Si può sconfiggere la guerra? Si può far convivere persone che in altre parti del mondo - come il Rwanda, i Balcani - si ammazzano? Luma al-Mufleh risponde di sì. Ecco come...
Clarkston è una piccola, tranquilla, conservatrice e soprattutto bianca cittadina della Georgia che visse il proprio boom negli anni '70, con l'espansione del locale aeroporto che portò lavoratori e case.
I primi se ne andarono quasi subito, affittando - grazie ai programmi governativi di accoglienza - agli afroamericani, lasciando però che quei luoghi finissero in rovina. Negli anni '80 venne individuata come meta ideale dove smistare migliaia di rifugiati politici provenienti da tutte le guerre e gli orrori del mondo.
Nel giro di pochi anni hutu e tutsi, serbi e croati, albanesi e kosovari si ritrovarono vicini di casa, mentre a casa loro si ammazzavano. Vittime e carnefici (quasi) sotto lo stesso tetto.
Tutto questo finché sulle strade di Clarkston non arrivò una ragazza giordana, Luma al-Mufleh, figlia della borghesia giordana ed emigrata negli States per studiare. Luma, insieme ad altre 12 persone, è riuscita laddove nemmeno organizzazioni e trattati internazionali sono ancora riusciti. Fermare la guerra. Anzi, le guerre.
Come? Con quello che insieme alla musica è considerato l'unico linguaggio universale: il calcio.
Nasce così quello che Warren St.John, giornalista del New York Times che nel 2007 ha raccontato questa storia in un libro, la squadra dei Fugees, che nella traduzione italiana del libro diventa Rifugiati Football Club.
Tanti ragazzi hanno imparato a convivere condividendo una maglietta dello stesso colore ed a passare la palla al proprio compagno di squadra, "anche se appartiene alla razza" - come dice Luma - "che ha sgozzato il padre o stuprato la sorella".
Ma il lavoro di questa giordana con la passione per il soccer e per i diritti umani non si ferma solo al rettangolo di gioco (dove dirige ed allena quattro squadre di ragazzi tra i 12 ed i 19 anni). Perché Luma è riuscita ad avviare una scuola a tempo pieno per dodici ragazzi e ne accoglierà altri appena riuscirà a trovare altri fondi, cosa che probabilmente non le sarà così difficile, visto che con il libro - ed il film prodotto dalla Universal di Kathleen Kennedy - tutti gli occhi sono puntati addosso a lei ed al suo programma, che già vede proseliti (esistono molte squadre in tutti gli Stati Uniti per ragazzi disagiati ed una, a Denver, per rifugiati adulti).
I condomini di Clarkson sono il manifesto del melting pot e del multiculturalismo, concetti che da questa parte dell'oceano a qualcuno dovrebbero essere rispiegati bene. Hutu e Tutsi, Serbi e croati, kosovari ed albanesi, divisi in patria ma uniti su un rettangolo di gioco. Sarebbe lo spot ideale per la Fifa, se non fosse - come dice Emilio Marrese sul Venerdì - troppo impegnata a fare soldi.
Perché non serve diventare Presidente degli Stati Uniti per creare un nuovo mondo, un mondo migliore. Bastano un rettangolo d'erba ed un pallone.
Refugees F.C.
Scritto da
Andrea Intonti
Pubblicato
7/03/2009 09:27:00 AM
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