foto: ctzen.it |
Catania, 15 aprile 2012 – Dopo il rinvio di marzo, davanti ai giudici della terza sezione della Corte d'Appello catanese è iniziato ne giorni scorsi il secondo grado del processo riguardante i progetti dei parcheggi, che in primo grado – conclusosi il 30 marzo dello scorso anno – aveva visto l'assoluzione di tutti gli imputati ed il dissequestro delle aree del cantiere, cioè l'ex sindaco ed attuale parlamentare del Popolo della Libertà Umberto Scapagnini in qualità di commissario per l'emergenza traffico, Salvatore D'Urso, all'epoca dei fatti direttore dell'ufficio speciale per l'emergenza traffico e sicurezza sismica, tre componenti della Commissione di valutazione tecnico-giuridica dei progetti, cioè Giovanni Laganà, Salvatore Fiore e Mario Arena, nonché gli imprenditori Ennio Virlinzi, Francesco Domenico “Mimmo” Costanzo e suo fratello Sebastiano.
Tutto nasce nel 2002, quando Scapagnini – nella doppia veste di sindaco e commissario – predisponeva un piano di alleggerimento del volume del traffico urbano attraverso aree di sosta e parcheggi di scambio. Le zone prescelte per queste aree – entrate nelle indagini della Procura e del Gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata (il Gico) della Guardia di Finanza – furono Piazza Europa (di cui parlavamo un paio di settimane fa[1]), Piazza Lupo, Piazza Giovanni Verga e via Asiago, per un progetto che vide in tutto la progettazione di nove parcheggi cittadini sfruttando gli 850 milioni di euro messi a disposizione dal governo, al cui vertice c'era Silvio Berlusconi.
L'accusa contesta non solo l'uso della gestione emergenziale – accentrata nelle mani di Scapagnini e D'Urso – come espediente per realizzare opere altrimenti non cantierabili, ma anche – e soprattutto – il modo in cui furono assegnati gli appalti in project financing, con il quale si permette ai privati che si occupano della realizzazione delle opere pubbliche, di poterne avere un tornaconto economico per un certo periodo di tempo. Ma, secondo la Procura, a questo punto i piani originari vennero cambiati, modificando la destinazione d'uso dei parcheggi. Per il parcheggio di Piazza Europa, ad esempio, fu previsto un quarto piano rispetto ai tre concordati, nonché la creazione di un'area commerciale intorno al parcheggio. Così come il parcheggio che sarebbe dovuto sorgere in via Asiago venne letteralmente spostato sotto piazza Ariosto.
A D'Urso vengono contestate varie irregolarità, come l'aver fissato in soli undici giorni il termine per la presentazione delle domande per concorrere alla gara d'appalto
– dando così un grosso vantaggio all'azienda promotrice del progetto e precedentemente scelta – l'aver aperto in anticipo le buste contenenti le offerte e l'aver concesso la modifica ai progetti iniziali attraverso una scrittura privata e non un atto pubblico. Ai tre tecnici, invece, è stato contestato l'aver assegnato i punteggi alle ditte senza aver prima fissato i criteri economici da rispettare.
Al centro del nuovo dibattimento la perizia che fece da pilastro portante per la decisione di assoluzione, giudicata dal pubblico ministero Giuseppe Gennaro – che rappresenta l'accusa - «insufficiente ad accertare la questione». Proprio da questa insufficienza nasce la richiesta della nuova perizia che tenga in considerazione «principi di economicità, successive modifiche e criteri di valutazione utilizzati per l'assegnazione dei punteggi alle varie ditte durante la gara».
Quella contestata infatti, nella quale si sosteneva come le modifiche fossero state economicamente meno convenienti per Virlinzi ed i fratelli Costanzo – facendo così venir meno l'accusa di abuso d'ufficio – non è stata ritenuta sufficiente dal sostituto procuratore generale Domenico Platania.
Nota a margine: assente il Comune di Catania, costituitosi invece parte civile durante il primo grado, che evidentemente vuole tenersi le mani più che libere per futuri lavori da concedere, come in questo e tanti altri casi, ai “vicerè” catanesi, che nei giorni scorsi si sono visti bloccare dal Tribunale amministrativo regionale – seppur momentaneamente – anche il progetto per la realizzazione del centro commerciale sul lungomare, un vero e proprio “pericolo per la sicurezza” secondo ventisette associazioni cittadine data la sua vicinanza ad una via di fuga “anti-tsunami”.
Tutto nasce nel 2002, quando Scapagnini – nella doppia veste di sindaco e commissario – predisponeva un piano di alleggerimento del volume del traffico urbano attraverso aree di sosta e parcheggi di scambio. Le zone prescelte per queste aree – entrate nelle indagini della Procura e del Gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata (il Gico) della Guardia di Finanza – furono Piazza Europa (di cui parlavamo un paio di settimane fa[1]), Piazza Lupo, Piazza Giovanni Verga e via Asiago, per un progetto che vide in tutto la progettazione di nove parcheggi cittadini sfruttando gli 850 milioni di euro messi a disposizione dal governo, al cui vertice c'era Silvio Berlusconi.
L'accusa contesta non solo l'uso della gestione emergenziale – accentrata nelle mani di Scapagnini e D'Urso – come espediente per realizzare opere altrimenti non cantierabili, ma anche – e soprattutto – il modo in cui furono assegnati gli appalti in project financing, con il quale si permette ai privati che si occupano della realizzazione delle opere pubbliche, di poterne avere un tornaconto economico per un certo periodo di tempo. Ma, secondo la Procura, a questo punto i piani originari vennero cambiati, modificando la destinazione d'uso dei parcheggi. Per il parcheggio di Piazza Europa, ad esempio, fu previsto un quarto piano rispetto ai tre concordati, nonché la creazione di un'area commerciale intorno al parcheggio. Così come il parcheggio che sarebbe dovuto sorgere in via Asiago venne letteralmente spostato sotto piazza Ariosto.
A D'Urso vengono contestate varie irregolarità, come l'aver fissato in soli undici giorni il termine per la presentazione delle domande per concorrere alla gara d'appalto
– dando così un grosso vantaggio all'azienda promotrice del progetto e precedentemente scelta – l'aver aperto in anticipo le buste contenenti le offerte e l'aver concesso la modifica ai progetti iniziali attraverso una scrittura privata e non un atto pubblico. Ai tre tecnici, invece, è stato contestato l'aver assegnato i punteggi alle ditte senza aver prima fissato i criteri economici da rispettare.
Al centro del nuovo dibattimento la perizia che fece da pilastro portante per la decisione di assoluzione, giudicata dal pubblico ministero Giuseppe Gennaro – che rappresenta l'accusa - «insufficiente ad accertare la questione». Proprio da questa insufficienza nasce la richiesta della nuova perizia che tenga in considerazione «principi di economicità, successive modifiche e criteri di valutazione utilizzati per l'assegnazione dei punteggi alle varie ditte durante la gara».
Quella contestata infatti, nella quale si sosteneva come le modifiche fossero state economicamente meno convenienti per Virlinzi ed i fratelli Costanzo – facendo così venir meno l'accusa di abuso d'ufficio – non è stata ritenuta sufficiente dal sostituto procuratore generale Domenico Platania.
Nota a margine: assente il Comune di Catania, costituitosi invece parte civile durante il primo grado, che evidentemente vuole tenersi le mani più che libere per futuri lavori da concedere, come in questo e tanti altri casi, ai “vicerè” catanesi, che nei giorni scorsi si sono visti bloccare dal Tribunale amministrativo regionale – seppur momentaneamente – anche il progetto per la realizzazione del centro commerciale sul lungomare, un vero e proprio “pericolo per la sicurezza” secondo ventisette associazioni cittadine data la sua vicinanza ad una via di fuga “anti-tsunami”.
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