Scandalo Dalligate, il Parlamento Europeo deciso ad insabbiare?

foto: www.foeeurope.org
Bruxelles (Belgio) – Sono più di 3.900 le firme raccolte dall'Alleanza per la Trasparenza e la Regolamentazione Etica dell'Ue (Alliance for Lobbying Trasparency and Ethics Regulation, ALTER-EU, organizzazione formata da circa 200 organizzazioni tra gruppi della società civile, sindacati, docenti universitari e società di pubbliche relazioni) per chiedere al presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso di rivelare quale sia la verità sul caso “Dalligate”, lo scandalo che nell'ottobre del 2012 costrinse l'ex Commissario europeo per i Diritti del Consumatore e la Tutela della Salute John Dalli a dimettersi in seguito ad una indagine dell'OLAF (l'Ufficio Europeo per la Lotta Anti-frode) che lo accusava di aver preso una tangente da 60 milioni di euro dalla società svedese Swedish Match per alleggerire il blocco contro la commercializzazione in Europa del tabacco da masticare “snus”.

Il timore è che John Dalli sia stato costretto a dimettersi proprio per essersi scontrato con l'industria del tabacco, che vede un “alleato” proprio nell'Olaf, come il suo direttore - l'italiano Giovanni Kessler – è stato costretto ad ammettere dinanzi al Parlamento Italiano. Una collaborazione basata su scambio di informazioni e sui due miliardi di euro annui dell'industria del tabacco per le casse dell'Unione Europea che rendono, evidentemente, poco oggettivo il lavoro degli inquirenti. 

Allo stesso modo sempre più forte diviene il sospetto che, nonostante l'esplicita richiesta dei parlamentari europei José Bové e Bart Staes, la commissione d'inchiesta sulla vicenda rimarrà solo sulla carta. Il Parlamento Europeo – che ancora non ha pubblicato il rapporto dell'OLAF - vi ha infatti rinunciato due giorni fa, con decisione presa dai suoi principali partiti, cioè popolari, socialisti e liberali. Il Ppe, principale gruppo parlamentare europeo, come ha evidenziato il sito d'informazione francese Mediapart (qui l'articolo di Presseurop.eu che parzialmente riprende l'originale in francese) sarebbe «pronto a tutto per difendere il suo Paladino, [il presidente della Commissione] José Manuel Barroso, mentre i socialisti sostengono ad ogni costo Giovanni Kessler, il contestato presidente dell'Olaf, ex deputato italiano e membro del Partito Democratico. I due grandi partiti avrebbero dunque un interesse comune: far dimenticare lo scandalo e passare ad altro». Insabbiamemento, per dirla con una parola sola.

Agli inizi di marzo è intanto partita l'inchiesta di Nikiforos Diamandouros l'Ombudsman europeo – figura istituita per occuparsi delle denunce contro istituzioni ed organi dell'Unione - a seguito di un reclamo del Corporate Europe Observatory (CEO – l'organizzazione che si batte per una maggior trasparenza delle istituzioni europee con sede a Bruxelles) che accusa la Commissione di segretezza, rilascio selettivo di documenti e di non essersi attenuta ai proprio obblighi di trasparenza, secondo quanto definito dal Regolamento 1049/2001. L'Ombudsman ha chiesto al Presidente della Commissione Barroso – che avrà tempo fino al 31 giugno per rispondere - di esprimere un parere sulle accuse, evidenziando inoltre la volontà di leggere i documenti della Commissione relativi alle dimissioni.

L'Osservatorio ha, inoltre, denunciato la Swedish Match per “lobbying non etico” al “Joint Transparency”, l'organismo istituito da Commissione e Parlamento dell'Unione per vigilare sul registro dei lobbisti, documento realizzato due anni fa per regolare l'attività degli oltre 15.000 lobbisti che lavorano all'UE (qui la parte dell'intervista alla dottoressa Cristina Antonucci, ricercatore in Scienze sociali presso il CNR, sull'argomento).

Secondo la denuncia, l'azienda avrebbe utilizzato lobbisti non registrati e mentito ai parlamentari, come evidenziato nell'incontro con l'europarlamentare José Bové, violando così il regolamento. L'Osservatorio ha chiesto inoltre di rendere pubblici i documenti relativi a Johan Gabrielsson, ex funzionario della Commissione oggi direttore delle Relazioni pubbliche della Swedish Match che, come risulta dalle registrazioni del colloquio tenuto con l'europarlamentare francese, avrebbe confermato circostanze a carico di Dalli rivelatesi false dietro suggerimento dell'Olaf; di Gayle Kimberley, ex lobbista della società svedese ed ex funzionaria europea e di Michel Petite, ex capo dell'ufficio legale della Commissione passato nel settore legale di BigTobacco (qui il caso raccontato da CEO; qui la relativa scheda del RevolvingDoorWatch) e rientrato nei ranghi della Commissione – attraverso il principio della “revolving door”. «La nostra richiesta vuole scoprire se Petite abbia avuto un ruolo nella gestione del Dalligate da parte della Commissione», ha dichiarato Ester Arauzo, responsabile della comunicazione di CEO.  L'indagine dell'Ombudsman dovrà decidere se revocare o meno il reincarico a Michel Petite.

Quando lo scandalo "Dalligate" (o "Snusgate", che dir si voglia) ebbe inizio, quello che si aveva davanti era il "classico" caso di corruzione. Semplice e lineare. Col passare del tempo lo scenario sta diventando ben diverso, con gli accusatori - l'Olaf e, forse, lo stesso presidente della Commissione Barroso - passati tra le fila degli accusati. In attesa di capire come finirà questa vicenda, se con l'insabbiamento o con il primo passo verso una Unione più trasparente, la domanda rimane: chi controlla i controllori a Bruxelles?