Inoltre gli economisti ci dicono che oggi solo un quarto della finanza è economia reale, gli altri tre quarti sono pura speculazione. L'economia produce ogni giorno spostamenti di capitali per milleottocento miliardi di dollari. Chi se lo può permettere? Essenzialmente quel 20% dell'umanità che si pappa l'83% delle risosre del pianeta. E anche in questo 20%, chi realmente prende le decisioni è una piccola minoranza: si parla oggi di 300-400 famiglie che maneggiano tutto, in barba a tutti noi. Unica logica, unica regola: il profitto.
Questo permette al 20% dell'umanità uno stile di vita più alto rispetto a quello del resto del mondo. E la conseguenza è che l'80% dell'umanità deve accontentarsi del 17% delle ricchezze del mondo e il 20% più povero (un miliardo e mezzo di persone) vive con meno di un dollaro al giorno e deve sopravvivere con l'1,4% delle risorse disponibili.
Ma il 20% del mondo non potrebbe mai mantenere questo stile di vita senza l'appoggio del secondo pilastro: il sistema militare. Le armi oggi non servono a proteggere Patrie minacciate, o a difendere confini. Dubito che, anche nel passato, sia mai stata combattuta una guerra con questi scopi: le armi sono sempr state utilizzate per salvaguardare interessi, privilegi, e lo sfruttamento dei deboli. Non illudetevi che sia in atto un disarmo: in realtà, le armi vengono semplicemente spostate da un luogo all'altro. E le armi dell'Italia, che non elimineremo mai perché ci servono a mantere la nostra fetta di potere economico, sono oggi puntate verso Sud. I nostri nuovi nemici sono i poveri!
Dopo anni di indagini, e la scoperta della terribile corruzione diffusa nel nostro Paese, ancora non si è cominciato ad indagare sulle tangenti nel mondo delle armi. Tangenti che nessun giudice riuscirà mai a sradicare, per via del segreto militare. E le pretese del settore militare sono pervasive: è mai possibile che il governo operi dei tagli su tutte le spese sociali, mentre il bilancio del Ministero della Difesa continua a crescere? Ma cosa dobbiamo difendere con queste armi? A cosa ci serve il nuovo modello di difesa? A cosa, un esercito di professionisti? Purtroppo, le forze politiche sono tutte egualmente omologate a questo sistema: non è possibile distinguere tra destra e sinistra, il potere dei militari poggia su tutte indistintamente.
Dopo l'11 settembre è diventato ancor più chiaro che stiamo assistendo alla militarizzazione dell'economia. Negli Stati Uniti quest'anno la spesa in armamenti passerà da 329 a 500 miliardi di dollari; l'Europa passerà da 150 a 250 miliardi di dollari. Quest'anno (il 2002, ndr) rischiamo di arrivare già alle stesse cifre della guerra fredda. Allora – ci dicevano – era per difenderci dal comunismo. Oggi ci difendiamo da chi? E' chiarissmo che la “guerra infinita”, la guerra contro il terrorismo, non è la guerra contro Bin Laden, è la guerra in difesa dello stile di vita. E questo non lo dico solo io. Lo afferma anche il ministro della Difesa degli Stati Uniti, Donald Rumsfeld, quando, rispondendo alla domanda: “Che cosa ritiene una vittoria per la nuova guerra contro il terrorismo?”, rispose che per lui sarebbe una vittoria se tutto il mondo lasciasse gli americani liberi di continuare con il loro stile di vita.
Infine, dobbiamo accettare il fatto che tale sistema non si reggerebbe senza il sostegno di una ideologia imperante divulgata, e direi quasi imposta, dalla stampa, dalla televisione e dagli altri media. Ormai l'informazione non trasmette più notizie, ma merce. E noi diventiamo dei “tubi digerenti” capaci di consumare sempre di più, e in maniera sempre più passiva. L'effetto più pericoloso è che poco a poco ci convincono che questo stistema è l'unico possibile.
I mezzi di comunicazione, in Italia come altrove, sono controllati ossessivamente dalle forze economiche. Negli Stati Uniti, dove pure i giornali hanno una libertà discreta, pochi grossi complessi industriali hanno in pugno l'intero sistema delle comunicazioni. L'americano medio, affermano gli studiosi, trascorre davanti al piccolo schermo almeno ventisei ore alla settimana, pari a tredici anni della sua vita. E dato che la pubblicità, nella fascia oraria di maggior ascolto, occupa fino al 27% della programmazione, l'americano medio trascorre l'equivalente di tre anni ascoltando slogan pubblicitari.
Questi messaggi inevitabilmente condizionano la nostra giornata: i tuoi capelli sono troppo lunghi, la tua pelle è troppo secca, i tuoi odori sono nocivi; sei troppo grasso, troppo magro; hai troppi difetti. E così via. Come afferma il gesuita americano John Cavenaugh: “La costrizione al consumo è diventata per noi tanto profonda quanto la necessità della stessa vita. Il modello consumistico rivela che il nostro essere, il nostro scopo, sono calcolabili unicamente nei termini di ciò che possediamo. Noi siamo ciò che possediamo. Siamo solo finché possediamo. Siamo posseduti da ciò che possediamo, prodotti dai nostro prodotti, rifatti ad immagine e somiglianza della nostra stessa merce. Ci riveliamo essere beni di consumo. L'idolatria esige da noi il suo pieno prezzo, per essa siamo derubati della nostra stessa umanità”.
[tratto da: "I poveri non ci lasceranno dormire" di Padre Alex Zanotelli]