Pur sforzandomi non riesco proprio a capire. Non capisco come si possa credere a tutte quelle dabbenaggini – ed uso una terminologia “diplomatica”- che abbiamo potuto vedere a reti quasi unificate nei giorni dell'attentato al re. Non voglio rientrare nel merito se l'aggressione sia davvero accidentale o sia stata premeditata e studiata a tavolino per ricompattare e far risalire nei consensi il premier e la sua cricca (credo di averne parlato ampiamente in precedenti articoli...), ma mi chiedo come il popolo che si definisce di destra possa credere a quel che abbiamo visto. Per un labbro tagliato (tra l'altro: si diceva fosse il labbro inferiore ma il cerotto era sul labbro superiore. Ma vabbé, sono dettagli direbbe qualcuno) 5 giorni di ricovero ospedaliero? Non vi sembra che ci abbiano un po' “campato” su questa storia?
Indipendentemente da quale sia il simbolo che ognuno di noi vota sulle schede elettorali: esiste qualcuno che veramente è così credulone da essersi bevuto l'emergenza degna di una puntata di E.R.? Per un labbro spaccato 5 giorni d'ospedale. Se gli sparavano che succedeva, dovevamo andare tutti in pellegrinaggio a Lourdes a chiedere un miracolo? Eppure io qualche elettore di destra intelligente lo conosco anche...
C'è la stessa aria degli anni '70, dicevamo. Non so se l'aria sia la stessa perché a quel tempo non ero nato, ma so che il clima che quegli stessi che parlano di “abbassare i toni” stanno infuocando non mi lascia tranquillo. Per due motivi innanzitutto: a) checché ne dicano gli organi di stampa filo-governativi gli operai e i proletari in genere (termine caduto in prescrizione) continuano a non sapere come portare il pane in tavola mentre leggono dei soliti aiutini tra potenti, e sappiamo cosa vuol potrebbe succedere se la classe operaia tornasse ad avere anche la forza per incazzarsi; b) di matti – non solo quelli psicolabili – è pieno il paese. Per cui non mi meraviglierei se qualcuno decidesse di rispondere all'aggressione a Berlusconi. Ed è proprio questo che mi fa molta paura.
Gli anni '70 non li ho vissuti. Però ho – purtroppo – vissuto praticamente tutta l'epopea berlusconiana, e da che ho memoria si è sempre parlato di un complotto ai suoi danni da parte di “una certa” magistratura, di “un certo” giornalismo e via discorrendo, e nella logica del complotto sta anche quello di partire dal presupposto che se c'è un complotto c'è anche qualcuno che lo sta ordendo no? Bene: quei nomi sono stati fatti pochi giorni fa in quella seduta parlamentare dalla chiara impronta gandhiana da Fabrizio Cicchitto (n° tessera P2 2232), uno che trenta anni fa si batteva contro il sistema ma che, come molti, ha capito che mangiare nel piatto del sistema poi così schifo non fa.
Questa frase non la capisco. O meglio: non ne capisco le intenzioni, perché non so se sia un'opinione del “muratorino romano” Cicchitto o se sia un'esortazione affinché qualcuno si spinga davvero più in là, dando la possibilità ai tanti guitti che infestano l'istituzione parlamentare di portare a termine il loro piano (magari – visti i soggetti interessati – quello di rinascita democratica di Gelli).
«(...)quasi voglia tramutare lo scontro politico durissimo in atto in guerra civile fredda e poi questa in qualcosa di più drammatico».
Ma il punto che mi spinge a scrivere – di nuovo – di queste faccende è un altro. E torniamo di nuovo ai tanto acclamati anni '70.
In quegli anni c'era, da parte delle Brigate Rosse, un'usanza un po' particolare: le gambizzazioni. È capitato a tante persone, in quegli anni, di essere sparati alle gambe (questa era la procedura delle gambizzazioni, infatti): ne fece le spese, tra gli altri, Indro Montanelli, che sappiamo essere tra i maestri di Marco Travaglio, oggi nella bufera come “mandante morale” dell'aggressione di Tartaglia. Oppure capitava che qualcuno, per affiliarsi alle Br, decidesse di uccidere un giornalista scomodo come Walter Tobagi, giornalista che fin da subito si occupò – dalle pagine del Corriere della Sera – del fenomeno terrorista che investì quegli anni.
Il trattamento riservato ai giornalisti in quel periodo è lo stesso che oggi viene riservato ai giornalisti “anti-regime” Marco Travaglio e Michele Santoro: si diceva – e si dice – che sono causa di tutti i mali, che sono servi al servizio di questo o quello e così via.
Non mi interessa qui discettare sull'obiettività o meno del lavoro dei due, basti in questa sede ribadire che non sono uno dei massimi estimatori del primo e considero poco obiettivo il giornalismo del secondo (ma essendo dell'idea che il giornalismo non possa essere obiettivo non gliene faccio certo una colpa).
Quel che mi interessa è che le parole del piduista Cicchitto – non me ne voglia nessuno, ma il termine “onorevole” proprio non riesco ad associarlo al suddetto – assomigliano tanto ad una gambizzazione. Gambizzazione mediatica, naturalmente.
Dicendo che Travaglio, Santoro, Di Pietro hanno armato la mano di un signore in cura da circa 10 anni per disturbi psichici – peraltro sapendo bene di dire il falso – non si fa altro che riproporre quel concetto di “nemico da abbattere” che trent'anni fa portò il paese in una guerra in cui ragazzi ammazzavano altri ragazzi per far dominare la loro “ideologia”; in cui si dava dimostrazione di “forza” sparando alle gambe di magistrati – come il giudice Alessandrini – o di giornalisti. Oggi si fa la stessa cosa senza spargimento di sangue. Almeno per ora...
Oggi si dice che chi denuncia le malefatte del sistema di potere politico ed economico vuole ribaltare la democrazia; si dice che chi mostra alla gente “la verità dei fatti” è uno sporco terrorista che vuole destabilizzare lo Stato. E questo è logico: è la parte marcia del Potere che si difende.
Però mi chiedo come il popolo di destra possa credere ad una storia simile. Mi stupisco in particolare di quella parte della destra che una volta – neanche tanti anni fa – aveva in bocca parole come “legalità”, e si ergeva in battaglie a sua difesa. Mi chiedo come possano aver messo da parte il forte senso dello Stato e del rispetto delle leggi che dicevano di avere. Mi chiedo come abbiano potuto abdicare all'intelligenza per accettare tutto questo...
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