Un'altra finanza è possibile



E' inutile girarci attorno. Tanto meno dire - come invece sostiene il governo italiano- che 'a nuttata è passata e che vediamo la luce alla fine del tunnel della crisi economica in cui bolla immobiliare e mutui subprime ci hanno portato.
La crisi - è bene ricordarlo - è iniziata più o meno nella seconda metà del 2006, quando negli U.S.A. iniziò a sgonfiarsi la bolla immobiliare e, contemporaneamente, molti possessori di mutui subprime divennero insolventi a causa del rialzo dei tassi d'interesse (che porta sovente al negative-equity, cioè al debito ipotecario superiore al valore corrente della proprietà).
Prima che finisse tutto a "tarallucci e vino" (cioè prima che la crisi sparisse dai media) tutti i c.d. "esperti" gridavano che quel modello economico che dalla fine del secondo conflitto mondiale ci ha portato ai giorni nostri non andava più bene. C'era bisogno di un nuovo modello.

Un nuovo modello c'è già. E - a guardare le cifre - funziona anche molto bene, visto che le stime parlano di movimenti tra i 750 ed i 1000 miliardi di dollari con un tasso di crescita del 15-20% annuo. Ottimo, no? Basterebbe soltanto distogliere lo sguardo dallo zio Sam per trovare il modello di cui sto parlando. Modello che - con ogni probabilità - non sarebbe piaciuto a G.W.Bush (ma credo non piaccia molto nemmeno ad Obama). Perché sto parlando della finanza islamica.
Il principale aspetto che differisce questo modello dal modello capitalista è il divieto di pagamento degli interessi, che viene visto (Corano, III,130) come una forma di usura. Questo è ovvio in quanto per i musulmani la moneta non ha valore in sé, ed è solo un mezzo per attività economiche reali (così come teorizzato da Adam Smith e David Ricardo); ciò porta dunque all'impossibilità di fare soldi dai soldi (che è invece uno dei pilastri del sistema capitalistico, leggasi hedge funds).
Tale principio è cementato nei sukuk(le obbligazioni islamiche) con i quali l'investitore concede un quid-capitale alla banca che provvederà ad investirlo in attività concreta (es. la costruzione di un'autostrada a pedaggio) riscuotendo i profitti generati dall'investimento effettuato. Ciò si rifà alla Sharia(su cui si basa la finanza islamica in toto) che vieta il gioco d'azzardo ed ogni forma di debito ed attività che abbia come oggetto il rischio, motivo per il quale è assolutamente vietato alle banche islamiche essere quotate in Borsa.
Alla base di questo modello c'è la filosofia della «condivisione del rischio»: chi presta deve dividere il rischio con colui che richiede il prestito. In tal modo le parti diventano socie in affari. Questo perché nella finanza islamica l'aspetto etico-sociale è anteposto al mero aspetto economico-finanziario, al contrario di ciò che succede nel sistema capitalistico, basato sulla massimizzazione del profitto e la minimizzazione delle perdite tramite la diversificazione del rischio.
Essendo proibita qualsivoglia forma di azzardo, le banche islamiche non possono concedere prestiti superiori alle proprie riserve, cosa possibile invece nella finanza occidentale, la quale parte dall'assunto che tutti i depositanti non richiederanno mai e poi mai i loro depositi tutti nello stesso momento.
Facciamo un esempio: supponiamo che un pescatore abbia comprato il diritto di pesca nel mio lago per un'ora. Il suo "guadagno" sarà costituito dalla quantità del pescato al termine del tempo stabilito. Sia che ne abbia pescato troppo che troppo poco, uno dei due contraenti (cioè io o lui, per chi fosse scevro di linguaggio giuridico) rimarrà insoddisfatto. Come si evita quindi questa situazione impari? Semplice:non si fissa un prezzo in partenza e si stabilisce che qualunque sia il guadagno esso verrà equamente redistribuito! Questo perché nella finanza islamica il concetto di condivisione è centrale, ponendo l'accento sulla fratellanza, che deriva dal fatto che nella legge islamica l'individualismo (e quindi il concetto economico di "razionalità egoistica" teorizzato dallo stesso Smith) non esiste, perché nella cultura islamica non è riconosciuto l'individuo in quanto singolo ma solo come membro della comunità.

Sarebbe un buon modello (non dico ottimo modello perché sappiamo che l'ottimo è concezione puramente teorica in economia) per fronteggiare la crisi economica e, anteponendo ed impostando tutto il modello sul problema dell'etica, anche quella sociale perché - appunto - il pilastro fondamentale della finanza islamica è, in ultima analisi, il concetto di equità.
E' un pò quel concetto che gli zapatisti racchiudono nel motto "tutto per tutti, niente per noi".
Ma, evidentemente, nelle istituzioni sovranazionali - economiche e non, come il Fondo Monetario Internazionale - vie il motto "tutto per noi, niente per gli altri", visto che l'economia etica è concetto avulso dalla mentalità dei "colletti bianchi".