Catania, 15 aprile 2012 – «L'ambiente non è solo un bene di interesse pubblico, ma è anche fondamentale per la persona e il cittadino che può subire un danno sia personale che sociale». Per questo il presidente della Terza sezione penale del Tribunale etneo Ignazio Barbino ha deciso di ammettere il Codacons, l'associazione Cittadinanzattiva e la Cgil – che essendo un sindacato, è sempre legittimata alla tutela della salute dei lavoratori – come parti civili nell'ambito del processo sui veleni al padiglione 12 del dipartimento di Farmacia dell'Università, balzato agli onori della cronaca come la “facoltà dei veleni” e che vede la contestazione dei reati di disastro ambientale, falso e gestione di discarica non autorizzata ad Antonio Domina, ex direttore amministrativo dell'Università, Lucio Mannino, dirigente dell'ufficio tecnico, Vittorio Franco, direttore del dipartimento di Scienze farmaceutiche ed all'epoca dei fatti capo della commissione permanente per la sicurezza nella facoltà, Marcello Bellia, Francesco Paolo Bonina, Fulvio La Pergola, Giovanni Puglisi e Giuseppe Ronsisvalle, rei di non aver verificato l'effettiva sicurezza delle strutture dell'ateneo, per un periodo che va dal 2004 al 2007.
Si scoprì, infatti, che il sottosuolo del padiglione della Cittadella universitaria era totalmente impregnato dai versamenti dei rifiuti tossici espulsi dal laboratorio della facoltà ed invece che confluire in un sistema fognario sicuro, i tubi di scolo scaricavano direttamente nel terreno.
La corte ha deciso di accettare come parte civile anche lo stesso ateneo, perché «il comportamento dei dipendenti non può coincidere con quello dell'ente. Al massimo si può parlare di concorso di colpa», come ha sottolineato il giudice.
In merito alle posizioni delle famiglie e delle presunte vittime, sono stati ammessi come parte civile i genitori di Rosario Manna, ex ausiliario della facoltà, nonché gli ex studenti Saverio Bosco e Melissa Urrata, che vanno ad aggiungersi a chi era già stato ammesso durante la fase preliminare, cioè arla Gennaro e Concetta Di Stefano, figlia e moglie di Giovanni Gennaro; Giorgio Spadaro e Marcella Calabrese, genitori di Agostino Agnone ex studente di Ingegneria, la cui sede si trova accanto al dipartimento di Farmacia; gli ex studenti e dottorandi Sara Schiavolena, Cinzia Patrizia Lopes e la sorella Elena.
Sono state invece respinte le richieste da parte di Federica e Dario Galioto, figli di Maria Concetta Sarvà; degli ex studenti Giovanni Zappalà, Salvatore Leocata, Francesco Vitagliano e del padre Alfredo nonché del fratello di Emanuele Patanè, Andrea, il dottorando morto nel 2003 a 29 anni per un tumore al polmone e che, attraverso il suo memoriale, ha reso possibile aprire un secondo filone d'inchiesta per il reato di omicidio colposo e lesioni colpose.
Il motivo per il quale il giudice ha respinto la richiesta è dato dal fatto che i loro casi sarebbero databili in un periodo diverso dall'arco temporale preso in esame.«I casi rigettati» - ha spiegato però l'avvocato Santi Terranova, legale di molte delle famiglie e delle presunte vittime - «li porteremo di sicuro in sede civile. E comunque c'è ancora da affrontare un processo per le morti a Farmacia».
Terminate le fasi preliminari, il dibattimento si è aperto con la richiesta di rito abbreviato per Fulvio La Pergola, ex componente della commissione di sicurezza dell'ateneo ed unico imputato ad essere richiesto come teste. Anche in questo caso, come nei precedenti tentativi, la richiesta è stata respinta. Così come non ha trovato miglior fortuna la richiesta di annullamento per il reato di omissione, considerato dagli avvocati difensori troppo generico.
Saranno proprio le parole di La Pergola, insieme ai documenti redatti dagli uffici amministrativi dell'ateneo ed allegati alla consulenza tecnica richiesta dal pubblico ministero Lucio Setola in merito ai lavori di sistemazione della rete fognaria della cittadella universitaria tutt'ora in corso e che, come ha sottolineato il pm «potrebbero evidenziare elementi e tracce forse riferibili alla precedente situazione» a costituire la parte più corposa del dossier sul quale la corte dovrà esprimersi. Ruolo fondamentale, però, sarà la ricostruzione del memoriale-Patanè.
Si scoprì, infatti, che il sottosuolo del padiglione della Cittadella universitaria era totalmente impregnato dai versamenti dei rifiuti tossici espulsi dal laboratorio della facoltà ed invece che confluire in un sistema fognario sicuro, i tubi di scolo scaricavano direttamente nel terreno.
La corte ha deciso di accettare come parte civile anche lo stesso ateneo, perché «il comportamento dei dipendenti non può coincidere con quello dell'ente. Al massimo si può parlare di concorso di colpa», come ha sottolineato il giudice.
In merito alle posizioni delle famiglie e delle presunte vittime, sono stati ammessi come parte civile i genitori di Rosario Manna, ex ausiliario della facoltà, nonché gli ex studenti Saverio Bosco e Melissa Urrata, che vanno ad aggiungersi a chi era già stato ammesso durante la fase preliminare, cioè arla Gennaro e Concetta Di Stefano, figlia e moglie di Giovanni Gennaro; Giorgio Spadaro e Marcella Calabrese, genitori di Agostino Agnone ex studente di Ingegneria, la cui sede si trova accanto al dipartimento di Farmacia; gli ex studenti e dottorandi Sara Schiavolena, Cinzia Patrizia Lopes e la sorella Elena.
Sono state invece respinte le richieste da parte di Federica e Dario Galioto, figli di Maria Concetta Sarvà; degli ex studenti Giovanni Zappalà, Salvatore Leocata, Francesco Vitagliano e del padre Alfredo nonché del fratello di Emanuele Patanè, Andrea, il dottorando morto nel 2003 a 29 anni per un tumore al polmone e che, attraverso il suo memoriale, ha reso possibile aprire un secondo filone d'inchiesta per il reato di omicidio colposo e lesioni colpose.
Il motivo per il quale il giudice ha respinto la richiesta è dato dal fatto che i loro casi sarebbero databili in un periodo diverso dall'arco temporale preso in esame.«I casi rigettati» - ha spiegato però l'avvocato Santi Terranova, legale di molte delle famiglie e delle presunte vittime - «li porteremo di sicuro in sede civile. E comunque c'è ancora da affrontare un processo per le morti a Farmacia».
Terminate le fasi preliminari, il dibattimento si è aperto con la richiesta di rito abbreviato per Fulvio La Pergola, ex componente della commissione di sicurezza dell'ateneo ed unico imputato ad essere richiesto come teste. Anche in questo caso, come nei precedenti tentativi, la richiesta è stata respinta. Così come non ha trovato miglior fortuna la richiesta di annullamento per il reato di omissione, considerato dagli avvocati difensori troppo generico.
Saranno proprio le parole di La Pergola, insieme ai documenti redatti dagli uffici amministrativi dell'ateneo ed allegati alla consulenza tecnica richiesta dal pubblico ministero Lucio Setola in merito ai lavori di sistemazione della rete fognaria della cittadella universitaria tutt'ora in corso e che, come ha sottolineato il pm «potrebbero evidenziare elementi e tracce forse riferibili alla precedente situazione» a costituire la parte più corposa del dossier sul quale la corte dovrà esprimersi. Ruolo fondamentale, però, sarà la ricostruzione del memoriale-Patanè.