FAENZA - «Abbiamo dei diritti firmati e siamo rimaste per la promessa di riconversione e intanto abbiamo bisogno di ammortizzatori. Come campiamo altrimenti?». Ha voluto utilizzare facebook per riversare tutta la sua delusione ed i suoi timori Clara Zacchini, una delle 239 operaie Omsa di Faenza che hanno ricevuto la conferma del loro licenziamento, previsto per il prossimo 14 marzo, data in cui terminerà la cassa integrazione straordinaria, perché l'azienda ha deciso di portare tutto in Serbia. Le operaie, intanto, chiedono l'aiuto di tutte e tutti.
L'ufficialità del licenziamento è arrivata nel momento peggiore, a tre giorni dall'apertura di un vero e proprio tavolo delle trattative al Ministero dello sviluppo economico che aveva riacceso una seppur flebile speranza per quella che appariva tra le migliori soluzioni possibili: la riconversione dell'intero stabilimento.
Le speranze erano riposte tutte nella relazione dell'ingegner Marco Sogaro, amministratore delegato della Wollo srl di Torino a cui era stato affidato il compito di trovare investitori interessati all'acquisto dello stabilimento.
Le speranze erano riposte tutte nella relazione dell'ingegner Marco Sogaro, amministratore delegato della Wollo srl di Torino a cui era stato affidato il compito di trovare investitori interessati all'acquisto dello stabilimento.
«Si è trattato di un incontro che non ha portato nessuna notizia concreta sul fronte della riconversione» - è stato il commento Samuela Meci e Renzo Fabbri della Filctem Cgil (Federazione Italiana Lavoratori Chimica Tessile Energia Manifatture) di Ravenna. Si era anche trovata nel 12 gennaio la data per una seconda riunione, al fine di valutare l'effettivo avanzamento delle trattative. Tavolo che, evidentemente, avrà utilità pari a zero.
Se Faenza piange, Gissi non ride. Lo scorso 25 novembre, intanto, è stato chiuso lo stabilimento di Gissi, nel teatino, dopo 23 anni di fondi regionali e Cassa del Mezzogiorno. Anche in questo caso, 380 dipendenti senza lavoro in Italia, e la prospettiva di rientrare nel piano di delocalizzazione in Serbia, dove il sistema di stipendi e diritti è – come noto – ben diverso da quello italiano.
Le lavoratrici faentine, intanto, si organizzano. E chiedono a tutte e tutti un gesto di solidarietà, boicottando i prodotti a marchio Philippe Matignon, SiSi, Omsa, Golden Lady, Hue donna e uomo, Saltallegro e Serenella.SB