Storia di Natale: da Charles Dickens a...Trenitalia


La storia: «Privo di biglietto perché impossibilitato a farlo mostra i soldi al controllore. Ma viene costretto a scendere dalla polizia ferroviaria».

Appena ho capito di cosa trattasse l'articolo di Shulim Vogelmann mi è venuta in mente Ebenezer Scrooge, l'avaro protagonista del Canto di Natale di Charles Dickens. Ma credo che al confronto della storia che sto per raccontarvi, anche lui avrebbe avuto un briciolo di umanità in più.

Il 27/12 su uno degli Eurostar Bari-Roma sale un ragazzo, disabile, senza biglietto. Succede tante volte, d'altronde. Non è né il primo né l'ultimo a farlo. E come prassi il controllore – una giovane ragazza ben truccata, di venticinque anni (tenete a mente l'età, ci tornerò in seguito) – svolgendo l'attività per cui è pagata, si trova a chiedere il biglietto al ragazzo. Una persona normale, indipendentemente dalle funzioni che svolge, si renderebbe conto che quel caso in particolare va trattato “con prassi diversa”. Come nella migliore tradizione italiana, invece, l'autorità predisposta non si discosta minimamente da ciò che le viene imposto dal regolamento: un sovrapprezzo di 50 euro (più il prezzo del biglietto). C'è una cosa che mio padre – ferroviere “di lungo corso” - mi ripete spesso quando gli racconto la mia vita “da pendolare”: questi ragazzi, le nuove leve di Trenitalia, vivono con le stesse paure di un operaio o di qualunque lavoratore dipendente in questo paese: il rinnovo del contratto. Per cui gli viene in pratica fatto il lavaggio del cervello dai padroni (quegli stessi che pretendono che i viaggiatori si portino panini e coperte da casa invece che spendere soldi per portare il parco-treni, anche quello d'elite, ad un livello che possa almeno catalogarsi sotto la voce “decente”; ma questa è un'altra storia...) che li portano de facto a lasciare il cuore in stazione, come evidentemente ha fatto il personale di bordo in questa situazione. Ma si sa che il business, per Trenitalia, è l'unica cosa da perseguire, anche a Natale ed anche di fronte a casi come questo.

In realtà l'operato del personale è inappuntabile – a parte il non aver dato il numero di matricola al giornalista – perché si sono solo limitati ad applicare il regolamento. Ma almeno il Canto di Natale finisce con la “redenzione” di Ebenezer Scrooge, con Trenitalia niente happy ending. D'altronde business is business...