«Vorrei che tutti fossero vestiti con abiti allegri e colorati. Vorrei che, per non più di trenta minuti complessivi, mia moglie, i miei figli, i miei fratelli e miei amici più stretti tracciassero un breve ritratto del caro estinto, coi mezzi che credono: lettera, ricordo, audiovisivo, canzone, poesia, satira, epigramma, haiku. Ci saranno alcune parole tabù che assolutamente non dovranno essere pronunciate: dolore, perdita, vuoto incolmabile, padre affettuoso, sposo esemplare, valle di lacrime, non lo dimenticheremo mai, inconsolabile, il mondo è un po’ più freddo, sono sempre i migliori che se ne vanno e poi tutti gli eufemismi come si è spento, è scomparso, ci ha lasciati. Il ritratto migliore sarà quello che strapperà più risate fra il pubblico. Quindi dateci dentro e non risparmiatemi. Tanto non avrete mai veramente idea di tutto quello che ho combinato. Poi una tenda si scosterà e apparirà un buffet con vino, panini e paninetti, tartine, dolci, pasta al forno, risotti, birra, salsicce e tutto quel che volete. Vorrei l’orchestra degli Unza, gli zingari di Milano, che cominci a suonare musiche allegre, violini e sax e fisarmoniche. Non mi dispiacerebbe se la gente si mettesse a ballare. Voglio che ognuno versi una goccia di vino sulla bara, checcazzo, mica tutto a voi, in fondo sono io che pago, datene un po’ anche a me. Voglio che si rida – avete notato? Ai funerali si finisce sempre per ridere: è naturale, la vita prende il sopravvento sulla morte – . E si fumi tranquillamente tutto ciò che si vuole. Non mi dispiacerebbe se nascessero nuovi amori. Una sveltina su un soppalco defilato non la considerei un’offesa alla morte, bensì un’offerta alla vita. Verso le otto o le nove, senza tante cerimonie, la mia bara venga portata via in punta di piedi e avviata al crematorio, mentre la musica e la festa continueranno fino a notte inoltrata. Le mie ceneri in mare, direi. Ma fate voi, cazzo mi frega. Basta che non facciate come nel Grande Lebowski.»
Questo è quel che scriveva su una sua presumibile morte Enzo Baldoni, che potremmo definire “il morto sfigato”. No, niente velleità da burattini borghesi simil-Libero edizione 2004 della coppia Feltri-Farina (sì, proprio lui, Renato “Betulla” Farina...). Solo la constatazione – con 5 anni di esperienze in più – che in questo paese dal quale sempre più mi sento corpo estraneo se sei un mercenario al soldo degli occupanti in Iraq e fai vedere “come muore un italiano” (mi verrebbe da continuare questa frase, ma ai morti bisogna sempre portare rispetto...) ti proclamano “eroe” pur non sapendo per quali motivi. Se sei invece un copywriter con la passione per la nobile arte del ficcare il naso nell'attualità che ti circonda e sei anche pacifista nessuno si interessa a te. Un paio di dichiarazioni – magari dalla vacanza alle Maldive, come consuetudine del nostro Ministro degli Esteri di oggi e di allora (anno 2004) – e poi basta, che c'è da andare con le ragazzine o da dare del comunista al mondo intero.
Come al solito – come ogni volta che devo scrivere su chi non c'è più – non scriverò brevi bio su chi era o chi non era Zonker (questo il nickname che Baldoni usava nei suoi vari blog...), anche perché basta andare in rete – come ho fatto io, visto che non avevo una conoscenza diretta con Baldoni – per capire chi era e cosa faceva.
A 5 anni dall'uccisione (“ucciso dalla Pace” si potrebbe quasi dire...) mi sembrava però doveroso ricordare questo grande copywriter, giornalista e prima di tutto grande uomo, che entra di diritto nella categoria dei “disconformi”...
Non c'è niente da fare: quando uno è ficcanaso, è ficcanaso. E' insopprimibilmente curioso, gli interessano i lebbrosi, quelli che vivono nelle fogne, i guerriglieri. E poi non gli basta fare il pubblicitario, deve occuparsi anche di critica di fumetti, di traduzioni, di temi civili e perfino di robbe un sacco zen. Ma soprattutto di ficcare il naso dove i governi non vorrebbero: dal Chiapas alle fogne di Bucarest, dallo sterminio dei Karen birmani ai massacri di Timor Est, dal lebbrosario di Kalaupapa ai dissidenti cubani fino alle montagne della Colombia dove si annida il più potente esercito guerrigliero del mondo: le FARC
CIAO ENZO.