Il caso Shalabayeva pone l'Italia al bivio tra diritti umani e contratti petroliferi

foto: tg.la7.it

Roma - «La signora Shalabayeva potrà rientrare in Italia, dove potrà chiarire la propria posizione». Il governo (non) chiude la vicenda dell'extraordinary rendition di Alma Shalabayeva e, anzi, dà prova di non aver ancora capito come gestire la questione. Dopo la lettura della nota emanata dal governo, con il premier Enrico Letta che ha chiesto un'indagine in merito è lecito porre una domanda: dando per scontato che il Kazakistan non ha alcuna intenzione di liberare la donna e sua figlia, come intendiamo farle rientrare in Italia?
Qualora ciò avvenisse, comunque, quale sarà il nuovo atteggiamento italiano verso il Kazakistan? Si schiererà con il regime, preservando contratti e rapporti economici o i diritti umani, schierandosi dunque contro il regime (e presumibilmente facendo sfumare tutti i contratti)?

Approfondimento: Pasticcio kazako, l'Italia non è un paese per i rifugiati politici. Tutti gli scivoloni governativi da Ocalan in poi 

Quer pasticciaccio brutto. Ricapitolando: tutto avviene nella notte tra il 28 e 29 maggio, quando circa cinquanta uomini della Digos prelevano dalla villetta di Casal Palocco in cui abitano Alma Shalabayeva e sua figlia di 6 anni, rispettivamente moglie e figlia di Mukhtar Ablyazov, tra i principali oppositori del regime kazako guidato fin dal 1991 dal 73enne Nursultan Nazarbayev, che con il nostro paese intrattiene rapporti economici (come per le risorse naturali del giacimento di Kashagan, contratto firmato con l'Eni) e di amicizia (con Silvio Berlusconi).
Il motivo del blitz è che la donna viene considerata una migrante clandestina in quanto in possesso di passaporto giudicato falso. Successivi accertamenti hanno invece stabilito l'autenticità del documento, un passaporto diplomatico che riportava il cognome da nubile della donna (Ayan) rilasciato dalla Repubblica Centroafricana [qui la lettera dell'ambasciata kazaka]. Da lì la Shalabayeva viene portata prima al C.I.E. di Ponte Galeria e poi messa su un volo privato noleggiato direttamente dall'ambasciata kazaka senza che nessuno, nei ministeri, ne sapesse niente.

Non tutti (non) sapevano. Dalle ricostruzioni emerse in queste ore, però, la realtà che viene fuori è un po' diversa. Della vicenda era a conoscenza il ministero degli Esteri, che attraverso il Cerimoniale Diplomatico il 29 maggio invia un fax – firmato dall'addetto Daniele Sfregola - all'ufficio Immigrazione della questura di Roma che chiedeva conferma sull'immunità diplomatica della donna. La Farnesina risponde che Alma Shalabayeva non gode dell'immunità. Decade quindi il primo dei “non sapevo”, a meno che il ministero non abbia sostanzialmente risposto senza fare alcuna verifica, abbastanza improbabile.

È l'Interpol a segnalare la presenza di Ablyazov in Italia ed a richiederne l'arresto, visto il mandato di cattura firmato da Astana e Mosca. Secondo quanto sta emergendo in queste ore, però l'Interpol, la squadra mobile di Roma (guidata da Renato Cortese) ed il questore, Fulvio Della Rocca che concordano l'operazione, non avvisano il vertice della polizia e dunque il ministro Alfano, di cui Sel e M5S chiedono le dimissioni.
Una semplice dimenticanza frutto della rapidità con cui si è svolta l'operazione? Il perché nessuno dei tre informi chi di dovere rimane ancora ignoto. Eppure al Viminale qualcuno doveva pur sapere, almeno quegli “alti funzionari” che – stando alla ricostruzione che ne fa il Corriere della Sera – sono entrati in contatto con l'ambasciatore kazako, Andrian Yelemessov, che «avrebbe più volte sollecitato il blitz per catturare Ablyazov». La vicenda, è la giustificazione data dal governo, sarebbe comunque da circoscrivere solo al livello di polizia nonostante le pressioni esercitate in ambito politico-diplomatico.

Anche perché l'affaire-Ablyazov, preso nella sua interezza, è un caso prettamente politico, con un regime che invia all'Interpol allerte via fax spiccate contro la cerchia più stretta delle relazioni dell'ex banchiere, accusato di aver sottratto alla Bta miliardi di dollari. Da un cable di Wikileaks si scopre però che quel denaro è originariamente frutto della illecita cessione del 25% della Aktobe MunaiGas, la quarta più grande società petrolifera kazakaalla China National Petroleum Corp. alla metà dell'effettivo valore di mercato.
Non solo moglie e figlia di Ablyazov vengono cercate, arrestate ed espulse, ma la stessa cosa il Kazakistan tenta di farla anche per Alexandr Pavlov, guardia del corpo di Ablyazov, in carcere in Spagna dal maggio dello scorso anno – accusato di appropriazione indebita e terrorismo – in attesa di estradizione o come l'ex guardia del corpo e capo del movimento “Attività Civile” Muratbek Ketebayev, arrestato il 12 giugno a Lublino (Polonia)

Secondo Sel, inoltre, ci sarebbe da chiarire se è vero - come scriveva Ferruccio Sansa sul Fatto Quotidiano - che Lamberto Giannini, responsabile Digos e Maurizio Improta, dirigente dell'ufficio immigrazione coinvolti nella vicenda siano stati successivamente promossi.

Distribuzione delle colpe. Nei prossimi giorni il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) ascolterà il generale Arturo Esposito, direttore dell'Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna) dietro al quale – secondo Dagospia – ci sarebbero sia Alfano che Renato Schifani e la “componente siculo-palermitana del Pdl”, mentre alcuna informazione utile è stata fornita giovedì da Adriano Santini, direttore dell'Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise).
Si sa inoltre, che l'Alto commissario dell'Unchr, António Guterres ha pronto un intervento pubblico, portando la questione sul piano internazionale, dove sarebbe interessante capire se la «figura miserabile» come l'ha definita il ministro degli Esteri Emma Bonino, derivi dall'”extraordinary rendition” in sé o solo dal fatto che la notizia è diventata di dominio pubblico, anche oltreconfine. Dal Parlamento Europeo, il 24 giugno, l'eurodeputata francese Nicole Kiil-Nieslen (Europe Écologie-Verdi) ha parlato di «collusione manifesta tra gli agenti dei servizi speciali italiani [come l'Aise appunto, che si occupa delle minacce provenienti dall'estero, ndr] e le autorità del Kazakistan, Paese dove è pessimo il bilancio in materia di diritti umani».

La rete del dittatore. Oltre ai già citati rapporti personali con Silvio Berlusconi, stretti sono i legami italo-kazaki sul versante economico. Non solo l'Eni (dal 1992) e le risorse naturali del Paese (nella fattispecie quelle del giacimento di Kashagan, riserve stimate 35 miliardi di barili) ma anche Finmeccanica e Ferrovie, che nel 2009 firmano un contratto di cooperazione per lo sviluppo della rete ferroviaria, così come noti sono gli affari di società come la Exxon, la Shell e la Total in Kazakistan. Una rete internazionale che ha permesso al paese di diventare prima “osservatore” e poi presidente annuale (nel 2010) dell'assemblea parlamentare dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce).

Investigatori conto terzi. Nei giorni precedenti all'operazione Mukhtar Ablyazov sarebbe stato individuato e fotografato nell'abitazione romana, giustificando così la richiesta di estradizione dell'ambasciata kazaka.
Secondo i legali della donna – che accusano l'Italia di “eccesso di potere” e di “decreto illegittimo” e peraltro “viziato” da macroscopici errori materiali (come la casella dei precedenti penali barrata nonostante la Shalabayeva non abbia alcun precedente e la definizione di un ingresso illegale dal Brennero con la segnalazione della polizia che però parlava di Olbia) - ad “attenzionare” la famiglia sarebbe stata la società di sicurezza italiana “Syra” su incarico di una società israeliana. Costo dell'operazione – riporta Repubblica – 5.000 euro. Chi ha messo sotto contratto la società israeliana?

Con tante e tali questioni ancora aperte, sia sul piano nazionale - i rapporti di forza tra Agezie, politica e forze dell'ordine - che internazionale - i rapporti economici tra l'Italia ed un regime ampiamente fornito di risorse naturali - rispondere con un "non sapevamo" non è accettabile. Tantomeno lo è la "soluzione all'italiana" dei diritti umani a geometria variabile. Variabile come le fluttuazioni del prezzo del petrolio.