La historia es nuestra y la hacen los pueblos.


Oggi non c'è bisogno di dire che giorno sia. Oggi ci sorbiremo l'ennesima ipocrita corsa dei media a chi si sente più americano, a chi commemora meglio.

A volte mi chiedo - con una punta di cattiveria - se il World Trade Center (che siano stati poi quelli di Al Quaeda è tutto da dimostrare, e la florida bibliografia che è nata sull'argomento è quanto meno una buona domanda di partenza) non sia stato in qualche modo una sorta di vendetta storica per l'appoggio che gli americani dettero al golpe di Augusto José Ramón Pinochet Ugarte con il quale si tarparono le ali al sogno cileno di Salvador Allende (nonostante molti cileni rimpiangano più il generale, come molti qua da noi rimpiangono i tempi fascisti...). Dell'11 settembre cileno - una commemorazione che sento molto più mia rispetto a quell'altro 09/11 - se ne parlerà poco, così come se n'è sempre parlato poco.
Fortunatamente ci rimane la musica. Quella musica che - quando ha contenuti diversi dalle canzoncine smielate che infestano le radio (e che però fanno vincere un sacco di premi) - sa essere insegnante migliore di qualsiasi libro, a pari merito - forse - con i racconti degli anziani che quelle storie le hanno vissute sulla pelle.

In questo senso fu importante, per il Cile di quel tempo, l'opera di un grande cantante e uomo come Victor Jara che, dalla sua cella nello stadio di Santiago dove fu prigioniero (lo stadio di Santiago equivale un po' all'ESMA argentino) scrisse questo (riporto anche la traduzione per chi non conoscesse lo spagnolo). Un ufficiale fece condurre Jara nel mezzo del campo di calcio obbligandolo a porre le sue mani da chitarrista sul tavolo. A colpi di ascia l'ufficiale gli troncò le dita delle due mani: «Cosa aspetti ora a cantare?», gli disse. Girandosi verso le tribune dove erano ammassati i prigionieri, Jara brandì i suoi monconi insanguinati ed iniziò l'inno dell'Unità Popular,cantato in coro da tutti i detenuti, mentre una raffica di mitra reprimeva nel sangue lo smacco di Jara al Potere.


Estadio ChileStadio Chile
Somos cinco mil aquí
en esta pequeña parte la ciudad.
Somos cinco mil.
¿Cuántos somos en total
en las ciudades y en todo el país?
Sólo aquí,
diez mil manos que siembran
y hacen andar las fábricas.
Cuánta humanidad
con hambre, frío, pánico, dolor,
presión moral, terror y locura.


Seis de los nuestros se perdieron
en el espacio de las estrellas.
Uno muerto, un golpeado como jamás creí
se podría golpear a un ser humano.
Los otros cuatro quisieron quitarse
todos los temores,
uno saltando al vacío,
otro golpeándose la cabeza contra un muro
pero todos con la mirada fija en la muerte.
¡Qué espanto produce el rostro del fascismo!
Llevan a cabo sus planes con precisión artera
sin importarles nada.
La sangre para ellos son medallas.
La matanza es un acto de heroísmo.
¿Es este el mundo que creaste, Dios mío?
¿Para esto tus siete días de asombro y de trabajo?
En estas cuatro murallas sólo existe un número
que no progresa.
Que lentamente querrá más la muerte.


Pero de pronto me golpea la consciencia
y veo esta marea sin latido
y veo el pulso de las máquinas
y los militares mostrando su rostro de matrona
llena de dulzura.
¿Y México, Cuba y el mundo?
¡Qué griten esta ignominia!
Somos diez mil manos
menos que no producen.
¿Cuántos somos en toda la patria?
La sangre del compañero Presidente
golpea más fuerte que bombas y metrallas.
Así golpeará nuestro puño nuevamente.


Canto, qué mal me sabes
cuando tengo que cantar espanto.
Espanto como el que vivo
como el que muero, espanto.
De verme entre tantos y tantos
momentos de infinito
en que el silencio y el grito
son las metas de este canto.
Lo que veo nunca vi.
Lo que he sentido y lo que siento
harán brotar el momento
Siamo in cinquemila, qui,
In questa piccola parte della città.
Siamo in cinquemila.
Quanti siamo, in totale,
Nelle città di tutto il paese?
Solo qui
Diecimila mani che seminano
E fanno marciare le fabbriche.
Quanta umanità
In preda alla fame, al freddo, alla paura, al dolore,
Alla pressione morale, al terrore, alla pazzia.


Sei dei nostri si son perdi
Nello spazio stellare.
Uno morto, uno colpito come non avevo mai creduto
Si potesse colpire un essere umano.
Gli altri quattro hanno voluto togliersi
Tutte le paure
Uno saltando nel vuoto,
Un altro sbattendosi la testa contro un muro,
Ma tutti con lo sguardo fisso alla morte.
Che spavento fa il volto del fascismo!
Portano a termine i loro piani con precisione professionale
E non gl'importa di nulla.
Il sangue, per loro, son medaglie.
La strage è un atto di eroismo.
È questo il mondo che hai creato, mio Dio?
Per tutto questo i tuoi sette giorni di riposo e di lavoro?
Tra queste quattro mura c'è solo un numero
Che non aumenta.
Che, lentamente, vorrà ancor più la morte.


Ma all'improvviso mi colpisce la coscienza
E vedo questa marea muta
E vedo il pulsare delle macchine
E i militari che mostrano il loro volto di matrona
Pieno di dolcezza.
E il Messico, Cuba e il mondo?
Che urlino questa ignominia!
Siamo diecimila mani
In meno che producono.
Quanti saremo in tutta la patria?
Il sangue del Compagno Presidente
Colpisce più forte che le bombe e le mitraglia.
Così colpirà di nuovo il nostro pugno.


Canto, che cattivo sapore hai
Quando devo cantar la paura.
Paura come quella che vivo,
Come quella che muoio, paura.
Di vedermi fra tanti e tanti
momenti di infinito
in cui il silenzio e il grido
sono i fini di questo canto.
Ciò che ho sentito e che sento
Farà sbocciare il momento.

Questo invece è il testo dell'ultimo discorso di Salvador Allende (per la versione in spagnolo cliccate qui: http://www.bfsf.it/adriano/Allende.html)



7.55, Radio Corporaciòn
Parla il Presidente della Repubblica dal palazzo della Moneda. Viene segnalato da informazioni certe che un settore della marina avrebbe isolato Valparaiso e che la città sarebbe stata occupata. Ciò rappresenta una sollevazione contro il Governo, Governo legittimamente costituito, Governo sostenuto dalla legge e dalla volontà del cittadino.
In queste circostanze, mi rivolgo a tutti i lavoratori. Occupate i vostri posti di lavoro, recatevi nelle vostre fabbriche, mantenete la calma e la serenità. Fino ad ora a Santiago non ha avuto luogo nessun movimento straordinario di truppe e, secondo quanto mi è stato comunicato dal capo della Guarnigione, la situazione nelle caserme di Santiago sarebbe normale.
In ogni caso io sono qui, nel Palazzo del Governo, e ci resterò per difendere il Governo che rappresento per volontà del Popolo.
Ciò che desidero, essenzialmente, è che i lavoratori stiano attenti, vigili, e che evitino provocazioni. Come prima tappa dobbiamo attendere la risposta, che spero sia positiva, dei soldati della Patria, che hanno giurato di difendere il regime costituito, espressione della volontà cittadina, e che terranno fede alla dottrina che diede prestigio al Cile, prestigio che continua a dargli la professionalità delle Forze Armate. In queste circostanze, nutro la certezza che i soldati sapranno tener fede ai loro obblighi." Comunque, il popolo e i lavoratori, fondamentalmente, devono rimanere pronti alla mobilitazione, ma nei loro posti di lavoro, ascoltando l'appello e le istruzioni che potrà lanciare loro il compagno Presidente della Repubblica.


8:15 A.M.
Lavoratori del Cile:
Vi parla il Presidente della Repubblica. Le notizie che ci sono giunte fino ad ora ci rivelano l'esistenza di un'insurrezione della Marina nella Provincia di Valparaiso. Ho dato ordine alle truppe dell'Esercito di dirigersi a Valparaiso per soffocare il tentativo golpista. Devono aspettare le istruzioni emanate dalla Presidenza. State sicuri che il Presidente rimarrà nel Palazzo della Moneta per difendere il Governo dei Lavoratori. State certi che farò rispettare la volontà del popolo che mi ha affidato il comando della nazione fino al 4 novembre 1976.
Dovete rimanere vigili nei vostri posti di lavoro in attesa di mie informazioni. Le forze leali rispettose del giuramento fatto alle autorità, insieme ai lavoratori organizzati, schiacceranno il golpe fascista che minaccia la Patria.


8:45 A.M.
Compagni in ascolto:
La situazione è critica, siamo in presenza di un colpo di Stato che vede coinvolta la maggioranza delle Forze Armate. In questo momento infausto voglio ricordarvi alcune delle mie parole pronunciate nell'anno 1971, ve lo dico con calma, con assoluta tranquillità, io non ho la stoffa dell'apostolo né del messia. Non mi sento un martire, sono un lottatore sociale che tiene fede al compito che il popolo gli ha dato. Ma stiano sicuri coloro che vogliono far regredire la storia e disconoscere la volontà maggioritaria del Cile; pur non essendo un martire, non retrocederò di un passo. Che lo sappiano, che lo sentano, che se lo mettano in testa: lascerò la Moneda nel momento in cui porterò a termine il mandato che il popolo mi ha dato, difenderò questa rivoluzione cilena e difenderò il Governo perchè è il mandato che il popolo mi ha affidato. Non ho alternative. Solo crivellandomi di colpi potranno fermare la volontà volta a portare a termine il programma del popolo. Se mi assassinano, il popolo seguirà la sua strada, seguirà il suo cammino, con la differenza forse che le cose saranno molto più dure, molto più violente, perché il fatto che questa gente non si fermi davanti a nulla sarà una lezione oggettiva molto chiara per le masse.
Io avevo messo in conto questa possibilità, non la offro né la facilito.
Il processo sociale non scomparirà se scompare un dirigente. Potrà ritardare, potrà prolungarsi, ma alla fine non potrà fermarsi.
Compagni, rimanete attenti alle informazioni nei vostri posti di lavoro, il compagno Presidente non abbandonerà il suo popolo né il suo posto di lavoro. Rimarrò qui nella Moneda anche a costo della mia propria vita.


9:03 A.M. RADIO MAGALLANES
In questi momenti passano gli aerei. Potrebbero mitragliarci. Ma sappiate che noi siamo qui, almeno con il nostro esempio, che in questo paese ci sono uomini che sanno tener fede ai loro obblighi. Io lo farò su mandato del popolo e su mandato cosciente di un Presidente che ha dignità dell'incarico assegnatogli dal popolo in elezioni libere e democratiche.
In nome dei più sacri interessi del popolo, in nome della Patria, mi appello a voi per dirvi di avere fede. La storia non si ferma né con la repressione né con il crimine. Questa è una tappa che sarà superata. Questo è un momento duro e difficile: è possibile che ci schiaccino. Ma il domani sarà del popolo, sarà dei lavoratori. L'umanità avanza verso la conquista di una vita migliore.
Pagherò con la vita la difesa dei principi cari a questa Patria. Coloro i quali non hanno rispettato i loro impegni saranno coperti di vergogna per essere venuti meno alla parola data e ha rotto la dottrina delle Forze Armate.
Il popolo deve stare in allerta e vigile. Non deve lasciarsi provocare, né deve lasciarsi massacrare, ma deve anche difendere le proprie conquiste. Deve difendere il diritto a costruire con il proprio sforzo una vita degna e migliore.


9:10 A.M.
Sicuramente questa sarà l'ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi. La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes. Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno. Che siano esse un castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento: soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l'ammiraglio Merino, che si è autodesignato comandante dell'Armata, oltre al signor Mendoza, vile generale che solo ieri manifestava fedeltà e lealtà al Governo, e che si è anche autonominato Direttore Generale dei carabinieri. Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò!
Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente. Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli.
Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece. In questo momento conclusivo, l'ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l'imperialismo, uniti alla reazione, crearono il clima affinché le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Ayala, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi.
Mi rivolgo a voi, soprattutto alla modesta donna della nostra terra, alla contadina che credette in noi, alla madre che seppe della nostra preoccupazione per i bambini. Mi rivolgo ai professionisti della Patria, ai professionisti patrioti che continuarono a lavorare contro la sedizione auspicata dalle associazioni di professionisti, dalle associazioni classiste che difesero anche i vantaggi di una società capitalista.
Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che cantarono e si abbandonarono all'allegria e allo spirito di lotta. Mi rivolgo all'uomo del Cile, all'operaio, al contadino, all'intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché nel nostro paese il fascismo ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo; negli attentati terroristi, facendo saltare i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, nel silenzio di coloro che avevano l'obbligo di procedere.
Erano d'accordo. La storia li giudicherà.
Sicuramente Radio Magallanes sarà zittita e il metallo tranquillo della mia voce non vi giungerà più. Non importa. Continuerete a sentirla. Starò sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria.
Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve farsi annientare né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi.
Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l'uomo libero, per costruire una società migliore.


Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!


Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento.


"Ni perdono, ni olvido". Né perdono, né oblio dicono gli argentini a proposito della loro dittatura (il cui colpo di stato fu influenzato dal colpo di mano militare cileno...). Nessun perdono per i regimi fascisti di ieri, di oggi e di domani. Checché ne dica il PD.