Aiuta la giustizia in un caso di omicidio, rischia l'espulsione

foto: livesicilia.it
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Misilmeri (Palermo) – A maggio raccontavamo la storia di Nike[1], 21enne nigeriana portata in Italia nel 2011 con la promessa di un lavoro sicuro che si era ben presto trasformata nell'incubo del marciapiede, come troppe volte capita. Il suo corpo era stato ritrovato, carbonizzato, in mezzo ai rifiuti in una stradina di campagna di Misilmeri.
Ad ucciderla, secondo le prove fornite agli inquirenti dalla scientifica, Giuseppe Pizzo, 58enne operaio di Belmonte Mezzagno, incensurato. Omicidio ed occultamento di cadavere le accuse che gli vennero mosse.
Una piccola storia da poche righe nelle pagine interne di un giornale locale, obietterà qualcuno.

Così come piccola, ma emblematica, è la storia di J.T., anche lei nigeriana ed anche lei vittima di una organizzazione operante nel traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale.
J.T. infatti ha testimoniato nel processo contro Pizzo, permettendo così alla Giustizia di poter trionfare, come si suol dire. Come ringraziamento, la giustizia – quella con la minuscola – vuole rispedirla a casa, perché il permesso di soggiorno che le era stato rilasciato portava la dicitura “per motivi di giustizia” e dura solo tre mesi. Non rinnovabili.
In attesa del rimpatrio, naturalmente, tappa obbligata presso il Centro di identificazione ed espulsione di Roma.

«La ragazza teme di poter subire pesanti ritorsioni da parte dei familiari del condannato, perché una volta nel proprio paese, si sentirebbe sola», spiegava due giorni fa Ivan Pupetti, avvocato di J.T. a Monica Panzica di Livesicilia.it[2]. J.T., continuava l'avvocato, è poi di religione cristiana, ed «i fortissimi contrasti con i musulmani la fanno sentire in pericolo al solo pensiero».

Per rimanere in Italia a J.T. basterebbe trovare un lavoro, così da avere «tutti i requisiti per il permesso di soggiorno che, tra l'altro» - ha concluso l'avvocato - «potrebbe essere incluso nella sanatoria di settembre», anche se trovare lavoro in Italia è già difficile quando si può spendere un'intera giornata tra colloqui e consegne di curriculum, figuriamoci quando si è costretti a passare il tempo in un Cie.

Ma si sa: la giustizia in certi casi non fa distinzioni.
I tanti testimoni di giustizia abbandonati dallo Stato[3] al termine dei processi contro le mafie – quando cioè non erano più utili, per dirla senza troppi giri di parole – sono lì a fare da esempio.

Note
[1] http://senorbabylon.blogspot.it/2012/05/storia-di-nike-bruciata-ventanni-e-del.html;
[2] Le uccidono l'amica, testimonia. Ora viene rispedita a casa di Monica Panzica, livesicilia.it, 27 luglio 2012;
[3] http://senorbabylon.blogspot.it/2011/09/avevo-paura-della-camorra-invece.html