Processo Rostagno, a confronto Carla Rostagno e "lo smemorato" maresciallo Cannas

foto: giuliocavalli.net
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Trapani, 28 marzo 2012 – Udienza numero ventisei, quest'oggi, per il processo volto a stabilire la verità dei fatti sull'omicidio di Mauro Rostagno a Valderice, il 26 settembre 1988. Anche questa volta, come avvenuto per l'udienza di due settimane fa[1] è presente, nell'ambito del progetto legalità è presente una scolaresca. La scorsa udienza c'erano i ragazzi dell'istituto “D'Amico”, oggi – accompagnati dal professor Andrea Tilotta, docente di diritto – i ragazzi del liceo “Rosina Salvo” di Trapani.
Per questa udienza era stato programmato il confronto tra Carla Rostagno, sorella del giornalista, per la quale l'avvocato Vito Galluffo, difensore del boss Vito Mazzara ha chiesto la non compatibilità della sua presenza in aula, ed il maresciallo dei carabinieri Beniamino Cannas, che Chicca Roveri, compagna di Mauro Rostagno, sostiene essere stato una stretta “fonte” di Rostagno. «Carla Rostagno mi chiese se avevo davvero ottimi rapporti col fratello, confermai che era così, che ci si vedeva ogni tanto», ha risposto il maresciallo al pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Francesco Del Bene, in merito ad un suo incontro avvenuto quattro anni dopo l'omicidio proprio con Carla Rostagno la quale – ha continuato il teste - «mi esternò dubbi su Cardella (Francesco Cardella, cofondatore insieme a Rostagno della comunità di recupero per tossicodipendenti “Saman” a Trapani, ndr) dicendo che non fece nulla per evitare l'omicidio».
«Non ricordo» è stata invece la risposta data al procuratore Gaetano Paci in merito all'incontro tra Mauro Rostagno ed il boss di Campobello di Mazara Natale L'Ala, legato a Cosa Nostra attraverso i Badalamenti ed iscritto alla loggia massonica Scontrino (dunque Iside 2) che, secondo le ricostruzioni fatte dallo stesso – e riportate in aula a settembre dalla sorella del giornalista – avrebbe fortemente turbato Rostagno. Cannas poi, «non sa» se ci siano stati incontri tra Mariano Agate, boss di Mazara del Vallo appartenente anche alla massoneria e Licio Gelli, la cui presenza nel trapanese è però data per certa «da un rapporto giudiziario del 22 giugno '86 o '87».
Dopo essersi scagliato ripetutamente contro gli organi di stampa, accusati di averlo maltrattato ed ingiustamente attaccato ed aver attribuito la paternità delle indagini al maggiore Nazareno Montanti ed al maresciallo Bartolomeo Santomauro dato che lui non si occupò del delitto (pur avendo preso parte ai sopralluoghi, come testimoniava a settembre) il teste ha evidenziato come nell'ufficio corpi di reato fossero stati violati i sigilli delle scatole contenenti il materiale sulla Iside 2.

Con questi elementi, dopo circa un'ora, la corte si è ritirata per decidere in merito al confronto tra Carla Rostagno e lo stesso Cannas, che inizia di fatto pochi minuti dopo.

«Quando mi incontravo con qualcuno non potevo fidarmi della mia memoria e quello che mi si riportava nei colloqui io prendevo immediatamente degli appunti. Io sono andata da lui (Cannas, ndr) in assoluta fiducia. Mauro lo considerava un suo amico e quindi avevo grande fiducia, andai da lui per sapere cosa era successo quel pomeriggio dell'agosto 1988 in via Torrearsa, quando Mauro gli disse che gli avevano regalato un mese di vita, lui negò me la presentò in altro modo. Fu lui ad aprire certi scenari e presi questi appunti, lui mi disse dell'ispezione nella camera di Mauro, io so che ci furono due ispezioni una dei carabinieri e una della polizia», ha detto la sorella del giornalista. Ma a Cannas, la seconda perquisizione, «non risulta».
Nonostante sia stato proprio il maresciallo a ricostruire per Carla Rostagno tutto ciò che ruotò intorno all'omicidio – compreso che Cardella aveva parlato con l'ex vice presidente della Regione Bartolo Pellegrino del delitto ancor prima che questo fosse stato reso noto – durante l'udienza ha smentito, come nel caso dell'incontro Rostagno-L'Ala o per la vicenda del guanto di paraffina a Salvatore Barbera, che era stato fatto oggetto di attenzione giornalistica da parte di Mauro Rostagno, per un omicidio da questi commesso a Paceco, o si è aggrappato ad una memoria troppo lacunosa.

Constatato che entrambi i testi rimangono sulle proprie posizioni, il confronto viene chiuso. Prossima udienza prevista per l'11 aprile.

Prima di concludere, però, è doveroso fare una piccola digressione dal tema. Mentre si svolgeva l'udienza, infatti, a Torino – che proprio ieri vedeva l'insediamento della commissione consiliare Antimafia - la commissione Toponomastica doveva decidere se intitolare o meno un ponte della città a Mauro Rostagno, giornalista ucciso dalla mafia a Valderice nel 1988 ma torinese di nascita.
Logica avrebbe voluto che si cogliesse l'occasione per “battezzare” la commissione antimafia con la nascita del “ponte Mauro Rostagno”, dando seguito ad una proposta firmata nel 2008 da oltre mille cittadini torinesi. Ma la commissione ha respinto la proposta, appellandosi al suo passato da militante e leader di Lotta Continua, come ha detto il capogruppo del Popolo della Libertà, Andrea Tronzano e, soprattutto, perché il Partito Democratico opterebbe volentieri per una «figura più istituzionale, di Stato». Un Salvo Lima, vicino ai cugini Nino e Ignazio Salvo (“corrente democristiana” di Cosa Nostra negli anni Ottanta) anche se nato a Palermo può andar bene?

Note
[1] http://senorbabylon.blogspot.it/2012/03/processo-rostagno-in-aula-le-incertezze.html;
[2] In memoria di Mauro Rostagno, acmos.net, 28 marzo 2012