#Celochiedeleuropa. Processi lunghi e sovraffollamento carceri: l'Ue riprende l'Italia

foto: ritabernardini.it
Strasburgo (Francia) – Un anno di tempo. Tanto è stato concesso dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo (CEDU) per porre fine al sovraffollamento delle carceri ed alle condizioni di detenzione inumane che questo comporta, definendo misure alternative e di compensazione per le vittime di una situazione definita strutturale e sistemica.
Condanna che va ad aumentare il non certo invidiabile primato che ci mette al primo posto per numero di condanne subite per violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, aumentate con l'introduzione del principio della “ragionevole durata” del processo (comma 2 articolo 111 della Costituzione italiana)

Un problema ben noto sia nelle istituzioni europee che in Italia. Già due anni fa l'allora Commissario europeo per i diritti umani, lo svedese Tomas Hammarberg (da un anno sostituito dallo spagnolo Álvaro Gil-Robles, tornato commissario dopo aver ceduto la carica proprio ad Hammarberg nel 2006) aveva evidenziato come «il sovraffollamento delle carceri è un problema europeo da prendere molto sul serio e che si potrebbe alleviare riducendo la detenzione preventiva. Per esempio, in Italia il 42% dei detenuti sono ancora in attesa di giudizio o della sentenza d'appello. Quindi, non essendo ancora provata la loro colpevolezza, dovrebbero essere considerati innocenti. Se le carceri sono sovraffollate è perché troppe persone vi vengono rinchiuse in detenzione provvisoria».

Ogni 100 posti letto ci sono 140 detenuti (la media europea è di 99,6%). Siamo ultimi per condizione degli istituti penitenziari con casi in cui la percentuale arriva addirittura al 255% di Brescia o al 266% di Mistretta, nel messinese. Un sistema nel quale 65.000 detenuti “vivono” in posti dove il massimo consentito sarebbe 47.000. Questo, dice la Corte europea, viola l'articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell'Uomo, che proibisce la tortura e il trattamento inumano o degradante.
L'inefficienza della giustizia italiana, stando ai dati presentati dal ministero della Giustizia nel 2011, costano ogni anno un punto percentuale di Pil con – al 30 giugno 2011 – 9 milioni di processi da smaltire tra civile (5,5) e penale (3,4).

«L'attrattiva di un paese per essere un luogo dove investire e fare business è senza dubbio rafforzata dall'avere un sistema giudiziario indipendente ed efficiente. Per questo sono importanti decisioni legali prevedibili, puntuali e applicabili. E per questo le riforme in tema di giustizia sono diventate un'importante componente strutturale della strategia economica europea», ha detto la vice-presidente della Commissione e Commissario europeo alla Giustizia Viviane Reding presentando il “Quadro di valutazione europeo della giustiziaprimo rapporto Ue sui sistemi giudiziari dei Paesi dell'Unione, i cui risultati pongono il nostro paese al terz'ultimo posto in Europa, seguito solo da Cipro e Malta. Reding ha inoltre sottolineato come per avere un sistema giudiziario indipendente «dobbiamo lasciare lavorare i magistrati in modo indipendente».

Già a maggio l'Europa ci aveva richiamato ad ampliare il ricorso alle misure alternative alla detenzione, destinando la soluzione carceraria solo ai reati di particolare gravità, anche alla luce delle 27.000 persone detenute senza sentenza definitiva e di ben 13.493 detenute in attesa del giudizio di primo grado (su un totale di oltre 66.000). I presunti innocenti – scriveva Valter Vecellio a maggio su Notizie Radicali – sono circa il 43% della popolazione carceraria.
Una situazione alla quale si aggiunge la situazione dei carcerati ostativi (qui la storia di Salvatore Liga, qui un articolo su cos'è il carcere ostativo).

L'Europa ha posto la lente anche sulla eccessiva lentezza del sistema giudiziario. Una causa civile viene risolta in media in 500 giorni, il tempo che nei paesi OCSE si chiude una controversia commerciale (per la quale in Italia di anni ce ne vogliono anche più di tre).
1.200 giorni per la riscossione di un credito, metodo che potremmo forse imparare guardando a Spagna – dove di giorni ce ne vogliono esattamente la metà – Francia o Gran Bretagna, che impiegano in media tra i 300 ed i 400 giorni.
Lentezze che, sul versante economico, portano a dirottare l'interesse di (eventuali) investitori stranieri all'estero, «che devono avere la certezza della legalità», ha concluso la Reding. Il costo della giustizia sulle imprese è di oltre 2 miliardi all'anno. 4,9 i punti percentuali di PIL che, come evidenziano i dati del Centro Studi di Confindustria del 2011, riusciremmo a recuperare con una giustizia più veloce.
Da qui la decisione di inserire le riforme giudiziarie nella strategia economica comune dell'Unione.

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