Lashkar Gah (Afghanistan) - Qualche settimana fa – lo avrete sicuramente letto un po' su tutti i giornali – per un paio di giorni i giornali del circuito mainstream rimbalzarono in ogni angolo del globo la panzana che tal Leuccio Rizzo fosse la vera identità del Sub-comandante Insurgente Marcos, il (non)volto mediatico dell'Ezln, per una fotografia “rubata” pubblicata su un giornale messicano (di certo non filo-zapatista).
Per chi ha visto almeno una volta un'immagine del Sub-comandante la notizia si dimostrò da subito nella sua vera natura: una cavolata degna dei giornalisti italiani, visto che, accostate, le due fotografie rivelavano molte e fondamentali differenze tra la fisionomia del volontario pugliese e quella di Marcos. Per cui non rimaneva che etichettare la notizia in quelle “da pesce d'Aprile” - seppur con data errata – ed andare avanti.
Oggi i giornali ci ricascano. Anche se il peso della notizia è decisamente diverso: stando a quel che si legge sui quotidiani, infatti, tre dei principali operatori di Emergency – sulla quale non spendo parole di presentazione, tanta ne è la fama – stavano ideando nei giorni scorsi l'assassinio di Gulab Mangal, governatore dell'Helmand, una delle provincie meridionali dell'Afghanistan.
«Qualcuno mi convinca che ci sono medici italiani che rischiano la vita per anni in zone di guerra e poi si inventano un attentato contro il neo-governatore della regione. Ma per favore...È come se dicessero che hanno dovuto fermare Don Ciotti perché voleva assassinare il Papa».
A dirlo è Gino Strada, fondatore di Emergency. Secondo la ricostruzione ufficiale – cioè quella fatta dai militari – nei locali dell'ospedale sarebbero stati trovati cinque fucili, nove granate e sette giubbotti imbottiti di esplosivo che dovevano servire – in una logica guerrafondaia di cui Emergency è l'antitesi evidente – ad uccidere il governatore. Addirittura, stando al governatore, un membro straniero dell'organizzazione avrebbe ricevuto un anticipo di 500 mila dollari per ucciderlo.
È una ricostruzione che non sta né in cielo né in terra, non tanto perché non sia possibile trovare armi nei locali dell'ospedale: non ci sono controlli di alcun tipo all'ingresso, così come – ad esempio – non ce ne sono negli ospedali italiani, quindi che qualcuno sia potuto entrare armato è possibile, ma da qui a dire che quelle armi – che sembrano però esistere, come il video della perquisizione dimostra – si trovassero lì in attesa di essere usate in un attentato è una tesi
che fa acqua da tutte le parti!
Comunque – per limitarci alla nuda cronaca – gli arresti sono stati in tutto nove, tre uomini italiani (Marco Garatti (capo chirurgo di Brescia, 51 anni, in Emergency dal 2001 e punto di riferimento in Afghanistan); Matteo Dell'Aira, infermiere trevigiano e Matteo Pagani, addetto alla logistica) e sei collaboratori afghani.
La ricostruzione dell'arresto vede poi un piccolo giallo: secondo l'Isaf - cioè l'insieme delle forze d'invasione che dal 2001 ad oggi conducono una guerra creata ad uso e consumo delle “solite” multinazionali petrolifere e dell'industria delle armi – il personale che ha svolto l'operazione era composto solo da uomini afghani; Maso Notarianni – responsabile della comunicazione di Emergency – sostiene che quando hanno tentato di contattare l'ospedale, l'uomo all'altro capo del telefono si sarebbe qualificato come ufficiale britannico (peraltro i britannici stanno svolgendo proprio in questi giorni una durissima operazione militare nella zona).
In ognuna delle due modalità, la cosa – se non apparisse talmente grottesca da sembrare surreale – avrebbe non poca gravità: nel caso dell'intervento Isaf nell'operazione ciò indicherebbe che ha ragione Gino Strada: Emergency dà fastidio per due motivi principali: perché cura indistintamente tutti e perché denuncia gli «effetti collaterali» dell'intervento “di pace” dei militari (basti guardare alle cronache che quotidianamente si registrano sul sito di PeaceReporter [http://it.peacereporter.net/]); nel caso in cui l'operazione sia stata portata avanti solo da personale afghano la cosa non cambierebbe di una virgola, visto – come è noto – che il governo di Hamid Karzai altro non è che l'ennesimo governo fantoccio (come ce ne sono stati tanti nella storia, in particolare nell'America Latina degli anni'70) necessario agli Stati Uniti – ed alle organizzazioni sovranazionali che ne sono, de facto, diretta emanazione - per portare avanti le sue politiche imperialiste.
La tesi dell'impossibilità delle accuse mosse ai tre uomini di Emergency poi viene a mio modo di vedere avvalorata anche da un altro aspetto: i rapporti tra Karzai, gli Stati Uniti e la Nato, che nelle ultime settimane non sono esattamente idilliaci. Questa operazione potrebbe essere – ma siamo nel campo delle supposizioni – niente altro che l'ufficializzazione della rinnovata cordialità tra i due governi e mezzo (considerando la Nato come emanazione della volontà dei poteri forti occidentali), e quindi cacciare Emergency dal suolo afghano – che sia stato fatto solo da personale afghano o anche da personale di altra nazionalità (si parla anche di alcuni contractors occidentali) prende qui rilevanza pari a zero – potrebbe essere il prezzo da pagare, per gli afghani, al tavolo della protezione internazionale, dove il governo filo-americano di Karzai, evidentemente, preferisce i petro-dollari (e la sicurezza di rimanere al potere) con l'effigie di George Washington alle protesi di Emergency.
Un'operazione politica, in pratica.
Un'operazione politica voluta da chi può ritenere l'organizzazione di Gino Strada un problema ed un intralcio, cioè più o meno tutte le forze di invasione. Si instaura in questo ambito anche la dichiarazione del nostro Ministro degli Esteri Franco Frattini, che – intervistato – ci tiene a dire che loro, il governo italiano, non assecondano attività terroristiche né in maniera diretta né indiretta e che gli operatori di Emergency non sono coperti dall'”assicurazione della cooperazione italiana”.
«In attesa di poter conoscere la dinamica dell'episodio e le motivazioni dei fermi, il governo italiano ribadisce la linea di assoluto rigore contro qualsiasi attività di sostegno diretto o indiretto al terrorismo, in Afghanistan così come altrove”. Franco Frattini, Ministro degli Esteri.
“Le persone in stato di fermo lavorano in una struttura umanitaria non riconducibile né direttamente né indirettamente alle attività finanziate dalla cooperazione italiana» sono le parole esatte (le riprendo da La Stampa di oggi)
Naturalmente il nostro ministro si dimentica del fatto che – in quanto forza di invasione al soldo degli americani (in barba all'art.11 della Costituzione) – anche lo stato italiano si macchia del sangue delle centinaia di feriti e vittime di cui Emergency e gli altri operatori umanitari si occupano quotidianamente. Ma, naturalmente, al popolo è sempre meglio far credere che la nostra sia una forza “di pace”, no?
Poi c'è quel piccolo problemino della cooperazione italiana: sapete no? Le tangenti, i rifiuti tossici, il diario del maresciallo del Tuscania Francesco Aloi e tutte quelle “bellissime” cose per cui siamo ricordati in Somalia e sulle quali stavano indagando Ilaria Alpi e Miran Hrovatin quando sono stati uccisi. Fossi in Gino Strada me ne sentirei fiero di non essere sotto questa tutela (ma questi, naturalmente, sono punti di vista...).
Tornando alla stretta cronaca, quel che può succedere – e che è al vaglio degli uomini di Gino Strada in queste ore – è esattamente quel che vogliono i poteri forti: che Emergency lasci l'Afghanistan, con tutto ciò che ne conseguirebbe.
In tutto questo, naturalmente, non si chiederà il parere di chi vede gli evidenti benefici di Emergency in prima persona, cioè la popolazione afghana, per la quale – credo – sia più importante avere personale che restituisce mani, braccia, gambe – seppur artificiali – a chi viene colpito da una mina (di cui il territorio afghano è ancora pieno) piuttosto che essere circondati da gente che crede di giocare ad un videogioco di guerra, com'è dimostrato dal video di Wikileaks con il video che sta facendo il giro del mondo in questi giorni (e che potete vedere cliccando qui: http://www.youtube.com/watch?v=5rXPrfnU3G0)
Alla luce di quanto detto fino ad ora, dunque, gli arrestati non possono che qualificarci come prigionieri politici. Prigionieri della Guerra nella sua lotta contro la Pace.
Prigionieri politici.
Scritto da
Andrea Intonti
Pubblicato
4/11/2010 01:53:00 PM
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