strong>Afghanistan</strong> degli 81 milioni di euro spesi tra il 2002 ed il 2010 per il “<strong><a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/la-cooperazione-in-afghanistan-oppio-e.html">Programma Giustizia</a></strong>”, di <strong>Iendi Iannelli</strong> e <strong>Stefano Siringo</strong> che proprio in quel programma – volto alla ricostruzione del sistema giudiziario afghano – erano stati chiamati a lavorare finché non sono stati ritrovati morti, a Kabul, il 16 febbraio 2006. <br />
In entrambi i casi ad uccidere è stata una domanda: <em>che fine hanno fatto i soldi della cooperazione italiana</em>?</p>
<p style="text-align: justify;">
Il giudice per le indagini preliminari che si è occupata del caso – Rosalba Liso, la stessa del caso di Stefano Cucchi – ha racchiuso in un “<em>purtroppo</em>” l'impossibilità di arrivare ad una verità giudiziaria sulla morte, scrivendo nel suo decreto di archiviazione di quell'«omicidio volontario del quale, purtroppo, è rimasto ignoto l'autore o gli autori». «Quel che rimane certo», si legge nel documento, «è che la morte dei due giovani merita chiarezza anche in virtù della necessità che la di loro memoria possa rimanere cristallina».</p>
<p align="justify">
<strong>La scena del crimine per la droga sbagliata.</strong> Nei corpi di Iendi e Stefano vengono trovate tracce di <strong>eroina</strong>, talmente pura – all'89% - da far desistere persino un tossicodipendente in forte crisi di astinenza, a maggior ragione due ragazzi che nemmeno ne facevano uso. <br>
I loro fisici, inoltre, portano una ulteriore conferma al fatto che i due siano stati «intossicati» con la droga da una mano esterna: Stefano, 32 anni, era infatti alto 168 centimetri per 66 chilogrammi; Iendi – ex pilone del Torvaianica Rugby – era invece alto 185 centimetri e pesava più del doppio di Stefano. La reazione fisica all'iniezione sarebbe stata diversa, e nessuno dei due avrebbe avuto il tempo materiale per sistemarsi sul letto, come invece sono stati ritrovati nella camera della Guest House dove Iannelli alloggiava. </p>
<p align="justify">Fin da quando i due vengono ritrovati, la mattina del 16 febbraio, si capisce che qualcosa non va. La scena del crimine, in qualche modo, si scontra con la personalità dei due ragazzi. Chi li ha conosciuti, come si legge nelle deposizioni rilasciate al <strong>pubblico ministero Luca Palamara</strong>, ha confermato con forza che nessuno dei due facesse uso di sostanze stupefacenti, nonostante queste siano state ritrovate in quantità notevole in tutta la stanza. “Piste” di eroina vengono infatti ritrovate sul televisore, su uno stipite, su un pacchetto di carta stagnola su un comodino e su un altro pacchetto posto dall'altro lato della stanza.<a name='more'></a> «Solo un tossicodipendente da eroina all'ultimo stadio avrebbe organizzato un droga-party con tutta quella sostanza la sera precedente di un giorno lavorativo mettendosi a rischio di essere facilmente scoperto, ma se così fosse stato Stefano Siringo non poteva avere controllato le sue anomalie comportamentali mentre lavorava o intratteneva rapporti sociali» ha scritto nel suo parere tecnico-scientifico sulle cause della morte di Stefano Siringo il dottor Icro Maremmani, professore di Medicina delle Farmacotossicodipendenze all'università di Pisa. E lo stesso, stando agli elogi che ne vengono fatti, si può dire anche di Iendi Iannelli. <br>
L'eccessiva quantità di eroina presente nella stanza, inoltre, dovrebbe costituire un altro indizio che quella situazione è stata, in qualche modo, costruita prima dell'arrivo di chi ha indagato (e probabilmente precedendo anche l'arrivo dei primi soccorritori). Il dottor Maremmani scrive, inoltre, che «i reperti ambientali dell'uso dell'eroina non sono tipici della modalità di assunzione dell'eroina bensì della <strong>cocaina</strong>. In altre parole, gli eroinomani in Occidente non usano l'eroina in abbuffate e lasciando la sostanza sparsa nel luogo dell'assunzione». L'ipotesi del dottore è che, dunque, la mano che ha costruito la scena fosse afghana.</p>
<p style="text-align: justify;">
La morte per overdose, però, fu solo il secondo tentativo di porre velocemente fine alla vicenda. Nelle ore successive al ritrovamento dei cadaveri si parlò infatti – come fece l'allora ambasciatore italiano a Kabul, Ettore Sequi – di <strong>morte per monossido di carbonio</strong> prodotto dalla stufa presente nella camera. Piccolo problema: la stufa c'era, ma era elettrica.</p>
<p style="text-align: justify;">
Infine, risulta difficile credere che ci si potesse drogare in maniera così evidente in un posto, la Guest House, in cui gli ospiti lavorano per servizi segreti o ambasciate e dove si può entrare solo dopo essersi fatti identificare. Inoltre, sia Iendi che Stefano lavoravano a stretto contatto quotidiano con dei magistrati del calibro di<strong> Samuel Gonzalez Ruiz</strong>, ex capo dell'unità antimafia in Messico, noto per la sua attività di contrasto ai cartelli messicani e <strong>Edgardo Buscaglia</strong>, che insieme hanno firmato vari articoli sui narcotrafficanti messicani ed una denuncia di «malagestione, piccoli episodi di corruzione e nepotismi» all'interno dello United Nations Office on Drugs and Crime (<strong>Unodc</strong>) per il quale entrambi lavoravano prima di essere chiamati a Kabul. <br />
Insomma, l'alto profilo di chi tutti i giorni aveva a che fare con Iendi e Stefano pone una certezza: se i due fossero stati tossicodipendenti – e l'assenza di fori di siringa pone un altra frattura in questa ricostruzione – chi gli stava intorno se ne sarebbe accorto nel giro di poco tempo.</p>
<p style="text-align: justify;">
Oltre al pubblico ministero Luca Palamara – che ha da sempre escluso ogni altra ipotesi che non fosse la “<em>morte sopraggiunta in conseguenza di altro reato</em>“ e che non ha dato risposta alle nostre richieste di commento – a parlare apertamente di tossicodipendenza è anche <strong>Ivano Iannelli</strong>, fratello di Iendi e figlio dell'ex agente dei servizi segreti Gennaro. L'unico ruolo attivo nella vicenda dei familiari di Iendi è stato chiedere l'immediata cremazione del suo corpo. Nessuno di loro è mai stato ascoltato in sede processuale. Sarebbe interessante capirne il perché, così come capire perché un uomo possa infangare volutamente la memoria del fratello appena morto. Un comportamento diametralmente opposto a quello di Barbara, sorella di Stefano che fin da subito si è battuta e continua a battersi con invidiabile tenacia, affinché ogni ombra sul fratello venga cancellata.</p>
<p style="text-align: justify;">
A volerle guardare bene le dichiarazioni di Ivano, emerge un fatto curioso: in questa storia Ivano non interpreta solo il ruolo di fratello di una delle vittime ma di possibile protagonista proprio di quella indagine per la quale Iendi e Stefano sono morti.</p>
<p style="text-align: right;">
<small>[2 - Continua domani]</small></p>
<p style="text-align: right;">
<small><strong>Già pubblicati:</strong><br />
[1 - <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/08/voglio-la-verita-sullomicidio-di-iendi.html">"Voglio la verità sull'omicidio di Iendi Iannelli e Stefano". Intervista a Barbara Siringo</a>; 6 agosto]</small></p>
<div align="center">
<small>Questo post lo trovate anche su:<br /><a href="http://www.infooggi.it/articolo/distrazione-di-fondi-dalla-cooperazione-italo-afghana-iannelli-e-siringo-uccisi-per-averlo-scoperto/47304/">http://www.infooggi.it/articolo/distrazione-di-fondi-dalla-cooperazione-italo-afghana-iannelli-e-siringo-uccisi-per-averlo-scoperto/47304/</a></small></div>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-48929798169396986202013-08-06T08:30:00.000+02:002013-10-10T10:54:31.856+02:00"Voglio la verità sull'omicidio di Iendi Iannelli e Stefano". Intervista a Barbara Siringo<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUD0wyF-5NBJmE88hEwDOWZd21mTa_Q6TZVPoXgnSNBlamCeKyLhHuXy0PU95pXOtKxeRVeKjtq6loGVmszBaju6fZuKiYPVxVXl4HEd-ZzFpT5lS7U6tssr5ItbE364vFfJdS00QEKSo/s1600/barbarasiringo.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUD0wyF-5NBJmE88hEwDOWZd21mTa_Q6TZVPoXgnSNBlamCeKyLhHuXy0PU95pXOtKxeRVeKjtq6loGVmszBaju6fZuKiYPVxVXl4HEd-ZzFpT5lS7U6tssr5ItbE364vFfJdS00QEKSo/s320/barbarasiringo.jpeg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">foto: profilo personale di Barbara Siringo; fonte: facebook</td></tr>
</tbody></table>
<p style="text-align: justify;"><strong>Roma -</strong> Nelle scorse settimane abbiamo iniziato a parlare del ruolo italiano in <strong>Afghanistan</strong>, svelando sia<a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/la-cooperazione-in-afghanistan-oppio-e.html"> un'attività militare – come risulta dai cables di Wikileaks – ben più ampia di quanto ci è sempre stato raccontato</a> che il nostro ruolo all'interno della <strong>cooperazione internazionale</strong>. <br>
In quest'ultimo ambito, in un tragitto che collega idealmente l'Afghanistan con la <strong>Somalia</strong> della metà degli anni Novanta, dei rifiuti tossici e degli omicidi di <strong>Ilaria Alpi</strong>, <strong>Miran Hrovatin</strong> e <strong>Vincenzo Li Causi</strong>, la domanda da porsi è la stessa che portò la giornalista del Tg3 a Mogadiscio: <em>che fine hanno fatto i soldi della cooperazione italiana?</em></p>
<p style="text-align: justify;">
A questa domanda hanno tentato di rispondere due ragazzi romani, <strong>Iendi Iannelli</strong> e <strong>Stefano Siringo</strong>, arrivati in Afghanistan nell'ambito del “<strong><a href="http://www.coopitafghanistan.org/?costante_pagina=progetto_giustizia">Progetto Giustizia</a></strong>” - il piano di ricostruzione del sistema giudiziario afghano - e trovati morti nella loro camera alla Guest House di Kabul il 16 febbraio 2006. <br />
Ne abbiamo parlato con <strong>Barbara</strong> (<em>nella foto</em>), sorella di Stefano che da quel giorno si batte affinché la verità sull'omicidio – di cui parleremo approfonditamente nei prossimi giorni – venga chiarita.</p>
<p align="justify"><strong>Partirei innanzitutto parlando di Stefano: chi era e perché era andato in Afghanistan?</strong><br>
Stefano era la persona più vitale che io abbia mai conosciuto! Era pieno di interessi e sempre circondato da amici, sempre allegro e pronto allo scherzo, abituato a non abbattersi mai anche di fronte alle grandi prove che nella sua pur breve vita si è trovato ad affrontare. Nel 2004 l’allora ministro degli Esteri Gianfranco Fini (si conoscevano perché abitavano nello stesso condominio), informandosi sui suoi studi (gli mancavano pochi esami alla laurea in legge) e sui suoi progetti, gli propose un colloquio al Dipartimento della Cooperazione Internazionale per un’eventuale collaborazione all’estero.<br />
Stefano adorava viaggiare, non come semplice turista ma spinto dalla curiosità di conoscere altri popoli, le loro condizioni di vita, le loro usanze ed abitudini; accettò con entusiasmo la proposta, ne era lusingato. Fu così che – nel marzo 2005 - gli venne assegnata una prima missione a Kabul come logista per il Progetto Giustizia, che si occupava di sostenere la creazione di un impianto giudiziario indipendente in Afghanistan. La missione durava 4 mesi ma, poiché il suo lavoro venne molto apprezzato, l’ambasciatrice Brunetti (titolare del progetto) ne richiese per ben due volte il rinnovo che venne concesso dal Dipartimento. Quando morì era alla sua terza missione a Kabul, sarebbe stata l’ultima ed il suo rientro era previsto per maggio: dal Ministero gli avevano prospettato la possibilità di lavorare in America Latina, paese che Stefano adorava e dove aveva deciso di andare a vivere.</p><a name='more'></a>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Ad un certo punto, dopo che suo fratello le dice di avere informazioni che non può darle per telefono né attraverso internet, succede che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Cosa si prova a sentirsi etichettare il fratello come tossicodipendente pur sapendo che è una falsità?</strong><br>
Quando ho conosciuto gli esiti dell’autopsia ho voluto esaminare la situazione con distacco, cercando di non farmi coinvolgere dai sentimenti. Mi rendevo conto che Stefano viveva ormai da un anno a Kabul, e in un anno le persone – soprattutto in condizioni di vita difficili – possono cambiare. Stefano non aveva mai fatto uso di droghe pesanti ma non potevo avere la certezza che non fosse cambiato. La mia priorità, da quando arrivò la terribile notizia, era conoscere la Verità, qualunque fosse. Solo in seguito, verificando dagli atti e dalle testimonianze della gente che aveva lavorato insieme a lui in quel lungo periodo che non esisteva neanche una lontana possibilità che avesse iniziato a consumare eroina, ed insospettita per i continui ritardi e “intoppi” delle indagini, iniziò a montare la rabbia. E se anche le carte ed i referti autoptici avessero rivelato la tossicodipendenza di Stefano (<em>e così non è stato</em>) era palese che insieme al suo amico Iendi Iannelli erano stati vittime di un omicidio. Il continuo insistere sulla loro presunta tossicodipendenza portò alla luce le reali intenzioni di chi si stava occupando della vicenda: nascondere la Verità.</p>
<p align="justify">
<strong>Cosa avete provato, lei e i suoi familiari, fino a che il Giudice per le indagini preliminari, Rosalba Liso, ha accertato che Stefano e Iendi sono stati uccisi?</strong><br>
Questi quasi sette anni sono stati intrisi di dolore, incertezza e speranza che “qualcuno” esaminando onestamente gli atti capisse cosa fosse realmente successo e lo riconoscesse. Sette anni. Nella prima udienza la GIP ha ascoltato con attenzione l’arringa del nostro avvocato Luciano Tonietti, ha esaminato tutte le carte in atti, ha chiesto accertamenti ed ulteriori indagini. Ha, in questo modo, costretto gli inquirenti ad approfondire i lati oscuri di questa vicenda. E, malgrado i pietosi tentativi di dare un significato diverso a quanto ormai emergeva dai nuovi accertamenti, ha saputo leggerne i risultati in maniera oggettiva ed è arrivata all’unica conclusione possibile. L’emozione è stata fortissima: da un lato il sollievo per aver vista riconosciuta l’evidenza dei fatti, dall’altro l’amarezza perché questo duplice delitto – visti i tempi biblici delle indagini ed il loro pessimo svolgimento – non vedrà mai puniti i colpevoli, mandanti ed esecutori.</p>
<p align="justify">
<strong>Due episodi sembrano essere particolarmente inquietanti in questa vicenda, dandone una lettura diversa da quella che si vuole far emergere. Il primo aspetto è il comportamento della famiglia di Iendi Iannelli, che si è completamente disinteressata della vicenda (confermando che lo stesso era un tossicodipendente, cosa non vera*come dichiarato da chiunque lo conoscesse e confermato dal decreto di archiviazione del gip). Che idea si è fatta in merito?</strong><br>
Il padre di Iendi lavorava nei Servizi Segreti. Il fratello, Ivano, come è stato chiaramente dichiarato nelle testimonianze (<em>non</em> riportate in atti ma fortunatamente registrate nell’inchiesta che le ho inviato) era stato l’artefice del famoso “<strong>protocollo informale</strong>” stipulato tra <strong>IDLO</strong> (dove Iendi aveva preso il posto prima occupato dal fratello) e la <strong>UNOPS</strong> (dove lavorava Ivano). Si parla di un accordo per circa 10 milioni di dollari di fondi destinati al Progetto Giustizia che avrebbero preso un’altra strada. Quando incontrai il padre di Iendi cercò di convincermi che “i ragazzi avevano esagerato” e mi ricordo che gli risposi che secondo me si era trattato di un atto dimostrativo. Ivano dichiarò urbi et orbi che il fratello aveva problemi di droga (Iendi era un ex rugbista astemio che non aveva <em>mai</em> toccato droghe pesanti). La sensazione, ancora forte dopo tanti anni, è che sia il padre che il fratello erano perfettamente a conoscenza dei motivi della loro morte e che, in un certo senso, ne fossero coinvolti se non altro per non aver fatto nulla per evitarla. Ad oggi non ho avuto ancora il piacere di sentire la loro versione e nessun inquirente incaricato delle indagini ha mai convocato Ivano Iannelli, se non altro per farsi spiegare il motivo delle sue dichiarazioni.</p>
<p align="justify">
<strong>Il secondo aspetto particolare di questa vicenda è il comportamento tenuto dal pubblico ministero Luca Palamara. Anche in questo caso, cosa ne pensa?</strong><br>
Il Pubblico Ministero in questa vicenda ha fatto il lavoro della pubblica accusa, non certo quello che in una sua intervista del gennaio 2011 dichiarava con convinzione: "<em>I magistrati svolgono il loro difficile compito con serietà e rigore, nel pieno rispetto delle norme processuali e dei diritti delle persone coinvolte, con l'unico scopo di accertare i fatti.</em>" In questo caso il Dottor Palamara ha dimostrato con tenacia di non volere accertare i fatti; non mi spiego altrimenti l’assenza negli atti di importanti testimonianze, o l’ennesima richiesta di archiviazione per “morte in conseguenza di altro reato” malgrado il reato iscritto fosse stato variato in “omicidio volontario” con l’ordinanza del GIP. Stranamente però, non ha mai ritenuto doveroso spiegare “come” secondo lui fossero morti i due ragazzi; non si è mai presentato a nessuna delle 3 udienze e non ha mai rilasciato dichiarazioni che servissero a conoscere le sue ipotesi sulla vicenda. Sappiamo solo che per lui Stefano e Iendi erano due tossicodipendenti, ma non ha mai sentito il bisogno di spiegarci le modalità che ritiene abbiano portato alla loro morte. <br>
Preferisco non dare giudizi su questo “<em>modus operandi</em>” perché sono troppo coinvolta e potrei non essere oggettiva; ritengo tuttavia che il mio diritto incontestabile di conoscere la dinamica dell’accaduto ipotizzata dal P.M. sia stato disatteso.<br>Il Dottor Palamara è incaricato anche dell’inchiesta sulla misteriosa morte del carabiniere Cristiano Brigotti avvenuta ad Algeri nel dicembre 2006. Anche in questa terribile vicenda c’è una famiglia che aspetta di conoscere “come e perché” sia morto il loro congiunto.</p>
<p align="justify">
<strong>In più, le arriva la negazione del risarcimento da parte dei Lloyd's..</strong><br>
Quella è stata la ciliegina sulla panna di questa torta ormai rancida. Le motivazioni addotte dall’avvocato Roberta M. Battaini – dello studio legale che tutela le assicurazioni Lloyd’s – sono assolutamente campate in aria, un tentativo ridicolo di riscrivere gli accordi contrattuali siglati con il Ministero degli Esteri. La dottoressa Battaini arriva a negare che i Lloyd’s assicurino la morte in caso di omicidio ma ritiene che avrebbero sicuramente liquidato il premio concordato se Stefano fosse morto in seguito ad un infortunio. Insomma: se Stefano, cadendo dalla bici mentre girava spensierato per Kabul, fosse morto sbattendo la testa i Lloyd’s non si sarebbero opposti al risarcimento. Al contrario, poiché Stefano è stato ucciso nella stanza di una Guest House a causa di ciò che lui e Iendi avevano scoperto su un grave peculato ai danni del Progetto Giustizia (cioè del Ministero degli Esteri, cioè dei contribuenti italiani), ritengono che il risarcimento non sia dovuto.<br>
Stranamente però, pur ritenendosi convinti della correttezza dell’interpretazione del contratto data dalla dottoressa Battaini, hanno contattato telefonicamente i nostri legali per proporre meno della metà della cifra pattuita con il Ministero. Alla richiesta, da parte dei legali, di formulare per iscritto questa proposta, si sono nettamente rifiutati.</p>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Secondo le impressioni che ha avuto in questi anni: perché non si vuole arrivare alla verità?</strong><br>
Visti gli sforzi prodotti in tal senso per ben 7 anni ho ragione di ritenere che questa vicenda nasconda qualcosa di veramente grosso che potrebbe coinvolgere qualche personaggio di un certo rilievo della politica italiana.<br>
Nel 2008, in seguito ad un’inchiesta svolta dall’ONU nei confronti dell’UNOPS, è stata accertata un’importante distrazione dei fondi destinati al Progetto Giustizia in Afghanistan da parte di un dirigente dell’epoca – tale Gary H. Helseth – motivo per cui venne licenziato in tronco.<br>
Questo Helseth era in ottimi rapporti con il suo sottoposto Ivano Iannelli ma nessuno ha mai pensato di approfondire con lui la questione.<br>
Dopo poco anche Ivano Iannelli lasciò la UNOPS.<br>
Chissà se, ora che è aperto un fascicolo per peculato, qualcuno riterrà interessante chiedere a chi in quegli anni operava in UNOPS i dettagli di questo famoso “protocollo”. Magari si potrebbe arrivare a conoscere con esattezza il contesto e le motivazioni legate all’omicidio dei nostri fratelli. Io vorrei che fossero finalmente noti i motivi e la dinamica di questo duplice omicidio, chissà se è interessata anche la famiglia di Iendi…</p>
<p align="justify">
<strong>Le ricostruzioni fatte sui giornali descrivono sempre un ruolo di “secondo piano” per Stefano, come se si fosse “semplicemente” trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Leggendo i documenti sembra un po' meno casuale che sia stato ucciso anche lui. Penso anche alla sparizione dei tabulati telefonici o ai buchi descritti nell'autopsia dei quali, diversamente da quanto scritto da alcuni giornali, non sembrano essere stati trovati su Iendi. </strong> <br />
Io credo che Stefano fosse a conoscenza di quanto aveva scoperto Iendi sulle doppie fatturazioni tra IDLO e UNOPS. Tra lui e Iendi si era creata una bella amicizia e passavano insieme tutto il tempo libero: sono certa che Iendi avesse confidato anche a Stefano l’esito delle sue ricerche. Quella sera, come tante altre, erano insieme perché in Guest house avevano wi-fi e satellite e potevano quindi chattare con gli amici italiani e vedere un po’ di tv. Per quanto riguarda il referto autoptico di Iendi, anche io sono rimasta stupita dell’assenza di note relative ai prelievi che avevano subito già a Kabul (come descritto dai carabinieri). E’ anche vero che al momento dell’autopsia di Iendi era presente un perito incaricato dalla famiglia e curiosamente <em>non</em> venne annotato che Iendi aveva mezzo polmone in meno ed una protesi alla mandibola (entrambi a causa di un tumore che lo aveva aggredito anni prima e dal quale era completamente guarito). Leggendo i referti sembrerebbe l’autopsia di una persona mai colpita da una malattia così grave.</p>
<p align="justify"><strong>Le autopsie sembrano essere state fatte in maniera lacunosa, tanto che - come scrivete nella memoria difensiva - "non esiste alcuna certezza sia sul giorno che sull'ora, almeno presunta della morte". Perché secondo lei si è proceduto in questo modo? Sorge il dubbio, avendo un quadro più dettagliato della vicenda, che non da Kabul fosse partita la necessità di tappare la bocca a Stefano e Iendi, quanto da palazzi più vicini a noi come quelli delle istituzioni romane. Sono mai state fatte ipotesi in tal senso? </strong><br>
Già il certificato di morte redatto a Kabul dai medici dell’ospedale militare tedesco dove i corpi subirono un primo esame non riporta un’ora presunta della morte: viene solo annotata la data del 16 febbraio 2006 – giorno della scoperta – ma non viene compilato lo spazio relativo all’ora dei decessi. L’idea che mi sono fatta – visto anche l’atteggiamento tenuto dalle istituzioni in questi anni – è che realmente ci sia stato un ordine “superiore” teso a nascondere l’enorme distrazione di fondi ai danni dell’Italia; ed il fatto – assai strano – che il Ministero degli Esteri non si sia costituito parte lesa né nell’inchiesta sul peculato, né una volta accertato l’omicidio dei ragazzi, non fa che consolidare i miei sospetti.</p>
<p align="justify">
<strong>Perché, secondo lei, Vincenzo Lattanzi e Angelo Guadagni nelle deposizioni danno delle versioni evidentemente smentite dai fatti, come la storia della posizione della chiave della stanza?</strong></br>
Bisogna capire il loro stato d’animo. Angelo Guadagni aveva ospitato Stefano nel suo appartamento nei primi mesi dal suo arrivo. Lavoravano nella stessa stanza, insieme tutto il giorno, ed Angelo lo trattava come un figlio. Angelo si accorse per primo della morte dei ragazzi, una volta entrato nella stanza, ma venne ascoltato solo poche ore dopo la scoperta, quando era ancora sotto choc. Ulteriori richieste da parte nostra, ed anche da parte del GIP se ben ricordo (ma devo verificare), di chiedere una nuova deposizione con domande più mirate ai dettagli <em>non</em> sono mai state accolte dal PM Palamara.<br />
Quando Angelo venne a trovare mio padre a Roma ci descrisse con più dovizia di particolari quella terribile mattina e fu più preciso nel ricordare i suoi gesti: ricordava, ad esempio, di aver rotto il pannello laterale in vetro della porta per cercare la chiave all’interno e poterla aprire. Ma la chiave non c’era e fu costretto a sfondare la porta. Nella sua testimonianza parla di una terza persona presente in quel momento e qualificatasi come “appartenente alla sicurezza della guesthouse” che aiutò lui e Lattanzi a sfondare la porta.<br>
Per quanto riguarda Lattanzi, che ho conosciuto quando sono andata a Kabul, mi è sembrato un tipo molto riluttante a prendere una posizione o ad esprimere un parere in merito alla vicenda. Anche lui conosceva bene Stefano ma mi ha dato l’impressione di aver timore di parlare dell’accaduto, un tipo che voleva farsi i fatti suoi.<br />
La chiave comunque venne “ritrovata” sul pavimento all’interno della stanza proprio in prossimità della porta. La posizione della chiave ci ha fatto venire il sospetto che sia stata “posata” lì da qualcuno che è entrato nella stanza dopo la scoperta dei corpi: se fosse caduta in seguito all’abbattimento della porta – tesi su cui insistette il P.M. – secondo il nostro modesto parere e per le leggi della fisica, sarebbe stato assai più probabile ritrovarla più verso il centro della stanza, non così vicina alla porta. Ipotesi comunque improbabile visto che si trattava di una chiave dentellata e sarebbe stato più realistico ritrovarla ancora inserita nella serratura.</p>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Perché Ruiz, Ergashev e Buscaglia, coloro che avrebbero potuto ricostruire dettagliatamente il movente, non vengono mai ascoltati?</strong><br>
Gonzalez-Ruiz e Buscaglia sono stati ascoltati dopo tantissimo tempo e solo in conseguenza dell’ordinanza del GIP. Già da anni, da quando abbiamo avuto gli atti a disposizione, io ed i miei legali avevamo richiesto con diverse memorie difensive e persino nelle opposizioni di contattare questi due importanti testimoni agganciandoci anche ai suggerimenti del nucleo investigativo dei carabinieri che esprimevano nella loro relazione la necessità di ascoltarli. Ma prima delle richieste del GIP il PM Palamara non ha mai ritenuto utile ascoltarli. Le dirò di più: poiché in un paio di occasioni i carabinieri dichiararono di non riuscire a contattarli, fui io stessa a metterli in contatto con loro dimostrandogli che – a differenza di quanto avevano dichiarato in atti – sia Gonzalez-Ruiz che Buscaglia erano reperibilissimi.<br>
Per quanto riguarda Ergashev non hanno semplicemente neanche provato a cercarlo, malgrado io stessa abbia fornito loro i suoi indirizzi e-mail trovati senza problemi in internet.</p>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Infine, è mai entrata in contatto con il giudice Zeuli per chiedergli il perché di quella dedica sul Codice Penale?</strong><br>
Ho conosciuto personalmente il giudice Zeuli che mi ha spiegato di aver lavorato qualche mese a Kabul insieme a Stefano e di essere rimasto colpito dalla sua allegria. Ricorda sempre che, in un momento di smarrimento, confidò a Stefano di temere per sé e per la sua famiglia e Stefano lo incoraggiò dicendogli che “nelle guerre sono sempre i soldati a morire e non gli ufficiali”. Quando Stefano e Iendi furono trovati morti Zeuli era già tornato in Italia ma rimase dolorosamente colpito dalla notizia. La sua dedica viene pubblicata ogni anno sull’edizione del Codice Penale perché era ed è convinto che Stefano fosse un bravo ragazzo.</p>
<p style="text-align: right;"><small>
<em>[1 - Continua domani]</em></small></p>
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<small>Questo post lo trovate anche su:<br /><a href="http://www.infooggi.it/articolo/voglio-la-verita-sullomicidio-di-iendi-iannelli-e-stefano-siringo-intervista-a-barbara-siringo/47301/">http://www.infooggi.it/articolo/voglio-la-verita-sullomicidio-di-iendi-iannelli-e-stefano-siringo-intervista-a-barbara-siringo/47301/</a></small></div>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-13553636662804017702013-07-19T08:30:00.000+02:002013-08-04T10:36:53.966+02:00Per una "controstoria" dell'invasione in Afghanistan. Intervista ad Enrico Piovesana<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitQ5sn6TLswOc-zILZjKRg4AbRPAHunTVZ64QN_V7xLhUcXjVO7JJNJcaApuTr4JGsaBX8Ih31meePgW9TU7cBno2EfFHkrX3C-F6GH_4BIODXAUmG-PQH6WWeXJo9vUhp6H5FixZ02tU/s1600/piovesana.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitQ5sn6TLswOc-zILZjKRg4AbRPAHunTVZ64QN_V7xLhUcXjVO7JJNJcaApuTr4JGsaBX8Ih31meePgW9TU7cBno2EfFHkrX3C-F6GH_4BIODXAUmG-PQH6WWeXJo9vUhp6H5FixZ02tU/s320/piovesana.jpeg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">foto: articolo11.net</td></tr>
</tbody></table>
<p align="justify"><strong>Kabul (Afghanistan) -</strong> La guerra in Afghanistan ha avuto - e continuerà ad avere con la nuova missione "<b>Resolute Support</b>" - cause ben diverse da quelle che le "diplomazie mediatico-militari" hanno raccontato in questi dodici anni. Fronteggiare i talebani non significava democratizzare il Paese né combattere il terrorismo. La guerra in Afghanistan è stata, in buona sostanza, una gigantesca "guerra di mercato": quella per il controllo dell'oppio. Ne abbiamo parlato con <strong>Enrico Piovesana</strong>, (<i>nella foto</i>) giornalista professionista e reporter di guerra specializzato in armi e conflitti. </p>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Partiamo da quello che ormai sembra essere un dato di fatto: per il contingente occidentale in Afghanistan il problema dell'oppio non è eradicarlo.</strong><br />
In Afghanistan, americani e alleati hanno scelto fin dal 2001 di non immischiarsi nelle campagne di eradicazione delle coltivazioni di papavero, lasciando che se ne occupasse la polizia afgana. “Non distruggeremo le piantagioni di papavero - spiegherà alla stampa internazionale l’assistente strategico del generale americano Stanley McChrystal - perché non possiamo colpire la fonte di sussistenza della popolazione di cui vogliamo conquistare la fiducia”. Questa semplice verità verrà pubblicamente affermata più volte nel corso degli anni dai vertici militari e politici di Washington.
<br>
Questo “non interventismo” - ben rappresentato dalle tante immagini dei soldati occidentali in pattuglia tra i campi di papavero, magari fermi a chiacchiere con i contadini intenti a raccogliere oppio - è stato criticato per la sua ovvia ricaduta negativa sul contrasto alla produzione di oppio ed eroina. A smorzare queste le critiche, però, c’è sempre stata l’attenuante dall’aspetto ‘umanitario’ di tale decisione, vale a dire il riguardo - per quanto strumentale - nei confronti delle condizioni di vita della popolazione. </p>
<p style="text-align: justify;"><strong>Chi trae vantaggio da questa politica di “non interventismo”?</strong><br />
Questo <em>laissez-faire</em> non si limita ai contadini che sopravvivono grazie all’oppio, ma riguarda anche i signori della droga che gestiscono il narcobusiness afgano. Alla fine del 2001 questi warlord – reclutati dalla CIA per attaccare i talebani, come ha scritto lo storico americano Alfred McCoy - guidavano la resistenza armata anti-talebana nota come Alleanza del Nord, un fronte armato multietnico dominato dai tagichi del maresciallo Mohammed Qasim Fahim e dagli uzbechi del generale Abdul Rashid Dostum. <a name='more'></a><br>
In questo caso, infatti, siamo di fronte a una fredda e cinica logica di realpolitik, in base alla quale si sceglie di sacrificare ciò che è giusto (contrastare il narcotraffico) in nome di ciò che è necessario (sconfiggere il nemico). Anche se questo significa mettere in conto la perdita di un numero enorme di vite umane molte più di quelle provocate dal terrorismo e dalla guerra contro di esso.</p>
<p style="text-align: justify;"><strong>Questo <em>laissez-faire</em> ha però non solo portato a non contrastare il traffico di droga a livello internazionale, ma a non contrastare nemmeno un altro aspetto poco indagato che ha conseguenze ugualmente globali: la tossicodipendenza.</strong><br>
Ogni anno nel mondo almeno centomila persone muoiono a causa dell’eroina afgana a basso costo che ha invaso il pianeta, soprattutto in Europa e in Russia. Tale catastrofico risultato non è il frutto di errori o sviste politiche dell’Occidente, ma di una consapevole decisione politica presa dall’amministrazione Bush e portata avanti, seppur con alcune modifiche, dall’amministrazione Obama che, come sintetizza un rapporto del think-tank neyorkese Center on International Cooperation, va a colpire in maniera “selettiva” solo i signori della guerra legati ai talebani. L’elenco dei narcotrafficanti locali alleati degli USA e della NATO è lungo e comprende nomi di primo piano della politica afgana. </p>
<p style="text-align: justify;"><strong>Lettori e telespettatori – quanto meno quelli italiani – hanno saputo ben poco di queste vicende, bloccate tra la caccia ad Osama bin Laden (con i suoi video di risposta) e quella al Mullah Omar. Cosa ne pensa?</strong><br>
Ovviamente la nuova strategia viene venduta all’opinione pubblica in maniera ben diversa, con una campagna stampa mondiale volta a mettere in ombra il ruolo dei signori della droga legati al governo Kazrai e all’Occidente, facendo passare l’idea che il business afgano dell’oppio e dell’eroina sia gestito esclusivamente dai talebani. Esattamente il contrario della realtà che emerge dai dati pubblicati annualmente dalle stesse Nazioni Unite, secondo cui gli insurgents intascano mediamente non più del 10 percento dei profitti generati localmente dell’industria afgana della droga: circa il 20 percento è il guadagno dei contadini che coltivano papaveri e tutto il resto finisce in tasca ai narcotrafficanti tollerati o protetti dagli USA e dalla NATO e ai funzionari pubblici del governo da essi sostenuto. </p>
<div style="text-align: right;">
<em><small>[10- Continua]</small></em></div>
<div align="right">
<small><b>Già pubblicati:</b><br />[1-<a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/afghanistan-leditto-anti-oppio-e-lo.html">Afghanistan, l'editto anti-oppio e lo "strano" tempismo di una guerra che non finirà</a>, 9 luglio]<br />
[2-<a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/il-signor-smith-svela-la-missione-oppio.html">Il Signor Smith svela la "Missione oppio". Intervista a Giorgia Pietropaoli</a>, 10 luglio]<br />
[3- <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/loppio-afghano-finanzia-le-campagne.html">L'oppio afghano finanzia le campagne elettorali (statunitensi)?</a>, 11 luglio]<br />[4- <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/bigpharma-il-grande-elettore-tra-obama.html">BigPharma: il grande elettore tra Obama e Bush</a>, 12 luglio]<br />
[5- <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/afghanistan-52-macchie-di-sangue-sulla.html">Afghanistan, 52 macchie di sangue sulla bandiera italiana. Più una</a>, 13 luglio]<br />
[6- <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/afghanistan-cristiano-congiu-e-morto.html">Afghanistan, Cristiano Congiu è morto davvero per criminalità comune?</a>, 14 luglio]<br />
[7- <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/mogadiscio-kabul-la-lunga-strada-della.html">Mogadiscio-Kabul, la lunga strada della (mala)cooperazione </a>, 15 luglio]<br />
[8- <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/la-cooperazione-in-afghanistan-oppio-e.html">La cooperazione in Afghanistan? Oppio e aiuti internazionali</a>, 16 luglio]<br />
[9- <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/i-soldi-della-cooperazione-afghana.html">I soldi della cooperazione afghana tornano ai paesi donatori. Intervista ad Augusto Di Stanislao</a>, 17 luglio]</small></div>
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<small>Questo post lo trovate anche su:<br /><a href="http://www.infooggi.it/articolo/per-una-controstoria-dellinvasione-in-afghanistan-intervista-ad-enrico-piovesana/46218/">http://www.infooggi.it/articolo/per-una-controstoria-dellinvasione-in-afghanistan-intervista-ad-enrico-piovesana/46218/</a></small></div>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-13687905484376015722013-07-18T16:00:00.000+02:002013-07-18T16:32:33.213+02:00Cina, 4 dirigenti della GlaxoSmithKline arrestati per corruzione<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5ZClZMnHVpiku_tlo5DiaZrz82rAYpmYHPa3Otcqv7I5NzbdVGnTWKt0CCUhh5DN4KA9iJfr970REpGVFPMBenClvB3vzHbJC013dHKg_9zIup_u0LfJ9iit-aV3Xft9LPi3vbabVVRI/s1600/GSK.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5ZClZMnHVpiku_tlo5DiaZrz82rAYpmYHPa3Otcqv7I5NzbdVGnTWKt0CCUhh5DN4KA9iJfr970REpGVFPMBenClvB3vzHbJC013dHKg_9zIup_u0LfJ9iit-aV3Xft9LPi3vbabVVRI/s320/GSK.jpeg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">foto: businessinsider.com</td></tr>
</tbody></table>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Shanghai (Cina) – </strong>Quattro alti dirigenti dell'ufficio cinese della <strong>GlaxoSmithKline</strong> (GSK) sono stati arrestati due giorni fa dalle autorità cinesi con l'accusa di <strong>aver corrotto funzionari pubblici e medici per convincerli a gonfiare i prezzi di vendita dei farmaci</strong> in Cina. In manette sono finiti Liang Hong, responsabile della direzione operativa; Zhang Guowei, vice presidente e direttore delle risorse umane; Zhao Hongyan, direttore degli affari legali e Hang Hong, direttore degli affari economici. Un altra ventina di funzionari sarebbero inoltre in stato di fermo.</p>
<p style="text-align: justify;">
Secondo quanto ricostruito da Gao Feng, capo dell'unità contro i crimini economici del ministero della Pubblica sicurezza, fin dal 2007 la multinazionale britannica avrebbe pagato <strong>tangenti per un totale di 3 miliardi di yuan</strong> (al cambio di oggi poco più di 372 milioni di euro) attraverso una rete di circa <strong>700 agenzie di viaggio e di consulenza fittizie</strong> utilizzate per corrompere il personale medico, ai quali si aggiungono casi di «<strong>corruzione sessuale</strong>». L'inchiesta è partita proprio dai bilanci di una di queste agenzie, la <strong>Shanghai Linjiang International Travel Service</strong>, che nel giro di qualche anno ha visto incrementare il proprio fatturato di centinaia di milioni di yuan, insospettendo così gli inquirenti, che vedono in questo incremento la creazione di fondi neri necessari alla corruzione, versati ai medici attraverso carte di credito fornite dall'azienda.<br>
Mark Reilly, capo della divisione cinese di GSK, avrebbe lasciato il paese il 27 giugno scorso.</p>
<p style="text-align: justify;">
Nelle scorse settimane, secondo quanto riferito dal ministero, già una ventina di impiegati locali del colosso farmaceutico avrebbero ammesso il pagamento di<strong> tangenti</strong> e casi di<strong> frode fiscale</strong>. L'alto costo dei medicinali nel Paese, dicono gli inquirenti, si spiegherebbe proprio con l'inserimento nel prezzo del costo della corruzione.</p>
<p style="text-align: justify;">
Pur dichiarando la completa estraneità alle accuse e declinando eventuali «comportamenti fraudolenti» su «alcuni individui all'interno della struttura e di agenzie terze» come riportato in un comunicato stampa, la GSK si è detta pronta a collaborare con le autorità, che con il cambio ai vertici e l'arrivo del presidente <strong>Xi Jinping</strong> hanno visto nella lotta alla corruzione uno dei pilastri del nuovo corso politico cinese.</p>
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<small>Questo post lo trovate anche su:<br /><a href="http://www.infooggi.it/articolo/cina-4-dirigenti-della-glaxosmithklein-arrestati-per-corruzione/46150/">http://www.infooggi.it/articolo/cina-4-dirigenti-della-glaxosmithklein-arrestati-per-corruzione/46150/</a></small></div>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-66770828122665358632013-07-18T08:30:00.000+02:002013-07-18T08:30:03.584+02:00#Sappiatelo. In due anni lo Stato ha sottratto 172 milioni di euro al 5 per mille<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJT0dW660CVZrqrsfxEoGe1fO6HIxLrQJJcINeTo0vSFLAMaT7PCqEwR3SIWxWVJUtxI1xoY5I8l2kHVwd1RHi6nUH1NbkCT3YA2P0XJ04gJrJs7dFkB6RkOG9qShR6_SQYZ2XiMLdeXM/s1600/5x1000.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJT0dW660CVZrqrsfxEoGe1fO6HIxLrQJJcINeTo0vSFLAMaT7PCqEwR3SIWxWVJUtxI1xoY5I8l2kHVwd1RHi6nUH1NbkCT3YA2P0XJ04gJrJs7dFkB6RkOG9qShR6_SQYZ2XiMLdeXM/s320/5x1000.jpeg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">foto: vita.it</td></tr>
</tbody></table>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Roma -</strong> Sono ben <strong>172 i milioni di euro che lo Stato ha sottratto in due anni al 5 per mille</strong>, di cui quasi 93 (92.838.000 di euro) per l'esercizio 2011. <br />
È quanto emerge da un'interrogazione parlamentare di <a href="http://www.luigibobba.it/" target="_blank"><strong>Luigi Bobba</strong></a>, deputato del <strong>Partito democratico</strong> ed ex presidente delle <strong>Acli</strong> e da un articolo del magazine "<strong>Vita.it</strong>" - con annessa <a href="http://www.vita.it/non-profit/5x1000/5-per-mille-una-firma-contro-lo-scippo-di-stato.html" target="_blank">petizione</a> - che ha portato all'attenzione dei lettori il caso dell'<a href="http://www.hsr.it/research/organization/institutes/the-san-raffaele-telethon-institute-for-gene-therapy-hsr-tiget/" target="_blank">Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica</a> di Milano (Tiget) e del suo direttore <strong>Luigi Naldin</strong><strong>i</strong>, che dopo tre anni di sperimentazione - possibile grazie ai finanziamenti di <strong>Telethon</strong>, è riuscito a scoprire come il <strong>virus dell'Aids</strong> riesca a sconfiggere due gravi malattie ereditarie: la <strong>leucodistrofia metacromatica</strong> (per intenderci: quella al centro del “<strong>caso-Stamina</strong>”) e la <strong>sindrome di Wiskott-Aldrich</strong>. <br />
I risultati della sperimentazione dei suoi studi sono stati annunciati presentando fatti evidenti, come la guarigione di sei bambini.</p>
<p style="text-align: justify;">
La realtà dei dati evidenzia come sia stato versato il <strong>4,1 per mille nel 2010</strong> ed il <strong>4 per mille nel 2011</strong>. Un 5 per mille che da due anni compare dunque solo su carta – nella fattispecie: quella della dichiarazione dei redditi di <strong>16,7 milioni di contribuenti</strong> – e che non corrisponde a verità, costituendo una dichiarazione falsa in un atto pubblico e vincolante. Questo è possibile perché la legge impone un <strong>tetto massimo di 400 milioni</strong>, mentre la somma totale del 5 per mille era stata di <strong>463 milioni nel 2010</strong> (di cui 80 trattenuti) e <strong>488 milioni nel 2011</strong>.</p>
<p style="text-align: justify;">
Cosa significa questo? Significa ad esempio che la <strong>ricerca sulla sclerosi multipla</strong> si è vista versare <a href="http://www.vita.it/non-profit/5x1000/aism-scippati-alla-ricerca-2-5-milioni.html" target="_blank">2,5 milioni di euro in meno</a> di quanto gli sarebbe spettato, così come la <strong>lotta al cancro</strong> <a href="http://www.vita.it/non-profit/5x1000/5-per-mille-all-airc-mancano-13-milioni.html" target="_blank">dovrà fare a meno di 13 milioni di euro</a> o che <strong>Telethon</strong> <a href="http://www.vita.it/non-profit/5x1000/telethon-1-milione-in-meno-meno-vite-salvate.html" target="_blank">si è vista “scippare ” 904.532,09 euro</a>.</p>
<p style="text-align: justify;">
Lo stesso Bobba, insieme a Milena Santerini di Scelta Civica e Raffaello Vignali del Pdl ha presentato un progetto di legge, simile a quella presentato dal M5S, per la <strong>stabilizzazione del 5 per mille</strong> – che rimane ancora una “misura sperimentale”, <a href="http://www.vita.it/non-profit/5x1000/ufficiale-lo-stato-ha-fregato-92-milioni.html" target="_blank">come l'ha definita il vice ministro dell'Economia e delle finanze Stefano Fassina</a> - e per la cancellazione del tetto di spesa dei 400 milioni di euro. Una necessità per portare una risposta "dal basso" ad una politica sempre più spinta verso vere e proprie forme di "<em><strong><a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/02/granai-di-guerra-lerrore-lessicale-tra.html">warfare state</a></strong></em>", come la questione degli <strong>F-35</strong> <a href="http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2013/06/26/F35-Mauro-Ami-pace-si-deve-armare_8933543.html" target="_blank">necessari per la <strong>pace</strong></a> ampiamente dimostra.</p>
<p align="center"><small>Questo post lo trovate anche su:<br /><a href="http://www.infooggi.it/articolo/sappiatelo-in-due-anni-lo-stato-ha-trattenuto-172-milioni-di-euro-al-5-per-mille/46169/">http://www.infooggi.it/articolo/sappiatelo-in-due-anni-lo-stato-ha-trattenuto-172-milioni-di-euro-al-5-per-mille/46169/</a></small></p>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-29927795401301051952013-07-17T12:00:00.000+02:002013-07-17T12:00:13.162+02:00I soldi della cooperazione afghana tornano ai paesi donatori. Intervista ad Augusto Di Stanislao<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEicC1RWp0wACOlNzStBXTJ_Fe6ViL-iqZsZoNvyiiH7d_hIrUdMgT9QWiQiQMJGQ6LM4QLuM8AMeDD6ZtbrW_E-0cLaCZdjBE96a67wab_jNyopsn9aUqMKqhDc4E5d3kkaAm1zzPkR6UY/s1600/di+stanislao.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEicC1RWp0wACOlNzStBXTJ_Fe6ViL-iqZsZoNvyiiH7d_hIrUdMgT9QWiQiQMJGQ6LM4QLuM8AMeDD6ZtbrW_E-0cLaCZdjBE96a67wab_jNyopsn9aUqMKqhDc4E5d3kkaAm1zzPkR6UY/s320/di+stanislao.jpeg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">foto: <span style="background-color: white; font-family: Arial, Verdana, sans-serif; font-size: 12px; text-align: justify;">www.go-bari.it</span></td></tr>
</tbody></table>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Kabul (Afghanistan) -</strong> «Tra le mani dei “signori della guerra” afghani passano i miliardi di dollari che l'Occidente riversa da dieci anni a questa parte nel Paese per la cosiddetta ricostruzione». A parlare in questo modo, <a href="http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.Asp?idAtto=42698&stile=6&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27" target="_blank">il 3 agosto 2011 alla Camera dei Deputati</a>, è <strong>Augusto Di Stanislao </strong><em>(nella foto)</em>, all'epoca Capogruppo dell'Italia dei Valori in Commissione Difesa. </p>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Lei ha fatto visita al nostro contingente. Come vivono i militari la quotidianità? Quali sono state le sue sensazioni in quei giorni, da civile accolto nel mondo militare? </strong>
<br>
Sono stato nella zona ovest dell'Afghanistan, ad Herat, per visitare il contingente italiano Isaf presente nell'area. La conoscenza diretta e sul campo della realtà afghana e delle importanti iniziative in ordine alla ricostruzione e all’addestramento messe in campo dal nostro contingente hanno consentito di toccare con mano gli interventi che per qualità e quantità hanno “ colpito il cuore e le menti della popolazione”. E’ stata una missione breve per ragioni legate alla sicurezza e all’attività dei nostri soldati, ma molto istruttiva e che dà la cifra del valore delle attività promosse sul campo e della fiducia conquistata tra le istituzioni e le popolazioni locali da parte dei nostri soldati. Mi sento di ringraziare ancora l’intero contingente per quanto ha fatto e continua a fare ad Herat e nell’intero Afghanistan per garantire la stabilizzazione, la ricostruzione e l’addestramento. <br>
La mia battaglia in Commissione Difesa, nell’Aula del Parlamento e fuori le mura di Montecitorio per uscire dalla missione Isaf e riportare i nostri militari [a casa, ndr] si incentrava sulla sicurezza del nostro contingente e della popolazione afghana a dispetto degli interessi politici ed economici. La missione in Afghanistan, così come è stata concepita ed avviata, si è trasformata con il tempo in una vera e propria guerra dove a pagare sono sempre e solo i più deboli e coloro che rischiano la vita e i tanti che l’hanno persa per sostenere scelte di Governo che devono essere riconsiderate e rivalutate all’interno del Parlamento.<br>
I militari vivono e subiscono le scelte e le decisioni di un Governo che è stato sempre subalterno alle scelte degli alleati, fanno il loro dovere orgogliosi di rappresentare il Paese e di portare pace e ricostruzione là dove vi sono popolazioni martoriate. Ma in Afghanistan le cose sono cambiate da diversi anni, l’alto senso del dovere, la vocazione per la missione e il giuramento alla Patria vivono a braccetto con il terrore di essere il prossimo militare caduto in missione.</p><a name='more'></a>
<p align="justify"><strong>La cooperazione così come da lei denunciata, dove "tra il quaranta e il sessanta per cento dei fondi torna in tasca ai Paesi donatori, tra stipendi e profitto d'impresa" serve davvero alle popolazioni civili? O è forse solo un modo per “lavare la coscienza” dei paesi donatori e permettergli, ad esempio, di sviluppare reti di traffici illegali?</strong>
<br>
Il principale obiettivo della missioni internazionali che vedono impegnato in prima linea il nostro Paese è la cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione.<br>
E’ questa la linea da seguire e da sostenere, non si riabilita un paese e il suo popolo solo con le armi, se non puntiamo sulla cooperazione allo sviluppo. In Afganistan c’è bisogno di azioni civili, non militari. C’è bisogno di aiutare le Ong e sostenere quanto più possibile il loro operato, non portare nuovi caccia o armi.<br>
La cooperazione e l’operato delle Ong è di fondamentale e di primaria importanza, sono necessarie però forme di controllo più rigorose e un'indagine accurata sul miliardo di euro di aiuti civili che l'Unione europea e i Paesi membri destinano ogni anno all'Afghanistan. Nessuna pace duratura è possibile in Afghanistan senza una sostanziale riduzione della povertà e una lungimirante politica di sviluppo sostenibile.</p>
<p style="text-align: justify;">
<strong>La cooperazione genera dunque corruzione?</strong><br>
Tra il 2002 e il 2009 l'Afghanistan ha ricevuto circa 40 miliardi di dollari di assistenza internazionale. Di questi, solo 6 miliardi sono passati dal Governo centrale del Paese. I rimanenti 34 sono stati veicolati dalle organizzazioni internazionali (Onu, Ong varie, banca mondiale, banche regionali per lo sviluppo, e altre). Una percentuale compresa tra il 70 e l'80 per cento di queste somme non ha mai raggiunto la popolazione afghana. La maggior parte degli aiuti che i contribuenti e i donatori europei e americani intendono destinare a uno dei popoli più poveri del mondo si perde lungo la catena della distribuzione e ritorna sotto altre forme, lecite e illecite, ai centri da cui è partita;<br>
È bene avviare un'opera di refocusing mettendo nel mirino il modus operandi delle principali agenzie di assistenza umanitaria e di sviluppo del sistema internazionale: dagli uffici per la cooperazione e lo sviluppo dei Paesi dell'Unione europea e degli Usa all'Undp, dall'Unops alla Banca Mondiale, fino alle grandi Ong che operano in Afghanistan;<br>
Ho chiesto più volte di avviare un monitoraggio ed un controllo più diretto e mirato degli aiuti internazionali inviati a sostegno della popolazione civile afghana al fine di dare un concreto aiuto nel processo di ricostruzione del Paese, di legalità e di trasparenza.<br>
Per essere chiari una cooperazione a larghe maglie e a responsabilità indistinte presta il fianco a elementi di corruzione più o meno forti e radicati il che ammonisce ultimativamente i Governi della coalizione a partire dal nostro a dare organicità e strutture forti ad un settore che ci rende unici nelle missioni internazionali tanto da diventare per alcuni versi modello di riferimento</p>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Secondo la sua esperienza, è vero quanto afferma l'associazione Rawa - da lei riportato in un'interrogazione parlamentare del 2011 - che in realtà le ong afghane ed internazionali costituiscano "vere e proprie mafie", paragonabili “alla mafia del traffico di droga"?</strong><br>
L’organizzazione Rawa (Associazione delle donne afghane rivoluzionarie) ha dichiarato che la situazione dal 2001 è decisamente peggiorata. Le aspettative di democrazia, pace, sicurezza, diritti delle donne, rispetto dei diritti umani con cui si è giustificata l’occupazione, sono state tutte ampiamente disattese con risvolti drammatici per le donne e gli uomini afghani, sotto tutti i punti di vista.<br>
La denuncia delle organizzazioni afghane è che si stanno sostenendo personaggi macchiati dei peggiori reati ed è evidente che non si può pensare di portare democrazia e stabilità in un Paese in cui chi detiene il potere non riconosce i diritti dei proprio popolo.<br>
La cooperazione allo sviluppo è un settore che merita più coraggio nelle azioni perché è l’unico modo per favorire il reale rilancio dei paesi occupati e perché questo deve essere il fine ultimo delle nostre missioni.<br>
Ho chiesto ripetutamente di avviare un percorso con l’impegno di implementare lo standard comune per la pubblicazione elettronica periodica e completa delle risorse utilizzate per la cooperazione internazionale allo sviluppo e dei risultati ottenuti e garantire una maggiore e più attiva partecipazione dell’Italia nella definizione delle politiche e nell’attuazione della cooperazione europea e delle organizzazioni internazionali.<br>
Ho impegnato il Governo a sostenere i progetti proposti dalle ONG per le aree di riferimento, per l'aiuto umanitario, il rafforzamento dei processi democratici e il sostegno ai percorsi di pacificazione in favore delle popolazioni colpite da guerre civili e conflitti regionali e la promozione dei diritti delle donne</p>
<p style="text-align: justify;">
<strong>Guardando a questa situazione viene in mente la Somalia della metà degli anni Novanta. Anche lì la nostra cooperazione - l'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin è lì a testimoniarlo - venne considerata una vera e propria "malacooperazione". L'Afghanistan quindi come nuova Somalia?</strong><br>
Esattamente! Come ho già dichiarato il tessuto istituzionale afgano è attraversato dalla corruzione e in taluni gangli che investono alte cariche e semplici dipendenti vi è la più completa subalternità e/o connivenza: l'Afghanistan è diventato dopo l'occupazione occidentale il secondo Paese corrotto al mondo dopo la Somalia.<br />
Ritengo che la Cooperazione allo sviluppo è un punto cardine delle nostre missioni, ma che va riqualificato, meglio indirizzato e monitorato attraverso politiche e strategie mirate e non improvvisate dai Governi che di volta in volta si succedono. Solo così la Cooperazione allo Sviluppo connoterà le nostre missioni internazionali con attività civili e sociali che attraverso una cultura della pace porterà stabilità e benessere</p>
<div style="text-align: right;">
<em><small>[9- Continua]</small></em></div>
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<small><b>Già pubblicati:</b><br />[1-<a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/afghanistan-leditto-anti-oppio-e-lo.html">Afghanistan, l'editto anti-oppio e lo "strano" tempismo di una guerra che non finirà</a>, 9 luglio]<br />
[2-<a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/il-signor-smith-svela-la-missione-oppio.html">Il Signor Smith svela la "Missione oppio". Intervista a Giorgia Pietropaoli</a>, 10 luglio]<br />
[3- <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/loppio-afghano-finanzia-le-campagne.html">L'oppio afghano finanzia le campagne elettorali (statunitensi)?</a>, 11 luglio]<br />[4- <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/bigpharma-il-grande-elettore-tra-obama.html">BigPharma: il grande elettore tra Obama e Bush</a>, 12 luglio]<br />
[5- <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/afghanistan-52-macchie-di-sangue-sulla.html">Afghanistan, 52 macchie di sangue sulla bandiera italiana. Più una</a>, 13 luglio]<br />
[6- <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/afghanistan-cristiano-congiu-e-morto.html">Afghanistan, Cristiano Congiu è morto davvero per criminalità comune?</a>, 14 luglio]<br />
[7- <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/mogadiscio-kabul-la-lunga-strada-della.html">Mogadiscio-Kabul, la lunga strada della (mala)cooperazione </a>, 15 luglio]<br />
[8- <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/la-cooperazione-in-afghanistan-oppio-e.html">La cooperazione in Afghanistan? Oppio e aiuti internazionali</a>, 16 luglio]</small></div><br>
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<small>Questo post lo trovate anche su:<br /><a href="http://www.infooggi.it/articolo/i-soldi-della-cooperazione-afghana-tornano-ai-paesi-donatori-intervista-ad-augusto-di-stanislao/46053/">http://www.infooggi.it/articolo/i-soldi-della-cooperazione-afghana-tornano-ai-paesi-donatori-intervista-ad-augusto-di-stanislao/46053/</a></small></div>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3572015018620363014.post-43529075948602410412013-07-17T08:30:00.000+02:002013-07-17T08:54:32.545+02:00Caso-Shalabayeva, il "fattore culturale"<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1l2wIrIOd6zcm_HO817NIfozQNW-sGc5wzZKoGq6lkVX1HDni4OyVeXjeLKCTYRRw36rCAtfm2Eg9KorfVuDeK3_gadam2mpC-C3zqzU27ahmPEDIj9sd8-NiYE9RIoQm4f0eK0sOf1k/s1600/shalabayeva.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1l2wIrIOd6zcm_HO817NIfozQNW-sGc5wzZKoGq6lkVX1HDni4OyVeXjeLKCTYRRw36rCAtfm2Eg9KorfVuDeK3_gadam2mpC-C3zqzU27ahmPEDIj9sd8-NiYE9RIoQm4f0eK0sOf1k/s320/shalabayeva.jpeg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">foto: grr.rai.it</td></tr>
</tbody></table>
<p align="justify"><strong>Roma –</strong> Si è parlato di <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/lextraordinary-rendition-di-alma.html">fattori geo-economici</a> e di <a href="http://senorbabylon.blogspot.it/2013/07/il-caso-shalabayeva-pone-litalia-al.html">diritti umani</a> dimenticando forse un aspetto che emerge in maniera sempre più evidente con l'emergere dei dettagli dell'extraordinary rendition di <strong>Alma Shalabayeva</strong> e della piccola Adua, rispettivamente moglie e figlia di quel <strong>Mukhtar Ablyazov</strong> dipinto alla stregua di uno dei più importanti nomi del terrorismo internazionale da due funzionari dell'ambasciata kazaka, di cui uno è il più alto in grado, l'ambasciatore <strong>Andrian Yelemessov</strong>. Un aspetto, per certi versi, culturale.</p>
<p style="text-align: justify;">
Chi scrive non è esperto di questioni tecniche interne ai rapporti diplomatici, ma non credo che un ambasciatore di un qualsivoglia Paese possa entrare al Palazzo del Viminale – cioè la sede del <strong>Ministero dell'Interno</strong> – chiedere e ricevere audienza dal capo di gabinetto, Giuseppe Procaccini, ovvero dal braccio destro del ministro (<strong>Angelino Alfano</strong>, nello specifico) e vedersi mettere un intero apparato di sicurezza a disposizione per gli interessi suoi e dello Stato di cui è ambasciatore.</p>
<p style="text-align: justify;">
“U<strong>so personalistico della <em>res</em> publica</strong>”. È questo ciò a cui stiamo assistendo (oltre a quanto già evidenziato nei giorni scorsi) nell'<em>affaire</em>-Shalabayeva, che si voglia credere o meno alle giustificazioni del governo.</p>
<p style="text-align: justify;">
Perché se – come sempre più i fatti rendono chiaro – esistono delle colpe politiche allora quegli stessi rappresentanti delle istituzioni devono dimettersi, soprattutto Alfano. Come scrive Ezio Mauro su Repubblica, infatti «Se davvero non sapeva, deve dimettersi perché evidentemente la sede è vacante, le burocrazie di sicurezza spadroneggiano ignorando i punti di crisi internazionale, il paese non è garantito».</p>
<p style="text-align: justify;">
Per quanto riguarda <strong>Emma Bonino</strong>, ministro degli Esteri fin da subito vista come l'unico politico “di prestigio” internazionale – il cui dicastero ha tenuto a precisare di non avere voce in capitolo su espulsioni – e che per prima ha parlato di «<strong>figura miserabile</strong>» fatta dal nostro Paese (che si aggiunge comunque ad una già ampia e storica sequela) si faccia lei stessa “ambasciatrice dei diritti umani italiani”, voli in Kazakistan e torni solo quando da quello stesso aereo potranno scendere anche Alma Shalabayeva e sua figlia. Sarebbe l'unico modo per riabilitarla agli occhi degli italiani.</p>
<p style="text-align: justify;">
Se invece, dall'altro lato, si vuole credere ai “non sapevamo”, questo significa che esisterebbe un sistema, quelle «<strong>burocrazie di sicurezza</strong>» di cui parla il direttore di Repubblica, formate in questo caso dagli uomini degli apparati di sicurezza che hanno materialmente autorizzato ed eseguito l'<strong><em>extraordinary rendition</em></strong>, che si muove al di sotto ed a prescindere dal Governo. Una possibilità che, se i fatti non la stessero smentendo, sarebbe tanto grave quanto inquietante.</p>
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<small>Questo post lo trovate anche su:<br /><a href="http://www.infooggi.it/articolo/caso-shalabayeva-il-fattore-culturale/46142/">http://www.infooggi.it/articolo/caso-shalabayeva-il-fattore-culturale/46142/</a></small></div>Andrea Intontihttp://www.blogger.com/profile/08185876384416922651noreply@blogger.com