Gli uomini che cercano, finché continuiamo a farci le loro domande, non muoiono mai.
[Carlo Lucarelli]
C’è un filo rosso che segue la storia del traffico di rifiuti tossici di questo Paese. Un filo rosso che si sviluppa intorno a nomi, contratti, soldi e accordi e che lega indissolubilmente mafie, politica, imprenditoria e massoneria.
Dagli anni ’70 ad oggi.
Le dichiarazioni recentemente desecretate dell’ex boss casalese Carmine Schiavone hanno creato un momentaneo interesse – giornalistico, soprattutto – per quella previsione di morte di vent’anni fa e rivelatasi corretta. Poi tutto è tornato nell’ombra, l’humus perfetto affinché il traffico di rifiuti possa dare i suoi frutti. Non solo al mondo criminale.
Il 3% del territorio nazionale è infatti “Paese dei veleni”, come scrivono Andreina Baccaro e Antonio Musella in un libro-inchiesta di recente uscita per Round Robin. Aree industriali come Taranto, Gela, Porto Marghera sono solo tre dei 57 siti che il decreto Ronchi 22/1997 definisce di interesse nazionale (Sin) e che formano i 15.000 siti potenzialmente contaminati individuati nel 2012 dall‘Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra). 6 milioni i cittadini italiani esposti a rischio di malattie mortali come tumori, malattie neurologiche o respiratorie secondo i dati ufficiali pubblicati dal ministero della Salute.
Di questi 57 siti, allo stato attuale, solo due – Bolzano e Fidenza – sono stati bonificati. Le operazioni di bonifica, peraltro, stanno diventando sempre più il nuovo business su cui puntare.
Per decenni il traffico di rifiuti – tossici o meno che fossero – è stato possibile non tanto per l’attività criminogena delle consorterie mafiose quanto per il coinvolgimento del livello politico, diretto o meno che fosse.
Personalità di diversa caratura che sapevano ed hanno taciuto in nome della ‘ragion di Stato’, come chi ha tenuto segreti i veleni campani per quasi vent’anni; ma anche personalità con un piede sul palcoscenico politico e l’altro dietro le quinte e che hanno materialmente agito, trafficando in Italia e all’estero. Dalle coste della Somalia passando per l’”emergenza rifiuti” italiana fino alle discariche della Romania, partendo dal 10 luglio 1976, quando il Nord Italia si risvegliò sotto la nube della “madre di tutti i disastri ambientali”.
Leggi l'inchiesta su The Blazoned Press:Seveso, nascita di un traffico internazionale;
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