Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), 14 marzo 2012 – Ha chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato l'imprenditore Carlo Borella, ex presidente dell'Associazione nazionale costruttori edili (Ance) Messina, per poter rispondere dell'accusa di favoreggiamento aggravato di associazione mafiosa. Stessa richiesta per Alfio Giuseppe Castro, uomo di raccordo tra le famiglie catanesi di Cosa Nostra e quelle barcellonesi, oggi collaboratore di giustizia.
È questo il risultato dell'udienza preliminare dell'operazione “Sistema 2”, con la quale sono stati portati alla luce una serie di estorsioni da parte della famiglia mafiosa di Barcellona ad imprenditori di Messina.
Le indagini scattarono dopo le dichiarazioni di un imprenditore costretto a pagare il pizzo al clan. Da lì venne di fatto scoperto un vero e proprio sistema con il quale uomini del clan imponevano la “messa a posto” a chi vinceva le gare per l'assegnazione degli appalti pubblici nella zona, come nel caso della “Mediterranea Costruzioni”, impegnata nei lavori per il centro commerciale di Milazzo, il cui titolare versava al clan trentamila euro, divisi in tre tangenti da pagare a Natale, Pasqua e Ferragosto.
Due anni e mezzo per Borella e tre anni e due mesi per Castro, al quale sono state assegnate le attenuanti per la collaborazione, sono le richieste del pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina Giuseppe Verzera, che ha chiesto il rinvio a giudizio anche per Carmelo D'Amico, reggente del clan, e Biagio Raffa, geometra della Demoter, società di proprietà di Borella al quale viene contestata l'emissione di false fatturazioni per ventimila euro.
Stralciata invece la posizione del capo dei “Mazzarroti” Tindaro Calabrese, che però è soggetto ad altri procedimenti nell'ambito delle indagini antimafia.
È questo il risultato dell'udienza preliminare dell'operazione “Sistema 2”, con la quale sono stati portati alla luce una serie di estorsioni da parte della famiglia mafiosa di Barcellona ad imprenditori di Messina.
Le indagini scattarono dopo le dichiarazioni di un imprenditore costretto a pagare il pizzo al clan. Da lì venne di fatto scoperto un vero e proprio sistema con il quale uomini del clan imponevano la “messa a posto” a chi vinceva le gare per l'assegnazione degli appalti pubblici nella zona, come nel caso della “Mediterranea Costruzioni”, impegnata nei lavori per il centro commerciale di Milazzo, il cui titolare versava al clan trentamila euro, divisi in tre tangenti da pagare a Natale, Pasqua e Ferragosto.
Due anni e mezzo per Borella e tre anni e due mesi per Castro, al quale sono state assegnate le attenuanti per la collaborazione, sono le richieste del pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina Giuseppe Verzera, che ha chiesto il rinvio a giudizio anche per Carmelo D'Amico, reggente del clan, e Biagio Raffa, geometra della Demoter, società di proprietà di Borella al quale viene contestata l'emissione di false fatturazioni per ventimila euro.
Stralciata invece la posizione del capo dei “Mazzarroti” Tindaro Calabrese, che però è soggetto ad altri procedimenti nell'ambito delle indagini antimafia.