6 morti. A tanto ammontano le vittime da parte italiana dell'attentato di questa mattina alle 12 (le 9.30 in Italia) avvenuto nel quartiere diplomatico di Kabul, Afghanistan. Dispiace, davvero. Ma dispiace anche per tutte le vittime silenziose, per tutte le vittime che – come le 10 di questo attentato – si annoverano tra i civili, tra gente inerme il cui unico peccato è stato quello di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
Non mi importano molto le dinamiche. Tantomeno credo abbia senso fare l'elenco dei nostri morti, quelli tra pochi giorni torneranno ad essere dei numerini alla casella “morti di guerra” (d'altronde, chi di noi ricorda i nomi di tutte le vittime dell'attentato di Nassiyria?).
Ci sono però dei pensieri che mi sono venuti in mente mentre guardavo uno di questi – tanti - aggiornamenti che saranno fatti per un paio di giorni, in cui tutti racconteranno le storie di questi sei ragazzi e poi via, si torna alle solite puttanate che passano in tv, perché se si deprime troppo lo spettatore poi non mi ha più voglia di acquistare, e una tv commerciale, basata sulla pubblicità, di certo non può permettersi una cosa simile. Ma questo è un altro discorso...
A parte il fatto che, ovviamente, nessuno mai avrà la premura di cordogliare i bambini afghani che negli attentati perdono i propri genitori, le mogli che perdono i loro mariti, amici, parenti vari ma si guarderà sempre e solo ai “nostri” morti, come se gli altri – in quanto vittime civili – avessero un peso inferiore. Ma se questo attentato non fosse tale? Nel senso, non fossimo noi i veri “obiettivi”? Non lo so, magari è solo una mia falsa correlazione, ma alcuni giorni fa c'è stato un evento, in terra afghana – non trattato dai nostri organi d'informazione se non da quelli di estrema sinistra – che mi fa pensare che l'autobomba sia una ritorsione per i brogli (in 447 seggi, cioè circa 200.000 schede) che hanno visto vincere Karzai (non è certo un mistero che sia l'uomo politico afghano più vicino agli americani). E quindi se questa si rivelasse solo come la “risposta” dei taliban alla longa mano – lercia di sangue – americana sugli affari interni afghani francamente non ne rimarrei sconvolto.
Cordoglio dalla classe politica, com'è politicamente corretto sia, e due affermazioni che come al solito si distinguono dalla massa: Il nostro Ministro della Guerra – che risolverebbe anche le liti condominiali con i reparti speciali – ha definito “infami e vigliacche le aggressioni”, sottolineando ovviamente che non possiamo fermarci (di questo ne eravamo certi), anche se il suo piano di trasformare la nostra “esportazione di pace” in una guerra propriamente detta (ed in violazione dell'art.11 della Costituzione) ancora non è riuscita.
Il Ministro degli Esteri (il quale è l'unico a parlare di complotto intergalattico contro il Premier, mi chiedo se abbiano già avvisato l'Enterprise di tenersi pronta), ha sottolineato che "la tragedia di oggi è il prezzo che purtroppo dobbiamo pagare per sconfiggere il terrorismo e dare il nostro contributo alla pace ed alla sicurezza internazionale". Io, che ovviamente non sono così esperto come il ministro, credevo fosse il prezzo da pagare per essere stati per anni servi di Bush e della sua follia genocida-petrolifera. Ma evidentemente mi sbagliavo. Così come mi sbaglio quando penso che le parole di Maroni “andarcene sarebbe una resa al terrorismo” vadano lette come “andarcene darebbe un dispiacere a Finmeccanica ed a tutte le altre aziende italiane che producono armi”, giusto?
L'unica domanda buona è quella posta da Di Pietro, il quale si chiede cosa ci stiamo a fare, visto che – cito testualmente - “A forza di starci, e di restarci, in Afghanistan abbiamo perso anche la conoscenza delle ragioni per le quali ci siamo andati”. Rispondergli che è per aver dato il deretano all'ex intelligentone della casa bianca è tanto sbagliato?
La rabbia e il Cordoglio...
Scritto da
Andrea Intonti
Pubblicato
9/17/2009 06:45:00 PM
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