San Marino – Continua il nostro viaggio nell'operazione “Criminal Minds”[1][2]. Ricominciamo dalle dimissioni rassegnate da Marco Bianchini, l'uomo intorno al quale ruota tutta l'inchiesta, dalla presidenza del consiglio di amministrazione del gruppo “Bi-Holding” le cui aziende – recita la nota con la quale vengono rese pubbliche le dimissioni - «non sono in alcun modo coinvolte nell'inchiesta». L'azienda ribadisce inoltre la propria solidarietà al patron – attualmente rinchiuso nel carcere dei Cappuccini, in attesa della decisione sulla concessione dell'estradizione – evidenziando come le dimissioni serviranno a Bianchini siano solo un atto dovuto e necessario «a concentrarsi sulla propria difesa». «Questa situazione» - conclude la nota - «non può, non deve e non fermerà una realtà industriale leader nel suo settore che garantisce lavoro e stabilità a centinaia di famiglie ed ha sempre dimostrato grandi capacità innovative, tecnologiche e logistiche».
Il trio. La situazione all'interno dell'azienda rimane immutata, dunque. La stessa cosa non può invece dirsi per i risvolti politici dell'inchiesta, con il Congresso di Stato – l'equivalente del nostro Esecutivo – che ha indetto per oggi una convocazione straordinaria, dove l'ordine del giorno vede tra i punti principali la parte dell'inchiesta che tocca i vertici della Banca centrale della Repubblica ed in particolare il presidente, Renato Clarizia (nella foto), accusato di aver avuto rapporti con la finanziaria Fingestus non dichiarati nel curriculum presentato al momento della nomina alla presidenza. Clarizia, insieme agli altri vertici della Banca centrale, sono infatti accusati di aver privilegiato, nell'assegnazione dei tanti commissariamenti decisi in questi mesi, lo studio romano “Gemma”, vicino anche a Bianchini essendone stato liquidatore della finanziaria nel 2009, dimessosi comunque dopo la nomina. Come denunciava nei giorni scorsi il partito di minoranza Sinistra unita, nel settembre 2010 – due mesi prima della nomina alla Banca centrale – proprio Clarizia difese gli interessi della Fingestus in una causa civile – la numero 264, oggi ancora pendente – intentata dall'allora liquidatore Luigi Rumi nei confronti di Daniele Tosi, l'ex direttore generale della finanziaria, che si è visto revocare gli arresti domiciliari dopo l'interrogatorio di garanzia. Del pool difensivo faceva parte anche il già citato studio Gemma, configurando una situazione che definire come “conflitto di interessi” sembra essere francamente riduttivo.
Canta Vargiu. Intanto nei giorni scorsi è stato ascoltato anche il teste chiave Salvatore Vargiu, che ha confermato gli stretti rapporti "di collaborazione" con il finanziere Enrico Nanna, raccontando come fosse proprio lui a fare da intermediario con la Karnak finché non è stata creata una "linea diretta" tra lo stesso ex finanziere e Giovanni Pierani, con un vero e proprio listino prezzi, che andava da un minimo di 50 ad un massimo di 150 euro, a seconda della complessità delle ricerche.
L'investigatore ha inoltre spiegato la "catena di comando", con Bianchini che disponeva e Pierani che eseguiva. Proprio dalle mani di quest'ultimo, ha continuato Vargiu durante l'interrogatorio, avrebbe ricevuto una busta contenente 5mila euro destinata a Nanna.
Le molotov. Con l'esplosione dell'operazione “Criminal Minds”, peraltro, vengono confermate le sensazioni di chi, a maggio 2010, lesse nelle due bombe molotov lanciate nel giardino di casa di Bianchini un vero e proprio avvertimento, episodio che seguiva di qualche mese prima, quando lo stesso ex patron della Fingestus era entrato in un hotel della Repubblica e aveva chiesto una scorta alla Gendarmeria sentendosi pedinato.
Un avvertimento del quale, per ora, non si conosce l'effettiva natura. Un'intimidazione di qualche creditore della Fingestus? Una vendetta per concorrenza sleale? Un'intimidazione di stampo mafioso, forse del gruppo di Vitalucci come ipotizzarono, senza riscontro, Bianchini e Riccardo Ricciardi?
Bianchini, sentito più volte dalla Gendarmeria sulla vicenda, sostenne che la Karnak non c'entrava nulla, sostenendo di non avere idea di chi avesse potuto lanciargli quel messaggio peraltro in pieno giorno (le due molotov vennero infatti lanciate poco dopo mezzogiorno).
Alla luce degli sviluppi di questi giorni, comunque, l'idea che quelle molotov gli fossero state recapitate quasi per uno sbaglio di persona ha la stessa tenuta di un castello di carte.
Il trio. La situazione all'interno dell'azienda rimane immutata, dunque. La stessa cosa non può invece dirsi per i risvolti politici dell'inchiesta, con il Congresso di Stato – l'equivalente del nostro Esecutivo – che ha indetto per oggi una convocazione straordinaria, dove l'ordine del giorno vede tra i punti principali la parte dell'inchiesta che tocca i vertici della Banca centrale della Repubblica ed in particolare il presidente, Renato Clarizia (nella foto), accusato di aver avuto rapporti con la finanziaria Fingestus non dichiarati nel curriculum presentato al momento della nomina alla presidenza. Clarizia, insieme agli altri vertici della Banca centrale, sono infatti accusati di aver privilegiato, nell'assegnazione dei tanti commissariamenti decisi in questi mesi, lo studio romano “Gemma”, vicino anche a Bianchini essendone stato liquidatore della finanziaria nel 2009, dimessosi comunque dopo la nomina. Come denunciava nei giorni scorsi il partito di minoranza Sinistra unita, nel settembre 2010 – due mesi prima della nomina alla Banca centrale – proprio Clarizia difese gli interessi della Fingestus in una causa civile – la numero 264, oggi ancora pendente – intentata dall'allora liquidatore Luigi Rumi nei confronti di Daniele Tosi, l'ex direttore generale della finanziaria, che si è visto revocare gli arresti domiciliari dopo l'interrogatorio di garanzia. Del pool difensivo faceva parte anche il già citato studio Gemma, configurando una situazione che definire come “conflitto di interessi” sembra essere francamente riduttivo.
Canta Vargiu. Intanto nei giorni scorsi è stato ascoltato anche il teste chiave Salvatore Vargiu, che ha confermato gli stretti rapporti "di collaborazione" con il finanziere Enrico Nanna, raccontando come fosse proprio lui a fare da intermediario con la Karnak finché non è stata creata una "linea diretta" tra lo stesso ex finanziere e Giovanni Pierani, con un vero e proprio listino prezzi, che andava da un minimo di 50 ad un massimo di 150 euro, a seconda della complessità delle ricerche.
L'investigatore ha inoltre spiegato la "catena di comando", con Bianchini che disponeva e Pierani che eseguiva. Proprio dalle mani di quest'ultimo, ha continuato Vargiu durante l'interrogatorio, avrebbe ricevuto una busta contenente 5mila euro destinata a Nanna.
Le molotov. Con l'esplosione dell'operazione “Criminal Minds”, peraltro, vengono confermate le sensazioni di chi, a maggio 2010, lesse nelle due bombe molotov lanciate nel giardino di casa di Bianchini un vero e proprio avvertimento, episodio che seguiva di qualche mese prima, quando lo stesso ex patron della Fingestus era entrato in un hotel della Repubblica e aveva chiesto una scorta alla Gendarmeria sentendosi pedinato.
Un avvertimento del quale, per ora, non si conosce l'effettiva natura. Un'intimidazione di qualche creditore della Fingestus? Una vendetta per concorrenza sleale? Un'intimidazione di stampo mafioso, forse del gruppo di Vitalucci come ipotizzarono, senza riscontro, Bianchini e Riccardo Ricciardi?
Bianchini, sentito più volte dalla Gendarmeria sulla vicenda, sostenne che la Karnak non c'entrava nulla, sostenendo di non avere idea di chi avesse potuto lanciargli quel messaggio peraltro in pieno giorno (le due molotov vennero infatti lanciate poco dopo mezzogiorno).
Alla luce degli sviluppi di questi giorni, comunque, l'idea che quelle molotov gli fossero state recapitate quasi per uno sbaglio di persona ha la stessa tenuta di un castello di carte.
Note |
[2] http://senorbabylon.blogspot.com/2012/01/il-titano-e-la-piccola-piovra2-titano.html