Inter Press Service, decolonizzare il mondo ribaltando l'informazione

La IPS è la prova che i miracoli esistono, purché siano umani: questo miracolo è il frutto dell'umana ostinazione dei naviganti che attraversano mari nemici, giorno dopo giorno, aprendo la strada all'informazione onesta e alla libertà di opinione.
Eduardo Galeano]
foto: antonella.beccaria.org

Roma – Quando si parla di sigle e giornalismo gli acronimi che per primi arrivano alla memoria sono quelli della Cable News Network (CNN) o della British Broadcasting Corporation, meglio nota come BBC. Meno quello della nostra Rai, che per chi non lo sapesse nasce come Radio Audizioni Italiane. Ancor meno vengono citate le iniziali della Inter Press Service (IPS) (qui il link all'edizione italiana), nonostante questa, da quando è stata fondata – l'anno è il 1964 – ricopra un ruolo fondamentale nel panorama giornalistico mondiale: ribaltare la direzione delle notizie tra Nord e Sud del Mondo.

«Sin dall'invenzione del telegrafo le agenzie di stampa internazionali hanno orientato la visione del mondo di ognuno di noi, contribuendo invariabilmente a condizionarla in base agli interessi geopolitici dei poteri forti» - si legge nella bandella del libro di Roberto SavioI giornalisti che ribaltarono il mondo. Le voci di un'altra informazione” edito da Nuovi Mondi nel 2011 - «Dopo la Seconda guerra mondiale, il 94% delle notizie dei giornali di tutto il mondo in materia di affari esteri proveniva da 4 agenzie, la AP, la UPI, la AFP e la Reuters. Una copertura che non lasciava spazio alla nuova realtà che stava nascendo dalla decolonizzazione e che accentuava gli schemi manichei della Guerra Fredda».

È da questo evidente disequilibrio che un gruppo di giornalisti guidati dall'italo-argentino Savio decide di creare la prima agenzia di stampa che ribalti il mondo. L'autore - che dell'agenzia è stato direttore fino al 2000 ed oggi è cofondatore e segretario generale di Media Watch Global – ha raccolto ben cento testimonianze di cosa sia stata la IPS nel tempo. Varie sono quelle che evidenziano i problemi legati al lavorare “contro il sistema precostituito”, introducendo tematiche oggi comprese nell'agenda setting ma che negli anni Sessanta erano assolute novità, come il racconto dei paesi del Terzo Mondo fuori dall'ottica dei soli interessi occidentali, i diritti umani (in un'epoca nella quale le dittature venivano usate dal Primo Mondo quasi come strumento di politica estera), le tematiche ambientali o quelle di genere. La peculiarità del modo di raccontare i fatti della IPS è sempre stato quello di non limitarsi a raccontare il semplice avvenimento ma focalizzarsi «sui processi di fondo che costituiscono l'unica vera chiave di lettura di uno scenario politico internazionale in perenne e rapida evoluzione». Ad oggi i numeri dell'agenzia parlano di 50 milioni di pagine Internet lette ogni mese in 27 lingue ed oltre 5.000 mezzi di comunicazione raggiunti grazie ad una rete di 500 tra corrispondenti e stringer sparsi in più di 150 paesi per quella che è diventata la principale voce indipendente dell'”altra informazione”, quella fatta se non contro gli interessi del “signor Padrone” Primo Mondo, sicuramente non a suo favore.

Numeri dietro ai quali si nascondono, comunque, anche momenti difficili, come quando il Dipartimento di Stato americano tentò una vera e propria operazione di censura dell'agenzia inviando alle ambasciate istruzioni per farne chiudere le sedi o come quelli legati al NOMIC, il Nuovo Ordine Mondiale dell'Informazione e della Comunicazione, un'idea che nasceva all'interno del Movimento dei paesi Non Allineati (MNA) per democratizzare sul piano culturale e comunicativo un sistema dell'informazione chiuso e manipolato da un lato dal blocco atlantico e dall'altro da quello sovietico.

Si parla spesso, non sempre a proposito, della dittatura nell'informazione, che priverebbe la pubblica opinione di informazioni fondamentali per svolgere appieno il proprio compito democratico sullo scenario internazionale. Una privazione dietro la quale spesso si cela la mancata voglia di approfondimento e ricerca che dovrebbe essere regola aurea della pubblica opinione ben informata. “I giornalisti che ribaltarono il mondo” può costituire il primo passo affinché non si possa più dire “Io non sapevo”.