Repubblica Democratica del Congo, le elezioni all'ombra di una nuova guerra civile?



Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo)– Associare in questi giorni le parole “Africa” ed “elezioni” significa, principalmente, parlare del voto egiziano, il primo voto libero dalla caduta di Hosni Mubarak, dove – sostiene il quotidiano indipendente Al-Shorouk - «i primi risultati vedono il Partito di Libertà e Giustizia (meglio noto come “Fratellanza Musulmana”) al 47% dei voti e il Blocco Egiziano (una coalizione di partiti laici, ndr) al 22%». Ma il paese dei faraoni non è l'unico paese, nel continente, ad andare al voto.

Dal 2002, da quando cioè il paese non è più ufficialmente nella guerra civile, questa è la seconda volta che i suoi cittadini sono chiamati alle urne. Si mobiliteranno trentuno milioni di cittadini, chiamati ad eleggere il nuovo presidente della Repubblica – undici i candidati – ed i cinquecento parlamentari (con ben 19mila candidati).

A contendersi lo scranno più importante, quello della presidenza, ci saranno Etienne Tshisekedi, leader dell'opposizione, e Joseph Kabila, che governa ininterrottamente dal 2001, da quando ha preso il potere a seguito dell'omicidio del padre Laurent Desirè Kabila da un membro del suo staff ucciso subito dopo.

Più che il risultato del voto, dove sembra scontato si arrivi al terzo mandato di Kabila dopo quelli del 2001 e del 2006 anche per le forti divisioni interne all'opposizione, quello che interessa capire è che tipo di paese uscirà fuori dalla tornata elettorale alla luce dei tanti scontri che si sono registrati nei giorni immediatamente precedenti alle elezioni tenutesi lunedì 28.
Tre morti sabato a Kinshasa, la capitale del paese, dodici seggi dati alle fiamme nella roccaforte dell'opposizione, Kananga (capitale della provincia del West Kasai), dove sarebbero anche stati rinvenuti sacchi di schede precompilate a favore di Kabila.

L'opposizione è inesistente, e quella che c'è rischia di fare danni, come nel caso del già citato Tshisekedi, 78 anni, esponente dell'Union pour la démocratie e le progrès social che, in barba al nome del partito di cui fa parte, si è proclamato presidente chiedendo ai suoi sostenitori di «correggere i sostenitori della maggioranza» e «aprire le porte delle prigioni per liberare i detenuti dell'opposizione».

«Nelle ore del voto» – scrive Alberto Tundo su PeaceReporter - «la tensione è salita per i prevedibili problemi legati alla scarsa consuetudine con le procedure elettorali, in un Paese in cui ci sono due fusi orari, con una popolazione scarsamente alfabetizzata che tuttavia si è dovuta confrontare con liste elettorali lunghe anche quaranta o sessanta pagine. Alcuni seggi hanno aperto con notevole ritardo, in altri non erano presenti schede né urne. Il timore è quindi che, come più volte annunciato, Tshisekedi possa non riconoscere la sconfitta».
Elettori del partito di Kabila hanno più volte denunciato intimidazioni da parte dei sostenitori dell'auto-proclamatosi presidente della repubblica. Dice Vital Kamerhe, un altro dei candidati, ai microfoni di Radio France International: «La Guardia Repubblicana nelle strade di Kinshasa. È così che sono cominciate le cose in Costa d'Avorio, con le forze speciali». Ed anche allora, come sottolina Tundo, la data delle elezioni fu il 28 novembre.