Munnezza in emergenza e profitti al sicuro.


[qui: http://vimeo.com/6000381 per chi avesse difficoltà nella visualizzazione]

Chiaiano (Napoli) - 'A munnezz è turnata. O forse sarebbe meglio dire che non se n'è mai andata. Chi se n'è andato, invece, è quel signore che un paio di giorni fa in quel di Cesena ha organizzato un mega-concerto “verde”, nel quale – stando a quanto sostenuto dal palco – persino i pensieri erano solo ed esclusivamente di natura ecologica. Date un'occhiata qui:

[qui per chi non riuscisse a visualizzare il video: http://www.youtube.com/watch?v=a20Ptc0KEqo].

Questo video – stando allo staff di Grillo – è datato febbraio 2009. Di acqua sotto i ponti ne è passata un po' dunque. Durante la due giorni cesenate i tumulti che arrivavano dalla Campania si iniziavano già a sentire, ma che io sappia – ho cercato di seguire il “Woodstock” quasi per intero – nonostante l'impronta ecologica non una parola è stata spesa su questa vicenda. Ora: d'accordo che l'imprimatur che il nostro vuol dare al suo partito (checché lo chiami movimento) è di tipo apolitico – da qui lo slogan “né destra, né sinistra ma sopra” - dunque non c'era da aspettarsi niente di veramente militante nell'una o nell'altra direzione, ma almeno un accenno – non so, magari qualche minuti dedicato all'intervento di chi in queste ore sta prendendo le manganellate – credo non sarebbe stata poi cosa sgradita, considerando anche l'intervento dei familiari di Federico Aldrovandi (e per il quale va un applauso a Grillo ed agli organizzatori...).

Perché nonostante il nostro si sia dimenticato di quella promessa fatta durante l'intervento ripreso nel video («tornerò e faremo ancora più casino»)la gente di Chiaiano, di Marano, di Terzigno non si è mai dimenticata di scendere in strada a protestare, nonostante la repressione di Stato stia diventando sempre più feroce, come è ben visibile in questo video: http://www.youtube.com/watch?v=bedvtRoqurw. Ma si sa che i c.d. leader – veri o presunti, acclamati dal popolo od auto-proclamatisi tali – conoscono il solo verbo della propaganda, per cui è meglio parlare di qualcosa di più serio. Innanzitutto il video che trovate in apertura di post, dal titolo “Una montagna di balle”. È il lavoro, anzi il lavoraccio – visti tempi e tema trattato – di un gruppo di videomakers (e la partecipazione speciale di Ascanio Celestini come voce narrante e di Marco Messina della 99 Posse alle musiche) che dal 2003 al 2009 ha documentato la lunga formazione di quella che poi ci è stata venduta – dalle forze politiche in combutta con l'apparato mediatico mainstream – come “emergenza”. Già, perché nel “caso munnezza napoletana” di tutto si può parlare tranne che di “emergenza”, a meno che non ci sia qualche imbroglio semantico in corso di cui non mi sono accorto. «Circostanza o eventualità imprevista» recita il mio buon Zingarelli nell'edizione 2007.
Appunto: per essere in “emergenza”, bisogna che la circostanza sia “imprevista”. E allora come definire un lasso di tempo di 15 anni durante i quali – siamo negli anni della “gestione straordinaria” - questa “emergenza” ha avuto tutto il tempo per fermentare ed eventualmente essere conosciuta e raccontata al Paese intero?

Voglio riprendere la domanda – provocatoria fino ad un certo punto – fatta come chiusura della presentazione del documentario: «E se vivere in emergenza fosse solo una strategia per accumulare profitti?» Già, i profitti: eccolo qua il vero motivo dell'esplosione dell'emergenza. Profitti in termini materiali – soldi presi per appalti e subappalti – e profitti di natura politica, con una classe dirigente che per 15 anni ha potuto utilizzare l'affaire munnezza come arma politica (o valore di scambio). I nomi di questi ultimi li conoscete tutti, vengono ribaditi nel documentario ma comunque non è difficile individuarli. È interessante guardare – rimanendo ad un livello analitico molto superficiale – quel che è avvenuto quando i profitti riguardavano conti in banca e quattrini in tasca. È interessante per due motivi: il primo, specifico della situazione napoletana, evidenzia come la politica se ne sia sbattuta amabilmente della faccenda, per poi andare in televisione a gridare allo “scandalo”, alla “cattiva amministrazione” e – di nuovo – all'”emergenza”. Il secondo, invece, ci dà l'idea di un sistema economico nazionale fatto di scatole cinesi, in cui l'appalto per una ditta diventa subappalto per altre cinque, dieci o chissà quante: L'Asìa, l'azienda erogatrice di “servizi di igiene ambientale” a Napoli paga lo stipendio (o quanto meno spero che glielo paghi visti i tempi) a circa 3.000 persone, affidando parte dei servizi – in subappalto – alla Enerambiente, società veneta che si occupa di servizi ecologico-ambientali e gestione integrata dei rifiuti; 470 i dipendenti. Fin qui non ci sarebbe niente da ridire, se consideriamo che non c'è niente di meglio che affidare la gestione dei rifiuti a chi se ne occupa per definizione. Ma siamo in Italia, luogo in cui anche il più disonesto dei mariuoli può diventare Ministro della Giustizia (e non faccio nomi...), dunque l'Enerambiente si appoggia per il suo operato alla cooperativa Davideco, che di dipendenti ne ha soli 120 ed ai quali vanno aggiunti altri 150 lavoratori interinali. Tutto ciò ha, naturalmente, un costo per il contribuente, e non si vede perché questi debba pagare tre volte per un servizio che potrebbe tranquillamente avere da una sola delle tre imprese coinvolte.
Sarebbe peraltro interessante capire – visto che siamo in tema di soldi – se tutti quelli stanziati dai governi che si sono succeduti negli anni per contrastare “l'emergenza” siano stati effettivamente utilizzati per questo scopo o si siano persi tra i meandri di una burocrazia farraginosa e le mani interessate di qualcuno.

Hanno perfettamente ragione, dunque, sia Bertolaso che Caldoro ad allarmarsi denunciando possibili ingerenze camorristiche nella questione: come si definisce una situazione in cui su un problema reale – l'immondizia – a guadagnarci sono imprenditori e politici se non “camorra”?

«E' percio' che mi accaloro coi politici nascosti perche' solamente loro sono i veri camorristi a cui Napoli da sempre ha pagato la tangente e qualcuno l'ha incassata con il sangue della gente» cantava in una splendida canzone di qualche anno fa (“Se io fossi San Gennaro”: http://www.youtube.com/watch?v=Iig9RPSiUDM) Federico Salvatore.
Per cui quando si vuol parlare di presenza camorristica in questa faccenda non bisogna certo andare a cercare “il Sistema” tra quella gente che scende in strada a pretendere la tutela dei propri diritti. Bisogna cercarli tra quelli con le giacche e le cravatte, quelli che firmano contratti milionari con Governi, segretari e sottosegretari inventati per l'occasione...Ed a proposito di Sottosegretari: se non ci fossero tutti questi agenti in assetto anti-sommossa sarebbe anche comica l'uscita del “prode” Bertolaso, al quale non tornano i conti: «Abbiamo fatto cinque discariche dove c'era spazio per diversi milioni di metri cubi di spazzatura, avviato la raccolta differenziata in modo serio e realistico e aperto l'impianto di Acerra, che a detta di tutti è il migliore che c'è in Italia: non si capisce perché a Napoli oggi ci sia la spazzatura nelle strade». Per cortesia, qualcuno può svegliarlo e dirgli che al mondo delle favole che ci hanno rappresentato fino ad ora non ci crede più nessuno? Grazie!

La pressione sulla cittadinanza è duplice: da una parte c'è quella esercitata manu militari per imporre il volere governativo, con la creazione delle “aree di interesse strategico nazionale” laddove sono sorte o sorgeranno le discariche (vi è la proposta di crearne una nel parco del Vesuvio, area di interesse naturalistico rarissima), dall'altra si creano – o quanto meno si tenta di creare – nuove situazioni che in un prossimo futuro giustificheranno l'intervento militare sul territorio, grazie ad una forma tutta italiana di gentrificazione, cioè con quell'operazione di espoliazione di interi quartieri solitamente abitati dalle classi a basso reddito sostituite in loco dalle classi agiate. In Italia succede qualcosa di diverso, perché l'introduzione delle discariche, portando gli abitanti delle zone limitrofe a spostarsi quando e qualora la situazione non dovesse risolversi nel concreto, creerà delle problematiche nelle zone di nuovo insediamento che sarà poi semplice risolvere con la repressione. Più o meno potrebbe succedere la stessa cosa che in Francia succede nelle banlieue di cui ogni tanto le nostre cronache ci raccontano. È il tentativo – studiato a tavolino – di precarizzare ancora di più, mediante la militarizzazione perpetua, la vita dei cittadini. Di quelli – naturalmente – che non possono aspirare a ruoli che contano nell'apparato decisionale dello Stato.

«Gli abitanti che protestano rimangono soli e non sempre riescono a fermare le ruspe anche perché adesso rischiano anni di galera. Continuano a lottare anche perché si sono conosciuti, si scambiano notizie, si danno forza ma sono un po' frastornati da tutto il silenzio che sentono intorno. Agli occhi del Paese questi cittadini vengono definiti egoisti perché non vogliono le buche, incivili perché non assecondano le decisioni delle istituzioni, camorristi perché protestano. Possibile che siano in tanti a non capire la verità? In quella regione, nel Paese, in quei palazzi dell'Unione Europea pieni di belle parole ma poveri di fatti. Possibile che non si capisca che questa storia non riguarda solo loro? Che non è solamente una storia de mmonnezza?» [Ascanio Celestini]