Terroristi sulla rotta Bhopal - Porto Marghera?


Strana parola terrorista. Strana parola perché ognuno ne fa un po' quel che vuole. Hai un'idea che sia contraria al sentire comune? Sei un terrorista! Ti poni il problema di mettere in dubbio le verità ufficiali? Sei un terrorista, e non sia mai che quelle false verità che metti in dubbio vadano a toccare i sancta sanctorum del Sistema, perché in quel caso non solo sei un terrorista, ma anche della specie peggiore!

Ma cosa vuol dire – letteralmente – il termine "terrorista"? Dallo Zingarelli 2007 leggo:

«[f. terroriste, dal lat. tĕrror col suff. -iste '- ista';1975] A s.m. e f. (pl. m. -i) 1 Chi appartiene a gruppi od organizzazioni terroristiche. 2 Durante la Rivoluzione francese, membro del governo del Terrore. B anche agg.: gruppo t.; base, azione t.»

Secondo il dizionario, dunque, è terrorista – prima accezione - chi appartiene a gruppi od organizzazioni terroristiche. Bene, ora quindi dobbiamo definire cosa sono questi “gruppi od organizzazioni terroristiche”. Per farlo, però, dobbiamo spostarci nel tempo e nello spazio. Andiamo in India, 1984.

Bhopal, capitale del Madhya Pradesh. È una splendida città, Bhopal, ha un milione di abitanti, per lo più indù, ma con minoranze musulmane e cristiane.
Mai verificatosi un problema di intolleranza religiosa, a Bhopal, governata nei secoli scorsi da una famiglia dove il potere – di generazione in generazione – passava di madre in figlia.
Forse è per questo che è una città così ospitale. Ha ospitato poeti, semplici viaggiatori, un po' di tutto, insomma.
Ha ospitato anche gli inglesi, e poi i russi. Poi hanno scoperto che i rubli non davano la felicità, e questo è assodato, sul fatto che la diano i dollari c'è ancora da discutere, come dice Marco Paolini nello spettacolo omonimo.

Perché anche a Bhopal, prima o poi, arrivano i dollari. Quelli arrivano ovunque. Ma a sbarcare per primi, a Bhopal, non sono funzionari della Casa Bianca o uomini di qualche istituzione. A sbarcare per prima a Bhopal è la Union Carbide. Ha sede in Virginia, ed è diventata, dopo la seconda guerra mondiale – dove ha partecipato ai lavori per la creazione della bomba atomica – uno dei colossi del settore chimico a livello mondiale, con le sue produzioni di bottiglie di plastica, pvc, pile elettriche e spray, in particolare quelli contro ogni tipo di zanzara. Il ddt, insomma. Ma il ddt fa male, non solo alle zanzare ma anche a chi lo utilizza. Per cui c'è bisogno di creare un ddt human-friendly, un antiparassitario che non uccida anche l'uomo. La Union Carbide inventa il “Sevin”. È grandioso, il “Sevin”, si potrebbe anche mangiare, dicono gli scienziati che l'hanno prodotto. Non fa male, il “Sevin”. Ma quel che serve per produrlo non è così buono, uno in particolare è micidiale: CH3N=C=0 si scrive. Si legge MIC, metilisocianato (o isocianato di metile in italiano). Deriva dalla reazione tra fosgene e monometilammina. Basta entrarne in contatto senza precauzioni adeguate perché questo blocchi i polmoni, bruci i pigmenti e renda ciechi all'istante. Per questo i risultati dei test la Union Carbide non li pubblicherà mai. Non sia mai che qualcuno, in India, dovesse leggerli. Il MIC è un tipo particolarmente sensibile: reagisce con l'acqua e con qualsiasi tipo di sporco, e per questo deve essere tenuto in grandi serbatoi che lo isolino dall'ambiente e a zero gradi. Per evitare rischi, il miglior modo di produrre il MIC è di non avere scorte di magazzino. Stiamo pur sempre parlando di gas, d'altronde.

«La fabbrica sarà sicura come una fabbrica di cioccolato!» dicono dall'ufficio studio della Union Carbide. Talmente sicura che nessuno, dalla Virginia, si preoccupa di avvisare gli indiani di quel che stavano per mettersi in casa. Piccoli dettagli, d'altronde...

I cittadini di Bhopal adorano la Union Carbide. Chi non adorerebbe una società che ti crea in casa nuovi posti di lavoro, che permette ai tuoi diplomati ed ai tuoi laureati di non dover emigrare per lavorare? E poi sono gentili, alla Union Carbide. Regalano addirittura i dolci durante le feste comandate!

La fabbrica è pronta nel 1980, ma i progetti sono pronti da molto tempo prima. Nel 1972, infatti, dopo tre anni di gestazione il progetto di trasformare l'India nel granaio dell'Asia è pronto. Certo, per problemi di budget dalla Virginia hanno provveduto a fare qualche taglio, qua e là. Come i tagli agli standard di sicurezza. Piccoli dettagli anche quelli, d'altronde, per la fabbrica sicura come una fabbrica di cioccolato.
Il progetto della Union Carbide prevedeva che i contadini iniziassero ad occuparsi dei loro campi i maniera completamente diversa da quel che avevano fatto fino ad allora. Bisognava convincerli, soprattutto, dell'utilità degli anti-parassitari chimici. Diciamo che 5000 tonnellate di Sevin all'anno possono essere un buon motivo per giustificare l'esistenza della fabbrica, per cui basta convincere il 10% dei contadini ad acquistare un litro di Sevin ciascuno il gioco è fatto!

Il primo incidente nella fabbrica sicura come una fabbrica di cioccolato avviene nel 1981: Mohammed Asharaf, uno dei migliori tecnici dell'impresa, deve aggiustare una tubatura rotta. Ordinaria amministrazione dunque. In quelle tubature scorre il fosgene, uno dei due componenti che servono per produrre il MIC. Due gocce gli cadono sulla maglietta e, per toglierle, la lava togliendosi la maschera. Non c'è alcun contatto tra le gocce ed il corpo di Mohammed. Sta di fatto che dopo un po' di tempo crolla a terra, inizia a vomitare e non smette più. Muore soffocato dai suoi stessi succhi polmonari. Perché il fosgene è un po' come l'amianto – o forse l'amianto è un po' come il fosgene – killer silenzioso in una guerra chiamata lavoro.

Nel 1982 le vendite di Sevin scendono, delle 5000 tonnellate che era il target annuo necessario a giustificare l'apertura della fabbrica se ne vendono solo 2300 tonnellate. La sede centrale, quella in Virginia, allora decide di fare una cosa che a questo tipo di imprese, a questo tipo di “imprenditori” piace tanto: tagliare. D'altronde, alla Union Carbide, avevano già iniziato a tagliare ai tempi del progetto, perché non continuare in questa meravigliosa prassi? Prima 300 manovali, poi il centro di formazione, poi altri 200 operai, di quelli specializzati. Delle 1000 persone che ci lavoravano all'inizio, dopo tre anni ne era già andata a casa la metà. La chiamano politica per il raggiungimento del profitto. Lo chiamano capitalismo.
Nell'autunno del 1983 vengono disattivati gli impianti di sicurezza. Siccome la produzione è sospesa, che senso ha buttar via soldi per tenere in sicurezza tonnellate e tonnellate di gas tossico? Dopo pochissimo tempo viene spenta anche l'alimentazione al raffreddamento dei tre serbatoi sotterranei in cui sono contenuti i gas nocivi e poi la fiamma pilota del bruciatore che serve a bruciare il gas eventualmente in fuga dagli impianti. Il gas è lasciato in balia dell'arbitrio di Madre Natura, mentre dovrebbe stare, controllato, a zero gradi.

Il 26 ottobre 1984 la fabbrica chiude definitivamente, gli americani si dimenticano di Bhopal. E del gas nei serbatoi. Nelle tre cisterne – numero 611, 612 e 619 – rimangono una sessantina di tonnellate di isocianato: 1 tonnellata nella cisterna 619, 20 nella 612 e 40 tonnellate, la capienza massima, nella cisterna 611. Ogni tanto, però, le tubature devono essere pulite. C'è sempre gas nocivo lì sotto. Gas a cui non piacciono i contatti con l'acqua e lo sporco. Ma non c'è nessun operaio interno che possa farlo. Perché gli operai interni non ci sono più. Tutti licenziati (ovviamente: la produzione è sospesa!).
La Union Carbide decide dunque di mandare due operai di una fabbrica di pile elettriche di sua proprietà, sempre di Bhopal. I due operai non hanno la minima idea di come ci si debba muovere in quella situazione. Loro fabbricano pile! Ricevono però istruzioni: andare lì, pulire bene, togliere tutto lo sporco e il gioco è fatto. Semplice come bere un bicchier d'acqua! E proprio l'acqua sarà nemica dei due operai: una delle saracinesce delle vasche è talmente incrostata di sporco che niente, non ne vuole sapere di aprirsi, e l'acqua necessaria a pulirla non arriva come dovrebbe. Aumenta un po' la pressione dell'acqua, poi un altro po', un altro po' ancora. E l'acqua, che non riesce ad uscire da dove dovrebbe, decide di fare una bella cosa: uscire da un'altra parte. E precisamente dove ci sono i serbatoi. Se al fosgene non piace l'acqua, al contrario, all'acqua deve piacere molto il fosgene, perché il serbatoio che sceglie è il n°611, proprio lui: quello completamente pieno. L'isocianato, reagendo con l'acqua, esplode, raggiungendo una pressione incontenibile. Ci sono le vie di fuga, quelle che dovrebbero servire proprio in questi casi, perché il gas “imbizzarrito” dovrebbe entrare nelle tubazioni che dovrebbero portare alla torre che dovrebbe bruciare il gas fuoriuscito. Appunto: dovrebbe. Dovrebbe essere così se il sistema di sicurezza non fosse stato disattivato. La nuvola prodotta dall'esplosione pesa due volte e mezza l'aria. È composta da MIC, cianuro e monometilammina.
Al pronto soccorso nessuno sa come muoversi, perché le persone che arrivano hanno sintomi diversi. Allora provano a chiamare i loro colleghi di Bombai e qualcuno riesce addirittura a contattare i tecnici americani della Union Carbide. Ma «Spiacenti. Non possiamo rivelare la composizione della nuvola tossica. Non siamo autorizzati a farlo» è quel che si sentono rispondere in India.

I morti, a Bhopal, sono morti perché qualcuno non era autorizzato a salvargli la vita. Magari sapere quelle informazioni, per i medici, sarebbe stato ugualmente inutile, ma forse qualche vita in più sarebbe stato possibile salvarla. Già, le vittime. Quante sono le vittime dell'incidente del 2 dicembre 1984 a Bhopal, in quello che è considerato il peggior disastro industriale della storia? Si dice che nei soli due giorni successivi siano state circa 8.000, ma è difficile trovare cifre certe in un paese dove non c'è anagrafe. Le autorità parlano di “al massimo” 1000 vittime, numero che, confrontato con la popolazione indiana, non può far certo parlare di catastrofe. A più di 20 anni dalla tragedia le vittime sono state più di 22.000 (che era il numero ufficiale agli inizi del nuovo millennio). Perché la tragedia di Bhopal è come il Vietnam, dove l'esfoliante utilizzato dagli americani per trovare i vietcong fa danni ancora oggi, a quasi mezzo secolo di distanza.

La Union Carbide – come ogni buona multinazionale che si rispetti - non ha mai fornito indicazioni tossicologiche utili a trovare la terapia migliore per chi venne colpito da quella nube tossica.
Warren Anderson, presidente della Union Carbide, dopo la tragedia andò in India, dove venne subito arrestato con l'accusa di omicidio. Dopo tre ore era un uomo libero, avendo pagato i 500 dollari di cauzione richiesti.
3.300 milioni di dollari è la richiesta di risarcimento danni, 470 milioni la cifra patteggiata. Cifra che, a Bhopal, stanno ancora aspettando. Alla notizia dell'avvenuto accordo, il titolo della Union Carbide sale in borsa di due punti. Insomma: un modo come un altro per guadagnare sulla vita di altre persone. Ma d'altronde le multinazionali funzionano così, no?

Dal 1984 nessuno ha più toccato la fabbrica “sicura come una fabbrica di cioccolato” - o quel che ne resta – il terreno continua ad essere avvelenato, così come l'acqua. Nel 1999 Greenpeace ha condotto un'analisi del suolo, delle falde idriche e dei pozzi all'interno ed all'esterno dell'impianto: sono state trovate 12 sostanze tossiche e mercurio.
Nel 1999 la Union Carbide diventa proprietà della Dow Chemical, che si è sempre rifiutata di farsi carico delle spese legali, finanziarie e morali dell'avvenuto. La Dow Chemical, tra le altre, è anche la proprietaria degli stabilimenti del petrolchimico di Porto Marghera, anch'esso ereditato dalla Union Carbide. Ma anche questi sono piccoli dettagli...

Warren anderson lasciò la sua carica nel 1986. Dal 1992 sulla sua testa pende un mandato di catura internazionale, e le donne di Bhopal, da quel giorno, ne bruciano le immagini. Lo chiamano terrorista.

Perché chi deliberatamente lascia un gas nocivo alla mercé dell'ambiente, chi – perseguendo la politica del profitto – taglia la sicurezza sui posti di lavoro, a Bhopal come in ogni altra parte del mondo, chi lascia una bomba chimica pronta ad esplodere in mano a povera gente che non sa come trattarla (l'operaio che era andato a pulire le tubazioni verrà dichiarato innocente proprio perché quello non era il suo mestiere), come si chiama se non terrorista?
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