foto: trapaniok.it |
Trapani, 27 settembre 2012 - «Il processo è in corso ma nessuno lo sa», ha detto Sergio Martin durante la manifestazione tenutasi a Milano due sere fa per ricordare Mauro Rostagno, giornalista, sociologo e molto altro ancora ucciso dalla mafia il 26 settembre 1988 a Lenzi di Valderice, nel trapanese. Quel processo di cui i grandi organi di informazione hanno deciso di non occuparsi – più interessante parlare della vicenda-Sallusti, evidentemente – che è ripartito davanti alla Corte d'Assise trapanese nell'aula bunker “Giovanni Falcone” proprio ieri, giorno del ventiquattresimo anniversario dell'omicidio.
Un'udienza – la numero 35 – che si è aperta e conclusa quasi immediatamente, con una malcelata sensazione che qualcuno avesse programmato di farla saltare, aggiungendo un altro episodio ad una ininterrotta serie di depistaggi e misteri che dura ormai da più di vent'anni. Da quando qualcuno decise di boicottare la verità sul caso, con l'allora procuratore Garofalo che – come ha ricordato nella notte milanese Enrico Deaglio - si sentì in dovere di chiedere scusa a Cosa Nostra, essendo certo che quell'omicidio fosse maturato tra amici.
Il colpo di scena, infatti, c'è stato quasi subito: Vincenzo Virga, l'ex capomafia trapanese detenuto per altri reati di mafia nel carcere di Parma e ritenuto mandante dell'omicidio (l'altro imputato è Vito Mazzara, esecutore materiale) non si è presentato per la videoconferenza. Ricoverato in ospedale lunedì 24, è stato sottoposto ad intervento chirurgico alla tiroide il giorno dopo. Un fatto questo che doveva essere comunicato prima dell'inizio dell'udienza ma del quale nessuno – nemmeno gli avvocati difensori – sapevano niente. Mancavano, inoltre, anche i tre testi che dovevano essere ascoltati, cioè Renato Curcio, Anna Maria Di Ruvo – la cui assenza è stata giustificata da impossibilità economiche e l'ex ministro Claudio Martelli, assente in quanto la difesa ha rinunciato ad ascoltarlo.
Dopo due sospensioni tecniche, l'unica cosa da fare è stata assegnare la “super-perizia” al maggiore Paniz del Reparto Investigazioni Scientifiche di Parma ed al professor Gatti dell'università di Catania.
Prossima udienza fissata per il 10 ottobre.
«Mauro è morto perché non ha accettato di tacere», ha detto durante la commemorazione milanese don Luigi Ciotti. Con il silenzio che i media hanno scelto su questa vicenda, però, si torna a quella vecchia abitudine italiana per la quale alcune persone – giornalisti e magistrati soprattutto – vengono ammazzati due volte.
Un'udienza – la numero 35 – che si è aperta e conclusa quasi immediatamente, con una malcelata sensazione che qualcuno avesse programmato di farla saltare, aggiungendo un altro episodio ad una ininterrotta serie di depistaggi e misteri che dura ormai da più di vent'anni. Da quando qualcuno decise di boicottare la verità sul caso, con l'allora procuratore Garofalo che – come ha ricordato nella notte milanese Enrico Deaglio - si sentì in dovere di chiedere scusa a Cosa Nostra, essendo certo che quell'omicidio fosse maturato tra amici.
Il colpo di scena, infatti, c'è stato quasi subito: Vincenzo Virga, l'ex capomafia trapanese detenuto per altri reati di mafia nel carcere di Parma e ritenuto mandante dell'omicidio (l'altro imputato è Vito Mazzara, esecutore materiale) non si è presentato per la videoconferenza. Ricoverato in ospedale lunedì 24, è stato sottoposto ad intervento chirurgico alla tiroide il giorno dopo. Un fatto questo che doveva essere comunicato prima dell'inizio dell'udienza ma del quale nessuno – nemmeno gli avvocati difensori – sapevano niente. Mancavano, inoltre, anche i tre testi che dovevano essere ascoltati, cioè Renato Curcio, Anna Maria Di Ruvo – la cui assenza è stata giustificata da impossibilità economiche e l'ex ministro Claudio Martelli, assente in quanto la difesa ha rinunciato ad ascoltarlo.
Dopo due sospensioni tecniche, l'unica cosa da fare è stata assegnare la “super-perizia” al maggiore Paniz del Reparto Investigazioni Scientifiche di Parma ed al professor Gatti dell'università di Catania.
Prossima udienza fissata per il 10 ottobre.
«Mauro è morto perché non ha accettato di tacere», ha detto durante la commemorazione milanese don Luigi Ciotti. Con il silenzio che i media hanno scelto su questa vicenda, però, si torna a quella vecchia abitudine italiana per la quale alcune persone – giornalisti e magistrati soprattutto – vengono ammazzati due volte.
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