Muos di Niscemi, se la Sicilia si trasforma in una gigantesca base militare

Niscemi (Caltanissetta) - Parafrasando la nota massima di Marshall McLuhan, secondo la quale “il medium è il messaggio”, si potrebbe dire che “l'importanza del medium è l'importanza del messaggio”. Un esempio lo abbiamo avuto nei giorni scorsi, quando Fiorello – che ha accusato i media nazionali di censurare l'argomento - all'interno della sua “Edicolafiore” ha parlato del Mobile User Objective System, meglio noto come Muos. Portando il problema – secondo la sua ricostruzione - dal piano strettamente siciliano a quello nazionale.

Già da mesi però, a denunciare gli effetti del progetto c'è Antonio Mazzeo, professore, giornalista "obiettore" e peace researcher, tra i pochi - se non l'unico - ad occuparsene assiduamente e fin dall'inizio, anche attraverso la stampa nazionale (qui un articolo de Il Manifesto). La vera questione mediatica, forse, sarebbe chiedersi quali attori ed interessi muovano al silenzio. Ma questa – direbbe Carlo Lucarelli – è un'altra storia.

Del Muos avevo già parlato in un ampio dossier a maggio.

Ricapitolando. Cos'è il Muos? A spiegarlo in un intervento sul suo blog è Antonio Mazzeo: «Il Muos[...]incarna le mille contraddizioni della globalizzazione neoliberista. Uccide in nome della pace e dell'ordine sovranazionale. Devasta il clima, l'ambiente, il territorio. Dilapida risorse umane e finanziarie infinite. Rigenera le ingiustizie. Esautora ogni controllo dal basso. Espropria democrazia. Rafforza il blocco di potere transnazionale. Inquina irrimediabilmente la natura e la ragione. Viola il diritto alla salute di intere popolazioni». Tecnicamente, scrivevamo a giugno, il Muos è una «stazione di telecomunicazioni satellitari formata da tre antenne di 18,4 metri di diametro (due funzionanti perennemente ed una di riserva, stando ai dati forniti dalle autorità militari) e due torri radio alte 149 metri che la Marina militare degli Stati Uniti ha intenzione di terminare entro il 2015, con una colata di cemento prevista in 2059 metri quadri. Luogo scelto per il posizionamento la riserva naturale “Sughereta” di Niscemi, Caltanissetta, Sicilia sud-orientale, dove è già presente – in contrada Ulmo – una base americana».
Nelle intenzioni italo-americane, il Muos costituisce uno dei tanti passaggi dell'uso Nato-statunitense dell'isola, dove al piano “Sigonella 2012” – secondo il quale la stazione aeronavale omonima, diventerà la «capitale mondiale degli aerei senza pilota» (di cui abbiamo parlato qui) – si sono aggiunte o si stanno aggiungendo le navi della VI flotta ed i sottomarini a propulsione nucleare nel golfo di Augusta; il “cimitero degli elefanti” di Messina, nel quale verranno demolite le navi da guerra della Nato, operazione giudicata pericolosa per la salute e l'ambiente dalla Commissione dell'Unione Europea in un Libro verde del 2007. Inoltre a Noto è già presente una delle più importanti installazioni radar della Nato che si aggiunge a quella di Marsala e a quelle utilizzate in funzione anti-migrante oltre al Muos di Niscemi. In più, da Trapani-Birgi – fortemente utilizzata per gli attacchi aerei alla Libia - Pantelleria e Lampedusa si lanciano gli attacchi verso il nord Africa mentre a Punta Raisi (Palermo) e Fontanarossa (Catania), entrambi aeroporti civili, atterrano già gli aerei che spostano soldati e munizioni.

Le ingerenze tra ministeri. Troppo strategico per fermare i lavori. Il Muos dunque s'ha da fare, come titolavamo nella seconda parte del nostro approfondimento di giugno. Anche se questo significa manganellare i cittadini come avvenuto nella notte tra il 10 e l'11 gennaio. Pochi giorni prima – il 3 – il Ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri inviava una lettera al nuovo presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta, nella quale evidenziava l'importanza strategica dell'operazione per gli Stati Uniti, per la Nato e per l'Italia. «A seguito della sottoscrizione del Protocollo d'Intesa del 1° giugno 2011 tra il ministero della Difesa e Regione Siciliana è stata avviata la realizzazione di uno dei quattro terminali terrestri MUOS nell'area del demanio militare di Niscemi, utilizzata dalla Marina Militare degli Stati Uniti dal marzo 1987, per l'ammodernamento tecnologico della stazione radio denominata Naval Radio Transmitter Facility (NRTF, attiva in realtà dal 1991, ndr), già in servizio da oltre un ventennio a beneficio non solo delle forze navali statunitensi, ma anche di tutte le forze alleate della NATO e, quindi, di quelle italiane». Deduzione che risulta però errata. La base, così come il MUOS, saranno infatti ad uso esclusivo dei militari americani. Né le Nazioni Unite né, dunque, l'Italia, potranno usufruirne. Sarebbe poi interessante capire quale fosse l'autorità del ministro Cancellieri nel sostituirsi all'ammiraglio Gianpaolo Di Paola che, fino alla caduta del governo Monti, era titolare di quello stesso ministero della Difesa evocato dalla lettera.

La sentenza. Tra governo e Stati Uniti da un lato e popolazione dall'altro, a far rispettare la legge nazionale – e difendere gli interessi dei cittadini - ci si era messa la magistratura. In particolare il Tribunale catanese di Caltagirone nella figura del giudice per le indagini preliminari Salvatore Acquilino su richiesta del procuratore Francesco Paolo Giordano. Il 6 ottobre – a poche ore dalla manifestazione nazionale del movimento NoMuos - viene posto tutto sotto sequestro dopo che le autorità militari statunitensi hanno ignorato l'invito del procuratore a sospendere i lavori in quanto «l'opera intrapresa, oltre ad insistere in area soggetta a vincolo paesaggistico e caratterizzata da divieto di nuove edificazioni, è comunque priva del nulla osta del Comune di Niscemi», scriveva la procura, che evidenzia inoltre come «la prosecuzione dei lavori del MUOS protrae gli effetti dannosi dei manufatti e non c'è alcuna garanzia di osservanza dei limiti tabellari dell'inquinamento elettromagnetico». Sequestro che però è annullato il 28 ottobre dalla quinta sezione del Tribunale della Libertà di Catania.

A fare la voce grossa contro l'industria militare statunitense-italiana, dunque, ci pensa la magistratura. In attesa di un primo passo da parte del presidente della Regione ed ex sindaco antimafia Rosario Crocetta, che, dalle pagine del quotidiano Il Manifesto, annunciava domenica 13 gennaio la sospensione dei lavori, della quale però si attende l'effettività. Tra le altre richieste per far ripartire i lavori, Crocetta chiede agli statunitensi di «presentare uno studio autorizzato da un organismo pubblico sanitario competente come l'Istituto Superiore di Sanità o l'Organizzazione mondiale della Sanità». Un modo come un altro per riuscire a giocarsi tutte le carte su entrambi i tavoli: da un lato quello che dovrà evitare la rivolta sociale, con i militanti NoMuos che da novembre presidiano la zona dei lavori, e dall'altro quello degli interessi nazionali e sovranazionali che volteggiano sulla sua testa. «Se venisse fuori che è nocivo dal punto di vista dell'inquinamento elettromagnetico o che non può stare così vicino ad un aeroporto chiederemo che venga spostato in un altro posto. Non siamo contrari all'opera in sé», ha dichiarato pochi giorni fa a livesicilia.it l'assessore all'ambiente Mariella Lo Bello. Una dichiarazione ben precisa sulle reali intenzioni del governo regionale, che dà evidentemente più importanza ai pareri statunitensi – già ampiamente smentiti – che non a quelli del Politecnico di Torino, nello specifico quello del professor Massimo Zucchetti e del dottor Massimo Coraddu, che – oltre a contestare i dati forniti da ARPA-Sicilia, l'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente - danno risposte precise ai dubbi della classe politica regionale e nazionale. Quella stessa politica che ha deciso di vendere la Sicilia all'industria militare transnazionale, trasformando l'isola ed alcuni palazzi romani in nient'altro che il 52° stato americano.