How could you just occupy another child's tear?
["Occupied tears" - Serj Tankian]
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Prodotto nel 2008 dalla Seven Hills Production, “Kidogò – Un bambino soldato” - che vede tra gli sceneggiatori il giornalista Giuseppe Carrisi, giornalista Rai, scrittore e documentarista che da anni si occupa delle problematiche dei Paesi in via di sviluppo, in particolare del continente africano – racconta due storie.
La prima, come evidenziato dalla sinossi, è quella di John Baptist Onama, Presidente onorario dell'associazione Pizzicarms che negli anni '80 è stato un bambino soldato in Uganda, intrecciata con la storia dei circa 300.000 bambini soldato (di cui un terzo nel solo continente africano) che ancora oggi sono costretti a combattere negli oltre 30 conflitti attualmente in corso nel mondo, in una guerra globale contro l'infanzia che nell'ultimo decennio ha ucciso 2.000.000 di bambini, ferendone o invalidandone almeno il triplo.
Una guerra globale necessaria a mantenere la discrepanza tra il Nord sfruttatore (anche di risorse naturali quali petrolio, diamanti e coltan, ottime “conseguenze umanitarie” per muovere guerra) ed il Sud sfruttato, evidenziata dai 750 miliardi di dollari destinati alla lotta alla povertà contro i 1.200 miliardi di dollari che – come racconta Riccardo Troisi – ogni anno vanno a rimpinguare i conti dei signori della guerra, che siano essi sconosciuti trafficanti o conosciutissime industrie come Finmeccanica o Beretta, potenze del business bellico dell'Italia, secondo paese al mondo per la produzione di armi leggere e quarta alla voce “esportazione” ed i cui prodotti finiscono spesso proprio nelle mani di quei bambini soldato.
Il “made in Italy” è anche questo. Una storia – la seconda di questo documentario – da non raccontare, parafrasando Fabrizio De André.