Paraguay, destituito Lugo. Si riapre il "giardino di casa" statunitense?

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Asunción (Paraguay), 23 giugno 2012 – Da questa notte, Fernando Armindo Lugo Méndez non è più presidente del Paraguay. Al suo posto Federico Franco, 49enne ex vice-presidente divenuto nell'ultimo periodo acerrimo nemico dell'ex vescovo della Teologia della Liberazione in carica dal 2008.

Nei giorni scorsi sia il Senato che la camera bassa del Congresso, entrambe espressione dell'opposizione di destra, hanno votato a favore dell'impeachment per Lugo, al quale è stata addossata la responsabilità per l'aumento della violenza in Paraguay, sfociata la scorsa settimana in uno scontro tra contadini che occupavano una fattoria e polizia e che ha portato a 17 morti (9 contadini e 8 poliziotti) e oltre 80 feriti da armi da fuoco nella città di Curuguaty, dove da mesi centinaia di campesinos – appoggiati dalle principali organizzazioni contadine paraguayane – occupano parte della proprietà di Blas Riquelme, imprenditore e dirigente del Partido Colorado (oggi all'opposizione dopo 60 anni di governo) e nel quale sono in parecchi a denunciare la “mano invisibile” della multinazionale Monsanto, la quale ha annunciato di voler triplicare la sua attività nel Paese ed aumentare la produzione di organismi geneticamente modificati.
Proprio la politica governativa di redistribuzione delle terre ai sin tierras (“senza terra”) è stata da sempre osteggiata dall'area politica di riferimento del vecchio potere paraguayano, alla quale si è aggiunto anche il Partido Liberal che nel 2008 aveva invece sostenuto il presidente Lugo in una coalizione di cui facevano parte anche gli indigeni, i contadini ed i movimenti sociali. Un sostegno che si stava via via erodendo, in quanto l'ormai ex presidente non ha in questi anni mai direttamente attaccato gli interessi delle oligarchie paraguayane, ricalcando in questo più la sinistra moderata europea che non quella bolivariana latinoamericana.
Come riporta l'agenzia italiana Ansa[1] – non esattamente l'ufficio stampa del Comintern - l'estrema destra ha presentato al Senato anche una denuncia nella quale accusa l'ormai ex presidente di aver favorito «un clima di confronto politico» in Paraguay, così da dare una chiara matrice politica alla decisione, conclusasi con 39 voti favorevoli e solo 4 contrari. Tra i poteri del Senato paraguayano, infatti, c'è la possibilità di poter rimuovere il capo dello Stato attraverso un giudizio politico, uno strumento che applicato ad esempio in Italia, porterebbe ad un ricambio istituzionale più o meno ogni due giorni.

Dopo la decisione – accettata da Lugo al fine di evitare un bagno di sangue – la Piazza delle Armi di Asunción si è riempita di suoi sostenitori, in particolare contadini.

Intanto arrivano le prime reazioni internazionali. A farsi sentire per primo è stato l'Unasur, l'Unione delle Nazioni Sudamericane, che per bocca del segretario generale, il venezuelano Alí Rodríguez Araque ha paventato l'ipotesi di applicare la cosiddetta “clausola democratica”, che permette ai paesi facenti parte di questo organismo di non riconoscere il neo-governo Franco. «L'unico governo legittimo che Quito riconosce in Paraguay è quello presieduto da Fernando Lugo», ha scritto sul proprio profilo Twitter il presidente dell'Ecuador, il socialista Rafael Correa.

Tra qualche giorno sapremo se il governo Franco durerà, come in Honduras nel 2009[2], o se anche in Paraguay si avrà l'”effetto Chávez”, quando il presidente venezuelano venne rimesso al suo posto da una sollevazione popolare (e da un esercito golpista formato per lo più da ufficiali, essendo i soldati semplici rimasti fedeli al presidente legittimo) a 48 ore dal colpo di stato militare presieduto da Pedro Francisco Carmona Estanga nell'aprile del 2002.

Note
[1] Paraguay: Lugo lascia potere, Franco presidente, agenzia Ansa, 23 giugno 2012;
[2] Honduras: colpo di stato contro Zelaya, A Sud, 29 giugno 2009