No, queste parole non rappresentano la dichiarazione di questo o quell'antipolitico. A pronunciarle – anzi, per essere precisi a scriverle (http://www.fondazionedeandre.it/zingari.htm) – fu Fabrizio De André che, tra le tantissime perle che ci ha regalato, ha scritto anche la struggente “Khorakhanè”.
Durante il concerto al Teatro Brancaccio, quello che erroneamente viene considerato come il suo ultimo concerto, ebbe a dire che «(il popolo rom) sarebbe un popolo da insignire con il Nobel per la pace per il solo fatto di girare per il mondo senza armi da oltre duemila anni».
E c'è qualcuno a cui anche solo a sentirli nominare viene il vomito...
Si chiama Clarissa Lombardi, è consigliera del PdL per la circoscrizione est della città di Prato e, qualche giorno fa ha così commentato il furto della borsa dalla sua auto da parte di un indefinito “qualcuno”.
Forse sarò anche banale, ma a me le cose che fanno venire il vomito sono altre: la mafia e le altre forme di criminalità organizzata insieme a chi le tutela a livello istituzionale, chi sfrutta gli altri per mero vantaggio personale (e qui guardo proprio in casa – partitica – della suddetta: http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/economia/2010/10-agosto-2010/operai-cinesi-senza-stipendio-lavorano-sasch-cenni—1703552415435.shtml), chi comanda bombardamenti a distanza di chilometri per un paio di firme su un contratto, eccetera eccetera eccetera.
E poi c'è l'ignoranza. Non quella di chi non ha avuto la possibilità di andare a scuola per mancanza di possibilità economiche, come succedeva fino a qualche decennio fa a noi italiani o, perché, se ci andasse verrebbe perennemente dileggiato e perseguitato per colpa di uno stereotipo, proprio come succede ai bambini ed alle bambine rom. Se foste costretti ad andare in una scuola in cui tutti i giorni vi chiamano con i peggiori appellativi e vi tengono in disparte senza che voi abbiate fatto qualcosa di male come vi sentireste? Sareste così felici di andare a scuola?
L'ignoranza che mi fa vomitare è quella di chi, pur sapendo quel che succede, si gira dall'altra parte o sfrutta, da una posizione di privilegio, l'ignoranza altrui.
Da qui nascono gli stereotipi, sui quali poi il (trans)partito della paura che governa questo paese fonda le proprie politiche securitarie e xenofobe.
Questa storia, questa delle politiche securitarie e xenofobe intendo, è una storia ormai antica, che nasce con la nascita dello Stato-Nazione (siamo nel Trecento), con la nascita della “gabbia” del concetto di “identità nazionale”. Per definizione, sappiamo che uno Stato si forma laddove vi sia un popolo rinchiuso in un territorio condiviso. È quando una delle due condizioni manca – come nel caso del “nomadismo” - che sorgono i problemi. Come poter ingabbiare nello Stato chi non ne condivide i parametri fondativi? Ed ecco che dunque nascono i “campi”, cioè la riproposizione in piccolo del concetto statuale.
Non so se la signora Lombardi abbia mai visto un “campo nomadi” (“nomadi” perché lo abbiamo deciso noi “razza superiore” naturalmente...) o, quanto meno, abbia mai letto come ci si viva. Eppure ne abbiamo uno non molto distante da casa: a Quaracchi – periferia ovest di Firenze – dove gli “ospiti” sono a rischio assideramento, dopo aver rischiato la scorsa estate una epidemia di tubercolosi (si parlava anche di possibili casi di colera poi smentiti).
Ma facciamo un passo indietro: il campo di Quaracchi, tra l'Osmannoro e Peretola “nasce” come conseguenza di altri insediamenti sgombrati, come quelli del Luzzi, dell'ex Osmatex e del Meyer che non hanno fatto altro che spezzare una certa forma di architettura sociale per ricrearne un'altra da un'altra parte, più nascosta alla visione del “popolo”.
«Le condizioni di quell'area sono attualmente incompatibili, dal punto di vista igienico-sanitario, con la permanenza di persone» scriveva il 16 giugno scorso l'Asl fiorentina, dopo un'indagine sanitaria nell'insediamento che evidenziava la mancanza di acqua, luce e bagni sostituiti da latrine a cielo aperto e giacigli di fortuna. Perché permettiamo questo? Principalmente perché non ci sono soldi, stando alle dichiarazioni del sindaco di Sesto Fiorentino - a cui appartiene la zona di Quaracchi - Gianni Gianassi (centro-sinistra). Ma è davvero così?
- Che fine hanno fatto i fondi per l'integrazione?
91 milioni 615 mila euro. È il costo dell'”operazione sgombro” dal 2007 ad oggi. In media abbiamo speso circa 62.000 euro al giorno per gli insediamenti delle città medio-grandi, come il Casilino 900 a Roma (il più grande campo d'Italia e d'Europa) sgombrato nel gennaio 2010. Soldi che – in mani diverse – avrebbero forse dato frutti ben diversi.
Nel 2007 il Presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso – nell'ambito di una più lunga intervista al quotidiano La Repubblica – rilasciava questa dichiarazione:«Il fondo sociale europeo prevede programmi specifici per l'integrazione della comunità rom. In totale abbiamo già stanziato 275 milioni di euro e in più dato sessanta milioni a Bulgaria e Romania per questo obiettivo nella strategia di pre-adesione. Per la Spagna sono stati pagati 52 milioni di euro, per la Polonia 8 milioni e mezzo, per la Repubblica Ceca oltre 4 milioni, per l'Ungheria quasi un milione.
E per l'Italia?
Per l'Italia zero. L'Italia non ha mai chiesto di accedere a questi programmi. Certo noi siamo prontissimi a pagare, ma dobbiamo farlo sulla base delle richieste nazionali. Tocca ai governi chiedere i finanziamenti. Noi non possiamo certo imporli».
I soldi, in qualche modo, sono arrivati: dei 15 milioni 321 mila euro del FSE (Fondo Sociale Europeo) al nostro paese sono stati destinati 4.136.670 euro che vanno ad aggiungersi al fondo del progetto KNE ed ai 12.646.000 euro destinati, nel solo 2010, a rimpatri coattivi e volontari e richiedenti asilo (quelli che di solito rispediamo in Libia...). Cifre che non tengono conto dei già citati milioni di euro dell'”operazione sgombro” che fanno parte di un più ampio – 95 milioni – stanziamento per l'integrazione di cittadini terzi nel periodo 2007-2013.
A questo punto la domanda sorge spontanea: come sono stati investiti – e come vengono investiti – tutti questi soldi? Esistono davvero dei progetti di integrazione, in ottemperanza alla direttiva comunitaria n°43 del 29 giugno 2000 in merito al “principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica” che non prevedano come unico scopo lo spostamento degli insediamenti in zone sempre più marginali?
Per rispondere positivamente a questa domanda vi è la necessità – tutta politica – di integrare. E questa volontà politica, alla luce anche dell'orientamento mediatico-partitico, sembra essere inesistente. Ma questa è un'altra storia...
Torniamo all'insediamento di Quaracchi. A tutto quello che abbiamo visto fino ad ora dobbiamo aggiungere un altro – devastante – elemento: l'amianto. Molti degli “ospiti” (tra cui bambini anche piccolissimi) sono costretti a vivere respirando la “seta della salamandra”, di cui tutti conosciamo gli effetti. Lo denunciava già qualche mese fa Marcello Zuinisi, Presidente dell'Opera Nomadi Toscana, che nei giorni scorsi ha inviato una lettera al Governatore Enrico Rossi in merito, lo stesso Enrico Rossi che in campagna elettorale mise tra i punti del suo programma l'apertura di un Centro di Identificazione ed Espulsione nella “nostra” terra (tanto per capire l'orientamento alla voce “integrazione”).
La risposta del Governatore credo non sia stata ancora resa pubblica (o, quanto meno, chi scrive non ne è al momento al corrente). È invece arrivata, a marzo, la risposta del sindaco di Sesto, il quale si è fatto promotore della richiesta di fondi per la realizzazione di un nuovo campo, sottolineando però che le persone (circa un centinaio) che attualmente abitano l'insediamento di Quaracchi non sono residenti nel Comune. Chissà se il sindaco è a conoscenza del tentativo reiterato – e reiteratamente rigettato – di iscrizione dei cittadini Rom presso l'ufficio anagrafe del Comune di Sesto (cosa che ha richiesto anche l'intervento dell'Unar, l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), iscrizione necessaria per fare richiesta di residenza.
Nel frattempo, mentre si barcamenano tra razzismi, inverno e amianto, i Rom andranno a lavorare nelle zone tra La Spezia e Massa Carrara, nell'ambito della ricostruzione del Paese: dragaggio del fiume Magra, sistemazione degli argini, cura del patrimonio boschivo e ripulitura delle spiagge saranno i loro compiti, stando a quanto affermato da Ulderico Fusani, dirigente della Provincia di La Spezia nel settore delle Politiche Economiche, Sociali e del lavoro: «è più che un'idea da vagliare, siamo a un punto successivo. Ci stiamo lavorando, e l'ipotesi di dare questa alternativa a questa gente, potrebbe, sottolineo il potrebbe, realizzarsi davvero» [fonte: Corriere della Sera – Firenze, 6 dicembre 2010]. Bisognerà vedere se alle parole seguiranno i fatti...
«Purtroppo i nostri storici - e non soltanto i nostri - preferiscono considerare i popoli non soltanto in quanto tali ma in quanto organizzati in nazioni, se non addirittura in stati, e si sa che i Rom - non possedendo territori - non possono considerarsi né una nazione né uno stato. Mi si dirà che gli zingari rubano; è vero, hanno rubato anche in casa mia. Si accontentano, però, dell’oro e delle palanche; l’argento non lo toccano perché secondo loro porta male, lascia il nero - quindi vi accorgete subito se siete stati derubati da degli zingari. D’altra parte si difendono come possono; si sa bene che l’industria ha fatto chiudere diversi mercati artigianali. Buona parte dei Rom erano e sono ancora artigiani, lavoratori di metalli (in special modo del rame), addestratori di cavalli e giostrai - tutti mestieri che, purtroppo, sono caduti in disuso. Gli zingari rubano, è vero, però io non ho mai sentito dire - non l’ho mai visto scritto da nessuna parte - che gli zingari abbiano rubato tramite banca. Questo è un dato di fatto».
[Fabrizio De André, Teatro Brancaccio, 13-14 febbraio 1998].