«Quando è moda è moda», cantava Giorgio Gaber nel 1978.
Lo voglio iniziare così, quest’anno, il mio articolo “di commemorazione” per la strage alla stazione di Bologna di 30 anni fa. Lascio al circuito informativo principale l’aspetto commemorativo, il ricordare il numero di morti e feriti, le testimonianze e tutto il corollario che ruota intorno alla grande macchina commemorativa, che questa sera ci avrà già rotto le scatole e torneremo ad occuparci delle cose di cui ci occupiamo di solito. Di nulla.
Quest’anno ricade il trentennale, data importante e, per questo, c’era bisogno di un qualcosa in più, qualcosa che potesse differenziare il 2 agosto 2010 da quello del 2009, del 2008 eccetera eccetera, e si è pensato bene di creare l’ennesima polemica futile, degna di un popolo che ormai ha imparato ad occuparsi solo di futilità e che mi fa capire ancora una volta che per diventare un popolo serio – uno di quelli con la maiuscola – di strada, ahimé, ne dobbiamo fare ancora molta.
Il Governo oggi non sarà a Bologna a commemorare la strage. E allora? Dov’è il problema? Io davvero non capisco. Forse che senza il governo non si può considerare questo come un giorno di commemorazione? Che si aspetti forse un “taglio del nastro” per poter affermare, dal minuto successivo, di essere in fase di commemorazione?
Perché ci deve essere per forza un esponente di governo? Perché così è sempre stato? Per un dovere istituzionale che gli ominicchi della nostra classe politica – dell’una e dell’altra parte – rispettano solo quando gliene viene interesse personale? O forse perché, senza esponenti di governo non si può esercitare lo sport nazionale, cioè il “fancula un politico anche tu e dai il buongiorno alla giornata!” che tanto va di moda (di nuovo…) in una certa parte della nostra società che in alcuni casi, parafrasando il signor G, a definirla “civile” ci vuole fantasia?
È vero: non ci saranno esponenti del governo (e, conoscendo un po’ come vanno le cose nella politica, quelli che ci saranno avranno pensato anche al ritorno d’immagine, che in questi tempi di crisi elettorale non fa mai male…), ma non ci sarà molta altra gente. Io sotto a quel famoso orologio ci passo tutte le mattine, ed ogni volta cerco una “vittima” – solitamente tra gli studenti che, come me, fanno i pendolari – alla quale chiedere perché quell’orologio è fermo. Provate a farlo anche voi, qualche volta, e poi ditemi quante delle intervistate e degli intervistati vi avrà risposto in maniera corretta. La risposta che ho ricevuto più spesso è stata: «boh…io neanche mi ero accort@ che ci fosse l’orologio!».
Vi posso assicurare che è desolante per chi ha preso quella parte della Storia del nostro paese e ne ha fatto un punto di riferimento sentirsi rispondere in quella maniera da ragazzi nati come me tra la metà degli anni '80 e l’inizio dei ‘90. Perché ti dà quel senso di sconfitta che ti fa chiedere per quale motivo stai perdendo tutto quel tempo, hai buttato via anni ed anni dietro ai libri che raccontassero tutto quello che c’era da raccontare su Bologna, l’Italicus, Piazza Fontana, la mafia, se pensi che quei giovani ai quali hai appena posto quella domanda un domani potrebbero essere la classe dirigente italiana.
È per questo che la polemica sul “governo sì, governo no” la reputo inutile, seppur comprensibile nel contesto in cui se non si può criticare il governo l’italiano medio non ha motivo di interessarsi alla faccenda. Perché prima di prendercela con il governo che è assente, prendiamocela con noi stessi che abbiamo accantonato il fare memoria collettiva, relegandolo solo a poche giornate nell’arco dell’anno. Cerchiamo di capire che è ben più grave se un/a giovane di 23-24 anni (cioè un/a giovane della mia età) di fronte ad un evento storico come questo o di fronte all'immagine di una grande figura del passato ti risponde con un desolante “boh” come se fosse la cosa più normale del mondo rispetto all’assenza di chi è diventato istituzione solo per il lauto stipendio o per salvarsi dar gabbio, come dicono a Roma. E che nessuno mi venga a dire che questa ignoranza genera(ziona)le è colpa della televisione. Perché, per una volta, queste cose in televisione le fanno vedere...
Oltre ai vaffa c’è di più? Sottotitolo: Quando è moda è moda.
Scritto da
Andrea Intonti
Pubblicato
8/02/2010 12:30:00 PM
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