La geopolitica di Enrico Mattei


In questi giorni si fa un gran parlare della figura di Bettino Craxi. Chi lo definisce un ladro, un uomo che è andato contro lo Stato, e chi lo definisce uno "statista". Considerando che io, nella mia pur giovane età ho sentito associare questa parola - "statista"- sia a personalità come Berlinguer che a personaggi come Berlusconi, ammetto che mi diventa sempre più oscuro il significato del termine. Di una cosa va dato atto all'ex leader socialista: di aver saputo dire – e confermare – dei forti “no” alle ingerenze statunitensi, come nel caso della crisi di Sigonella. Personaggio controverso, sicuramente. Ma che, nel bene o nel male, ha segnato parte della storia di questo paese.

Bettino Craxi, però, non è stato il primo personaggio controverso a diventare però l'asse portante di un periodo della storia di questo paese, ed a mettersi contro le ingerenze americane. C'è stato anche un'altro personaggio molto importante - e molto controverso - per la nostra storia, fino agli anni '60, fin quando qualcuno, nei pressi di Bascapé (Pavia) non lo fece saltare in aria. Chi? Per l'uccisione di un uomo che per tutta la vita non fa altro che crearsi nemici non è importante la mano che lo uccide, ma il perché.
Chi è Enrico Mattei.
Enrico Mattei nasce ad Acqualagna (Pesaro) il 29 aprile 1906, primo di cinque figli. Fino a 13 anni frequenta la scuola del paese, senza brillare troppo. Nel 1919, quando il padre brigadiere va in pensione, si trasferiscono a Matelica (Macerata), centro più “vivo” di Acqualagna, dove le industrie iniziano a dar da lavorare a chi aveva sempre campato di agricoltura e pastorizia.
I tipi come lui gli americani li chiamano “self-made man”, perché Enrico inizia a lavorare – a 15 anni – in una fabbrica come verniciatore. 5 anni dopo è già direttore della “Conceria Fiore”, dove aveva iniziato a lavorare quattro anni prima come fattorino.
Tipo sveglio, questo Mattei, che fin da subito capisce come il suo fascino personale può essere usato come “arma”. Tipo sveglio e con la passione per la chimica, passione che potrà coltivare in maniera regolare a partire dal 1928, quando, dopo il fallimento della “Conceria Fiore” per le politiche deflazionistiche del regime fascista ed una breve parentesi lavorativa alla Max Mayer, diventa rappresentante unico per il mercato italiano della tedesca Loewenthal. Da questo momento inizia a nascere il fenomeno Mattei per come lo conosciamo dai libri di storia e che farà coniare agli anglofoni il termine matteism.

Grazie al lavoro alla Loewenthal, infatti, Mattei ha la possibilità di girare il paese, studiandolo e cercando di capire quali siano i reali bisogni della gente.
Nel 1931 Mattei apre la “Industria Chimica Lombarda Grassi e Saponi”, che tre anni dopo, contando sull'appoggio di 20 operai, è già affermata sul mercato, anche grazie ad un'intuizione che permette a Mattei di mettere a punto un innovativo prodotto per zuccherifici, che permette di accantonare tutti quelli importati.
Qui iniziamo a vedere due particolarità del carattere di Mattei: innanzitutto il suo rapporto con gli operai, che per lui – a differenza di quel che succede per molti imprenditori di oggi – hanno la stessa importanza della famiglia, ed il coraggio, indiscusso punto di forza del suo carattere. Ma quando si nasce leader, d'altronde, certe cose nascono in te con i primi vagiti.
Nel 1936, a Vienna, sposa Margherita Paulas, ex ballerina di varietà, che gli rimarrà a fianco fino all'ultimo dei suoi giorni.
In quegli stessi anni, a Milano, si ritrova come vicino di casa il professor Marcello Boldrini – anch'egli di Matelica – che, oltre ad essere docente alla Cattolica, alla Bocconi di Milano ed all'Università di Roma, è anche tra i fondatori della Democrazia Cristiana, nella corrente guidata da Ezio Vanoni e che si rifaceva al c.d. Codice di Camaldoli, un documento programmatico di politica economica che, nella mente dei suoi ideatori, doveva costituire la base per la ricostruzione economica dell'Italia dopo la guerra. La funzione di Boldrini nella vita di Mattei è duplice: oltre ad essergli amico fraterno, infatti, diviene anche colui che è incaricato di colmare le tante lacune nella preparazione culturale di Mattei, che nel frattempo – mentre fa conoscenza di personalità come Giorgio La Pira, Giuseppe Dossetti e Amintore Fanfani – si iscrive alle scuole serali, diplomandosi ragioniere. Fa anche in tempo ad iscriversi all'università: Scienze Politiche, dove si avvicina alle teorie di Roosvelt, Perón e Gandhi. Poi arriva la guerra...

Este, Monti, Marconi e Leone sono i nomi di battaglia del partigiano Mattei, che nel 1944 viene indicato – dopo l'omicidio di Galileo Vercesi e dopo la sua “virata” verso il Partito Popolare – come rappresentante per la Democrazia Cristiana nel Comitato di Liberazione Nazionale. Il suo compito – oltre a fare da raccordo tra le forze partigiane – è anche quello di sottrarre le forze progressiste all'area comunista, dirottandole verso l'area democristiana (si vanterà di aver portato il numero di partigiani democristiani dagli iniziali 2.000 agli oltre 65.000 di fine conflitto).

Come ricompensa per il suo ruolo nella Resistenza, a Mattei viene dato l'incarico di liquidare l'Agip, l'Azienda Generale Italiana Petroli, considerata un peso inutile per un'Italia che doveva ricostruire. Nata sotto il fascismo con lo scopo di “cercare, acquistare, trattare e commerciare petrolio”, su 350 pozzi scavati in Italia, Albania, Romania e Ungheria, di petrolio non ne aveva trovata neanche una goccia, per cui a cosa serviva un'azienda statale per cercare il petrolio, se il petrolio non lo trovava?
Sull'Agip però c'è qualcosa di strano: per quale motivo un'azienda statale completamente inutile, costruita per cercare e commerciare il petrolio e che ancora non ne aveva trovata una sola goccia, era nelle mire di molti – troppi? - acquirenti che erano disposti a pagare, per ottenerla, un prezzo troppo elevato per non far scrutare a Mattei che sotto ci fosse qualcosa di strano. L'Agip, inizialmente, era divisa tra Roma – dove sedeva “fisicamente” il C.d.A. - e Milano, dove venne dirottato Mattei, con compiti di piena responsabilità sulla parte “settentrionale” dell'azienda.
All'Agip, Mattei aveva preso il posto di Carlo Zanmatti, destituito in quanto repubblichino, che però fa una rivelazione fondamentale non solo per Mattei, ma anche per le sorti del paese: a Caviaga, in Val Padana, il petrolio c'è. Il petrolio c'è ma non lo sa nessuno, perché il pozzo era stato trovato già nel 1944, ma gli scavi si erano dovuti interrompere per non permettere ai tedeschi di trovarlo (e quindi di appropriarsene). Mattei però non capisce: era andato lì per il petrolio, cosa se ne fa di questo “metano”? Innanzitutto, spiega Zanmatti a Mattei, iniziamo ad incanalarlo in tubi, tubi che poi arriveranno in ogni singola casa, in ogni fabbrica. Insomma: portiamo il riscaldamento agli italiani!

Sotto la vicepresidenza di Mattei l'Agip – riunificata il 17 ottobre 1945 – risorge, e diventa una delle principali aziende strategiche per la ricostruzione dell'Italia.
Da questo momento, però, Mattei inizia a farsi dei nemici: i privati italiani come la Edison, che già sognava di “spacchettare” l'azienda petrolifera di Stato tra Edison, Agip e Metano, quest'ultima partecipata da Ras ed Edison stessa. Insomma: si tentò di creare quell'insieme di scatole cinesi che oggi costituiscono l'organigramma delle principali società nazionali, utili solo per le tasche di questo o quel potentato di turno. Ma con Mattei questo non riuscì, così come non riuscì l'attacco di quello che per Mattei era il “nemico pubblico numero 1”: il cartello delle principali aziende petrolifere mondiali che, dispregiativamente, Mattei chiamava le “7 sorelle”, cioè:

  • Standard Oil of New Jersey, conosciuta oggi come Esso o Exxon in America;
  • Royal Dutch Schell;
  • British Anglo-Persian Oil Company, diventata oggi British Petroleum;
  • Standard Oil of New York, diventata poi Mobil e fusa con la Exxon;
  • Texaco;
  • Standard Oil of California (Socal), divenuta poi Chevron e fusa con la Texaco;
  • Gulf Oil, in buona parte diventata proprietà della Chevron.

Mattei allora chiede aiuto ad Ezio Vanoni, a quell'epoca esponente in ascesa della sinistra democristiana e, tramite lui, al Presidente De Gasperi. In cambio a Mattei viene chiesto un “aiutino” per vincere le prossime elezioni (vinte dalla DC con il 48% contro il 31% del Partito Popolare). Mattei torna ad essere il vicepresidente dell'Agip. Marcello Boldrini ne diventa il presidente. Qui vediamo un'altra delle particolarità del carattere di Mattei, che continua a portargli critiche ancora oggi, a quasi 50 anni dal suo omicidio: il considerare i partiti come dei taxi, sui quali salire, farsi portare dove aveva bisogno, scendere e pagare la corsa. Oggi forse questo modo di fare non sarebbe considerato neanche in maniera negativa – visti i tanti casi di politici che trattano i partiti come le mutande: cambiandone uno al giorno – si parlerebbe semplicemente di “uomo dalle mani libere”. Perché i giochi di potere dietro all'Agip erano forti, molto forti, e Mattei aveva bisogno proprio di questo: avere le mani libere. Perché per portare l'Agip a diventare una delle principali aziende nazionali aveva bisogno di non darle alcun colore politico. Ma anche avere le mani libere ha un suo prezzo da pagare.

Il 19 marzo 1949, intanto, l'Agip aveva finalmente trovato ragione di esistere: era stato finalmente trovato il petrolio! D'accordo, non è molto. Ma quel che c'è facciamocelo bastare, è quel che pensa Mattei. Vengono trovati altri giacimenti a Cornegliano (MI), Pontenure (PC), Bordolano (CR), Correggio (RE) e Ravella.
L'Agip però non deve occuparsi solo di “fare buchi” per trovare l'oro nero, deve anche portare il metano a tutti gli italiani, e per farlo deve posare i tubi che – materialmente – renderanno possibile agli italiani riscaldarsi. Qui Mattei adotta un “metodo”: prima fare, poi discutere. Sarà lui stesso a vantarsi di aver trasgredito ad almeno 8.000 tra leggi, leggine e provvedimenti vari. Come quando i suoi operai poggiavano i tubi di notte, e poi la mattina i sindaci si risvegliavano con le strade spaccate. Mattei però non discuteva solo a parole, c'erano sempre dei vantaggi per chi lo incrociava sulla sua strada: l'acquisto del raccolto se il metanodotto danneggiava i contadini, la ricostruzione della chiesa se veniva danneggiato il parroco, rispolvera il suo passato di partigiano con i sindaci comunisti. Insomma: Mattei ha una risorsa per ogni occasione.

Mattei si è creato già molti nemici, ma è indubbio che stia facendo il bene del Paese, del “suo” Paese. Egli sì, Patriota a pieno titolo. L'Agip – diventata nel 1952 ENI, Ente Nazionale Idrocarburi – non è più quel carrozzone inutile di cui gli uomini di punta del Paese volevano disfarsi subito dopo aver vinto la guerra. L'Eni è diventata una potenza, capace nientemeno di sfidare le “7 Sorelle” ottenendo un posto di riguardo sullo scacchiere geopolitico dell'economia mondiale. E tutto questo grazie a Mattei, un uomo che, grazie al suo fiuto, stava cambiando l'ordine naturale delle cose. Tutto quel che tocca Mattei diventa oro: l'ha fatto con l'Agip, c'è riuscito – di nuovo – con gli stabilimenti Pignone, che da industria pronta per il cimitero si trasforma, nel giro di pochi anni, in azienda leader nel settore della produzione di tecnologie per la ricerca e l'estrazione di risorse dal sottosuolo. È anche un fine esperto di comunicazione, Mattei, le sue campagne pubblicitarie con quegli slogan così incisivi, la riconversione di semplici pompe di benzina in luoghi di servizio al pubblico diventano materia di studio per gli avversari ed i concorrenti.

Già, i concorrenti, gli avversari, i nemici. Mattei se n'è fatti molti – troppi – durante la sua esperienza all'Agip/Eni, a partire da quelle 7 sorelle che gli rendono impossibile reperire il petrolio all'estero, visto che quello italiano inizia a scarseggiare.
Ma l'Eni non può diventare operatore marginale nel grande mercato dell'oro nero, e allora Mattei va a prendersi il petrolio da chi vuol darglielo, anche se questo vuol dire andare contro gli americani. Anzi: soprattutto se questo vuol dire andare contro gli americani.

La geopolitica di Mattei
Quel che Mattei fa con l'Eni in merito all'approvvigionamento petrolifero, è una vera e propria politica estera, giocando in prima persona sullo scacchiere internazionale.

Iraq
Nel 1934 – come ci dice Benito Livigni (tra gli assistenti più stretti di Mattei) – nel 1934 l'Agip era riuscita ad ottenere il più grande giacimento di petrolio nell'area di Kirkun, nella zona settentrionale dell'Iraq (nell'area kurda) grazie all'allora Ministro degli Affari Esteri Dino Grandi, che venne a patti con gli inglesi, a quel tempo protettori e “creatori” dell'Iraq. Churchill, infatti, aveva capito che creare un fazzoletto di terra nel quale far convivere sciiti, sunniti, kurdi e turcomanni avrebbe creato un luogo in eterno conflitto, che – per le potenze coloniali (o per quelle imperialistiche di oggi) – si traduce in maggior controllo e governabilità. La Mosul Oil Field – l'azienda petrolifera britannica nell'area – passo in mano agli italiani, ma solo per poco tempo. Nel 1935, infatti, con l'invasione italiana in Etiopia la M.O.F. viene ripresa dagli inglesi (per una quota pari al 51%) lasciando all'Agip il 39% più la partecipazione sul piano politico ed economico. Ma Mussolini ha paura, e decide di cedere anche la rimanente quota agli inglesi.
Il 14 luglio del 1958 Abd al-Karim Qasim (o Kassem, conosciuto anche come al-Zaʿīm, “il leader” in arabo) depone, con un colpo di stato, Re Faysal II, diventando Primo Ministro dell'Iraq. Mattei – che ha una certa simpatia, da ex partigiano, per gli eserciti di liberazione – vuol creare un partnerariato alla pari (così come farà in tutti i suoi accordi) con Kassem, accordo che doveva però rimanere segreto e che prevedeva la sostituzione della locale Iraq Petroleum Company con l'Eni. Kassem, però, entusiasta di un accordo che non avrebbe portato che vantaggi al suo popolo “spiffera” tutto in televisione, portando altra legna da ardere per il fuoco dei nemici del vicepresidente dell'Eni.

Iran
Dopo l'iniziale impedimento negli accordi tra l'Eni e lo Scià per le interferenze delle grandi potenze, che vedono in Mattei ancora un “petroliere senza petrolio”, nel 1957 riesce a strappare un importantissimo contratto a Reza Pahlavi, concedendo il 75% dei profitti e – in maniera “extracontrattuale” - proponendo agli iraniani (così come diverrà sua abitudine) di diventare partner in aziende in cui solo Mattei sopporterà i rischi. Oltre a ciò crea borse di studio, dà la possibilità ai tecnici iraniani di venire a studiare le tecniche dai tecnici italiani e, soprattutto, appoggio politico per la “resurrezione” di questi paesi, nei quali vede quel che lui, Boldrini, La Pira, Fanfani e tanti altri avevano tolto dalle mani dei fascisti per restituirlo al popolo italiano. L'8 settembre 1957 in Iran nasce la Sirip (Società Irano-Italienne des Pétroles), che andava a rendere effettivo il partnerariato tra l'Eni e la Nioc (Nationa Iraniana Oil Company).

Mattei, a differenza di quel che si può pensare in un'epoca in cui si ragiona per etichette e stereotipi, non era “anti-americano”, tant'è vero che più fonti parlano di una corrispondenza assidua tra lui e John Fitzgerald Kennedy, che vedeva in Mattei l'uomo a cui affidare – dopo la crisi di Suez – la stabilizzazione del governo italiano per far ottenere all'Italia quel ruolo di potenza strategica nell'area mediterranea che Mattei aveva sempre perseguito. Mattei era semplicemente a favore di chi si batteva contro i potentati, che si trattasse delle “7 sorelle” americane o di qualche despota nei paesi arabi.

Il Giorno
Tutto il potere che oggi definiremmo mediatico di Mattei ruota intorno a Il Giorno, il giornale che lui stesso ha fondato e che, oltre ad informare gli italiani su quel che fa l'Eni, ha anche il compito di avvicinare il nostro paese ai partner dell'Eni (non solo Iraq e Iran, ma anche Libia, Giordania, Algeria) nel tentativo di creare una politica nell'area mediterranea alla pari - come gli accordi che faceva con questi paesi venivano definiti – al cui confronto la politica attuata dai governi di questi anni non è neanche paragonabile.

Al momento della sua morte, nel 1962, la rete di distribuzione dell'Eni si snoda in Africa (dalla Costa d'Avorio all'Etiopia, dal Marocco al Senegal passando per Ghana, Somalia, Tunisia e Sudan), Asia (i già citati Iraq e Iran più Libano, Giordania, India, Pakistan) passando per l'America Latina (Argentina) fino ad arrivare in Unione Sovietica e – in questo caso per affari non legati al petrolio – in Cina.

Il fronte interno
Se in politica estera Mattei sembra essere inarrestabile, le bordate più pesanti gli arrivano in casa, grazie anche alle influenze esercitate dalle 7 sorelle ed al suo non proprio “legalissimo” comportamento imprenditoriale (fondi neri con cui finanziare la protezione partitica dell'Eni su tutti).
Mattei è un personaggio controverso, abbiamo detto. Un personaggio che però, con quell'azienda inutile affidatagli solo per (s)venderla al miglior offerente nel 1962 dà lavoro a 55.700 persone, investe 209 miliardi di lire fatturandone 357, possiede 15 petroliere guadagnando 6 miliardi “ufficiali” (“ufficiosi” probabilmente più di 50).
Un solo uomo era riuscito a fare, da solo, tutto questo? Un solo uomo era riuscito – cosa ancor peggiore – a tener testa alle grandi compagnie petrolifere americane? Troppo potere, troppi nemici.

L'omicidio Mattei.
Il 25 ottobre 1962 il Financial Times pubblica un articolo quanto mai profetico dal titolo “Will signor Mattei have to go?” (“deve andarsene il signor Mattei?”). Non si sa se sia stata solo un'intuizione del giornalista o una soffiata “di avvertimento”, sta di fatto che alle ore 18.55 del 27 ottobre – cioè a due giorni dall'uscita di quell'articolo – l'aereo su cui viaggiava Mattei esplode in volo sui celi di Bascapé. Troppo anche per una fortuita coincidenza, in particolare se a bordo viene trovato dell'esplosivo.

Tre mesi prima dell'esplosione, in un documento dichiarato top secret dal Ministero dell'Energia britannico scrivono al Foreign Office: «L'Eni sta diventando una crescente minaccia agli interessi britannici. Ma non dal punto di vista commerciale [...] La minaccia dell'Eni si sviluppa, in molte parti del mondo, nell'infondere una sfiducia latente nei confronti delle compagnie petrolifere occidentali». Mattei però non era un corrotto “a livello personale”, come scrive in una nota Ashley Clarke, nel 1957 ambasciatore britannico a Roma: «A differenza di molti esponenti democristiani non sembra corrotto a livello personale. Vive in modo tutto sommato modesto. Il suo unico svago è la pesca: non ci pensa due volte a volare in Alaska per una battuta di pesca di una settimana [...] Si trova nelle condizioni di fare gran bene o gran male all'Italia».

C'è poi un'altra nota, strana, di un non meglio identificato Mr. Searight, che forse può rispondere, almeno in parte, a quella domanda iniziale, cioè al “perché” Mattei sia stato ucciso: «Di recente una certa persona ha sostenuto una conversazione con una importante personalità dell'industria petrolifera che recentemente è entrata in contatto con Mattei. A suo dire Mattei gli avrebbe confidato la seguente riflessione: “ci ho messo sette anni per condurre il governo italiano verso un'apertura a sinistra (in italiano nel testo, ndr). E posso dire che ce ne vorranno di meno per far uscire l'Italia dalla Nato e metterla alla testa dei Paesi neutrali”». Non ci sono motivi – come la stessa nota sostiene – di dubitare della veridicità di un'affermazione simile da parte di Mattei.

Le 7 sorelle, l'Oas Francese (Organisation Armée Secrète francese, usata in funzione anti-rivoluzionaria in Algeria), Cosa Nostra (il pentito Gaetano Iannì, il 27 luglio 1993, parlò di una richiesta della mafia americana a quella siciliana per eliminare Mattei, così come – forse – aveva scoperto il giornalista dell'”Ora” Mauro De Mauro, che – forse - per questo fu assassinato). Chi sia stato materialmente, forse, non è neanche così importante, l'importante è capire il perché. Ed il perché è che Enrico Mattei era un patriota, uno di quelli che nel suo paese ci crede davvero, al punto di sovvertire l'ordine geopolitico prestabilito pur di dimostrarlo.


Approfondimenti:
Benito Livigni (assistente personale di Mattei) parla al V° Congresso di Senza Bavaglio: