foto: siciliainformazioni.com |
Palermo, 8 aprile 2012 – L'Ufficio misure di prevenzione-Sezione patrimoniali della questura di Palermo ed il Gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata (Gico) della Guardia di Finanza hanno posto sotto sequestro beni per 13 milioni di euro all'imprenditore palermitano Salvatore Cataldo, 63 anni, accusato di appartenere alla cosca di Carini, come raccontato da Francesco Briguglio e Gaspare Pulizzi, collaboratori di giustizia che hanno riferito dei legami tra l'imprenditore ed i fratelli Pipitone che comandano il clan. Tali rapporti hanno poi trovato riscontro nelle indagini della Squadra Mobile di Palermo conclusesi con l'operazione denominata “Addio Pizzo 5”, nella quale Cataldo fu arrestato, il 13 dicembre 2010, insieme ad altre sessantadue persone.
All'imprenditore viene contestato, oltre a varie estorsioni, anche l'occultamento del cadavere di Giovanni Bonanno, vittima di “lupara bianca” nel gennaio 2006 - «perché aveva fatto sparire soldi dalla cassa del mandamento di cui era responsabile (cioè quello di Resuttana, ndr)» secondo quanto riferito da Gaspare Pulizzi - ed i cui resti vennero trovati in un terreno appartenente ad un'impresa di costruzioni facente capo all'imprenditore, che nel 1999 si era macchiato dello stesso reato, occultando i corpi di Antonino Failla e Giuseppe Mazzamuto, uccisi nella sua abitazione per ordine dei Lo Piccolo.
Tra i beni sequestrati figurano sette aziende, quasi tutte operanti nel settore edile ed utilizzate, secondo gli inquirenti, per perseguire interessi patrimoniali mafiosi più altri ventisette immobili cinque conti correnti e diciannove autoveicoli.
All'imprenditore viene contestato, oltre a varie estorsioni, anche l'occultamento del cadavere di Giovanni Bonanno, vittima di “lupara bianca” nel gennaio 2006 - «perché aveva fatto sparire soldi dalla cassa del mandamento di cui era responsabile (cioè quello di Resuttana, ndr)» secondo quanto riferito da Gaspare Pulizzi - ed i cui resti vennero trovati in un terreno appartenente ad un'impresa di costruzioni facente capo all'imprenditore, che nel 1999 si era macchiato dello stesso reato, occultando i corpi di Antonino Failla e Giuseppe Mazzamuto, uccisi nella sua abitazione per ordine dei Lo Piccolo.
Tra i beni sequestrati figurano sette aziende, quasi tutte operanti nel settore edile ed utilizzate, secondo gli inquirenti, per perseguire interessi patrimoniali mafiosi più altri ventisette immobili cinque conti correnti e diciannove autoveicoli.