#Celochiedeleuropa. Partner dalla doppia identità: i casi Ucraina e Turchia

Kiev (Ucraina) - [continua da qui e qui]. Le manovre diplomatiche nell'Europa dell'est vedono – oltre al “quadrilatero dei conflitti dimenticati” composto dalla Cecenia, dal Nagorno-Karabakh e dai due stati indipendenti in territorio georgiano dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud – due giocatori che ricoprono un ruolo di rilevanza strategica.

Ucraina, il fattore-Tymošenko. Il primo è l'Ucraina, per dimensioni il paese più grande a far parte dell'European Neighbourhood Policy dal quale passa uno degli snodi chiave del sistema di importazione di gas nell'Europa occidentale (da qui passa, ad esempio, il 40 per cento dell'importazione italiana), come ha dimostrato nitidamente la crisi tra Kiev e Mosca del 2009. Dalla fine della Rivoluzione Arancione del 2004, avverte l'Europa, nel paese si è via via erosa quella conquista democratica che aveva fatto guardare al paese come un esempio da seguire (esportare?) per i paesi limitrofi.

A riprova di ciò l'Occidente porta il caso di Julija Tymošenko , che di quella rivoluzione non violenta fu leader e – insieme al volto di Viktor Juščenko, l'ex presidente avvelenato nel 2004 – ne rimane l'immagine più nota.

La Rivoluzione è infatti finita con l'arresto dell'ex Primo Ministro condannata a 7 anni di carcere per abuso d'ufficio in merito al contratto take or pay di fornitura di gas russo particolarmente oneroso per le casse ucraine nel 2009, stessa accusa mossa contro l'ex ministro dell'Interno Yurij Lutsenko, graziato ad aprile dal presidente Viktor Yanukovich. Inoltre, la Tymošenko è accusata di evasione fiscale e di aver ordinato nel 1996 l'omicidio di Yevgen Shcherban, deputato ucraino tra gli uomini più ricchi del paese. Le accuse – senza prove a sostegno – inquadrano l'omicidio nell'ambito dell'acquisto del gas russo della United Energy System of Ukraine (UESU) guidata all'epoca dalla leader della Rivoluzione Arancione. L'esecutore materiale dell'omicidio ha dichiarato di aver ricevuto un milione di dollari da conti correnti riferibili a lei ed a Pavlo Lazarenko, ex primo ministro detenuto negli Stati Uniti per evasione fiscale.

Processi che, date le forti irregolarità denunciate da varie organizzazioni non governative indipendenti, danno una chiara matrice politica alle accuse, come sostenuto sia dalla Tymošenko che de facto dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, che in un incontro dello scorso 17 aprile con il primo ministro estone Andrus Ansip ha minacciato Kiev, sostenendo che nessun accordo con l'Unione Europea potrà essere preso in considerazione se prima non si risolverà – con la scarcerazione, naturalmente – il caso, da inquadrare nel più ampio problema della “giustizia selettiva ucraina”.
La Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo che si sta occupando del caso, pur non dando seguito alle accuse di trattamento inumano riservatogli in carcere e definendo come le autorità abbiano invece fatto tutto il possibile per assicurarle le cure mediche necessarie, ha comunque definito l'arresto illegale, una violazione dei diritti umani politicamente motivata. Scartata da Strasburgo anche la tesi secondo la quale l'arresto del 5 agosto 2011 fosse un modo per tenerla lontana dalle elezioni legislative del 2012. La corte ha infine sostenuto come ci siano ancora dubbi in merito alle prove delle percosse subite in carcere, documentate attraverso una serie di fotografie che hanno fatto il giro del mondo, che hanno dato il via alla campagna di boicottaggio, non proprio riuscitissima, dei Campionati europei di calcio del 2012.

Una volta migliorata tale situazione, per l'Ucraina sarà più semplice mettere la firma sull'Accordo di associazione e libero scambio con l'Ue previsto per novembre. In caso di mancato accordo è comunque pronto per l'Ucraina un posto nell'Unione Doganale voluta da Mosca come parte della più ampia Unione Euroasiatica, che sembra essere il vero progetto del Presidente Yanukovich

Approfondimento #4: Tre scenari per l'Ucraina 

Nelle intenzioni del governo, come ha evidenziato il ministro dell'energia Eduard Stavytsky in un recente incontro con il Commissario europeo all'Energia Günther Oettinger, c'è il disegno di una Ucraina che diventi hub fondamentale per il gas europeo, rimanendo in bilico tra l'ingresso definitivo nei Palazzi di Bruxelles o in quelli di Mosca. 

Turchia, svolta ad est rimanendo ad ovest? Fondamentale nel suo ruolo di potenza regionale e snodo energetico dei flussi di gas e petrolio tra est ed ovest, importante diventa inoltre capire quale sarà il ruolo di una Turchia che, stanca di attendere l'Europa, sembra ormai essersi definitivamente orientata ad est con l'adesione – primo paese appartenente all'Alleanza Atlantica – all'Organizzazione della Cooperazione di Shanghai (Sco), il più importante organismo intergovernativo del continente asiatico fondato nel 2001 da Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan e che vede India, Iran, Mongolia, Afghanistan (dal 2012) e Pakistan come paesi osservatori e Turchia, Sri Lanka e Bielorussia come dialogue partner. Scopo dell'Organizzazione è quello di migliorare la cooperazione tra i paesi membri in ambito politico, economico, commerciale, scientifico e tecnologico e far fronte a terrorismo, estremismo e separatismo (come definito dal primo atto ufficiale dell'organizzazione, la “Shanghai Convention on Combating Terrorism, Separatism and Extremism”) ed al traffico di droga.

L'Occidente vede nella Sco la creazione di un vero e proprio blocco anti-occidentale. Idea smentita – almeno momentaneamente – dal ministro degli esteri di Ankara, il “Kissinger turco” Ahmet Davutoğlu, secondo il quale «solo seguendo la logica della Guerra Fredda Nato e Sco sembrano organizzazioni che si escludono l'un l'altra. Ma la Guerra Fredda è finita e la Turchia non sarà schiava di questi ragionamenti». A dare credito ai timori occidentali è però proprio il Primo Ministro Recep Tayyip Erdoğan, che nell'organizzazione, nella quale ha manifestato la volontà di entrare come membro effettivo, vede una più che credibile alternativa all'Unione Europea.

Se questo rappresenti una intenzione concreta o solo un'azione diplomatica per mettere pressione su Bruxelles saranno i prossimi anni a dirlo, anche alla luce del fatto che Ankara ha firmato nel luglio 2009 l'accordo intergovernativo per il gasdotto Nabucco permettendo alla Russia, al contempo, di far passare le tubature del South Stream nelle acque territoriali del Mar Nero. Quel che è certo è che il riposizionamento della Turchia sembra aver però già avuto qualche effetto: nei giorni scorsi (8-10 maggio) il Commissario europeo per l'occupazione, gli affari sociali e l'integrazione, Lázló Andor, è andato ad Ankara per rinsaldare il legame tra Bruxelles e la Turchia, che per bocca del ministro per gli Affari Europei Egemen Bağiş ha comunque definito «incompleta» l'Unione senza la presenza turca

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