White list, l'antimafia dei fatti e delle attese


Palermo, 25 ottobre 2011 – In Parlamento, tra una legge ad personam ed un processo breve, si trovano anche alcune proposte degne di nota. Tra queste un interessante strumento che, se applicato, permetterebbe di rivedere la forza della criminalità organizzata in settori strategici dell'economia italiana, in primis nell'edilizia.
Ma questo strumento – white list, si chiama – giace però a prendere polvere in qualche faldone parlamentare.

Cos'è la white list? È una lista, redatta dalle singole prefetture, nelle quali vengono inserite le imprese “pulite”, quelle cioè che non fanno accordi con la criminalità e tantomeno ne sono diretta espressione.

«Al momento» - sostiene Ignazio Giudice, della Federazione italiana lavoratori legno edili e affini (Fillea) della Cgil - «il sistema delle white list è, per così dire, in stand by. Molte prefetture non hanno mai stilato elenchi in grado di raccogliere i riferimenti alle imprese sane e, per questa ragione, da tutelare nell'assegnazione soprattutto degli appalti pubblici».
Questo, nonostante la direttiva del ministro Maroni – del giugno 2010 – con la quale si richiamava esplicitamente la necessità di redigere tali liste, in particolare in un settore, quello dell'edilizia, che sembra essere tra i più facili da infiltrare.

«È vero che, soprattutto al sud, le prefetture sono impegnate su vari fronti» - continua Giudice - «ma è altrettanto ver che senza queste liste difficilmente le amministrazioni pubbliche potranno sempre compiere i necessari controlli volti ad impedire l'assegnazione di appalti a società perlomeno grigie».

Se le Prefetture non brillano per velocità di redazione delle liste, il Parlamento non se la passa poi tanto meglio.
Stando all'Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance), infatti, l'articolo 5 del disegno di legge che dovrebbe andare direttamente a prevenire e reprimere “la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione” è invece troppo generico sia nell'individuare i metodi che nella periodicità dei controlli.
In particolare – solleva il caso Vincenzo Bonfanti, delegato Ance per i rapporti con le istituzioni – la legge non prevede l'obbligo di iscrizione a queste liste che dunque, qualora diventassero realtà, non sarebbero altro che delle “raccomandazioni” delle quali si potrebbe tranquillamente non tener conto all'atto dell'assegnazione dell'appalto, senza contare che in questo modo si creerebbero solamente dei veri e propri “cartelli” e niente più.
A riprova dell'inutilità di liste senza obbligato di iscrizione i costruttori portano, inchieste giudiziarie alla mano, quel che è avvenuto e sta avvenendo nella ricostruzione in Abruzzo.

Movimento terra, smaltimento rifiuti, fornitura materiali, autotrasporti, servizi di guardiania sarebbero alcuni dei settori “colpiti” dall'applicazione delle liste. Settori che, come sempre più raccontano le cronache, sono ormai diventati “ad alta infiltrazione mafiosa”.
Con le white list, invece, ogni impresa fornitrice viene analizzata dalla Prefettura in collaborazione con le forze dell'ordine.

«Il sindacato» - ha concluso Ignazio Giudice - «non può che sperare nell'avvio di un sistema effettivamente capace di innalzare un muro all'accesso nei cantieri, favorendo le vere imprese e punendo, sonoramente, quelle che impongono il loro dominio partendo da basi patrimoniali illegali. Ne va del futuro di centinaia e centinaia di lavoratori».
E dell'Expo 2015, per il quale già si parla da tempo di tentativi di infiltrazione.