Fondi neri per appalti, parla Di Vincenzo



Caltanissetta, 25 ottobre 2011 – È stato presidente di Confindustria Caltanissetta, oggi Pietro Di Vincenzo (nella foto) si ritrova davanti alla Direzione distrettuale antimafia nissena con l'accusa di riciclaggio, estorsione ed intestazione fittizia di beni, dopo che il Gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata (Gico) della Guardia di Finanza lo ha arrestato nel giugno dello scorso anno. E fa i nomi.

Al momento dell'arresto, vennero ritrovate presso la sua abitazione una lista dettagliata di esponenti politici – dalla Dc al Pci passando per Forza Italia ed i Ds – ed una annotazione del Gico contenente i beni da sequestrargli. Documento che, come racconterà negli interrogatori del 6 ed 11 agosto dello scorso anno, gli è stato fatto pervenire attraverso don Pippo Macrì, che di Di Vincenzo è il confessore.
«La politica» - racconta - «faceva da copertura con la pubblica amministrazione per consentire la realizzazione dei pubblici appalti conseguiti dalle mie società, perché essa interveniva sulla burocrazia».

I rapporti con la politica – di destra come di sinistra senza disegnare il centro – vengono intrattenuti in modi diversi, dal pagamento dei manifesti elettorali al finanziamento di intere campagne elettorali nonché veri e propri regali in denaro effettuati tramite fondi neri che l'imprenditore cataloga in libri contabili con un nome in codice per ogni politico presente sulla lista, tra i quali – come scrive il mensile “S” nell'edizione in edicola – l'attuale presidente dell'Enac Vito Riggio, il vice presidente dell'Antimafia Siciliana Rudy Maira, l'ex deputato forzista Ugo Grimaldi fino ai democratici Mirello Crisafulli e Beppe Lumia, che avrebbe ottenuto 100 milioni di lire attraverso l'intercessione del presidente del consorzio Asi che stava costruendo l'impianto di depurazione di Carini. «Conoscevo personalmente Lumia che avevo avuto parola d'apprezzamento nel consiglio comunale di Gela, l'ho incontrato a Roma un mese dopo all'edicola di piazza Argentina e ho capito che il denaro era arrivato a lui», ha confermato l'imprenditore.
Beppe Lumia, comunque, ha da subito smentito – con una nota del 21 ottobre 2011[1] – ha seccamente smentito la vicenda, dichiarando peraltro di essere stato il primo, insieme all'onorevole Crocetta, ad imputare la collusione mafiosa all'imprenditore.

Tutto questo, spiega Di Vincenzo, per velocizzare le operazioni burocratiche delle sue ditte per i lavori degli appalti vinti. «Il ministro o l'uomo politico trasmette un messaggio positivo alla burocrazia, da quel momento il contratto anziché impiegarci 8 mesi per essere stipulato si stipula subito».

Alla magistratura, ora, il compito di accertare la verità.

Note
[1] http://www.sudpress.it/wp-content/uploads/2011/10/21/di-vincenzo-ho-dato-soldi-a-lumia-e-a-burtone/Nota-Lumia3.jpg