Afghanistan, Cristiano Congiu è morto davvero per criminalità comune?

foto: pbs.org

Valle del Panshir (Afghanistan) - Ieri abbiamo iniziato a parlare dell'omicidio del tenente colonnello Cristiano Congiu, arrivato in Afghanistan nel 2007 come ufficiale della Direzione centrale dei servizi antidroga con il compito di indagare sulle esportazioni di oppio e lì ucciso, il 3 giugno 2011, in circostanze tutt'altro che chiare.

Notizie certe. Si è parlato – lo fa Il Messaggero il 12 agosto 2011 – della volontà di Congiu di entrare nel mercato degli smeraldi attraverso la costituzione di una società con Francesca Violetta Cisotto, confermando così la versione dei fatti di quest'ultima. Secondo l'articolo, i due avrebbero chiesto anche di aprire un conto corrente presso una banca tedesca utilizzata dall'ambasciata italiana a Kabul all'allora ambasciatore Claudio Glaentzer (da gennaio 2012 all'ambasciata italiana di Atene), il quale dopo aver acconsentito ha rivisto la sua posizione esigendo la chiusura del conto.
Fino a prova contraria, gli smeraldi non usano ammalarsi, e dunque non hanno bisogno di medicinali. Non si spiega, allora, perché il tenente colonnello avesse chiesto ad un amico farmacista di Pontecorvo di metterlo in contatto con le case farmaceutiche per la fornitura di medicinali. Poco più di due mesi prima, il 5 giugno, lo stesso giornale aveva parlato della volontà del tenente di aprire un ospedale per bambini mutilati, in un articolo dal titolo “Un segugio antidroga chiamato Rambo”[1]. Lo stesso giornale peraltro - come riportato da Giorgia Pietropaoli nel suo libro "Missione Oppio. Afghanistan: cronache e retroscena di una guerra persa in partenza” edito da Alpine Studio nel 2013 - riesce a dare due versioni di uno stesso dettaglio: «Nello stesso giorno, il 12 agosto 2011, ha pubblicato due notizie contrastanti: nell'articolo pubblicato online[...]si sostiene che il tenente volesse comprare una miniera di smeraldi; l'edizione cartacea, invece, riporta la presunta testimonianza della Cisotto che afferma che era la sua società, la Aet, a voler acquistare la miniera». «Oppure sono stati gli inquirenti ad aver fatto un po' di confusione»[2].

La società fantasma. Dal sito della Advanced Engineering Technologies (Aet) Internationals, che dà l'impressione di essere stato fatto in fretta e furia, si può leggere che la società lavora per governo statunitense, principali contractors di Washington, organizzazioni umanitarie internazionali e istituzioni afghane, senza specificare oltre.
Nonostante lavori in Afghanistan come minimo da due anni, a contatto con clienti di tale levatura, non si conosce alcun organigramma, né sono presenti recapiti telefonici e/o elettronici. Tanto che, secondo quanto scrive Giorgia Pietropaoli nel libro, la società sarebbe una di quelle usate per coprire l'attività estera della CIA anche grazie all'uso di organizzazioni come UsAidcon la quale la Aet ha un contratto - che abbiamo visto essere stata amministrata, tra gli altri, da Randall Tobias, ex presidente della casa farmaceutica Eli Lilly.

Che Congiu stesse indagando in questa direzione (dei rapporti tra le case farmaceutiche e l'oppio afghano ne abbiamo ampiamente parlato nelle parti precedenti di questo articolo), chiedendo all'amico farmacista di metterlo in contatto con le case farmaceutiche per poterle meglio monitorare o, semplicemente, per verificare qualche informazione di cui era entrato in possesso? Magari quelle stesse informazioni per le quali doveva essere messo a tacere?

La memoria storica riporta alla mente un altro caso mai completamente chiarito in cui entrano in gioco uomini in divisa, strutture segrete e guerra: la storia di Vincenzo Li Causi, sottufficiale dei servizi segreti che tra il 1987 ed il 1990 ha comandato il Centro Scorpione di Trapani, una delle basi di Gladio, ucciso nel 1993 in quella Somalia nella quale – indagando sui 1.400 miliardi della cooperazione italiana – vennero uccisi la giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, che le faceva da operatore. Il giorno dopo l'omicidio, Li Causi sarebbe dovuto tornare in Italia per parlare con i giudici che stavano indagando sulla struttura segreta e sui traffici di armi e scorie nucleari verso la Somalia che, secondo quanto emerso dalla ricostruzione dell'omicidio di Mauro Rostagno, proprio in Trapani – dall'aeroporto in disuso di Kinisia – avevano uno snodo fondamentale.
Ma questa è un'altra storia..

Note:
[1] "Un segugio antidroga chiamato Rambo", Stefano De Angelis, Il Messaggero, 5 giugno 2011;
[2] "Missione Oppio. Afghanistan: cronache e retroscena di una guerra persa in partenza” di Giorgia Pietropaoli edito da Alpine Studio nel 2013, pag. 96.
[6- Continua domani]

Già pubblicati:
[1-Afghanistan, l'editto anti-oppio e lo "strano" tempismo di una guerra che non finirà, 9 luglio]
[2-Il Signor Smith svela la "Missione oppio". Intervista a Giorgia Pietropaoli, 10 luglio]
[3- L'oppio afghano finanzia le campagne elettorali (statunitensi)?, 11 luglio]
[4- BigPharma: il grande elettore tra Obama e Bush, 12 luglio]
[5- Afghanistan, 52 macchie di sangue sulla bandiera italiana. Più una, 13 luglio]