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Kosovska Mitrovica (Kosovo nord) - Sessantacinque manifestanti serbi e venticinque soldati della Kfor sono rimasti feriti negli scontri dei giorni scorsi, seguiti allo smantellamento di una barricata composta da carcasse di camion ed autobus nel villaggio di Jangjenica (dieci chilometri ad ovest di Mitrovica, nel nord del paese).
Ferite da armi da fuoco, invece, per tre militari tedeschi, stando alle dichiarazioni di Frank Martin, portavoce delle forze Nato sul territorio kosovaro. Tra i serbi feriti, molti dei quali a seguito dell'uso di pallottole di gomma, c'è anche Krstimir Pantić, sindaco di Mitrovica.
Uwe Nowitzki, portavoce della Kfor, ha dovuto spiegare che l'uso dei lacrimogeni e dei manganelli si è reso necessario in quanto i militari sono stati costretti all'autodifesa, e che hanno deciso di desistere in quanto «le barricate non valgono la perdita di vite umane».
Il clima nel nord del Kosovo è tornato a farsi caldo già dalla metà di settembre, quando a Brnjak e Jarinje, sul confine tra Kosovo e Serbia sono stati dispiegati doganieri dipendenti da Pristina, una decisione definita inaccettabile dal ministro serbo per il Kosovo Goran Bodganovic, in quanto «presa senza nessuna consultazione». La Serbia, infatti, non riconosce l'indipendenza del Kosovo, dichiarata unilateralmente il 17 febbraio 2008 e non accettata dalla popolazione serba del Kosovo del nord, che da qualche giorno ha stilato una vera e propria “dichiarazione d'indipendenza” ulteriore. «Dopo tanti anni di sofferenza e la tendenza delle istituzioni kosovare ad assimilare i serbi» - si legge nel documento - «ci sentiamo costretti a proclamare la nostra indipendenza», l'eco della quale arriva direttamente agli alti vertici serbi, dove il vicepresidente del governo, Ivica Dacic, si chiede «come mai questo diritto è stato riconosciuto agli albanesi che non volevano vivere in Serbia?»
Per oggi è, peraltro, programmata la riunione tra Belgrado e Pristina a Bruxelles. I due valichi saranno al centro delle discussioni. In attesa di capire, il 9 dicembre prossimo, se la Serbia entrerà o meno a far parte dell'Unione Europea. Gran parte della decisione, come è noto, è condizionata proprio dalla ripresa del dialogo con Pristina. I risultati, per adesso, non sono proprio quelli sperati. E la richiesta dell'indipendenza del Kosovo nord non fa certo sperare in un miglioramento.
Ferite da armi da fuoco, invece, per tre militari tedeschi, stando alle dichiarazioni di Frank Martin, portavoce delle forze Nato sul territorio kosovaro. Tra i serbi feriti, molti dei quali a seguito dell'uso di pallottole di gomma, c'è anche Krstimir Pantić, sindaco di Mitrovica.
Uwe Nowitzki, portavoce della Kfor, ha dovuto spiegare che l'uso dei lacrimogeni e dei manganelli si è reso necessario in quanto i militari sono stati costretti all'autodifesa, e che hanno deciso di desistere in quanto «le barricate non valgono la perdita di vite umane».
Il clima nel nord del Kosovo è tornato a farsi caldo già dalla metà di settembre, quando a Brnjak e Jarinje, sul confine tra Kosovo e Serbia sono stati dispiegati doganieri dipendenti da Pristina, una decisione definita inaccettabile dal ministro serbo per il Kosovo Goran Bodganovic, in quanto «presa senza nessuna consultazione». La Serbia, infatti, non riconosce l'indipendenza del Kosovo, dichiarata unilateralmente il 17 febbraio 2008 e non accettata dalla popolazione serba del Kosovo del nord, che da qualche giorno ha stilato una vera e propria “dichiarazione d'indipendenza” ulteriore. «Dopo tanti anni di sofferenza e la tendenza delle istituzioni kosovare ad assimilare i serbi» - si legge nel documento - «ci sentiamo costretti a proclamare la nostra indipendenza», l'eco della quale arriva direttamente agli alti vertici serbi, dove il vicepresidente del governo, Ivica Dacic, si chiede «come mai questo diritto è stato riconosciuto agli albanesi che non volevano vivere in Serbia?»
Per oggi è, peraltro, programmata la riunione tra Belgrado e Pristina a Bruxelles. I due valichi saranno al centro delle discussioni. In attesa di capire, il 9 dicembre prossimo, se la Serbia entrerà o meno a far parte dell'Unione Europea. Gran parte della decisione, come è noto, è condizionata proprio dalla ripresa del dialogo con Pristina. I risultati, per adesso, non sono proprio quelli sperati. E la richiesta dell'indipendenza del Kosovo nord non fa certo sperare in un miglioramento.