Per la libertà d'informazione. Sì, ma di chi?

Ok, passata la sbornia è il momento di tirare le somme. Quel che è successo ieri sera a Bologna è stato definito in tanti modi: “rivoluzione”, “caduta del muro della censura” e così via. Ma siamo davvero sicuri che ieri sia successo qualcosa?

Tra alti e bassi – che voglio divertirmi ad analizzare a breve – cosa abbiamo visto? Abbiamo visto che Michele Santoro, con truppa annessa, è capace di portare migliaia di fan davanti ai teleschermi o ai video dei pc, davanti ai megaschermi o al PalaDozza. Se avesse deciso di trasmettere dallo scantinato di casa sua avrebbe probabilmente avuto lo stesso effetto. C'era per caso qualcuno che davvero pensava che la serata fosse un flop? Lo avevamo già visto qualche mese fa – chi lo ricorda? - cosa succede quando Santoro chiede l'aiuto della “ggente” - come direbbe Sandro Curzi – e della rete: il lancio di questa edizione di AnnoZero avvenne proprio tramite rete, sfruttando la viralità dei siti, dei blog etc etc.

E poi? Poi cosa abbiamo visto? Abbiamo visto quel che succede tutti i giovedì sera: indignazione, rabbia, considerazioni sul fatto che questo paese è governato da ladri e persone dalla degna moralità. Poi è finita la diretta e tutti si sono sentiti più realizzati, perché la “rivoluzione” l'abbiamo vista in diretta dagli schermi di un pc o su qualche rete satellitare/locale. Ma se qualcuno crede che il Paese si rivolti grazie a più o meno tre ore di diretta televisiva c'è ancora molto da lavorare...

Diciamoci la verità: quali sono stati i temi veri, quelli importanti per ogni singolo abitante del suolo italico, sui quali è caduto il velo della censura ieri sera? C'è stato un brevissimo accenno alla crisi economica, con tanto di presenza parlante delle lavoratrici Omsa che per colpa di un padrone ingordo verranno licenziate e sostituite con loro colleghe serbe che costano di meno. Piccolo inciso: se spero con tutto il cuore che i soldi che questo tizio guadagnerà in Serbia gli vadano di traverso commetto peccato mortale? Vabbé, tanto sono ateo che me frega...

A parte gli scherzi: di quanto si è parlato della vicenda di queste operaie e della crisi in generale? Poco, pochissimo. Eppure sentendo i discorsi dei cassintegrati, dei lavoratori interinali, dei neo-licenziati a loro interessa più sapere come portare il pane in tavola tutti i giorni piuttosto che essere sicuri di vedere Santoro il giovedì sera.
Ma come ha ammesso lo stesso Gad Lerner in puntata la crisi non produce audience, e questo a lor signori non piace.

Dicono che la serata sia stata dedicata alla “libertà d'informazione”: ok. Bene, bravo, bis. Ma la libertà d'informazione di chi? Di tutti o dei soli Santoro e Travaglio? Leggo or ora di un fatto quantomeno illiberale – e che dunque stonava con il leit-movit della serata – che credo sia doveroso evidenziare.
Non so quanti degli spettatori dell'evento di ieri sera abbiano mai sentito le storie di chi, arrivato in questo paese con la promessa di un lavoro, finisce in quei lager del nuovo millennio noti come Centri di Identificazione ed Espulsione (i Cie). Non so quanti ne siano mai venuti a sapere da quelle trasmissioni che gridano alla censura in questi giorni, ma che a loro volta censurano ciò che non fa share. Lo sappiamo tutti che l'italiano ti sta davanti alla televisione se gli confezioni una bella puntata contro Berlusconi e invece cambia canale se gli parli di altro.

L'”altr*” ieri sera si era tentato di farl* entrare in trasmissione, ma non è stato possibile.
L'”altr*” si chiama Joy, è una ragazza di 28 anni, nigeriana, portata in Italia qualche anno fa con l'illusione di un futuro migliore, quel futuro che nel suo paese non riusciva ad avere. No, niente mondo dello spettacolo, lustrini e carta patinata: Joy voleva – e vuole – fare la parrucchiera, che è il lavoro che faceva in Nigeria, ma il destino le ha riservato, per adesso, qualcosa di diverso. Perché Joy finisce nelle mani sbagliate, e come capita a tantissime ragazze dell'Africa, del Sud America o dell'Est europeo è costretta a lavorare in strada. Finisce così in quel circuito di “democrazia” voluto dal Potere in cui finisci in gabbia per la sola colpa di essere nato nella parte sfigata del mondo. «La fortuna è un fatto di geografia» canta la BandaBardò. Joy finisce a via Corelli, a Milano, dove l'ispettore Vittorio Addesso tenta di stuprarla. Ma lui stava solo scherzando, come avrà modo di dire nella contro-denuncia per calunnia. Già, perché se di Joy si parla è perché lei ha avuto il coraggio di denunciare: ha avuto il coraggio di denunciare come si vive nei Cie, ha avuto il coraggio di denunciare il tentativo di stupro. Ma per questo coraggio si è fatta sei mesi di carcere e poi è stata rispedita nei Cie: prima a Modena, adesso a Ponte Galeria, Roma. Joy, secondo la legge, ha tutto il diritto di rimanere in Italia, e rimanerci da donna libera (in base all’articolo 18 del Testo Unico sull’immigrazione), ma hanno deciso di rimpatriarla. Anche se tornare in Nigeria, per lei, vuol dire tornare nelle mani dei suoi sfruttatori. E questo quel mondo che si definisce “civile e democratico” non può permetterlo.
Se cliccate su questi player qua sotto sarà proprio Joy a raccontarvi la sua storia



Ieri, al PalaDozza di Bologna – da dove andava in onda questa “difesa dell'informazione” - c'erano anche delle persone che tentavano di informare (qual luogo migliore, d'altronde?) sulla vicenda di Joy, sia con volantinaggi all'interno ed all'esterno della struttura, sia con uno striscione su cui era scritto “Fermiamo le deportazioni”. Ma il cordone di protezione che doveva far sì che tutto andasse secondo i piani di Santoro, Travaglio&Co. le ha fermate prima. Non c'è stato alcun accenno della vicenda in trasmissione, e questo mi fa pensare che la libertà che voleva essere difesa ieri sera era solo quella di quattro, cinque persone che difendevano la propria poltrona. Come al solito, dunque.

Ma entriamo nel dettaglio della serata, serata che mi lascia con alcune domande inevase dopo una notte che – nonostante il detto – non mi ha portato alcun consiglio.
Prima delle domande, però, una constatazione: la classe cultural-intellettuale – tanto invocata da Morgan – in questo paese ha più di 90 anni, e questo dovrebbe far pensare sul perché l'Italia scivola sempre più in basso.

Veniamo così alle domande: la prima riguarda proprio il cantante-opinionista-nonsisabenecosa che ieri, evidentemente, era stato invitato in quest'ultima veste. Non so voi, ma io non ho capito cosa c'entrasse Morgan nel contesto. L'unica cosa che ho capito è che ha interrotto l'unico intervento di un'infervorato Riccardo Iacona per non dire niente che possa essere tramandato ai posteri. È un cantante e, dunque, ha cantato. Orbene: perché proprio “alta marea” con Venditti (altro di cui non si è capita l'utilità...)? C'era forse qualche messaggio subliminale che a me – vista l'ora - non è arrivato? Oppure quel “ma quanta strada per rivederti ancora” era riferito alla (pseudo)libertà che regnava ieri sera?

Avrei capito di più l'uso di canzoni un po' più impegnate. Non chiedevo – che so - “Rigurgito Antifascista” dei 99 Posse (visto anche il video di apertura della trasmissione) ma neanche quella roba che hanno presentato ieri sera. O chiedo troppo?
Io apprezzo Morgan, ho anche avuto modo di difenderlo quando scoppiò lo “scandalo” su Sanremo, ma cosa ci stava a fare lì, peraltro con una notevole menomazione vocale, io ancora lo devo capire.
Ma il capitolo musica ieri – ad eccezione della sigla – è stato tra le cose più scadenti della serata: Elio e le storie tese è un altro di quei capitoli di cui credo non si avrà ricordo nel lungo periodo. Va bene il tentativo di portare una canzone che parlasse di qualcosa di diverso del “sole,cuore,amore”, ma cosa c'entrava il savoiardo Emanuele Filiberto con quel che avveniva? Immaginavo che la parte musicale della trasmissione ieri fosse comunque “a tema”, invece era solo usata come momento auto-promozionale. Un'altra occasione sprecata.

Discostandoci dal filone musicale della serata, però, la faccenda non è che cambi molto. Prendiamo altri due casi: Travaglio e Benigni. Già il fatto che nel momento esatto in cui si blocca il primo tentativo di far vedere Benigni l'unico ad essere pronto sia il prode Travaglio mi fa pensare che non fosse tutta opera dell'”infausto caso” né del “bello della diretta”, ma ieri sera ho visto il giornalista più “vivo” nell'ambito della satira – con il suo secondo intervento – che non nel suo ruolo classico di accusatore dell'anti-Regime. Come mi è sembrato totalmente inutile l'intervento dell'attore mio conterraneo Benigni, dove le parole sembravano essere solo l'intervallo tra una risata – vera o impostata che fosse – e l'altra.

Per quanto concerne Luttazzi mah...non riesco a decidere se affidargli il classico “è bravo ma non si applica” o qualcosa di diverso. Sono contento – nonostante io non sia suo fan – che dopo 8 anni sia tornato in televisione, anche se certo non era stato zittito totalmente in questo lasso di tempo, ma il suo monologo non mi ha convinto: mi è sembrato il classico “compitino da 6” e nulla più, ovviamente infarcito di quella comicità che non riesce a discostarsi dalle battute da filmino di serie B di cui la televisione italiana è pregna (in particolare da una certa ora in poi). Probabilmente il paragone sessuale ci stava pure, ma perché codificarlo sempre in chiave machista? Ma – in generale – perché codificare sempre la satira (e qui non mi riferisco solo a Luttazzi) in chiave sessuale? Non esiste un altro tipo di satira? L'unica cosa che mi ha fatto sorridere dell'esibizione è stato quando il comico di Santarcangelo di Romagna ha sottolineato il fatto che ha dovuto attendere ben 8 anni per utilizzare il termine “uso criminoso”. Per il resto credo di aver già scritto abbastanza.

Ci sono state, naturalmente, anche delle cose che mi sono piaciute. Una su tutte l'intervento di Cornacchione, la cui satira, stando alle esibizioni di ieri sera, mi sembrava molto più pungente di quella di Luttazzi, peraltro senza essere stata farcita con riferimenti da film di Pierino. E poi, naturalmente, Vauro. Ma io solitamente amo criticare, per cui le (non molte) cose buone che ho visto ieri sera le tengo per me.
Anche perché è adesso che viene “il bello”. È adesso che bisogna iniziare a fare quella rivoluzione invocata ormai da ogni dove, altrimenti avremo fatto quel che il popolo italico fa ad ogni manifestazione, e ad ogni “chiamata alle armi”: avremo fatto presenza, e basta.