Ed a proposito di “culti alternativi” e America Latina, è interessante quello che da qualche anno avviene in Messico ed in alcune zone degli Stati Uniti le cui affinità con la terra di Hugo Sánchez Márquez e del Subcomandante Marcos sono più d'una: accanto ai culti “tradizionali” infatti, non è difficile trovare nelle abitazioni messicane una strana statua dalle fattezze scheletriche il cui culto vede il proprio centro a Tepito, il barrio bravo di Città del Messico noto più per essere terra di narcos che non per essere la città che venera quella che molto spesso viene chiamata “La Flaquita” (la magrolina) o “Niña Blanca” (bimba bianca), anche se il nome corretto per chiamare la santa sarebbe Muerte, cioè morte.
Già, perché il culto di Santa Morte – che, sgombrando il campo da dubbi, nulla ha a che fare con satanismi e magie nere visto che in realtà si è in presenza di un angelo di luce – è uno dei principali nuovi culti diffusi in Messico, America Centrale e Stati Uniti e che, a partire dall'inizio del nuovo millennio annovera già circa due milioni di fedeli.
Se, infatti, l'iconografia della Santa può, ad un approccio superficiale, far pensare ad un culto “negativo”, essa è in realtà la protettrice degli “ultimi”: a lei si rivolgono infatti le “bocca di rosa”, le “princesa”, i carcerati e tutte quelle biografie che salivano sul palco ad ogni concerto di Faber...
- Le origini del culto.
Stando a quello che si trova in rete, non esiste una data da cui far partire questo culto. Per alcuni, infatti, il culto risale al periodo pre-ispanico ed al culto della morte che le popolazioni autoctone facevano, per altri invece il culto ha origine solo a partire dagli anni '60 del secolo scorso, con un procedimento che sembra essere ricalcato quasi perfettamente sul culto della Madonna di Fatima (o magari è il culto della Madonna di Fatima ad essere ricalcato su quello della Signora delle Tenebre). Narra la leggenda, infatti, che Santa Muerte apparve ad un abitante della città di Veracrùz (nel sud-est del Messico) in virtù dei sacrifici fatti dal popolo, al quale dunque ella concedeva la propria protezione.
L'unica certezza è che fino al 2002 il culto è molto anarchico – inteso proprio come assenza di poteri gerarchici che ne controllassero organizzazione e divulgazione – finché l'arcivescovo David Romo Guillén, esponente della frangia della Chiesa cattolica denominata “Iglesia católica tradicional Mex USA” sposò la causa chiedendone formalmente lo status di “associazione religiosa”, adoperandosi per creare un'adeguata struttura sul territorio, in particolare cercando dei luoghi pubblici adatti (necessari anche per la costruzione di una vera e propria chiesa) in modo da sostituire la venerazione casalinga che della Santa si era fatta fino a quel momento.
Naturalmente la risposta che l'arcivescovo ricevette fu negativa in tutti e tre i casi in cui fece domanda.
Abbiamo già visto come non si possa definire una “data di nascita” per il culto di Santa Muerte. Quello che però si capisce facilmente è che questa derivi dalla cultura azteca (dove veniva chiamata Mictlantecuhtli) coniugandola con aspetti derivanti dal cattolicesimo – in primis quello spagnolo del XVI secolo - e dalla brujerìa (la stregoneria), cosa che naturalmente vede la Chiesa Cattolica come principale nemica della professione di culto di Santa Muerte. Ma d'altronde, così come avviene con la Teologia della Liberazione, sappiamo che Santa Romana Chiesa non contempli la possibilità di professare un Verbo diverso da quello promulgato durante le messe domenicali.
Si potrebbe obiettare – cosa che viene puntualmente fatta dai detrattori della Flaquita – che questo, oltre ad essere il culto degli ultimi sia anche il culto dei narcotrafficanti e dei carcerati. Ora, tralasciando il fatto che mettere sullo stesso piano narcotraffico e carcerati è un po' come equiparare omosessualità e pedofilia, come non ricordare che le chiese cattoliche sono invase da esponenti della criminalità organizzata nostrana o che in più occasioni la Chiesa si è schierata a favore delle peggiori dittature (sarebbe forse il caso di ricordare che, mentre il Cile apriva il capitolo dei suoi desaparecidos, dal balcone del Palazzo della Moneda, di fianco ad Augusto José Ramón Pinochet Ugarte si affacciava, in uno dei suoi primi viaggi, niente meno che Giovanni Paolo II, la cui immagine è stata ripulita a tal punto da farlo diventare, nel corso del tempo una delle principali figure-simbolo di “libertà” e valori positivi...). Forse l'imbarazzo della Chiesa sta proprio in questo: dover accettare una fede alla quale nessun gerarca o dittatore sembra essere devoto...
Non bisogna pensare, però, che il culto di Santa Muerte sia prerogativa latinoamericana. Se ne ritrovano tracce – a conferma dell'influenza del cattolicesimo – anche a Bari, precisamente alla Chiesa della Morte di Molfetta (chiamata così perché ai tempi della peste fu luogo di fosse comuni per appestati, i cui corpi venivano portati a largo dall'acqua del mare), in Piemonte e Veneto dove è uso dialettale definire la morte come “la Catlina” (uno degli appellativi della Santa messicana sostituisce una “r” divenendo “la Catrina”) o in piazza del Gesù a Napoli dove molti, osservando da una particolare angolazione la statua della Vergine dicono di vedervi scolpita l'immagine di Santa Muerte completa di falce, ma in questo caso siamo probabilmente nel caso delle dicerie e credenze popolari...
- La rappresentazione della Muerte
Ascoltandone le ed i devoti, si può dire che la Santa non abbia la stessa spocchia classista del Dio venerato dai cristiani (quantomeno nella versione raccontata dal suo “fans club”, cioè il Vaticano), ma che nei luoghi ove è possibile venerarla transitino le biografie più diverse: «all'interno della comunità che crede nella Santa Muerte ci sono tutti i tipi di persona», dice Graciela Huerta, devotissima della Santa, «vorremmo solo che si rispettasse di più il loro diritto a seguire una qualsiasi religione». Nonostante a parole i cattolici professino “uguaglianza” e “fratellanza”, infatti, quando si ritrovano a fare i conti con questioni che mettono in crisi l'insieme di valori e credenze con i quali vengono indottrinati fin dai primi anni di vita - dalle fedi diverse fino all'ateismo, che potremmo comunque classificare come una “religione senza dei” - si trincerano dietro alla supponenza tipica dei ministri della loro fede. Ma questo è un'altra storia...
Per quanto riguarda l'aspetto iconico è interessante notare due aspetti che potremmo riassumere così: esiste una Santa Muerte per ogni necessità ed il suo culto è ad uso e consumo preponderante delle donne.
Partiamo dal primo aspetto, una Santa per tutti i gusti: se le costanti iconografiche sono l'apparenza scheletrica, la tunica e la falce – che richiama la rappresentazione più nota della Morte – essa può essere rappresentata con in mano diversi oggetti di cui i più usati sono il mondo, la bilancia, la clessidra e la marionetta (nella versione esoterica), il gufo e la lampada con la tunica colorata in base al tipo di protezione che essa concede. Le più venerate sono la Morte Verde, invocata a protezione dei carcerati – per giusto od ingiusto motivo non fa alcuna differenza – e per uscire dalla tossicodipendenza, la Morte Rossa alla quale si richiede protezione in campo sentimental-sessuale e la Morte Gialla, le cui sfere di interesse sono il denaro ed il commercio in toto. Si possono trovare però anche in tunica bianca (purificazione totale, contro le invidie ed i rancori e per invocare la pace); verde (adibita alla protezione nella sfera della giustizia e, in particolare, di quella legale); viola (forza mentale e spirituale); azzurra (vita professionale, intelligenza, studio); marrone per una richiesta generica, disinteressata (così come nella versione comprensiva solo di scheletro). Il giorno di Ognissanti viene invece vestita in abito da sposa.
Il secondo aspetto interessante, dicevamo, è una forma quasi di misandria i cui prodromi sono da rintracciarsi nelle culture indigene dell'America Latina, nelle quali una delle peculiarità principali era quella di essere matriarcali, essendo considerata la donna meno corruttibile e più attenta al mantenimento dell'integrità, caratteristiche – dunque – che ne facevano e ne fanno a tutt'oggi una perfetta sacerdotessa. Poi il mondo conobbe la cultura patriarcale della modernità e la susseguente disintegrazione della figura femminile e tutto cambiò (per lo meno laddove la modernità ha attecchito).
Non bisogna dimenticare però, che anche il culto della Santa Muerte è una religione – o quanto meno prova ad esserlo – e dunque una forma di potere che le alte sfere della stratificazione gerarchica in cui la nostra società è divisa (ancor più in un territorio come l'America Latina) sfruttano per soggiogare le masse tramite la rappresentazione di una parte “cattiva” della Santa (così come si può parlare di un Dio che, per vendicarsi degli uomini – esseri corrotti nonostante siano fatti “a sua immagine e somiglianza”- abbatte sul mondo il diluvio universale) la quale, in cambio dei propri servigi, chiederebbe in pegno la vita di una persona cara a chi ne richiede la protezione – altro richiamo ad altari e sacrifici animali di tutt'altre religioni – e per questo nei devoti è uso nominarla con una varietà quasi infinita di nomignoli ma mai con il nome di Santa Muerte, tanto ne è il timore.
- Difficili rapporti di vicinato
«La questione è che le chiese cattoliche o evangeliche vogliono
sempre avere il controllo della nascita, del battesimo spirituale e dell'ascesa al paradiso e non vogliono che la gente da sola gestisca questo passaggio nell'aldilà, allora vogliono dominare con i cimiteri, coi riti del battesimo e dell'estrema unzione i momenti della nascita e della morte e non vogliono che la gente s'occupi di queste cose. Per questo sono preoccupate del fatto che a Tepito la gente della strada stia costruendo le proprie forme di devozione, le proprie immagini ed è così che sono sorte tutte le grandi fedi che ora stanno sugli altari, nascono dalla strada, dal popolino e dalla gente comune. Dunque ciò che si sta facendo qui è giustamente togliere alle chiese il monopolio che avevano su quello che la gente pensa che sia un'altra forma di vita, come dicevano gli aztechi, cioè che morire era solamente stare in un altro spazio e basta» dice Alfonso Hernàndez – dirigente del Centro de Estudios Tepiteños il cui compito è proprio registrare le evoluzioni del culto alla Santissima Muerte – in un'intervista rilasciata a Fabrizio Lorusso (che potete leggere qui: http://www.globalproject.info/it/community/La-Santa-Muerte-a-Tepito-ne-chiesa-ne-stato-per-gli-emarginati/5174 in versione integrale).
Una fede per gli infedeli, potremmo quasi definirla leggendo le parole di Hernàndez, una fede per chi ha smesso di credere nelle religioni ufficiali o, in maniera meno aulica, ha smesso semplicemente di credere nelle forme del Potere dalle quali siamo governati, ed è forse sotto questo aspetto che si può intuire in maniera ancora maggiore l'ostracismo della Chiesa ufficiale nei confronti della Santa Muerte, che dunque – pur non essendo un culto totalizzante come quello cattolico (comprende ed anzi incoraggia il culto di altri santi) – toglie “humus” all'indottrinamento delle religioni principali, per certi versi “educando” i propri fedeli ad una religiosità più consapevole.
La vera e propria esplosione del culto della Santa Muerte (si parla, con cifre probabilmente gonfiate dagli interessati, di qualcosa come due milioni di fedeli in più nel giro di un triennio, roba che farebbe impallidire anche il culto di Padre Pio, quantomeno sotto l'aspetto della sua commercializzazione...) ha naturalmente richiamato i riflettori: i primi ad occuparsene furono gli statunitensi, il cui unico pregio (o quasi...) è sicuramente quello di essere un passo avanti al mondo per quanto riguarda il fiuto sulle nuove “mode” (che poi esportano spacciandole per “made in U.S.A.”), prima a livello locale e poi scomodando “addirittura” la CNN, che si interessò anche alla grande manifestazione del 4 aprile 2005, quando circa 30.000 persone marciarono per le strade di Ciudad de México per chiedere l'entrata della Santa Muerte tra i culti ufficialmente riconosciuti. “La Jornada” e “El Universal” se ne occupano nel novembre del 2007 (esattamente lo stesso giorno, il 22, quando per la terza – e definitiva – volta la bocciatura da parte della segreteria “Migracion y Asuntos Religiosos”, l'ufficio della segreteria di stato che si occupa di questi aspetti).
Sembra che solo il nostro paese non abbia regalato neanche una riga alla Santa Muerte, ed i motivi sono facilmente intuibili. Ma questa è un'altra storia...