Catania, l'ospedale "di famiglia"

foto: lnx.cataniapolitica.it
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Catania, 22 aprile 2012 – 1.027 euro per un «sistema di compressione large e medium», 1.382 euro di «materiale per suturatrici», altri 42.021 euro per «applicatori di clip monouso, forbici, kit per colecistectomia e reti per rinforzo parietale», per un totale di 900 mila euro solo per il 2011. È questa, pubblicata da Antonio Condorelli sull'ultimo numero del mensile “S” la lista della spesa fatta dall'azienda ospedaliera Garibaldi di Catania, la più grande della Sicilia orientale. Una struttura con sale operatorie all'avanguardia nel pieno centro catanese, diventata nel tempo punto di riferimento per tutta la parte orientale dell'isola. Ma si sa che il problema – in un settore delicato e politicamente strategico come quello della sanità italiana – non è tanto quello delle strutture, quanto chi le gestisce.

L'”appaltatuni”. «Una vicenda grave, forse una delle più tristi del panorama catanese riguardo la collusione tra funzionari pubblici e criminalità organizzata», disse durante il processo d'appello tenutosi a gennaio l'avvocato Maria Licata, legale dell'azienda ospedaliera costituitasi parte civile nel processo per la costruzione della residenza universitaria Tovalieri e del nuovo complesso ospedaliero Garibaldi, per un affare da 120 miliardi di lire che portò anche all'arresto di Stefano Cusumano, detto “Nuccio”, all'epoca sottosegretario al Tesoro ed esponente dell'Unione Democratica per la Repubblica, partito di centro formato sotto il governo Prodi del 1998 dall'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga e che vedeva tra i suoi rappresentanti anche il partito di Rocco Buttiglione e quello di Clemente Mastella.

Tutto inizia dodici anni fa, quando l'imprenditore Vincenzo Randazzo, definito dall'ex capo di Cosa Nostra agrigentina - oggi collaboratore di giustizia - Maurizio Di Gati, durante la sua testimonianza in merito al processo “Iblis” «a nostra disposizione per quanto riguarda i lavori di Catania», che aveva contattato gli agrigentini «perché aveva avuto difficoltà con la famiglia dei Santapaola»[1] ed il suo collega lombardo Giulio Romagnoli si spartiscono quello che all'epoca era il più grosso appalto di Catania.
Cusumano e Giuseppe Castiglione, assessore regionale all'Industria, vennero arrestati dalla Direzione investigativa antimafia, che indagò anche un altro senatore dell'Udr, Giuseppe Firrarello, suocero di Castiglione. Le accuse mosse loro dall'antimafia – concorso in turbativa d'asta e concorso esterno in associazione mafiosa
– riguardavano gli appoggi politico-mafiosi dati alla “Cgp” di Romagnoli per l'aggiudicazione del secondo lotto dei lavori per l'ospedale, a patto che lo stesso Romagnoli ritirasse il ricorso al Tribunale amministrativo regionale inerente l'appalto per la costruzione della residenza Tovalieri, che era stato assegnato alla “Co.Ge.Co” di Randazzo, definita dai magistrati «diretta espressione delle famiglie inserite in Cosa Nostra».

Forniture in famiglia. Dopo la costruzione, naturalmente, c'è la gestione. E qui, come si suol dire, le cose non cambiano poi molto, con le famiglie che vengono sostituite da una sola, che con la mafia non ha niente a che fare e che ruota intorno al dottor Luigi Piazza, direttore dell'Unità operativa chirurgia generale dell'ospedale. «Da quando è arrivato nell'ospedale Garibaldi» - scrive Condorelli - «è riuscito a triplicare il numero degli interventi, passando da 300 a circa 1.800 per anno. E più – meritoriamente – lavora, più servono materiali consumabili». Ed è qui che i conti iniziano a non tornare.

Raffaella Terranova è rappresentante della multinazionale Covidien, tra i principali fornitori proprio dell'azienda ospedaliera Garibaldi. Cosa c'entra con il dottor Piazza? Oltre a rappresentare una parte dei fornitori dell'ospedale, Raffaella Terranova è anche cugina del primario. «In ospedale c'è solo una persona che, interpellata da “S”, nega di essere a conoscenza dei rapporti di parentela tra la Terranova e Piazza» - continua l'articolo di Antonio Condorelli - «Si tratta di Salvo Torrisi, direttore del servizio Provveditorato ed Economato, quello che si occupa del sistema delle forniture» e che, comunque, devono rispecchiare i dettami di chi poi con quella strumentazione dovrà lavorarci.
Insomma: l'unico a non essere informato è anche l'unico a cui questa informazione dovrebbe servire realmente. Il provveditore ha però smentito categoricamente che le forniture, al Garibaldi, si facciano “in famiglia”, in quanto «gli approvvigionamenti sono legati alle attività operatorie e non a rapporti di famiglia, e le richieste dei vari reparti sono ormai standard», dichiara intervistato dal mensile.
I budget, poi, passano sotto il vaglio delle farmacie dell'azienda, dalle quali devono passare anche le richieste fatte ai fornitori. In una di queste, come borsista, lavora la moglie del dottor Piazza, che è peraltro anche figlia dell'ex sindaco di Catania, il professor Umberto Scapagnini. Una volta passato il controllo delle farmacie le richieste passano al Provveditorato per essere poi comunicate alle ditte fornitrici.

L'ultima gara d'appalto per le forniture di materiale da sala operatoria è del 2003. Negli ultimi nove anni, dunque, le modalità utilizzabili sono state quella dei cosiddetti “acquisti in economia” - tetto massimo di spesa fissato a ventimila euro – per i quali si contatta direttamente l'azienda fornitrice, e la “trattativa privata”, con un limite massimo fissato a centomila euro, che prevede il confronto tra aziende scelte dall'ospedale. Ed il fattore “economicità”, forse, non è sempre il più rispettato, considerando che a pagare, come al solito, sono i cittadini.

Note
[1] http://senorbabylon.blogspot.it/2012/03/processo-iblis-parlano-gli-ex-uomini.html;