di Mariana Van Zeller per Current Tv
I video originali di questo articolo non sono più disponibili in rete. Qualcosa dello stesso genere lo trovate a questo indirizzo http://current.com/items/76468982_nigerias-fuel-crisis.htm
La Nigeria, nello specifico la regione del Delta a sud del paese, viene spesso identificata con povertà ed instabilità politica. Un quadro che rappresenta poco la reale ricchezza della regione che oggi esporta circa 2 milioni di barili di petrolio al giorno e garantisce il 40% del gas naturale del continente. Un business che però lascia ben poco spazio alla partecipazione dei nigeriani. Sono infatti le grandi compagnie petrolifere multinazionali a gestire il mercato del cosiddetto oro nero e del gas.
La Nigeria è paese membro dell’OPEC dal 1971, tuttavia i governi locali di turno non hanno mai messo a punto una strategia economica per lo sviluppo del paese. Hanno invece dato il loro benestare alle attività di estrazione delle compagnie straniere attraverso un’apertura al
capitale straniero senza valutazione di impatti ambientali e, quindi, senza alcuna tutela dei diversificati e già esistenti settori produttivi locali.
La regione del Delta del Niger, a trent’anni dall’inizio delle esplorazioni del greggio, si presenta come una grande distesa di campi irrigati da fuoriuscite di greggio e fiumi ricoperti dal suo strato nero. Una coltre nera in costante espansione sulla scorta della crescente domanda di gas e petrolio a livello mondiale, che ha portato alla strutturazione di grandi progetti nell’area come il Bonny Island e il West African Gas Pipeline.
La città di Port Harcourt è definita la roccaforte delle grandi compagnie, un paesaggio marcato dai grandi impianti di estrazione del petrolio. Tecnici e militari sono i personaggi che popolano questa parte del paese. Si tratta dei tecnici della Shell, della Chevron o dell’Agip. I militari sono invece “gli occhi e le orecchie del re” dei governi conniventi.
Le attività relative all’estrazione degli idrocarburi richiedono infatti una grande presenza di militari nella regione per garantire alle compagnie di procedere in sicurezza rispetto alle minacce dei gruppi di ribelli. Il fenomeno degli attacchi ai dipendenti delle grandi compagnie petrolifere risale agli inizi degli anni ’90. Il primo gruppo che ebbe una certa eco fu il MODOP, il gruppo costituito dalla comunità degli Ogoni. Il MOSOP avviò una campagna contro la Shell affinché la compagnia si prendesse maggiori responsabilità in merito al forte inquinamento causato e provvedesse ad una più equa redistribuzione dei profitti.
Tra il 2002 ed il 2004 si è assistito ad una recrudescenza della lotta armata dei ribelli contro le attività di estrazione dell’oro nero tanto che la regione ha registrato una diminuzione del 15 percento dei propri proventi dal settore. L’antagonista principale della presenza straniera
nell’area a sud del paese è oggi il Movement for the Emancipation of the Niger Delta (MEND). Minacce di morte e rapimenti sono oramai molto frequenti.
Il clima di grave instabilità del paese rappresenta oggi la fase avanzata di una crisi interna mai sanata. Tra le fila del MEND ci sono tante donne ed anche molti bambini. L’immagine è quella di una guerra intestina in cui il popolo del Delta della Nigeria, affamato e esasperato, combatte la classe dirigente locale - che da anni svende la propria terra e la propria popolazione. La violenza ai danni dei dipendenti delle grandi compagnie rimane un tentativo di sabotaggio delle scelte degli stessi governi locali.
La Nigeria dell'oro nero.
Scritto da
Andrea Intonti
Pubblicato
3/08/2009 10:56:00 AM
In questo post:
Agip,
Chevron,
Current tv,
gas,
Mariana Van Zeller,
MEND,
multinazionali,
Nigeria,
OPEC,
petrolio,
Port Harcourt,
Shell