Italiani di tutto il mondo...sarkozyzzatevi!!



Era solo questione di tempo.
Cosa? Che si tornasse indietro agli anni '70. Secondo logica dovrei esserne contento, visto quanto io adori quel periodo del nostro paese. Ma non è così.
Negli anni '70 capitava spesso che quando si incrociavano “quelli di destra” e “quelli di sinistra” l'aria che si respirava era simile a quella di Mezzogiorno di Fuoco, dei duelli tipici dei film western per intenderci. E ieri qualcuno ha ben pensato di rinfrescare la memoria, viste le temperature africane di questi giorni. Siamo a Massa Carrara, verso la mezzanotte. Le “SSS” - Soccorso Sociale e Sicurezza – insomma le vecchie ronde fasciste incrociano la strada con le “Ronde Proletarie Antifasciste”. Il resto lo immaginate da soli.
Ma sospendiamo questo caso specifico e passiamo al secondo spunto di questo articolo.
Ieri sera mi sono finalmente visto – dopo tanto tempo – il lungometraggio “Fame Chimica” del 2003. A parte che sembrava girato ieri sera, ma vabbè. Per chi non l'avesse visto, è incentrato sul rapporto di amicizia fraterna tra due ragazzi: Manuel, che campa facendo il pusher e Claudio, che lavora precariamente nel supermercato gestito dallo zio. I due sono nati e cresciuti nello stesso quartiere popolare, ed il fatto che ad un certo punto arrivi una giovane “forestiera” a scombussolare il loro rapporto – per me – è solo marginale. Quel che mi interessa è che al centro della vita di questo quartiere della periferia milanese c'è il tentativo, da parte della “pura razza italiana” di creare una barriera fisica per non far mischiare i loro “santificati” ragazzi – perditempo che passano le giornate seduti su una panchina o in discoteca, tra pasticche ed alcol – con gli immigrati che vivono l'altra metà della stessa piazza. Divisione che viene chiesta anche con un comitato cittadino per la creazione di una barriera fisica tra “noi” e “loro”.

La separazione fisica, l'innalzamento di barriere di difesa verso qualcosa non la ritroviamo solo in questo film. Esiste anche in alcune zone del nostro paese, tipo il “muro antispaccio” di via Anelli a Padova.
Io l'ho definita “sarkosyzzazione” della società, perché – non so se vi ricordate – l'ex Ministro dell'Interno Nicolas Sarkozy non si distinse per le politiche di integrazione da lui prodotte per fronteggiare il fenomeno delle banlieues francesi (anzi, definì quei ragazzi la “feccia” della società d'Oltralpe...) e noi sappiamo che il nostro premier non vuole governare un paese multiculturale. Certo, piuttosto che riformare un paese fascista potrebbe semplicemente levarsi dalle balle, ma questa è un'altra storia...
La politica di Sarkozy in versione Ministro dell'Interno è quel che tenta di fare il governo, con beneplacito di quelle forze di opposizione che un tempo si ergevano a difensori dell'inclusione e dell'uguaglianza tra individui.
Tentano di disgregare, di atomizzare la società per ottenere ciò che meglio distingue questo neo-regime fascista - il caos - così da poter legittimare l'uso della violenza, che sia in divisa o meno.
Anzi, ormai non si può nemmeno più parlare di “violenza in divisa” - cosa che non piacerà molto a Kossiga – perché ormai anche quella, nella miglior modalità imprenditoriale, è andata in outsourcing. Invece che spendere un sacco di soldi per aggiornare le nostre forze dell'ordine, magari dandogli vetture la cui ultima revisione non risalga ai tempi di Garibaldi o spendendo un po' di quei soldini per le divise estive, visto che ora – con gli 800° che si registrano – vanno ancora in giro con quelle invernali.
Perché in questo modo, mettendo dei completi incapaci a fare “sicurezza” possono continuare a dire che il paese è insicuro, che gli immigrati portano la droga, stuprano mogli e sorelle e tutte queste gran belle puttanate su cui basano le campagne elettorali.
Diciamoci anche una sacrosanta verità: all'uomo fare il “renegade” o il “walker texas ranger” della situazione piace. E molto. Piace quell'orgasmica sensazione di detenzione del potere, del guardarsi allo specchio e dire “IO sono la legge”, come novelli De Niro in Taxi Driver (ok, lui diceva “ce l'hai con me”, ma contestualizzate la scena...).
Piace quella sensazione di sentirsi il padrone del mondo, quando in realtà si è uguali alle scimmiette ammaestrate del circo: burattino in mano ad altrui volere.

Io non credo che la gente che ricorda a cosa serva quell'organo che abbiamo in testa – ormai una rarità nel paese – voglia ritrovarsi un giorno a non avere più la possibilità di uscire di casa perché gli hanno talmente intrippato il cervello da averlo convinto a crearsi una barriera fisica anche con se stesso. Ma l'uomo non finirà mai di stupirmi. In particolare se di “pura razza italiana”.