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Sofia (Bulgaria) - Bojko Metodiev Borisov (nella foto) vince di nuovo, la stabilità politica perde. Questo è quanto decretato dalle contestate elezioni anticipate tenutesi ieri in Bulgaria, con la conferma del partito di centrodestra Gerb (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria, membro del Partito Popolare Europeo) il quale, pur diventando il primo partito a riconfermarsi consecutivamente al governo dopo la caduta del comunismo, non ha i numeri per formare un governo. Tanto che i primi commenti parlavano apertamente di “stallo all'italiana”.
Le elezioni erano divenute necessarie in seguito alle forti proteste sociali per il rincaro delle bollette dell'elettricità, le politiche economiche e la corruzione (con casi di immolazione) avevano portato, a febbraio, alle dimissioni dell'esecutivo, con l'ex diplomatico Marin Raykov a tenere in piedi il successivo governo tecnico fino allo scioglimento dell'Assemblea Nazionale ed alla conseguente nuova tornata elettorale.
Il partito di Borisov, che prima di salire al potere è stato poliziotto ed ex guardia del corpo del dittatore comunista Todor Živkov non ha i numeri per governare da solo. Con il 30,74 per cento dei voti non è infatti riuscito a raggiungere i 240 seggi necessari per ottenere la maggioranza in Parlamento e, a differenza della precedente esperienza di governo, nessuno degli altri partiti sembra avere intenzione di creare un'alleanza con Gerb, tanto meno quel Partito Socialista che – seconda forza politica del paese con il suo 27 per cento - avrebbe tutto da guadagnare da tale situazione, alla luce dell'impossibilità di formare un nuovo esecutivo di minoranza appoggiato da forze esterne e qualche deputato indipendente come nella precedente legislatura.
Nel caso in cui Borisov non riuscisse a definire la sua squadra cedendo il posto, infatti, il presidente Rossen Plevneliev potrebbe optare per un governo “di programma” dei partiti contrari a Gerb guidato dall'economista ed ex ministro delle Finanze Plamen Oresharski, supportato dal Partito della minoranza turca e dalla società civile, che avrà il compito di restituire fiducia nella politica alla popolazione, rilanciare la crescita e ridurre la disoccupazione.
L'ipotesi di un governo tra Socialisti, Movimento dei Diritti e Libertà (che ha già governato con i socialisti tra il 2005 ed il 2009) ed Ataka potrebbe però non essere ben visto da Bruxelles proprio per la presenza di quest'ultimo, dalle caratteristiche xenofobe ed ultranazionaliste. Senza questa presenza, però, anche l'eventuale governo Oresharski avrebbe una maggioranza risicata e dunque vita difficile. Se non sarà possibile formare nessuno dei due governi l'unica soluzione è il ritorno alle urne.
Come se non bastasse, il responso elettorale aggrava ancora di più la situazione del paese, divenuto il più povero dei paesi dell'ex blocco sovietico entrati nell'Unione Europea, con un salario medio di 400 euro al mese ed il 22 per cento di popolazione al di sotto della soglia di povertà. 11,8 per cento il tasso di disoccupazione.
Le proteste dei mesi scorsi avevano peraltro portato alla formazione di vari gruppi politici - 36 quelli presentatisi alle elezioni - che non sono riusciti a superare la soglia di sbarramento, fissata al quattro per cento in un sistema proporzionale, configurando così un Parlamento che sarà formato solo da quattro partiti: Gerb, Partito Socialista - che dal 1990 ha raccolto l'eredità comunista - il Movimento dei Diritti e Libertà, espressione della minoranza turca che ha raggiunto il 10,45 per cento e Ataka. Al termine della tornata elettorale un centinaio di persone si sono dirette verso il Palazzo della Cultura per contestarne i risultati.
Sulle elezioni gravano inoltre forti dubbi di regolarità. Già durante la campagna elettorale, infatti, l'ex primo ministro e leader del partito socialista, Sergej Stanišev – che guida anche i socialisti europei – aveva denunciato l'uso illegale di intercettazioni ai danni di esponenti politici di governo e dell'opposizione, uomini d'affari e giornalisti ordinate dal ministro degli Interni, Tzvetan Tzvetanov, braccio destro di Borisov, in una riedizione dello scandalo Watergate, al centro del quale una telefonata tra l'ex premier, l'ex procuratore capo di Sofia Nikolay Kokinov – dimessosi il 26 aprile dopo la divulgazione dell'intercettazione – e l'ex ministro dell'Agricoltura Miroslav Nayedov nella quale si parlava, oltre che di ricezione dei fondi europei e della relazione con la stampa anche della nomina del nuovo procuratore capo e del caso di corruzione che coinvolgeva proprio l'ex ministro.
Nei giorni scorsi il premier Borisov è stato ascoltato su questa vicenda dalla procura, che sabato ha sequestrato 350.000 schede elettorali stampate in più rispetto al numero legale da una tipografia il cui proprietario sarebbe un consigliere comunale del partito Gerb, indizio della volontà di alterare il voto. Secondo esponenti del partito di governo, però, la tempistica della denuncia evidenzierebbe la volontà di danneggiare Gerb.
Entro una settimana l'Unione Europea si aspetta di avere i risultati delle indagini sulle sospette frodi, in particolare per quanto riguarda le schede elettorali in più.
Il “Watergate bulgaro” si aggiunge agli ormai comprovati rapporti tra Borisov e la mafia bulgara – i cui rappresentanti sono chiamati “mutra”, cioè “musi” - con la centrale nucleare di Belene a ricordare questo rapporto.
L'Unione Europea dal 2007 ha chiesto a Bulgaria e Romania di riformare il sistema giudiziario per velocizzare i processi per mafia, chiedendo inoltre l'istituzione di un tribunale specializzato per tali crimini. Secondo quanto riportato da Matteo Zola su East Journal, Borisov sarebbe arrivato al potere grazie alle intercessioni della Vasil Iliev Security (VIS), la principale organizzazione assicurativa bulgara – paese nel quale le assicurazioni sono espressione dei gruppi mafiosi – ed in particolare grazie a Milcho “Bay Mile” Bonev, legato al narcotrafficante serbo Sreten “Joca Amsterdam” Josic, attualmente sotto processo in Serbia per l'omicidio del giornalista Ivo Pukanic. A raccontarlo Vasil “Ketsa” Kostov, durante il processo contro un gruppo criminale noto come “Gli assassini” di cui fa parte, legato alla Security Insurance Company (SIC), a sua volta legato alla VIS, che le autorità giudicano criminale perché sospettata di appartenere ad un gruppo dedito alle estorsioni, al traffico di auto rubate e a quello della droga. L'incontro tra Borisov, Bonev e Josic avviene nel 2000. Dell'anno successivo l'inizio della scalata al potere di Borisov. Solo un caso?
Dello scorso anno, all'interno della maxi-operazione dei Ros “Magna Charta”, che ha portato al sequestro di sei tonnellate di droga e l'arresto di 30 persone in vari paesi d'Europa. Il traffico era gestito da un sodalizio tra la 'ndrangheta delle famiglie di Rosarno e dei Bellocco in Piemonte ed il gruppo blugaro di Evelin Banev, ex lottatore greco-romano “titolare” del traffico di droga sulla rotta balcanica. La droga arrivava in Italia da Fiumicino per poi essere trasportata a Milano, dove il sodalizio aveva una centrale operativa. Sfruttando la flotta di catamarani, motovelieri e barche a vela tra le Baleari e le Canarie, il gruppo inviava inoltre la droga ai Caraibi e, attraverso alcuni porti in Spagna e Portogallo si assicurava una seconda via d'entrata nell'Europa occidentale.
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