Assolti gli imputati dell'inchiesta "Cassiopea", della Gomorra è rimasto solo il libro


Santa Maria Capua Vetere (Caserta), 19 settembre 2011 – Tutti prescritti i 97 imputati dell'inchiesta “Cassiopea”, che nel 2003 portò alla luce i traffici di rifiuti pericolosi che dalle industrie di tutta Italia finivano nelle campagne del Casertano, dove i fusti tossici venivano sotterrati. Proprio da questo episodio ne era stata ricavata una delle immagini “cult” del libro che ha portato al successo Roberto Saviano (e del film che dallo stesso è stato tratto).

Definita come la più grossa inchiesta mai fatta in Italia nel campo della gestione illecita dei rifiuti, vennero accertati non solo la quantità dei traffici (un milione di tonnellate di rifiuti tossici), ma anche i meccanismo utilizzati da industrie per lo più dell'Emilia Romagna, della Lombardia, del Piemonte, del Veneto e della Toscana per liberarsene. Tutto veniva inviato, tramite camion, in Campania, dove l'uso di discariche abusive faceva risparmiare non pochi soldi.

Ancora una volta la burocrazia si rivela utile alleata del malaffare italico. Errori di notifica, rinvii, scioperi di avvocati, trasferimenti di giudici, astensione dei penalisti, passaggi di competenze hanno infatti caratterizzato gli otto anni in cui il procedimento è rimasto aperto. L'inchiesta, in realtà, era partita nel 1999 con un semplice controllo dei carabinieri nella provincia di Napoli. Quattro anni dopo, nel 2003 appunto, sul banco degli imputati si ritrovano novantotto persone tra imprenditori, trasportatori, faccendieri e titolari di cave dismesse, ognuno dei quali svolgeva il proprio ruolo nella ragnatela che univa il mondo legale dell'imprenditoria a quello illegale della criminalità organizzata.

Molti di quegli imputati arrivarono anche alla confessione, ed in quel momento, quando cioè si configurava sempre più palesemente il reato di associazione mafiosa, il giudice per le udienze preliminari spedì tutti gli incartamenti – un centinaio di faldoni – alla Direzione Distrettuale Antimafia napoletana, dopo aver atteso due anni per scegliere a chi dovesse essere affidato il caso. Lì, però, si decise che la camorra in realtà non c'entrava nulla, per questo – dopo aver proposto l'archiviazione – i faldoni tornarono al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dove tra errori di notifica, scioperi ed altre questioni burocratiche passano ancora degli anni a prendere polvere su qualche scrivania.

Che l'inchiesta potesse finire con un nulla di fatto era noto ormai da tempo, tanto che da più parti, in primis dalle associazioni ambientaliste, era stato lanciato l'allarme. «È un messaggio devastante nei confronti dei cittadini che per anni hanno sperato di vedere fatta giustizia», ha commentato il vicesindaco di Napoli Tommaso Sodano. «Eppure» - scriveva nei giorni scorsi Roberto Saviano - «il meccanismo è lì, semplice, registrato dalle telecamere, evidente. Bastava alzare la testa e guardare».