Sono Pasquino del G11 del carcere di Rebibbia. Vorrei raccontarvi alcuni particolari sulla malasanità qui in carcere. Giorni fa, precisamente il 28 Luglio 2009 alle 7 del mattino, il detenuto Marino Vincenzo che si trovava anch'egli nel mio stesso reparto (G11, piano terra, sezione B) ha inziato a chiamare l'agente di sezione, comunicandogli che aveva difficoltà respiratorie e, per tutta risposta, si è sentito dire: "Alle ore 8 passerà l'infermiera per il controllo sanitario e la terapia". Alle 7:45 il detenuto Marino Vincenzo è deceduto. Appena avvisati gli agenti sono subito accorsi, portando via i restanti detenuti della medesima cella, interrogandoli per eventuali informazioni sull'accaduto. Solo alle 12 il corpo senza vita del detenuto è stato portato via da una barella.
Antecedentemente, per motivi di trasferimento non aveva più il "piantone" quindi per lui era diventata una vera e propria tragedia essere costretto, per problemi di salute, su una sedia a rotelle mal funzionante.
Questo è solo uno degli eventi più tragici della malasanità in cui ci troviamo, senza poi aggiungere tutti i vari episodi che quotidianamente tutti noi detenuti siamo costretti a vivere: tutte le volte che ci prescrivono una terapia siamo costretti a deglutire medicinali non sterilizzati, poichè ci vengono portati avvolti in piccoli pezzi di carta igienica, invece che in involucri di garze idrofile sterilizzate.
I detenuti invalidi vivono le loro intere giornate su sedie a rotelle inutilizzabili. Le visite mediche sono un optional, vengono effettuate solamente in giorni alterni, quando è il turno del proprio piano e sezione. E questi sono solo piccoli e brevi episodi.
Confidiamo con questa lettera, a scopo informativo esterno, che vengano passate in futuro più visite e che magari per il prossimo inverno sia possibile avere il vaccino per l'influenza suina. Vorremmo essere considerati un po' di più anche a livello umano, visto che, anche se siamo qui, siamo esseri umani con i nostri diritti (che qui valgono veramente pochissimo).
Con la speranza che qualcosa possa migliorare.
Pasquino reparto G11 Rebibbia, Roma
Sempre più spesso mi capita di leggere e di ascoltare situazioni di vita carceraria che definire inumane è dir poco, per questo quando sento ministri e politicanti vari che parlano di aumentare le carceri mi viene da pensare che questi signori non abbiano la minima idea di quel che voglia dire vivere una situazione simile.
E mi riferisco anche alla storia di Izet Sulejmanovic, il detenuto bosniaco risarcito dallo stato italiano per aver vissuto per 18 ore al giorno - non ricordo per quanto tempo - in 2,7m² (divideva una cella di 16,2 m² con altre cinque persone (il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura ha stabilito che la "soglia di vivibilità minima" è di 7m² per individuo).
La situazione carceraria in questo paese sta diventando sempre più insostenibile, sia per quanto riguarda la vita dei detenuti che per quanto riguarda l'aspetto puramente economico-burocratico (mantenimento delle strutture carcerarie in primis). Io mi chiedo se non sia il caso di rivedere il nostro piano-carcerazioni . Abbiamo allo stato attuale 63.587 detenuti per una capienza effettiva di 43.327 posti, e la capienza al massimo può essere portata a 64.111 detenuti, numero che verrà presto raggiunto con gli arresti per clandestinità e per quei reati creati per fare un favore alla Lega ed evitare una riedizione del '94 con una nuova fuoriuscita celodurista dal governo (e quindi la prematura dipartita dello stesso). Questo favore tra l'altro non è certo a costo zero, visto che il costo del sovraffollamento si aggirerebbe intorno ai 64 milioni di euro (torno a ripetere, denaro che potrebbe essere speso per una miglior soluzione del problema abruzzese)
Io mi chiedo quale sia l'utilità di questa segregazione di massa. E vi spiego subito il perché.
La metà di quei 63.587 detenuti sta in carcere in attesa di giudizio, quindi qualora le sentenze diano esito favorevole al detenuto saremo davanti a casi di carcerazione inutile (e quindi risarcimenti danni non certo di pochi spiccioli...). Ma questo in realtà è un dettaglio.
Il problema principale secondo me è che la maggior parte dei detenuti sono - passatemi il termine - "ladri di galline", cioè gente che non ha commesso reati gravi (è ovvio che non mi riferisco a stupratori, assassini e/o pedofili, o casi di particolare efferatezza).
"Su, vai a vedere nella galera,
quanti precari, sono passati a malaffare.
Quando t'affami, ti fai nemici vari,
non ti chiami Savoia, scorda i domiciliari."
Mi chiedo da un pò se per i cosiddetti reati minori il carcere sia la soluzione migliore. Perché, ad esempio, uno che ha rubato un pacco di biscotti - se non lo ammazzano prima com'è successo ad Abba a Milano - deve avere la stessa punizione di un mafioso del calibro di 'U Curtu Riina? Non sarebbe meglio destinare il carcere a quelli che veramente sono pericoli per la società? Ed anche in questo caso, se un individuo viene arrestato perché ha rubato per portare il pane in tavola o comunque è stato costretto da situazioni non dipendenti dalla sua volontà all'atto criminoso, è da considerarsi pericoloso per la società o è la società medesima che lo ha costretto a quell'atto (che magari mai e poi mai avrebbe fatto)?
Non sarebbe meglio - e magari anche meno costoso - creare una rete di punizioni "alternative"? So che questo sta già succedendo: lo vedo nella Bologna in cui studio, dove i detenuti si occuperanno di canili e pet-teraphy o a Milano dove da ottobre coadiuveranno i tribunali nella gestione e digitalizzazione degli archivi.
Perché il carcere - i più sembrano averlo scordato - deve tendere alla rieducazione dell'individuo al fine di reinserirlo nella società e non a creare manovalanza per la criminalità. Ma forse questo governo dell'illegalità e vicino alle istanze delle Famiglie non la vede allo stesso modo...