Messico, la fine del sexenio calderonista ed i nuovi equilibri tra i cartelli

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Città del Messico (Messico), 15 aprile 2012 – Comunque vada a finire, per i messicani tra pochi mesi si chiuderà un'epoca. A luglio, infatti, qualunque sarà il risultato delle elezioni per il rinnovamento di presidente e Congresso, si chiuderà il sexenio di Felipe Calderón Hinojosa e, con esso, la sua più che fallimentare “guerra al narcotraffico”, che verrà forse ricordata solo per i suoi oltre sessantamila morti. Per intenderci, circa il doppio delle persone che la dittatura militare argentina riuscì a far sparire tra il 1976 ed il 1983, tanto per rimanere nello stesso continente.
Quello che invece non cambierà, né per i messicani né per il loro futuro governo è il rapporto con i cartelli della droga, che non solo sono passati praticamente indenni attraverso questo sexenio ma – come scriveva a febbraio la rivista Proceso – escono dal periodo calderonista spesso rafforzati.

Attualmente, come ricordava il giornalista Ricardo Ravelo, la nuova mappa del narcopotere (che va in qualche modo ad aggiornare quanto scrivo, lo scorso ottobre su InfoOggi.it nell'articolo “Narcotraffico in Messico, da El Chapo ai Los Zetas”[1]) vede più della metà del paese – anche se nessuna zona può dirsi immune – in mano ai cinque cartelli principali, cioè i due cartelli più potenti, ovvero Los Zetas, presenti in ventuno stati su trentadue e Cártel de Sinaloa, integrato da cartelli “minori” come La Resistencia, il Cártel Guadalajara Nueva Generación e i cosiddetti Matazetas, presente in diciannove stati, seguiti dal Cártel de Juárez, il più antico tra i cartelli attualmente attivi in Messico (fu fondato da Pablo Acosta Villareal già negli anni Settanta) presente anch'esso in diciannove dei trentadue stati sotto il comando del “Viceré” Vicente Carrillo Fuentes, il Cártel del Golfo, che con i suoi ventiquattro stati controllati è quello con la copertura territoriale maggiore nonostante la sua reale forza sia minata da forti divisioni interne che negli ultimi mesi lo hanno praticamente scisso in due gruppi differenti e La Familia Michoacana – o, più semplicemente, La Familia – dichiarata sciolta già due volte dalle autorità governative nonostante sia il cartello cresciuto di più durante il sexenio, che attraverso un'ampia rete di collaboratori e prestanome controlla dieci stati.
Esistono poi una serie di cartelli considerati minori perché hanno perso il loro ruolo nella gerarchia del narcopotere, come il Cártel de Tijuana, o perché di recente formazione, come il Cártel del Pacifico Sur o l'Indipendente di Acapulco, formatisi entrambi da scissioni interne al cartello dei fratelli Beltrán Leyva – oggi rappresentati dal primo dei due – che si stanno combattendo per il controllo di Acapulco e della zona turistica di Zihuatanejo, o il gruppo noto come los Caballeros Templarios (“cavalieri templari”, in italiano), nati all'interno de La Familia nel marzo 2011 e diventato il più sanguinario tra i cartelli a pari merito con i Los Zetas.

Le zone dove maggiore è il conflitto – stando alle analisi della División de Inteligencia e Investigación della Policía Federal, della Secretaría de Seguridad Pública e dell'agenzia americana Stratfor – come Veracruz, Durango e Guerrero, sono spesso fatte oggetto delle attenzioni di più di due cartelli, che si combattono sia per il dominio delle piazze di spaccio e delle rotte del traffico di droga, sia per il controllo dei reati a questo collegati, come pizzo, estorsioni e sequestri di persona, uno dei “marchi di fabbrica” dell'attuale fase dei narcos messicani.

Come tante volte denunciato per le mafie italiane, anche il potere dei cartelli messicani sarebbe ben diverso senza la collaborazione e la collusione di tutta quella serie di politici, imprenditori ed amministratori della cosa pubblica in genere – in Messico anche degli appartenenti alle forze di polizia – i cui nomi sono inseriti nelle liste degli stipendiati dai narcodollari (o dagli euro di provenienza più o meno illecita, per tornare al nostro paese).
Nonostante forte sia il livello di corruzione, il governo calderonista ha comunque potuto registrare numerosi arresti ed uccisioni in scontri a fuoco dei leader dei cartelli, che però possono contare su un vastissimo bacino dal quale pescare ricambi praticamente senza sosta.

In questi ultimi scampoli di sexenio, con ogni probabilità forte sarà il lavoro di ricerca di Joaquín “El Chapo” Guzmán, leader del Cártel de Sinaloa e “cavallo vincente” proprio del governo Calderón – tutti i presidenti, da Miguel de la Madrid in poi, come scrivevamo già ad ottobre, usano infatti privilegiare un cartello rispetto agli altri, in un sistema chiamato dei “consentidos” - e diventato nell'opinione pubblica il “nemico pubblico numero uno”.

Alleanze instabili. Dopo la corruzione, il secondo dei punti di forza che hanno permesso ai cartelli di mantenere ed incrementare il loro potere sotto il governo Calderón Hinojosa è il sistema delle alleanze, anche se sarebbe meglio parlare di “momentanei patti di non belligeranza” data l'estrema fragilità di questi accordi ed il repentino cambiamento degli schieramenti.
Attualmente – ma non è detto che la situazione non si stia già modificando – esisterebbe un blocco capeggiato proprio dal gruppo di “El Chapo”, alleatosi con il Cártel del Golfo, vecchio alleato dei Los Zetas, la Familia Michoacana, o quantomeno quella parte di cartello che ancora si riconosce sotto questo nome, e manterrebbe negoziati aperti con i Cavalieri Templari. Dall'altro lato, naturalmente, a capeggiare il blocco ci sono i Los Zetas, riconosciuti dalla Drug Enforcement Administration ufficialmente come cartello solo tre anni fa ma già divenuti una delle organizzazioni criminali più pericolose al mondo, i quali si sarebbero alleati con cartelli dalle alterne fortune, come quello di Juárez e di Tijuana, e con i nuovi nati, cioè il Cártel del Pacifico Sur e l'Indipendente di Acapulco (tra loro, come dicevamo, in lotta). Quest'ultimo, peraltro, stando ai dati Stratfor, potrebbe sparire completamente nel giro di tre o quattro mesi.

Con i nuovi assetti del potere – politico ed economico – che il nuovo governo porterà con sé, anche il potere criminale dei narcos dovrà riadattarsi alla nuova situazione (come d'altronde fa da decenni), così da potersi assicurare un altro sexenio a base di droga, corruzione e narcocorridos.

Note
[1] http://www.infooggi.it/articolo/narcotraffico-in-messico-da-el-chapo-ai-los-zetas/19008/