"Siria 2.0" di Amedeo Ricucci: la guerra nell'obiettivo (di uno smartphone)

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Roma – In un intervista concessa ad InfoOggi.it (giornale on-line con cui lavoro) lo scorso luglio[1], Amedeo Ricucci aveva raccontato di limitarsi «a raccontare quello che vedo, senza caricarlo di troppi significati». Martedì sera ne abbiamo avuto la prova nei 53 minuti di “Siria 2.0: la battaglia di Aleppo” (che vedete qua sopra), andato in onda per “La storia siamo noi”. 53 minuti di reportage da Aleppo, per raccontare la guerra siriana direttamente dalle strade dove questa si svolge. Perché oggi, citando il Robert Fisk di qualche tempo fa, di guerra se ne parla tanto ma se ne vede sempre meno. È stato questo il primo merito del lavoro realizzato da Ricucci, Stefano Varanelli, Cristiano Tinazzi e il fotografo Elio Colavolpe: l'aver rimesso al centro la guerra in un periodo dove questa viene presentata attraverso il numero di morti o dei missili lanciati, dimenticandosi che a pagarne i costi effettivi è sempre la popolazione, come la famiglia che ha ospitato la troupe, costretta a traslocare di casa in casa per evitare di entrare a far parte di quella “conta”.
Raccontarla in questo modo, la guerra in Siria, ha permesso inoltre una piccola ma fondamentale lezione di autonomia giornalistica. In un paese dove troppo spesso ci si affida ad una filosofia embedded, la troupe, pur viaggiando insieme all'Esercito Siriano Libero, è stata in grado di mostrarci non solo il punto di vista dei ribelli, ma anche la loro versione meno spendibile di una giustizia di guerra di fatto sommaria, rifiutando il romanticismo di una certa visione occidentale spesso eccessivamente buonista.
Infine la grande lezione di giornalismo, fatta attraverso il racconto classico pensato direttamente per il web – sfruttando la redazione romana della trasmissione e la tecnologia offerta da un semplice smartphone – per una serie di video diventati poi quei 53 minuti messi in onda, a riprova che non sono le grandi strumentazioni tecnologiche (gli “effetti speciali”, li chiamerebbe qualcuno) a fare la differenza, ma chi ci mette «l'onestà, la passione, la competenza, la curiosità», quei “Ferri Vecchi” che danno il titolo al blog di Amedeo Ricucci e chi no.
Note
[1] Giornalismo come scelta civica e non come esercizio di stile. Intervista ad Amedeo Ricucci di Giulia Farneti, InfoOggi.it, 19 luglio 2012;